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Il telecomando

By 12 Maggio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Il piano procedeva spedito, senza intoppi! Quando all’inizio aveva avuto questa idea si era detta da sola che era una pazza, anche adesso ne era convinta, ma una cosa è essere una semplice pazza, un’altra cosa è essere una pazza che riesce a mettere in pratica le sue idee folli, a quel punto la definizione più giusta è genio! Elena era un tecnico geniale del reparto di ingegneria bio-meccanica dell’università della Sapienza. Era un’ esperta nella conoscenza del cervello umano e dei circuiti! Lavorava insieme ad altri membri di un team che racchiudeva alcune delle più brillanti menti mondiali del settore.

In questa università le cose erano cambiate molto. Dopo la crisi e il fallimento del sistema universitario italiano molte università avevano chiuso, non questa. Era arrivato un magnate indiano, l’aveva comprata, e con i suoi soldi e la competenza di manager professionisti era riuscito a trasformarla in una delle più prestigiose università del mondo. Un eccellenza in un paese che si stava riprendendo con fatica dalla catastrofe in cui l’incapacità e l’ottusità della classe dirigente italiana ed Europea lo avevano condannato.

L’idea del progetto di Elena era semplice, dopo anni di ricerca erano riusciti a creare un chip bio meccanico che si alimentava usando batteri che vivono nella corteccia cerebrale. Questo chip era in grado di trasformare gli impulsi nervosi del nostro cervello in impulsi elettrici, e viceversa. Così sperimentando la tecnologia erano riusciti a far camminare persone paralizzate, a restituire la vista a persone che avevano dei danni al nervo ottico, a far muovere delle protesi meccaniche a chi aveva perso un braccio o una gamba, come fossero i loro veri arti. C’era sempre una grandissima emozione quando questi esperimenti riuscivano.

Ma in segreto Elena, stava portando avanti un progetto parallelo. Elena era nata con una malformazione. Per qualche motivo, non provava nessun tipo di piacere sessuale. Le ci erano voluti anni per capirlo. Baci, prime esperienze, masturbazioni, sesso, niente. Non provava niente. Quante volte aveva finto orgasmi, quante volte si era trovata ad inventare di sana pianta le emozioni provate facendo sesso con il fico di turno al liceo quando le sue amiche le facevano il terzo grado. Si ricordava con amarezza di quegli anni. Un malessere interiore, la sensazione di essere rotta, sbagliata. I tentativi di spingersi oltre per cercare il piacere. Fino a praticare il fisting, era arrivata ad infilarsi di tutto nelle sue cavità vaginali e anali, ma niente. Una volta aveva perfino ballato nuda in un cubo in discoteca davanti a centinaia di persone, ma niente, orge, sesso sfrenato… niente.

Le ci volle parecchio tempo prima di decidersi a farsi analizzare da uno psichiatra. Non fu facile superare il tabù dello strizzacervelli. Per fortuna il suo psichiatra era donna. Fu più facile raccontarle tutto. Fu meno facile capire il perché di questa situazione che le impediva di provare qualsiasi stimolo sessuale. Fecero molte sedute alla ricerca di traumi infantili, ipnosi e quant’altro. Ma niente. Alla fine l’intuizione geniale, le fecero fare una ACRN: Analisi Comparata Ricettori Neuronali.  Un analisi delle terminazione nervose dell’organismo alla ricerca di interruttori spenti.

E finalmente la risposta. C’era un interruttore spento. In realtà gli stimoli partivano, arrivavano al cervello, ma una malformazione genetica non le permetteva di provare piacere. Era come se i suoi impulsi sessuali fossero dirottati verso una parte inutilizzata del cervello umano, non verso la parte del cervello che recepisce gli stimoli e risponde facendoci eccitare. Le parole dei medici furono lapidarie: “Lei signorina non potrà mai provare piacere sessuale”. A vent’anni sentirsi dire questa cosa era come ricevere un colpo di scure direttamente alla base del collo.

Ma Elena non si era arresa, e con gli anni, procedendo con  i suoi studi e le sue ricerche, aveva trovato la soluzione. Elena aveva intenzione di usare un chip, uno di quelli che usavano per le sperimentazioni, su di lei. Voleva collegare le due unità rice-trasmittenti in cui si divideva il chip uno alla parte del cervello inutilizzata in cui arrivavano i suoi impulsi sessuali, uno alla parte del cervello in grado di analizzarli e rispondere. Un ponte in pratica. Per evitare problemi di salute i due chip li avrebbe collegati con dei cavi rivestiti di materiale biologico ricavato dalle cellule staminali prodotte dal suo midollo spinale.

Inoltre aveva inserito un amplificatore. Non poteva sapere quanto il collegamento fosse stato efficiente, così aveva ideato un telecomando, con il quale avrebbe potuto amplificare o attenuare l’eccitazione a piacimento.

Sarebbe stata un’operazione complicata… questo ero il punto più difficile! Come ottenere i permessi? Ci aveva pensato e ripensato, alla fine la soluzione fu più facile del previsto. Si sarebbe fatta mettere tra i pretendenti alla sperimentazione. Infine dei conti anche lei aveva un danno genetico che poteva essere riparato con la sua tecnologia. Non avrebbe neanche dovuto fare carte false, solo nascondere il discorso del telecomando e dell’amplificatore… uniche componenti illegali.

Era stata avvertita di tutto, l’intervento era semplice e senza rischio, ma sapere che qualcuno avrebbe trapanato la sua calotta cranica, staccato un tassello di osso, cincischiato con pinze e strumenti vari nel suo cervello, e che per evitare danni, l’interveneto doveva essere fatto senza l’anestesia… insomma, era nervosa!

Sul tavolo operatorio non sentì dolore, come dicono tutti, strano che il cervello umano, l’organo che dirige tutti gli stimoli neuronali del corpo, sia privo di ricettori del dolore. Il medico le chiedeva di ricordare il suo nome, di fare semplici operazioni matematiche, giochetti logici e così via, per sapere se stava toccando la parte giusta del cervello. L’intervento durò meno del previsto, in poche ore era già a letto, semi addormentata per i postumi dell’operazione… quelli si non piacevoli!

Dopo un paio di giorni arrivò il momento del test ufficiale. Elena si chiedeva come si sarebbe svolto. La cosa poteva essere molto imbarazzante. Al momento in cui i suoi collaboratori entrarono nella stanza lei era sdraiata sul letto, aveva indosso solo un camice, e nulla più. Era estate, quindi il lenzuolo era ai piedi del letto. Era elettrizzata, al momento delle spiegazioni, uno dei suoi collaboratori disse che ci avevano pensato a lungo, e che alla fine, c’era un solo modo per fare il test, quindi le porse un pacco regalo.

Gli altri scoppiarono in una risata smorzata. Dentro c’era un vibratore, un vibratore a forma di pene umano. A quel punto la risata scoppiò incontenibile. Elena non sapeva se essere offesa o divertita. Ma poi si mise a ridere anche lei. Elena era imbarazzata ed elettrizzata, le sue amiche la incoraggiarono. Gli altri membri del team non lasciarono la stanza, dovevano infatti prendere parte al test di valutazione che serviva per valutare la riuscita dell’operazione.

 Allora Elena vinse l’imbarazzo, prese il vibratore e lo accese. Iniziò un ronzio, un ronzio molto forte. Quindi alzò il camice scoprendo le sue belle gambe. Infine le allargò, offendo alla vista delle sue curiose amiche e dei suoi eccitati colleghi la sua vagina depilata. L’imbarazzo era enorme, anche perché come da prassi, il tutto veniva ripreso da una telecamera. Le sue amiche trattenevano a stento le risate, ma nel guardare quelle meravigliose curve, in loro nacque un po’ di invidia, ed un po’ di eccitazione. Gli uomini erano decisamente eccitati, trattennero il fiato nel vedere la vagina della loro collega e amica, le piccole labbra sporgenti, le cosce sode e tornite, il ventre piatto ed invitante.

Elena sotto tutti quegli sguardi avidi ed indiscreti iniziò con le dita, iniziò a massaggiarsi il clitoride e le piccole labbra. Dapprima non sentiva nulla, ma le cose cambiarono presto. Il pensiero che si stava masturbando davanti ad una moltitudine di collaboratori con qui aveva lavorato per anni, con cui avrebbe dovuto lavorare ancora per anni, che il tutto veniva ripreso e sarebbe stato visionato da una quantità indecifrabile di tecnici, studenti, ispettori, investitori. L’eccitazione stava arrivando.

La sua vagina iniziò ad inumidirsi, il sangue iniziò ad irrorare le sue zone erogene, i capezzoli si inturgidirono, il respiro si fece affannoso, i muscoli della sua vagina si contrassero rendendola più elastica, le piccole labbra si gonfiarono e cambiarono colore a poco a poco.

Sotto gli occhi della telecamera e di tutti i presenti Elena si infilò il vibratore nella vagina. Immediatamente una scarica impressionante di brividi la percorse da capo a piedi, gemette, aprì la bocca da cui uscì tra un respiro affannoso e l’altro un urlo di piacere. Elena stava sperimentando per la prima volta in vita sua a venticinque anni suonati un orgasmo. Il suo corpo cambiava, non aveva mai provato quelle sensazioni. Il suo progetto funzionava egregiamente, anche troppo. La risposta data dal cervello era in qualche modo sproporzionata, influenzava anche l’aspetto comportamentale, annullandole i freni inibitori molto più efficacemente di quanto avvenga al naturale.

