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Racconti Erotici Etero

Il ricatto alla studentessa

By 19 Novembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi aveva più volte chiesto se l’aiutavo a trovarle un lavoro part-time per riuscire a raggranellare qualche soldo per le spese correnti da studentessa fuori sede e fuori corso.

Dopo qualche titubanza decisi di darle un’occasione. Facevo questo lavoro da 15 anni e sapevo che si poteva correre il rischio di rifilare a qualche fornitore qualche venditrice novellina:
le proposi di fare la promoter di un nuovo prodotto alimentare presso un supermercato in uno di quei week end prenatalizi in cui ogni centro commerciale &egrave preso d’assalto.

La paga era di 50′ a giornata ma le avevo fatto capire che poteva essere solo l’inizio se era brava.
Per il lavoro che facevo mi chiedevano spesso di proporre nominativi di hostess per fiere, eventi e lanci commerciali di nuovi prodotti.

Le richieste erano sempre le stesse: giovane, bella presenza e disponibilità a fare turni lunghi.

Dopo il secondo (e ultimo) giorno di lavoro passai a fine giornata a prenderla nel supermercato in cui le avevo indicato di andare a lavorare e con l’occasione volevo proporle qualcos’altro da fare.

Le chiesi se era contenta della sua prima esperienza e mi disse che era entusiasta.
Le anticipai che avrebbe lavorato ancora per 3 giorni a una fiera che si sarebbe tenuta in città in quella stessa settimana. Paga: 60′ al giorno.

Passò cosi anche quella settimana e alla fine del terzo giorno di fiera passai a prenderla.

“Ti accompagno a casa così parliamo di altri lavori che potresti fare nei prossimi mesi”.
“Fantastico” rispose lei.
E mentre guidavo verso casa sua le dissi che se voleva essere ingaggiata per un prossimo lavoro doveva essere collaborativa con me (appoggiando la mia mano sulla sua gamba) e non ci volle molto a capire in che senso volevo che collaborasse.

“Te lo puoi scordare” rispose subito a tono. “Anche se ho bisogno di soldi non ho alcuna intenzione di cedere alle richieste di un porco come te. Mi fai schifo”.

“OK” risposi.
“Sappi solo che si trattava di 5 giorni a 70′ al giorno. Se dovesse interessarti chiamami entro la fine del mese e vieni a ritirare la divisa in ufficio da me”.

E puntualmente, nonostante le posizioni di principio e i buoni propositi, ricevetti il suo SMS che mi chiedeva se il lavoro di cui le avevo parlato poteva farlo ancora e quando poteva passare.

Le risposi che le avrei portato io la divisa nel suo miniappartamento la stessa giornata in cui avrebbe dovuto iniziare a lavorare.

E così verso le 10 del giorno prefissato andai a casa sua e le portai la divisa da indossare per il convegno a cui doveva presenziare come assistente.
Tailleur grigio, calze chiare, scarpe nere.

Dopo 15-20′ minuti di preparativi era pronta per uscire e mi disse che potevamo andare.

“No cara. Dimentichi di saldare il tuo debito”
“Quale debito?” disse cercando di fare la vaga.
“Beh…..mi sembrava di essere stato chiaro l’ultima volta che ci siamo visti”.
“Ma come? E cosa vorresti che faccia?” chiese sperando di rinviare il problema.
“Niente” risposi. “Tu non devi fare niente”.

E dicendole questo le infilai una mano in mezzo alle cosce, sollevando la gonna e accarezzando le sue lunghe e magre gambe fasciate dai collant colore carne della divisa grigia.

Dopo un attimo di titubanza, nel quale capì che non poteva rinviare, provò a dirmi che aveva il ciclo e che non poteva fare granché ma capì che non ero disposto a fermarmi.

Mi fece cosi proseguire fino a quando mi inseririi con una mano dentro le mutande.

Iniziai a muovere le dita per scaldarla e sondare i suoi umori. Lei, impietrita, chiuse gli occhi e lasciò che io proseguissi.

La sua scusa si era rivelata inutile e l’avevo sbugiardata.

Nel frattempo mi slacciai i pantaloni e glielo misi in mano invitandola a menarmelo. Ma non fu affatto collaborativa.

E allora, dopo averle sollevato la gonna le abbassai le calze e le mutande fin sotto i glutei sempre muovendomi con le dita dentro di lei.
Nonostante le avessi provocato una copiosa lubrificazione non accennò a sciogliersi.

La invitai quindi a girarsi e a piegarsi coi gomiti sul tavolo della cucina.
A quel punto glielo puntai contro il buchetto – dopo un breve respiro – e glielo infilai dentro iniziando a pomparla tenendola saldamente per i fianchi. Dapprima lento e poi sempre con più frequenza.

La scopai in quella posizione per qualche minuto mentre lei mi supplicava di non venirle dentro visto che non prendeva la pillola.

A quel punto la feci girare e la feci distendere facendole appoggiare la schiena sul tavolo sollevandole le gambe in alto.
Iniziai a scoparla in quella posizione afferrando le caviglie e tenendo le gambe verso l’alto appena allargate.

E mentre la pompavo sempre più
forte sentii che era bagnatissima e la mia manovra era ogni colpo più fluida.

Mentre cresceva il mio piacere la sentivo assecondare i miei colpi ma non accennava in alcun modo a rilassarsi. Nemmeno una parola da parte sua.

Dopo qualche minuto di movimento sempre più frenetico la feci mettere in ginocchio su una sedia, la mani appoggiate al tavolo e la afferrai ancora più forte da dietro.

I colpi si fecero sempre pi’ frequenti e dopo alcuni istanti le esplosi dentro con tutta la mia forza, con un urlo strozzato in gola.
“Ahhh”
“No ti prego…..dentro no”.
“Siiiii…….ti vengo dentro…… troia”.
Appena allentai la presa si diresse in bagno a lavarsi imprecando per il fatto che le ero venuto dentro.

Da quella volta iniziò a lavorare con periodicità a una serie di eventi e manifestazioni sempre più prestigiose.

Del resto ero io a decidere chi far lavorare a seconda del livello dell’evento e di solito mandavo le ragazze pi’ belle ed eleganti ai congressi più importanti.

E questo fu il mio grande errore. Avevo sottovalutato l’avidità, l’odio e lo spirito di vendetta che da quel giorno avevo acceso.

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