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Racconti Erotici Etero

IL TESORO DELLA BRUTTEZZA

By 20 Gennaio 2009Dicembre 16th, 2019No Comments

C’era una volta una giovane donna, che aveva vissuto sulla terra per ben sei volte ed era morta altrettante volte.
Aveva lasciato dietro di sé numerose tombe e serbava in seno un segreto particolare, che le consentiva di sopravvivere alla morte.
Io non so se anche altri lo conoscessero. Davvero, io non so se lo conoscevano le querce antiche, i tigli sperduti dei boschi, il rovere maestoso che cresceva presso la vecchia scuola diroccata ed il cartello di legno, che ne indicava la presenza.
La giovane di cui vi narro, dunque, era al corrente di un segreto per sfuggire al gelo della morte e rinascere ogni volta che questa posava le sue mani orrende sul suo corpo mortale. Inoltre e come se non bastasse, ella sapeva mantenere su di sé un’eterna giovinezza.
Passeggiava saltellando lungo i viottoli del villaggio, in mezzo a gruppi di oche, a carri che trasportavano fieno, a vecchie invidiose e a discoli che giocavano a tirarle i capelli. Ella giocava e parlava con tutti, amava ogni essere, si mostrava buona e affettuosa con quanti le stavano intorno, adorava baciare il prossimo sulla guancia, si lasciava toccare ed accarezzare. Sembrava talmente buona e amorevole, che’ Oh!
– Vi amo tutti ‘ ripeteva al vento. ‘ Vi benedico tutti! Che l’amore sia con voi e vi prenda tra le sue braccia d’immenso! Che l’amore sia con voi nella gioia e nella morte!
Le parole sue erano dolci ed affettuose, ma il mondo era tanto cupo. Le case erano dipinte di rosso o di verde bottiglia ed avevano i tetti neri; c’era altresì una Torre dell’Orologio, tutta del color della pece, che culminava con una sorta di guglia aguzza; il vederla spiccare nel cielo infuocato e freddo toccava il cuore. Le nuvole si rincorrevano alla velocità del vento, in quell’immenso, avevano i colori dell’aurora, erano rossastre, turchine, grigiastre, d’argento.
La donna del mistero le conosceva tutte per nome e le chiamava. Erano le sue sorelle’
– Vi amo e volerò con voi ‘ ripeteva loro, ammirandole, contemplandole, mentre passavano, l’una dopo l’altra.
Nel villaggio c’erano dei cattivi, che la insultavano, la invidiavano, la maltrattavano, ogni volta che potevano. Un giorno, un contadino sdentato aveva osato toccarla con una verga. Tre o quattro figure arcigne, nere e senza volto, l’avevano fatta ruzzolare giù per una discesa sassosa, sperando di farla morire.
Ah, canaglie!
La giovane misteriosa abitava in una casa diroccata, vicino agli olmi tristi. Un giorno, ella rinvenne una sorta di mappa, dipinta su di una pergamena bianca. Se quanto stava scritto su di essa era vero, doveva esserci un tesoro, nascosto sotto il noce grande, che cresceva maestoso davanti alla Torre dell’Orologio.
Fu così che la nostra protagonista prese un badile e, nelle prime ore del mattino, quando le nebbie avvolgevano ogni cosa, persino le guglie del paese, ella si mise a scavare nel luogo indicato, onde trovare la ricchezza nascosta.
Ma la curiosità sua fu punita.
Ella invero trovò un baule, lo aperse e proprio in quel momento si trovò dinanzi ad una sorta di pupazzo mostruoso, nero, che le saltò addosso come spinto da una molla. La sventurata mai si sarebbe immaginata di trovarlo.
– Buuuuuh! ‘ si sentì urlare in un orecchio.
– Chi sei? Chi sei, avanti, dimmelo! ‘ disse l’altra, giungendo le mani, come dinanzi ad una visione.
– Io sono la Bruttezza in persona!
Era nera, dal volto sfigurato, teneva un martello arrugginito in mano, lo usò per percuotere la bella, sulla testa! Ma non riuscì ad ucciderla.
Purtroppo la nostra protagonista divenne, giorno dopo giorno, sempre più brutta. Le crescevano dei peli dappertutto, il volto suo si ricopriva di rughe profonde, le sue labbra diventavano del color della pece.
– Cielo! ‘ esclamò, tutta avvolta da una nuvola grigiastra e maledetta. ‘ Il tesoro era un maleficio!
Ma la Bruttezza fece di più. Non le diede pace e le mandò un medico cattivo, per curarla. Era vestito con un camice bianco, insanguinato, aveva il volto minaccioso, teneva in mano una siringa di vetro, con la quale avrebbe potuto iniettare dei veleni letali.
– Lasciatemi! ‘ esclamò la bella. ‘ Che cosa volete farmi?
Egli la sedusse e riuscì ad ottenere il suo consenso ad un congresso carnale. La nostra protagonista aveva ancora un che di bellezza e lo usò in una notte di tuoni e di lampi, con quel medico della morte.
Lo fecero sulle fascine ammonticchiate, lei gli avvolse il volto con le sue tette grandi e carnose, gli fece provare il pelo che le cresceva in mezzo alle gambe, sulla pelle, per poi farsi penetrare. Dapprima giunse il piacere del didietro, poi, quello del davanti, mentre lei sembrava mangiarsi quell’uomo vestito di bianco, alla luce di un lampo. Poco dopo, ogni velo fu tolto e si videro soltanto due corpi di carne, aggrovigliati e ansanti.
Il mattino dopo, qualcuno trovò una siringa di vetro, bagnata di sangue, nella casupola della nostra eroina.
Un baule dimenticato e maledetto giaceva in un angolo, sotto il noce vecchio, nessuno sapeva chi l’avesse aperto.

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