Elena iniziò a scoparsi senza ritegno, si era praticamente strappata il camice nella furia, adesso le sue belle e abbondanti tette ballavano vistose e oscene seguendo i suoi movimenti frenetici, il bacino era come impazzito, il clitoride enorme e vibrante, le labbra gonfie umide e vogliose, il vibratore entrava e usciva dalla sua vagina con una velocità assurda. Improvvisamente Elena non riuscì più  a parlare, il suo corpo si irrigidì, anche il respiro si fermò un attimo, gli occhi spalancati e quasi fuori dalle orbite, la bocca spalancata a liberare un urlo che nessuno sentiva, la vagina che si contraeva e che liberava un getto impressionante di liquido vaginale, una eiaculazione da record, che arrivò quasi a bagnare gli astanti sbalorditi.

Dopo qualche attimo le membra di Elena si distesero sul letto spossate, il vibratore le cadde dalle mani e finì sul pavimento, il respiro era affannoso, i seni le si alzavano e le si abbassavano vistosamente al ritmo dei suoi profondi respiri, la bocca semi aperta, il bacino tremante. Gli amici stupiti, eccitati e contenti scoppiarono in un fragoroso applauso, si sentivano risate, fischi, commenti piccanti e divertiti. Elena era molto imbarazzata, riceveva pacche, congratulazioni, complimenti! Poteva vedere molti calzoni rigonfi, ma non poteva vedere il suo viso rosso paonazzo indeciso tra l’imbarazzo e la felicità, lacrime solcare le sue guance, mentre ancora nuda dello spumante le veniva schizzato addosso, e poi versato in un bicchiere per festeggiare.

Era sera, la festa, l’imbarazzo e le battute erano passate da qualche ora, la cena era appena stata servita, la notte si avvicinava e con il mattino sarebbe stata dimessa. Ma Elena doveva testare un ultima cosa, prese il telecomando dal cassetto. Sopra c’era solo una manopola, era settata sul minimo. Inviava un segnale omnidirezionale al chip del suo cervello che controllava l’amplificatore delle sensazioni. Alla fine non ci sarebbe stato bisogno, i suoi calcoli erano stati giusti, anche un po’ abbondanti… ma tanto che c’era, voleva vedere che poteva succedere mettendo l’amplificatore al massimo.

Girò la manopola del suo telecomando tutto verso destra, verso la scritta MAX. Dopo qualche istante iniziò a sentire caldo, molto caldo. La sue pelle era diventata sensibilissima, il suo cuore pompava molto sangue e lo sentiva in gola, il respiro era affannoso, i suoi capezzoli si inturgidirono nuovamente, la sua vagina iniziò ad inumidirsi, il clitoride a gonfiarsi, il bacino era preda di micro spasmi muscolari, la sua mente era piena di pensieri lascivi, una voglia immensa di spogliarsi, masturbarsi e di fare sesso con qualcuno si impadronì di lei. Poi in un attimo di lucidità riportò la manovella su MIN.

Nel giro di qualche minuto il suo corpo si calmò. Elena rimase stupefatta ed impressionata, senza nemmeno toccarsi, ogni suo freno inibitore era crollato nel giro di poche decine di secondi, l’eccitazione aveva raggiunto livelli massimi… infatti la sua vagina era più che umida. Elena ebbe un pensiero nefasto, chissà cosa sarebbe potuto accadere se quel telecomando fosse capitato in mani sbagliate, nelle mani di qualcuno che magari avesse scoperto il suo segreto. Elena avrebbe dovuto disfarsene, ma per il momento lo rimise nel cassetto.

Dopo di che i pensieri nefasti abbandonarono la sua mente, era felice, era riuscita nel suo intento, aveva battuto madre natura e la legge della combinazione casuale che genera il cocktail di geni del nostro DNA e che aveva stabilito il suo destino.

Adesso poteva avere una vita sessuale e sentimentale con i fiocchi, aveva molto tempo da recuperare ed era decisa a non perderne altro!

 

FINE?

 

Luca era un college di Elena. Un ragazzo sui 30 anni, con un bel fisico. Non avevano mai avuto un grande rapporto, ma almeno fino ad un anno fa erano cordiali. Poi qualcosa cambiò, almeno per Luca. Era lui praticamente che aveva fondato quel team e iniziato le ricerche in questo campo. Ma piano piano fu soppiantato. Altri ingegneri e menti giovani, brillanti e produttive si erano aggiunte e lui aveva abbandonato le luci della ribalta, fu relegato in secondo piano e perse il controllo del progetto. La colpa era soprattutto di una giovane donna, capelli rossi, alta circa 170 cm, bel viso, belle tette, culo grandioso. Elena!

Quella ragazza aveva in breve tempo preso la gloria, il riconoscimento, e i fondi che aspettavano a lui, senza dimenticare le promozioni e gli aumenti in busta paga. Se le cose non cambiavano rischiava di essere buttato via come una salviettina usata, spremuta, e poi gettata una volta diventata inutile. Questo non doveva accadere. I suoi sentimenti per Elena erano controversi, ne era ossessionato. La sognava, la immaginava nelle sue fantasie erotiche, la disprezzava sul lavoro, desiderava il suo corpo  arido di passione e la sua carriera, il suo successo, la sua mente brillante. Non era ottimista sul suo futuro.

Un giorno però le cose cambiarono. Era da poco tempo passato il grande giorno di Elena. Il suo corpo non era più arido. L’aveva vista nuda, come gli altri, aveva visto la sua fica, le sue tette, l’aveva vista mentre si scopava come un’ indemoniata. L’aveva osservata mentre perdeva ogni controllo, mentre il suo corpo era dominato da spasmi e la sua fica schizzava senza smettere. Era rimasto rapito da quella visione. Era riuscito in qualche modo a procurarsi il video del test, aveva detto che voleva testare i tempi di reazione. Non era così… si era messo a guardare e riguardare quel video, quelle curve, quel corpo, quel desiderio primordiale esploso ed incontenibile.

La sua ossessione per Elena raggiunse livelli critici. Quel giorno Elena era tornata al laboratorio, aveva ricevuto gli applausi di tutti. Grazie a quel successo la tecnologia che stavano studiando aveva superato l’ultimo test che serviva alla burocrazia, anche se di cose da fare ancora ce ne erano. Il video di Elena, le immagini di lei nuda che si masturbava e perdeva ogni controllo e l’enorme orgasmo che ne seguì furono visionate innumerevoli volte da innumerevoli persone. Dirigenti del reparto di ricerca dell’Università della Sapienza,  manager, la propietà, molti investitori.

Grazie a quel video l’università stava per essere investita da un fiume di denaro. Elena avrebbe avuto una nuova promozione, altro denaro, altra responsabilità, un nuovo ufficio, una cattedra tutta sua. Quindi nuovi assistenti, probabilmente anche un posto nel consiglio di amministrazione della società… un volto nuovo e fresco da dare in pasto agli investitori.

Luca vide Elena che se ne andava, decise di seguirla. La vide prendere la bicicletta. Già pensò Luca, la ragazza era anche un’ecologista. Luca pensava che tra qualche anno, con il peso degli anni sulle spalle e sulle gambe anche lei si sarebbe decisa a comprare una macchina. Ad un certo punto la vide accostare, aprire un oggetto, buttarlo per terra, trinciarlo per bene con i piedi. La vide accucciarsi per recuperare qualcosa, poi buttò il resto in un cestino, riprese la bicicletta e se andò.

Luca era sospettoso, decise di controllare. Accostò e scesa dalla macchina senza seguire ulteriormente Elena. Recuperò i pezzi di quell’oggetto di cui Elena si era appena disfatta. C’erano dei pezzi di plastica, vari componenti, riconosceva un sub strato per i loro chip, che però mancava. Forse il chip  era la cosa che Elena aveva raccolto. Decise di prendere tutto e di studiare bene il tutto a casa, nel suo laboratorio privato.

Riconobbe dei componenti. Sembrava un semplice telecomando, infatti l’unica cosa che faceva era inviare un segnale. Sembrava un segnale di controllo a più stati. Ne studiò l’interfaccia ed il codice. Sembrava proprio la tecnologia che stavano studiando. A Luca venne un’ idea pazza. Non sapeva ancora bene cosa. Ma era elettrizzato. Lavorò tutta la notte, sostituì il chip mancante con uno di quelli che aveva in dei mini circuiti li negli scaffali. Costruì una copertura di plastica alla bene e meglio, ci mise una manopola. Il telecomando era pronto. Non era proprio bellissimo certo, ma l’importante era che funzionasse, e Luca aveva tutte le intenzione di assicurarsene di persona.

L’indomani c’era una riunione del team per decidere le prossime mosse. Come aveva previsto, il capo era diventato Elena. Dopo un po’ che la ragazza aveva iniziato a parlare decise di testare il telecomando. Senza farsi vedere, da sotto il tavolo, lo azionò spostando la manovella. Era proprio davanti ad Elena. Dopo qualche secondo vide che qualcosa stava succedendo.

La ragazza era in difficoltà, vide che iniziava a sudare, la vide mentre cambiava freneticamente posizone nella sedia mentre continuava ad illustrare il suo programma. Una mano di Elena scomparve sotto il tavolo. Elena iniziò ad interrompersi, iniziarono dei gemiti. Cavolo era tutto vero, aveva visto giusto. Elena aveva inserito un amplificatore regolabile nel suo cervello controllabile a distanza tramite uno stupidissimo telecomando, la ragazza si era fregata con le sue stesse mani.

Grave errore di ingenuità, avrebbe dovuto almeno criptare il segnale. Probabilmente la fretta e l’entusiasmo le avevano fatto dimenticare questa piccola grande prudenza. Adesso Luca era consapevole di aver svoltato, di aver trovato la gallina dalle uova d’oro da spennare. Sognava una carriera costruita sulle spalle di Elena, che aveva intenzione di ridurre al suo volere.

Ma con calma… adesso c’era il tempo per qualche piccola vendetta. Mise la manovella al massimo. Elena si fermò, si mise le mani nei capelli, smise di parlare, i suoi gemiti divennero incontrollabili. Luca si godeva la scena di Elena che con il viso stravolto dall’imbarazzo e dall’impotenza si accasciava sulla sedia, allargava le gambe, ed infilava le dita nella sua fica. Vide lei alzare la gonna e mostrarsi a tutti, afferrare da sopra i calzoni il cazzo dell’ingegnere che le stava seduto accanto, sentì uscire dalla sua bocca parole di supplica, supplicava di essere scopata.

Tutti si alzarono sconvolti. Luca decise che bastava così. Spense il telecomando. Vide Dipingersi nel volto di Elena l’imbarazzo più assoluto, il suo viso divenne dapprima pallido poi rosso paonazzo mentre nell’aria si sentivano risate soffocate, commenti stupiti, si vedevano calzoni rigonfi e visi sbalorditi. Elena riuscì soltanto a balbettare delle scuse, dopo di che letteralmente scappò dallo studio.

Luca la seguì. Elena non poteva capacitarsi di quello che era appena successo, aveva provato la più grande umiliazione ed il più grande imbarazzo della sua vita. Forse era un malfunzionamento del chip o dell’amplificatore. Ad Elena tremavano le gambe. Pochi secondi prima aveva esposto la sua fica nuda ai presenti, si era masturbata davanti a tutti, e ed era addirittura finita a tastare cazzi e implorare di essere scopata. Non avrebbe mai pensato che sarebbe arrivata a fare tanto. Il tutto davanti ai colleghi, davanti ai superiori.

L’imbarazzo era enorme. Avrebbe dovuto scusarsi, avrebbe dovuto dire che era un normale assestamento del chip e che i malfunzionamenti erano destinanti a scomparire. In realtà doveva subito studiare di nuovo il chip, ma come, quel dannato affare era nel suo cervello adesso.

Luca la sorpassò nel corridoio. Elena era talmente assortita nei suoi pensieri che non se ne avvide. La chiamò. Il ritorno di Elena alla realtà fu brusco. Vide Luca, appoggiato dall’altra parte del corridoio, con i mano un telecomando. Le chiese se era quello che stava cercando. Elena era sudata, agitata, aveva il cuore in gola. Vide che in mano teneva un telecomando, era diverso, ma lo riconobbe e capì cosa era successo.

 

Luca la prese per mano e la portò dentro il bagno degli uomini senza tanti complimenti e ignorando le sue proteste.  Elena in un attimo di terrore comprese tutto. Luca aveva trovato, ricostruito e appena testato con successo il telecomando. Aveva scoperto il suo segreto. In un momento tutte le sue paure divennero reali. Chiese a Luca cosa volesse, disse che poteva dargli tutti i soldi che voleva. Ma la risposta di Luca la spiazzò.

Disse che non erano i soldi che voleva, non subito almeno, non come cosa primaria. Disse che voleva la sua carriera, il suo talento, il suo ufficio, il suo badget, la sua cattedra, e lei. Voleva il suo corpo e la sua anima. Elena rabbrividì a quelle parole. Luca la osservava, da spaventata era ancora più bella, con la sua gonna al ginocchio e la camicetta bianca.

Elena capì di essere in completa balia di quell’uomo. In qualsiasi momento avrebbe potuto girare quella manopola e trasformarla nella peggiore delle ninfomani, distruggendole la credibilità e la carriera. Così le chiese cosa volesse. Luca ci pensò, giocava con il telecomando mentre beffardo le girava intorno guardandole ora il culo, ora il seno, ora il viso.

Dopo un istante che sembrò interminabile ad Elena, Luca disse che in nessun caso le avrebbe dato il telecomando,  e comunque poteva benissimo costruirne un altro, anzi poteva costruirne molti e venderli. Pensando a voce alta diceva che in molti avrebbero pagato una fortuna per usarla come cagna personale. Poteva inventare un modo per far si che dopo un po’ quei telecomandi non funzionassero più, poteva criptare i codici per evitare che qualcuno gli fregasse l’idea.  Diceva che sarebbe stata sua, che sarebbe stata lei ad implorarlo per essere usata come un oggetto sessuale.

Mentre diceva questo Elena ascoltava atterrita, mentre Luca le mostrava i possibili scenari. Luca le disse chiaramente e in tutti i modi possibili che adesso le apparteneva, che non doveva farlo arrabbiare e che doveva fare tutto quello che le diceva, altrimenti le conseguenze potevano essere nefaste, e molto anche. Luca parlava di lei ridotta ad una bambola un oggetto sessuale, derisa, umiliata, esposta. Elena era spaventata, e inquietata. Si perché contro ogni logica quei discorsi le stavano procurando una reazione inaspettata, un certo piacere fisico.

Non sapeva riconoscere ancora molto bene i sintomi, ma ben presto capì. Il suo clitoride era gonfio, le sue labbra umide, sentendo quei discorsi si era eccitata. Poi la voce sprezzante di Luca la riportò alla realtà. Le disse di darle la gonna. Elena si rifiutò, dicendogli che le sue erano fantasie malate e nient’altro. Ma Luca reagì in maniera molto composta, si dipinse un sorriso in faccia, quindi tirò fuori il telecomando e guardandola negli occhi girò un po’ la manopola.

Elena fu di nuovo presa da una voglia irrefrenabile di sesso. Le sue zone erogene pulsavano, vibravano, quasi scottavano da quanto erano calde. Elena iniziò a toccarsi. Luca le ricordò della gonna. Allora Elena Se la sfilò, e la furia passò. Luca ne fu felice, aveva spento il telecomando. Elena aveva le gambe che le tremavano, era appoggiata al muro, aveva la fica fradicia, indossava solo dei sandali e una camicetta, oltre alle mutandine.

Si sentiva umiliata, alla mercè di quel pazzo, indifesa, esposta, vulnerabile. Sapeva cosa rischiava, sapeva cosa le avrebbe fatto passare quel pazzo, e per quanto si sforzasse non trovava una via d’uscita. Anzi due ne aveva trovate ma non voleva contemplarle, una era ucciderlo, l’altra era scappare e farsi togliere il chip rinunciando una volta per tutte ai suoi orgasmi.

Mentre pensava a queste cose sentì nuovamente la voce di Luca mentre le ordinava di lanciargli anche i sandali. La guardava sorridente, estasiato, mentre si accarezzava il pacco rigonfio. Poi tuonò: le mutandine, lanciamele. Elena arrossì, la mano di Luca era sulla manopola, non aveva scelta. Elena teneva d’occhio la porta del bagno degli uomini. Temeva che qualcuno potesse entrare. Elena ebbe un attimo di indecisione. Vide Luca accingersi ad azionare il telecomando. Elena gridò supplicandolo di fermarsi, e velocemente gli tirò le mutandine. Adesso indossava solo una camicetta, che le arrivava a coprire a mala pena il culo e la fica. Ma il telecomando fu azionato. Elena si mordeva le labbra mentre la voglia ed il piacere riprendevano possesso del suo copro e della sua mente.

Luca si avvicinò. Mise il telecomando in tasca. Elena era sudata, tremante, le sue mani giocavano con la camicia, le sue cosce strette strusciavano l’una contro l’altra. Luca le mise una mano sulla fica, con le dita frugò dentro le sue piccole labbra, dentro la sua fica, mentre le diceva che bella troia in calore fosse diventata. La sua mano tornò fradicia degli umori di lei che si contorceva e riusciva a mala pena ad accennare delle suppliche. Stava combattendo con tutta se stessa contro gli impulsi irrefrenabili che le dicevano di spogliarsi e di avventarsi su quello stronzo offendo gli tutta se stessa.

Luca le sbottonò un paio di bottoni e le tirò fuori le tette, non indossava il reggiseno, le tastò. Un sogno che si realizzava, la grande “Elena nelle mia mani disse, ti trasformerò nella più grande puttana mai esistita e sarai mia” diceva mente le strizzava le  morbide e abbondanti tette, tirandole e succhiandole i capezzoli. Quindi le ordinò di girarsi, Elena sperando che spegnesse quel telecomando infernale, prossima a cedere, si girò! Luca osservava quel culo monumentale, toccò quelle chiappe sode, alte, rotonde e sode. Affondò le sue mani in quel culo, la sentiva vibrare di piacere, sensazione unica. Appoggiò il suo cazzo in erezione sotto i calzoni nel solco tra le chiappe di Elena.

Iniziò a chiedere ad Elena cosa volesse, le prese le mani, la stava schiacciando contro il muro. Le difese psicologiche di Elena stavano cedendo. Rispose che voleva lui, lui le chiese di supplicarlo di infilarle il suo cazzo nel culo. Elena combatteva contro se stessa, ma la battaglia era impari…. Non resistette e alla fine pronunciò quella frase umiliante.

Luca era iper eccitato, felice, elettrizzato. Una sensazione di potere scorreva nelle sue vene, e nel suo cazzo. Prese il suo cazzo, lo tirò fuori dai calzoni e iniziò a strusciarlo contro la fessura delle chiappe di Elena, che non resisteva più. Luca amava quella situazione… la fica di lei stava letteralmente sgocciolando e tremando. Dopo qualche secondo Elena implorante e supplicante, bloccata contro il muro, sporse il suo culo in avanti, contro il bacino di Luca, muovendolo su e giù e implorandolo di sbatterla, per lei era una tortura.

Luca questa volta l’accontentò. Infilò senza tanti complimenti il suo cazzo dentro il culo di Elena, fino in fondo. Sentiva la carne che si apriva facendo strada impotente al suo membro. Elena aveva il seno nudo schiacciato contro le fredde mattonelle, le mani bloccate da quelle di Luca e appoggiate al muro, il cazzo di lui che le stava trapanando il culo. L’orgasmo di Elena arrivò irrefrenabile. Il suo bacino tremava mentre il cazzo di Luca le scopava il culo come un martello, senza pietà, mentre le sussurava nelle orecchie che era la sua puttana. La vagina le esplose, tremava, si contraeva, espelleva e schizzava liquidi vaginali a fiotti.

I suoi gemiti si trasformarono in urla. Elena premeva la bocca contro le mattonelle perché aveva paura che qualcuno la sentisse. In quel momento qualcuno entrò. Un dipendente che nessuno dei due aveva mai visto. Ma lui conosceva bene Elena, tutti li la conoscevano. Vide lei mezza nuda, bloccata contro il muro mentre Luca se la sbatteva. Una scena fuori dal comune. Non sapeva se andarsene, se restare lì, se avvertire qualcuno. In fine decise che non avrebbe detto nulla, in fondo la ragazza si stava finalmente sfogando, dopo 25 anni si meritava una bella scopata. Ma non aveva intenzione di perdersi lo spettacolo.

Si mise a pisciare in un cesso a muro posizionato proprio accanto a dove i due se la stavano spassando. Tirò fuori il cazzo per urinare, mentre si godeva la scena. Gli occhi di lei lo guardavano, occhi da cerbiatta in calore, sufficienti da soli ad eccitare un uomo. In più lei aveva le tette di fuori, schiacciate contro il muro, ed un cazzo nel culo.

Elena era colta da un immenso senso di vergogna ed imbarazzo, guardava gli occhi eccitati dell’uomo, si sentiva esposta, umiliata, usata, sottomessa. Il suo sguardo si posò sul cazzo dell’uomo, l’urina era finita, il cazzo era in erezione, e l’uomo se lo stava menando lentamente. Elena fu presa da una voglia irrefrenabile di prenderlo in bocca. Ma non poteva muoversi. Luca dopò un po’ capì la situazione, vedeva Elena scalciare divincolarsi per raggiungere il cazzo dello sconosciuto. Fu estasiato dalla visione.

Sussurrò negli orecchi di Elena, le chiese se lo voleva, se voleva spompinare quel tizio grassoccio e peloso che aveva appena finito di pisciare mentre lui le riempiva il culo di sperma. Lei tremante, incredula, umiliata, disse di si. Luca le fece ripetere la frase a voce alta, quella che lui aveva appena sussurrato, gliela fece dire in prima persona. Allora le liberò le mani e si girò. Elena si piegò e si avvento su quel cazzo. Lo prese in bocca, iniziò a succhiarlo mentre le sue mani lo segavano come una forsennata.

La sua bocca lo prese tutto dentro e iniziò a scoparlo con una velocità esagerata. Nel giro di poco i due uomini vennero, riempiendole il culo e la bocca di sperma. Sotto invito di Luca  Elena ringraziò l’uomo, che se ne andò contento e con una storia da raccontare e amici da far sbavare di rabbia. Luca si ricompose. Osservò un attimo ancora Elena che si contorceva nel pavimento, poi spense il telecomando.

Nel giro di un paio di minuti Elena si era ripresa, ancora tremava, ma di imbarazzo. Non poteva credere a quello che aveva appena fatto. Si sentiva umiliata, esposta, ma la cosa che più la spaventava era che quelle sensazioni non le provocavano la reazione che si sarebbe aspettata. In qualche modo era come se le piacesse tutto questo. E la cosa era decisamente l’aspetto peggiore della vicenda. Non lo avrebbe mai detto a Luca, non gli avrebbe concesso questa soddisfazione.

Luca era fiero e soddisfatto. Disse ad Elena che d’ora in poi gli avrebbe riferito ogni suo progresso prima che ad ogni altro passandogli agli appunti. Da oggi per tutti loro due stavano insieme. Le disse che se ben ricordava nel chip che si era messa nel cervello c’era anche un rivelatore gps e che non poteva scappare. Le disse che se avesse fatto la brava le conseguenze non sarebbero state così tremende. Solo qualche umiliazione pubblica ogni tanto, che avrebbero imputato a dei malfunzionamenti al suo chip.

L’azienda così avrebbe perso la sua ragazza immagine, non era certo possibile mandare una così alle conferenze, una che era capace da un momento all’altro di spogliarsi davanti a tutti ed infilarsi una mano nel culo. Avrebbero continuato a sfruttare le sue conoscenze, anche pagandola lautamente ma le avrebbero chiesto di farsi da parte, qualcun altro avrebbe preso i meriti e la gloria. Lui, e con la collaborazione di Elena, lei sarebbe diventata una semplice assistente, la sua assistente. Tutti lo avrebbero rispettato per non aver abbandonato quella povera ragazza dopo che agli occhi di tutti la sua vena creativa l’aveva inspiegabilmente abbandonata. Sarebbe stato il salvatore dell’ università.

Mente faceva questi ragionamenti a voce alta, Elena ascoltava rassegnata. Dopo di che lui la salutò con una sculacciata. Elena si ricompose, accorgendosi basita che si era portato via i suoi vestiti. Avrebbe dovuto tornare a casa, in bicicletta, solo con una camicetta addosso, nell’ora di punta. Prima avrebbe dovuto lasciare l’edificio e in molti l’avrebbero vista. Elena si guardò allo specchio, in qualche modo si era ricomposta, cercava di scacciare via l’imbarazzo e l’umiliazione appena provati e l’apprensione per il futuro ma non ci riusciva.

Notò con stupore che la sua fica era di nuovo umida, ma stavolta non c’era nessun telecomando acceso. Quindi prese il coraggio a quattro mani ed uscì diretta a casa. Passò oltre i fischi, le foto, i commenti piccanti e divertiti, le strombazzate dei clacsono di quelli che, dietro di lei ferma al semaforo, le vedevano perfettamente il culo e la scambiavano per una puttana. Superò tutto questo e tornò a casa. Salì le scale, l’ascensore era rotto. E lì incontrò dei vicini che la videro da dietro mentre saliva le scale, dei ragazzi del palazzo che si godevano da dietro il suo culo e la sua fica divertiti, stupiti ed eccitati.  Ovvio, la giusta conclusione della giornata pensava Elena.

Pedalare tra il traffico, sapendo di esporre li sue parti intime ad immeritati osservatori, sentire i loro apprezzamenti, anche volgari, la sua vagina umida a contatto diretto con il sellino, la camicetta che si alzava per via del vento e della corsa in bicicletta, sensazioni uniche. Alla fine entrò in casa e chiuse la porta dietro di se. Una voglia di masturbarsi la colpì  di nuovo, una voglia naturale questa volta e non indotta. La pedalata che aveva appena fatto si era rivelata sorprendentemente piacevole.

 

Il sonno di Elena fu turbato da molti sogni quella notte. Non si ricordava bene cosa aveva sognato, ma si ricordava la lussuria, il piacere, l’imbarazzo. Erano sicuramente stati sogni erotici, anche a giudicare dalla sua vagina irrimediabilmente bagnata. La sveglia suonava già da un bel pezzo… erano le 7:00 ed Elena doveva alzarsi, subito, non tra 5 minuti. Con grande sforzo il suo corpo nudo si levò dal letto, con lo sguardo assonnato azzittì la sveglia e barcollando si diresse al bagno. Si sciacquò il viso con acqua fredda per svegliarsi e fece pipì ed il bidet. Dopo si fece un bel caffè, forte, nero, appena macinato con il macinino a mano e preparato con una caffettiera napoletana da due tazzine. Aveva anche un aggeggio che serviva per montare il latte per fare il cappuccino, ma in quell’occasione lo usò per fare la crema del caffè. Le piaceva molto fare il caffè la mattina e gustarselo. Era una specie di rito, lungo e complesso rispetto alle semplici e veloci operazioni richieste dalla classica moka, ma chi sorseggiando quella roba pensava di bere caffè era completamente fuori strada!

Ristorata si diresse in camera. Si ricordò ora della telefonata di Luca di ieri sera. Era stato arrogante, le disse cosa avrebbe dovuto indossare oggi per andare a lavoro. Era stato minaccioso, se non lo avesse fatto avrebbe usato il suo telecomando per farle dare un bello e osceno spettacolo live davanti a tutti. Elena non stentava a credergli. Dunque prese il necessario, una gonnellina bianca svolazzante a mezza coscia, piuttosto corta e con le pieghe verticali, calze parigine grigie con fiocchetto all’altezza dei ginocchi, scarpette ballerine, una canottierina grigia, con l’immagine di Hello kitty stampata e abbastanza scollata. Questa era la cosa peggiore, tutto ma Hello Kitty no pensò Elena! Niente mutandine ne reggiseno. Inoltre avrebbe dovuto truccarsi le guance per farle diventare rosse e avrebbe dovuto legarsi i capelli con due fiocchi rossi a creare due code. Quando ebbe finito Elena si guardò allo specchio. Sembrava una ragazzina delle medie conciata in quel modo, non una ricercatrice professionista. Entrare conciata in quel modo al laboratorio sarebbe stato imbarazzante. Ma non finiva qui, doveva mettere il suo dildo più grande nel culo, Luca aveva poi aggiunto ridendo sprezzante che tanto la sapeva che aveva un dildo, anzi, più di uno.

Elena procedette, si mise tutto, si truccò e si legò i capelli. Infine prese il suo dildo, non quello più grande, tanto che ne sapeva Luca. Si mise sul letto a pecorina. Guardò l’ora… dannazione era tardi. Maledicendo se stessa e Luca procedette senza tanti complimenti ad inserire il dildo nel suo culo. Sentì la pelle dell’ano aprirsi, il dildo scivolare all’interno, farsi strada senza pietà. Sentì un fortissimo bruciore dovuto all’irruenza dell’operazione, ma non poté fare altrimenti. Quando lo ebbe infilato tutto trattenne un urlo, poi vincendo il dolore si alzò, e cercando di mantenere un andatura decente prese la borsa ed uscì di casa.

Pedalare in quel modo fu una tortura, ad ogni movimento sentiva il dildo dentro di lei muoversi chiaramente. Poi il vento alzava la gonna e le capitava di sentire i commenti accaldati di chi la notava. Certo, non era come l’ultima volta in cui aveva dovuto percorrere tutta la strada in bicicletta con soltanto una camicetta addosso, però era comunque imbarazzante. Quando Elena fu arrivata al parcheggio del centro ricerche la sua vagina però era già umida, la labbra gonfie, il clitoride bello eretto, i capezzoli turgidi svettavano sotto la canottierina. Il culo le faceva ancora male, ma stava scemando. Man mano che i minuti passavano, il dolore scomparve, sostituito da un certo piacere.

Prima di entrare Elena, anche se a malincuore, dovette eseguire l’ultima parte delle istruzioni che aveva ricevuto. Tirò fuori dalla borsa un lecca lecca e lo mise in bocca. Farsi vedere in quel modo sarebbe stata una bella umiliazione, ma non facendolo avrebbe rischiato molto di più, quindi fece un grande respiro ed entrò.

Man mano che passava la gente che incontrava, praticamente tutti coloro che lavoravano in quella struttura e che ormai avevano imparato a conoscerla, rimasero sbalorditi a vederla in quel modo. Lei che era sempre stata professionale ed impeccabile. Mentre Elena passava sentiva le risate, le battute. Molti di quelli che la vedevano reagivano deridendola, ma i rigonfiamenti nei loro calzoni non mentivano. L’immagine di Elena, vestita come una ragazzina, con la gonnellina oscillante, il seno messo in risalto dalla scollatura e dalle punte dei capezzoli che si vedevano sotto la conottierina, avevano fatto vacillare più di un cuore la dentro, e rigonfiare molti pantaloni.

Elena sperò che l’ascensore fosse in funzione. Perché salire le scale con quel dildo, e magari con qualcuno dietro pronto a godere delle oscillazioni della gonna, era un esperienza che voleva evitare. Ma il diavolo era appostato, pronto ad intercettarla. Dopo qualche passo, passando davanti alla macchinetta del caffè incontrò Luca. Elena divenne rossa, molto più di quanto già lo fosse, il cuore le batteva, le gambe iniziarono a tremarle. Sperava mantenesse la parola data, anche perché il luogo ampio e spazioso era pieno di gente che aspettava l’ora x per dedicarsi ai loro doveri.

Luca appena la vide fece un sonoro fischio di approvazione, lei finse un sorriso, le fece cenno di avvicinarsi. Davanti a tutti la apostrofò come bambola e pupa, le diede una sonora sculacciata che la fece trasalire, poi le prese la bocca con una mano e la baciò davanti a tutti. Dopo le appioppò una mano nel culo. Elena sentiva la mano stringere una sua chiappa mentre l’alta mano di lui allargava la scollatura della canottierina e i suoi occhi spudorati guardavano dentro. Un altro fischio sonoro, seguito da un commento ad alta voce sull’assenza del reggiseno. Mentre Elena era imbambolata e completamente nel pallone, notò che tutti li stavano guardando, che tutti stavano ascoltando e che quando Luca non parlava, in quel salone non volava una mosca.

Ma Luca non si fermò, le diede un colpetto con un gomito accennando al fatto che ieri nel bagno gli era piaciuto ma anche a lei visto come urlava. Elena capì il suo gioco, non voleva solo umiliarla, voleva far sapere a tutti che da adesso le apparteneva. Elena era imbarazzatissima, si sentivano adesso risatine smorzate, bisbigli, facce sconvolte o divertite. Elena non vedendo cosa altro potesse fare stette al gioco, e con uno sforzo immane riuscì con filo di voce ad annuire e dire che era stato fantastico. Quando ebbe pronunciato quella frase il volto di Luca si illuminò di una luce sinistra.

Quindi la prese sottobraccio come un bullo con la sua cheerleader e si avviarono verso le scale. Ma prima incontrarono un gruppo di giovani tirocinanti di Luca, studenti che avevano in passato seguito le lezioni di Elena. Luca li salutò gioviale e amichevole, presentandola ancora come la sua pupa. I ragazzi erano stupiti, divertiti, la guardavano eccitati, mentre Elena imbarazzatissima e nel pallone accennava un saluto. Dopo si avviarono per le scale, seguiti dai ragazzi che Luca aveva invitato nel suo ufficio.

Mossa subdola questa. Ancora sottobraccio a Luca era impossibile divincolarsi dalla sua morsa. La salita fu lunghissima, ad ogni passo Elena sentiva il dildo muoversi dentro di lei. Prima veniva spinto più affondo per via dell’accavallamento delle sue gambe, poi mentre l’altra gamba saliva il dildo tornava pericolosamente  indietro rischiando addirittura di uscire. Elena sentiva il dildo scoparle il culo, sapeva che da sotto i ragazzi stavano godendosi il suo culo e la sua fica nudi sotto la gonnellina. Ne sentiva gli schiamazzi, le risatine, gli scatti dei cellulari. Ecco pensò Elena, adesso quelle foto avrebbero fatto il giro dell’università.

Elena era completamente nel pallone, molto eccitata, ad ogni passo le sue tette ballavano, i capezzoli svettavano ormai imponenti sotto la canottierina, la fica era gonfia, umida e vogliosa, il piacere montava come l’imbarazzo e l’orgasmo era alle porte, Elena doveva impegnarsi molto per mantenere la calma.

Una volta finita la scalinata Elena era rossa in viso, paonazza, il respiro affannoso e la fica le colava gocce di liquido vaginale i cui rivoli le scendevano dalle cosce. Una volta arrivati al loro piano Luca la condusse nel suo ufficio insieme ai ragazzi. Elena non sapeva proprio cosa avesse in mente. Luca intrattenne un attimo i ragazzi, poi tirò fuori dalla tasca un affare con cui sembrava stesse giocando, lo mise non curante nel tavolo, era il telecomando. Poi rivolgendosi ad Elena, senza tanti complimenti le disse di andare a prendergli una bottiglia d’acqua e dei fogli A4. Elena imbarazzata ed umiliata sotto gli occhi dei ragazzi eseguì, lei che era un superiore di Luca ridotta a fargli da segretaria, la cosa era umiliante. Ma Elena si diceva che doveva essere forte. Nella sua mente stava prendendo forma un piano, un piano difficile, lungo e potenzialmente tappezzato di molti momenti umilianti, ma quel piano se bene architettato avrebbe potuto toglierla da quella situazione. Elena si aggrappava a questo pensiero mentre sempre con quei vestitini addosso faceva compiti da segretaria al suo secondo.

Quando fu tornata ebbe la netta sensazione che Luca stesse raccontando dei dettagli su  quello che era successo al bagno o in un fantasioso momento intimo tra loro due a casa sua. Appena entrò si zittirono, anche se le risate e gli sguardi allupati verso di lei dei ragazzi non si placarono subito. Luca le chiese se aveva ciò che le aveva chiesto, ma non si riferiva all’acqua ne ai fogli. Elena dunque presa dalla borsa una chiavetta USB con alcuni progetti e gliela passò. Luca le aveva chiesto di fare il suo lavoro, e lei lo aveva fatto. Luca pensava di sfruttarla per fare bella figura, per fare carriera ma si sbagliava.

Elena aveva messo in quei codici dei bug, lo aveva fatto apposta. Luca sicuramente non se ne sarebbe accorto, e quando sarebbe arrivato il momento del test davanti alla direzione, questo sarebbe fallito. Lui avrebbe fatto una figuraccia professionale gigantesca e se la sarebbe presa con lei, la avrebbe umiliata con quel telecomando davanti a tutti, ma di sicuro non le avrebbe rubato il posto.  Intanto i progetti che Elena avrebbe continuato a presentare sarebbero stati tutti dei successi. Lei sarebbe stata la ninfomane del centro ricerche? Poteva sopportarlo, ma non sarebbe mai stata un’ incompetente nel suo lavoro. Mai! Del resto, lei aveva una scusa per i suoi comportamenti, il chip… lui che scusa aveva se i circuiti da lui progettati non funzionavano? Così o i capi si sarebbero convinti a toglierle il chip, o lui avrebbe rinunciato ai suoi progetti su di lei. In ogni caso avrebbe vinto.

Elena pensava a queste cose mentre seduta nel suo ufficio davanti al pc aspettava che finisse una simulazione. Con quella macchina con 6 processori in parallelo ognuno dei quali a 15 core e 10 GB di ram le simulazione più complesse duravano minuti invece di giorni, questo era uno dei segreti di quel centro ricerche, i  processori fantastici che garantivano queste prestazioni erano stati ideati e brevettati da loro, e il contributo di Elena era stato fondamentale. Il brevetto aveva garantito un futuro a quel team di ricerca, nuovi fondi, nuovi mezzi, nuovo personale, nuovi progetti. Molti posti erano stati salvati grazie a lei. Elena era sicura che i suoi colleghi non lo avrebbero dimenticato e non l’avrebbero abbandonata adesso che aveva bisogno di loro.

Qualche ora dopo Elena aspettava trepidante nel suo ufficio che il test di Luca, quello su cui aveva puntato così tanto, fallisse. Stava tremando, aspettava che da un momento all’altro Luca rientrasse infuriato e accendesse quel telecomando. Elena si stava preparando psicologicamente. Non ci volle molto affinchè la cosa avvenisse. Elena sentì Luca rientrare nel ufficio dietro di lei, sbattere la porta ed imprecare. Dal suo ufficio Luca poteva vedere attraverso la vetrata divisoria Elena china sul suo pc, apparentemente indaffarata. Davanti a lei, dietro un’altra vetrata, vide nel salone tutto il resto dei ricercatori, quelli che non avevano un ufficio tutto loro, i loro pc, le loro scrivanie, le loro testoline fumanti.

Luca si decise, prese il telecomando e lo  accese. Elena doveva essere punita, sapeva che c’era lei dietro tutto questo. Sapeva che in qualche modo l’aveva fregato e voleva vendicarsi. Elena sentì che il momento era arrivato, un ondata improvvisa di calore la colse al basso ventre. Il respiro le si fece affannoso, il cuore le batteva in gola, il sangue iniziò ad accumularsi nelle sue zone erogene, la vagina e le sue labbra iniziarono a gonfiarsi, i capezzoli ed il clitoride sembrava dovessero esploderle. Una voglia improvvisa di prendere il dildo e scoparsi si impadronì di lei.

Senza mutandine, con la gonnelina leggera e sottile come unico baluardo di difesa nei confronti delle sue zone intime, Elena si contorceva nella sua sedia ergonomica mentre iniziava a gemere pesantemente. Elena non resisteva, si mise in piedi, stava per avviarsi verso la sala. Ma riuscì a trattenersi, quindi tornò verso la scrivania, ormai non ce la faceva più. Appoggiata alla scrivania, in piedi, di profilo rispetto ai suoi colleghi, mise una mano sotto la gonna ad accarezzarsi la fica.

Era fradicia, iper sensibile. Appena Elena si toccò un forte gemito la colpì, attirando l’attenzione dei presenti, la sua resistenza era stoica, ma non aveva speranze, e Luca non aveva nessuna intenzione di spengere il telecomando, facendo così in realtà, il gioco di Elena.

Elena alla fine cedette, dentro il suo ufficio in un attimo si tolse la gonna, poi la canottierina rimanendo nuda, con solo le scarpette, le parigine, e i lacci nei capelli. Stavolta era rivolta verso la vetrata, si toccava i seni, stringendoli, tirando i capezzoli, con l’altra mano tirava il clitoride e si scopava la fica, urlava e implorava che la scopassero. Tutti si accatastarono davanti alla vetrata per guardarla mentre si masturbava la fica e il seno.

Elena era nuda, e davanti a lei un muro di colleghi e amici, allupati, con cellulari in mano a riprendere la scena di lei che si masturbava, si contorceva e implorava di essere scopata. Elena era consapevole di quanto imbarazzante fosse quello che stava facendo ma non poteva farne a meno. Era la cosa più umiliante che avesse mai fatto nella sua vita e la sensazione di vergogna la stava divorando.  Vedeva i volti eccitati dei sui colleghi, le facce spiaccicate contro il vetro, i cellulari, i calzoni gonfi, i commenti e gli epiteti che le venivano rivolti.

Dopo un po’ Elena si girò.. si mise praticamente a pecorina dando il culo al pubblico, quindi spinta dalla forza di un istinto primordiale cercò di infilare le dita nel culo per prendere il dildo e usarlo per darsi piacere visto che i suoi colleghi e amici non volevano saperne. Infilò prima tre dita, e già il suo pubblico era in delirio. Ma ormai il dildo era in profondità, Elena arrivò ad infilare dentro tutta la mano per prenderlo. L’immagine che i suoi colleghi si stavano godendo era quella di Elena che urlava e tremava, nuda e a pecorina sulla sua scrivania mentre aveva una mano tutta infilata dentro il suo culo mentre la sua fica sgocciolava sul pavimento.

Ad un certo punto Elena riuscì a prendere il dildo, e i presenti poterono assistere alla visione della mano che usciva dal culo insieme ad un enorme dildo nero affusolato con cui Elena iniziò a scoparsi brutalmente il culo, urlante, implorante. Irrefrenabile e con il suo corpo completamente fuori controllo Elena infilò l’altra mano nella fica scopandosi così entrambi i buchi.

La scena era da togliere il fiato, Elena non riusciva a smettere, la sua fica era un fiume in piena, un orgasmo dietro l’altro, le sue urla e la notizia avevano attirato li tutto il centro di ricerca e gli spettatori erano diventati tantissimi. Si stava scopando culo e fica nuda davanti a tutti. Ad un certo punto Elena non resistette più. Si precipitò fuori con ancora il dildo nel culo. Aprì la porta del suo ufficio, quindi si mise in ginocchio davanti ai primi calzoni che vide, tirò giù la zip e fuori il cazzo e lo mise subito tutto in bocca.

Luca osservava rapito la scena di Elena circondata da almeno un centinaio di colleghi inginocchiata, nuda, con mani che la toccavano ovunque, nel culo, nelle tette, nella fica, decine di cellulari che fotografavano e riprendevano tutto, Elena che saltava da un cazzo all’altro ingoiando lo sperma e implorando di essere scopata.  Visto che i presenti non si decidevano ad un certo punto Vide Elena sdraiarsi e inarcando la schiena rimettersi una mano nel culo e una nella fica ricominciando a scoparsi.

Luca decise che poteva bastare così e spense il telecomando. Così Elena si “risvegliò”, sdraiata, nuda, con una mano nel culo e una in fica, piena di sperma, circondata da tutti i suoi colleghi, tutti eccitati, con i cazzi di fuori, molti che se li stavano menando, un lago davanti alla sua fica e cellulari nella mani. Dopo qualche secondo uno schizzo di sperma la prese in volto. Elena era atterrita. Si alzò di scatto e avanzando con difficoltà tra la folla, mentre innumerevoli mani la toccavano ovunque, guadagnò il bagno e si chiuse dentro.

Elena tremava ancora di immenso imbarazzo, immensa vergogna, immensa umiliazione ed eccitazione. Le ci volle molto per riprendersi, e a quel punto non aveva il coraggio di uscire. Inoltre era ancora nuda, e il suo dildo chissà dove. Elena si pentiva di aver sfidato Luca, ma sapeva anche che se adesso si fosse presentata dai suoi superiori con la richiesta di togliere il chip perché difettoso, non avrebbero potuto negargliela. L’obiettivo era stato raggiunto, era fiduciosa che le avrebbero dato una seconda chance e che non l’avrebbero licenziata, ma questo non confortava Elena.

In quel momento era tremante, nuda e rannicchiata in un angolino del bagno. Alla fine si decise, dopo molti minuti si mise in piedi e iniziò a pulirsi dallo sperma. Dopo prese il coraggio a quattro mani e uscì, ancora nuda. Percorse il corridoio nuda, sotto gli occhi dei presenti. La folla si era diradata ma erano ancora molti. Entrò nel suo ufficio e tremante raccolse la gonna e la canottierina dal pavimento e si rivestì. Non ce la faceva a rimanere li, fece per andarsene. Prima però entrò nel salone dei ricercatori, vide il suo dildo li per terra e si piegò per prenderlo.

Rialzandosi vide che tutti la guardavano. Fu molto umiliante ritornare sul luogo del fattaccio per riprendersi il dildo, ma Elena pensò che sarebbe stato peggio se l’avesse lasciato lì. Quindi si incamminò verso la direzione, subito, per poter spiegare l’accaduto a modo suo. Elena si chiedeva quante esibizioni come questa o forse peggiori sarebbero servite per convincere la direzione a finanziare un’altra operazione per toglierle il chip, ma sapeva che prima o poi li avrebbe convinti. Chi fa le operazioni è un suo amico, gli avrebbe chiesto di togliere solo l’amplificatore programmabile, così non avrebbe rinunciato ai suoi orgasmi.

Luca intanto trionfante nel suo ufficio pensava di averla piegata definitivamente, ma si sbagliava, non sapeva che era caduto nella sua trappola, e aveva perso.

 

 

Elena era di nuovo sotto i ferri, era riuscita finalmente a convincere la direzione a finanziare l’intervento per la rimozione del chip. SI era accordata con il team di chirurghi che l’avrebbero operata, per fortuna si conoscevano da tempo. Le avrebbero tolto solo l’amplificatore, così si sarebbe sottratta al controllo di quel bastardo di Luca e avrebbe potuto continuare a provare orgasmi. Aveva atteso tutta la vita di poter provare piacere sessuale e adesso che sapeva cosa voleva dire avere un orgasmo non voleva più rinunciarvi.

Adesso era stesa sul lettino, solo al pensiero di quello che le sarebbe successo di li a poco rabbrividiva. I medici avrebbero fatto un tassello nella scatola cranica, lo avrebbero tolto, avrebbero infilato i loro attrezzi direttamente nel suo cervello, poi l’avrebbero richiusa. Per un po’ il dolore alla testa sarebbe stato forte ma bastava pazientare qualche giorno. Per i capelli sarebbe stato più complicato, avrebbe dovuto affidarsi al suo parrucchiere di fiducia per studiare un taglio che nascondesse il buco dove per forza di cose era stata rasata. Ma nemmeno quello sarebbe stato un problema. Di li a poco sarebbe stata libera. Improvvisamente sentì i chirurghi entrare in sala operatoria,  le fu messa una mascherina, una ragazza le disse di contare al contrario da 10 a 0.

Elena riuscì a malapena ad arrivare ad otto, dopo di che cadde in un sonno profondo.  Al suo risveglio erano passate molte ore, era tutta intontita e i movimenti non le riuscivano bene. Per qualche istante credette al peggio, un danno al cervello. Poi si tranquillizzò. Un’ infermiera vedendola agitata le spiegò che erano gli effetti dell’anestesia totale. Detto questo corse a chiamare il suo medico. 

Dopo qualche ora ancora si era rimessa quasi del tutto, infatti stava parlando con il capo chirurgo. A quanto pareva i circuiti erano stati assorbiti dalla materia cerebrale che li circondava ormai quasi del tutto. Con l’uso di un robot ad altissima precisione erano riusciti ad individuare l’amplificatore delle sensazioni e a mandarlo fuori uso. Ma nessun altro intervento sarebbe mai più stato possibile. In quell’istante entrarono un gruppo di amici che erano venuti per farle compagnia. Salutò quindi il dottore ed esibì un sorriso radioso.

In realtà era preoccupata e quando finalmente fu sola potè smettere di fingere. Il suo viso si fece cupo. Come poteva essere sicura che quei medici fossero effettivamente riusciti a distruggere l’amplificatore delle sensazioni? L’unico modo era aspettare, aspettare e vedere cosa sarebbe successo quando sarebbe tornata in laboratorio e aspettare che Luca facesse la sua mossa. Era sicura che lo avrebbe testato subito. Intanto c’era una cosa che poteva constatare. Infilò una mano sotto il vestito, quindi sotto le mutandine, si toccò il clitoride. Insistette per qualche istante fino a quando ebbe la certezza che la sotto funzionava tutto, o meglio, la sopra, nel suo cervello.  Ma non voleva avere un orgasmo in un ospedale pubblico. Quindi, anche se a malincuore, dovette fermarsi.

L’attesa era stata sfiancante, aveva pensato a lungo di andarla a trovare in ospedale e approfittarne per testare il telecomando. Ma Luca era un bravo scienziato, non brillante come Elena ma pur sempre uno scienziato di buon livello. Sapeva che sarebbe stato pericoloso per Elena causarle uno stress in fase di convalescenza da un intervento tanto delicato. L’ultima cosa che voleva era far del male ad Elena. Non era un mostro, forse un bastardo approfittatore, ma non un violento e non aveva mai fatto del male a nessuno. Non male fisico quanto meno.

Ma l’attesa era finita, Elena era entrata, indossava un vestitino a maglia di cotone, grigio, aderente e a mezza coscia, senza il camice bianco. La cosa non era molto regolamentare, ma infondo in quel laboratorio non avevano mai badato troppo a queste cose, soprattutto per le belle ragazze come lei. Inoltre quel vestito le risaltava in modo incredibile le forme generose. La vide sedersi. Si poteva notare facilmente che aspettava trepidante anche lei. Adesso tutti i colleghi facevano la fila per salutarla e darle il benvenuto. Luca pensò di aspettare che se ne fossero andati tutti, come se prolungare l’attesa potesse in qualche magico modo toglierlo da quella situazione, e cioè verificare il fallimento del suo piano.

Elena era imbarazzatissima, erano tutti i colleghi che soltanto pochi giorni fa l’avevano vista nuda, mentre si masturbava, molti l’avevano toccata, le avevano sparato il loro sperma addosso e lei stessa aveva succhiato molti dei loro cazzi. L’umiliazione era stata assoluta, era consapevole ma impotente mentre compiva quelle gesta così oscene. Anche ora l’imbarazzo era enorme. Elena sapeva benissimo che molti di loro avevano nei loro cellulari foto e video di lei, e sapeva che  li guardavano spesso. Faceva buon viso a cattivo gioco, anche quando le guardavano spudoratamente le tette.

Adesso invece erano tutti pronti a leccarle il culo, a scusarsi, a tentare di ingraziarsela nuovamente. Elena era sia imbarazzata che arrabbiata, ma faceva buon viso a cattivo gioco. Quando tutti se ne furono andati le venne di girarsi, sempre seduta nella sedia girevole, e guardare dietro, oltre la vetrata alle sue spalle che separava il suo ufficio da quello di Luca. Era il momento della verità, vide Luca prendere il telecomando e girare la manopola. Niente.

Elena era libera, tirò un sospiro di sollievo, e con un espressione trionfante si voltò, scaricò la tensione, si godette il momento, si godette il rumore della porta dell’ufficio di Luca  che sbatteva violentemente e il suono dei suoi passi che si allontanavano frettolosamente. Quindi si rimise a lavoro. Aveva molti test arretrati da svolgere.

I giorni passavano, Elena ormai non pensava quasi più a quello che era successo tra lei e Luca. Il suo tocco magico era tornato e si sentiva. Con lei al comando i progetti consegnati in tempo e pienamente funzionanti si susseguivano uno dopo l’altro. In nemmeno un mese era riuscita a far ricordare a tutti nell’azienda il motivo per il quale a soli 24 anni era diventata il capo del reparto ricerche e sviluppo.

Doveva stare attenta, per il mondo lei non poteva più provare orgasmi, doveva accontentarsi di qualche gingillo che aveva acquistato in incognito in un sexy shop. Ma anche questa situazione sarebbe cambiata. Doveva solo aspettare un anno e presentare i risultati della riprogettazione dei suoi chip rivoluzionari. Si sarebbe sottoposta ad un altro intervento, finto questa volta. E allora avrebbe potuto finalmente sfogarsi con un cazzo vero, e senza timore di essere scoperta.

Quel giorno Elena si godeva il pomeriggio libero e aveva deciso di fare shopping. Era andata in centro e passava da un locale all’altro. Era contenta, con lo studio, forza di volontà e tenacia era riuscita a realizzare i suoi sogni, inoltre aveva un ottimo lavoro, soldi da spendere e abbastanza tempo libero per farlo come si deve. Non  perse tempo, vide un vestito molto bello. Decise di provarlo. Andò senza indugi verso le cabine.

Per fortuna ce ne era una libera, di solito doveva aspettare qualche minuto. Entrò, chiuse la tenda e iniziò a spogliarsi. Si era appena tolta i vestiti ed indossava solamente l’intimo quando una sensazione familiare iniziò ad invadere il suo corpo. Era più lenta del solito a montare e a manifestarsi, ma non c’erano dubbi. Elena iniziò  a sentire un tepore diffondersi dal basso ventre ed espandersi, la sua respirazione si faceva difficoltosa, il cuore iniziò a batterle più forte, il sangue iniziò a circolare con maggiore insistenza nelle sue zone erogene. I capezzoli le si stavano inturgidendo, le labbra della vagina iniziavano a gonfiarsi, a scurirsi, il clitoride stesso iniziava a gonfiarsi.

Elena iniziò  preoccuparsi seriamente. Cercava di respingere questi impulsi, ma non ci riusciva. Per quanto si sforzasse il processo sembrava inevitabile. Mentre l’eccitazione saliva e la sua fica iniziava a bagnarsi iniziò a manifestarsi in lei la voglia di spogliarsi. Senza nemmeno rendersene conto le sue mani stavano sfilando il reggiseno. Dopo di che fu la volta delle mutandine. Elena iniziò ad abbassarle, cercava di resistere, per questo il movimento fu molto lento, molto sexy.

Adesso Elena era nuda, coperta solo da una tendina, fuori si sentiva chiaramente la fila, soprattutto donne. E poi l’inevitabile, una mano corse alla sua fica, iniziò ad accarezzarsi la fica, le labbra piccole, il clitoride. Il respiro si faceva sempre più affannoso. Elena era consapevole del rischio ed era spaventata perché non si capacitava di come fosse possibile, ma non poteva farne a meno. Nel giro di pochissimo tempo Elena si stava masturbando furiosamente dentro la cabina  di prova del negozio.

Due sue dita violavano freneticamente la sua vagina, altre due facevano la stessa cosa con il suo culo, era in piedi, leggermente piegata in avanti. indossava solo scarpe con tacco, dietro di lei il vetro permetteva di vedere bene anche il suo culo, le dita che lo penetravano. Inevitabilmente iniziò a gemere, sempre più forte. Elena sapeva benissimo che di li a poco sarebbe stata scoperta, ma non poteva farne a meno.

L’istante in cui avvenne sembrò infinito. Una signora arrabbiata per il tempo trascorso prese la tenda e la aprì di scatto, davanti a lei e a altre 5 donne si manifestò l’immagine di Elena, nuda, sudata, eccitata, che si stava masturbando oscenamente la fica e il culo. Tutti potevano vedere le sue tette che ballavano ad ogni movimento, la sua fica eccitata che gocciolava, il suo culo, le sue parti intime, il suo volto stravolto dal piacere e dall’imbarazzo.

Ci fu lo sgomento, alcune donne iniziarono a gridare, il risultato fu che tutti gli uomini presenti nel negozio seppero cosa stava succedendo. Nel giro di poco tempo una piccola folla quasi esclusivamente maschile si era radunata davanti al camerino dove Elena ormai si stava scopando come una forsennata. Elena vedeva i volti degli uomini eccitati, i cellulari che riprendevano tutto, sentiva le sue urla.

Quindi l’effetto scemò e nel giro di qualche minuto Elena riuscì a fermarsi. Nuda, tremante, completamente imbarazzata Elena richiuse la tendina per sottrarsi agli sguardi penetranti ed indiscreti. In tutta fretta si rivestì e scappò dal locale senza nemmeno rimettersi l’intimo. Non poteva più presentarsi in quel negozio. Mentre fuggiva, quasi  correndo, Elena cercava di spiegarsi l’accaduto. Come era possibile, forse il chip era davvero difettoso, forse i medici avevano incasinato tutto e peggiorato la situazione. Inoltre nella sua mente risuonavano le parole del medico che sentenziavano lì impossibilità di un altro intervento.

Se fosse davvero così, se era stato un malfunzionamento, avrebbe dovuto passare la sua vita così? Non voleva pensarci. Elena adesso voleva solo correre a casa.

Passò una settimana, per tutto il tempo Elena ripensò a quanto era accaduto al negozio di abbigliamento. Ancora non si spiegava cosa era successo. Per tutto il tempo in quei giorni aveva sempre convissuto con il terrore di essere vittima di un altro attacco. Cercava di distrarsi. Per esempio quella sera aveva deciso di andare al cinema, per allentare la tensione. Non aveva trovato nessuno disponibile quindi era sola. Poco male, poteva vedere quello che preferiva.

Elena si ritrovò seduta tra due uomini, la sala era piena, era l’anteprima di un film molto famoso. Quasi subito una mano le si posò sulla coscia destra. Si voltò indispettita. Era Luca, in mano aveva il telecomando. Lui la salutò in modo sprezzante. Elena rimase basita per qualche istante, poi rispose a tono, sempre a voce bassissima, mentre scorrevano le immagini della pubblicità. Elena le disse che ormai quel telecomando non serviva più a nulla. Ma Luca sembrava molto sicuro di se. Fece riferimento a quello che era successo nel negozio di abbigliamento una settimana prima.

Ad Elena si gelò il sangue. Luca rise, una risata perfida. Le fece notare che sapeva a cosa si stava riferendo. Mentre Elena parlava scoprì che quel giorno nascosto e lontano dalla cabina c’era anche Luca. Questo quasi indovinando i pensieri della ragazza dall’espressione persa di Elena iniziò la sua spiegazione. Era il suo momento di gloria. Finalmente stava spiegando una cosa ad Elena e non il contrario. Finalmente era riuscito a batterla nel sue stesso campo. Mentre le parole di Luca si susseguivano l’espressione di Elena si faceva sempre più terrea.

La cosa aveva senso, Luca aveva ideato un sistema per sovra alimentare i circuiti, inondarli di richieste trasmesse via wireless dal suo telecomando modificato. Quando i circuiti raggiungevano il livello di saturazione, vista la mancanza di un effettiva rete di dispersione della potenza nel chip, l’effetto risultante era paragonabile a quello di un’ amplificazione. Elena inoltre comprese con terrore come non ci fosse modo per risolvere la situazione. Nessun intervento era più possibile. Poteva diventare una vegetale se avesse tentato di farsi estrarre il dispositivo.

Un tentativo di risolvere il problema aggiornando via software il chip non poteva in  nessun modo coprire la lacuna hardware di quel circuito. Elena in un istante di terrore capì che non aveva scampo. Era destinata ad essere la bambola di Luca. Anche se avesse trovato una soluzione le ci sarebbero voluti anni per implementarla ed inoltre sarebbe stato difficilissimo fare la cosa sotto il naso di Luca.

Elena non riusciva a dire una parola, forte nel suo momento di trionfo la mano di Luca era arrivata fino sotto le mutandine di Elena. Poi ritrasse la mano, e sotto gli occhi di Elena azionò il telecomando. Poi guardando Elena precisò quasi ridendo che lo aveva potenziato, e che l’effetto sarebbe stato più veloce e potente rispetto a quanto era successo durante il primo collaudo.

Elena iniziò infatti a tremare, sentiva chiaramente l’eccitazione salire e nel giro di pochissimo tempo il suo respiro si fece affannoso e si sentiva chiaramente nella sala. Elena indossava solo un vestitino leggero sopra l’intimo e la voglia di strapparselo di dosso diventava enorme. Luca si stava godendo lo spettacolo. Elena si ritrovò ad implorare Luca, ma lui scuoteva la testa. Disse che ad Elena doveva essere punita, aveva fatto la cattiva ragazza.

Elena stava per esplodere in un cinema, era al centro della sua fila, circondata da un sacco di gente, nel silenzio rotto solo dal film che era appena iniziato, e già per tutta la sala si iniziavano a percepire i suoi gemiti. Elena cercava di resistere stoicamente, tentò anche di alzarsi ma Luca la tenne ferma con uno sforzo minimo. Mancava pochissimo. Alla fine Elena cedette.

In uno solo gesto si tolse il vestito, e incitata da Luca si tolse anche la biancheria intima, gettandola via attirando l’attenzione di tutti i vicini. Elena si stava scopando con una mano quando Luca le disse di succhiargli il cazzo. Elena non se lo fece ripetere e la sua voglia enorme era pareggiata solo dall’imbarazzo che stava provando. Era nuda, piegata sul cazzo di Luca che stava succhiando e che aveva tutto in bocca, sul sedile, praticamente a pecorina. Intorno a lei lo sconcerto, le urla, le risate, i commenti, i flash.

Quelli alla sua destra potevano vederle il culo messo a pecorina qualcuno più porco di altri ne approfittò per toccarlo, sculacciarla, infilare un dito o due nella fica e nel culo. Elena era imbarazzatissima. Luca ben presto scaricò il suo sperma nella bocca di Elena. Con lo sperma che le usciva dalla bocca tentava disperatamente di rianimare il cazzo di Luca. 

Intanto la proiezione era stata sospesa, il servizio di sicurezza allertato, e quando i butta fuori erano arrivati assistettero ad una scena assurda. Elena era circondata da una ventina di arrapati, succhiava cazzi uno dietro l’altro, era piena di sperma in viso e nelle tette. In quel momento Luca spense il telecomando. Elena si ritrovò piena di sperma, circondata da sconosciuti arrapati con i cazzi di fuori che ancora le stavano schizzando lo sperma in viso e nelle tette e che le strusciavano i loro cazzi in viso, e due guardie che si stavano facendo spazio tra la piccola folla. Elena era talmente imbarazzata che avrebbe voluto sotterrarsi, le veniva da piangere. Ma tremava di eccitazione e la sua fica era bagnatissima. Luca si godette la scena di Elena, nuda, piena di sperma in volto e nelle tette che veniva portata via dai due omoni tenendola per le braccia, senza preoccuparsi della gente che si stava accalcando per vedere e fotografare.

Elena si ritrovò quindi all’aperto, con una lavata di capo e un: “sei fortunata che non abbiamo chiamato la polizia troia ninfomane, e adesso sparisci”, con tanto di manata nel culo. Mentre la folla si stava accalcando per godersi lo spettacolo apparve Luca. Si mise davanti a lei. Mostrava minaccioso il telecomando. Elena si ritrovò ad imploralo di salvarla. Luca però le infilò un dito nella fica. Quando lo ritrasse questo era bagnatissimo. Luca divertito, le chiese se era proprio vero che voleva essere salvata da quella situazione.

Al che Luca le si avvicinò all’orecchio e le sussurrò alcune parole. Se voleva essere salvata doveva giurargli obbedienza, doveva chinarsi, baciargli i piedi e sottomettersi pubblicamente a lui. Elena si ritrovò ad eseguire tremante. Quello che seguì fu incredibile, Luca prese un paio di manette, le legò i polsi dietro la schiena, le mise un collare al collo, gli agganciò un guinzaglio, dopo di che si avviò alla sua macchina tenendo il guinzaglio in mano e trascinandosela dietro.

Il viaggio fu breve, ma camminare in quel modo tra due ali di folla e di flash fu terribilmente umiliante per Elena. Nonostante questo,  una volta in macchina Elena si scoprì tremante in preda ad un orgasmo potentissimo, ed il telecomando era spento. Durante il viaggio Elena pensava a quanto era successo. Ancora tremava, l’umiliazione era stata fortissima. Intanto ascoltava Luca.

Diceva che l’indomani le immagini dello spettacolo che aveva dato sarebbero state su tutti i telegiornali, su ogni sito internet. Non solo, avrebbe dovuto spiegare alla direzione cosa era successo. Evidentemente la colpa dei suoi attacchi di ninfomania non era da imputarsi al chip visto che ormai non lo aveva più. Che i problemi relativi alla sua vita sessuale erano evidentemente di natura psicologica, che aveva fatto spendere inutilmente molti soldi all’azienda per due interventi inutili e aveva sprecato un chip costosissimo che ormai non poteva più essere recuperato perché inutilizzabile dopo la prima applicazione. O questo, o doveva ammettere di aver mentito, di aver agito alle spalle della compagnia commettendo un certo numero di reati.

Luca le spiegava che avrebbe dovuto chiedere scusa dei suoi comportamenti pubblicamente e davanti a tutti i dipendenti dell’azienda, sarebbe stata un umiliazione fortissima. Dover ammettere di essere una  ninfomane davanti a tutti, amici, colleghi, conoscenti e sconosciuti. Questo era l’unico modo per evitarle il licenziamento ed un arresto per atti osceni in luogo pubblico. Ci sarebbero state le telecamere, questo sarebbe servito per ripulire il nome dell’Università.

Lei sarebbe diventata la sua assistente, avrebbe lavorato per lui e lui si sarebbe preso tutti i meriti delle sue ricerche. Ogni tanto avrebbe dovuto accendere il telecomando e provocarle un attacco di ninfomania per far reggere la storia e per divertirsi ammise ridendo. Inoltre Luca diceva che avrebbe iniziato a lavorare su telecomandi a tempo, cifrati, così poteva darla a noleggio e farsi pagare. E sarebbe stata lei ad aiutarlo nella progettazione di questi teelcomandi. Così lei stessa avrebbe reso possibile la fantasia perversa di Luca, e cioè la possibilità di metterla al servizio di sconosciuti, amici, colleghi, chiunque avesse voluto pagare e averla al suo comando. Mentre diceva tutto questo Luca rideva trionfante.

Elena ascoltava atterrita, legata, con ancora il collare, nuda e lo sperma ancora nel suo volto. Quello che non riusciva a capire era perché stesse sporcando la tappezzeria con una quantità incredibile di liquido vaginale? Perché ascoltando Luca continuava a venire? Ed il telecomando era spento! Elena si sforzava di pensare a come uscire da quella situazione. Ma, incredibilmente, non era più così sicura di volerlo fare!

 

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