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Il vicino impiccione

By 19 Ottobre 2013Dicembre 16th, 2019No Comments

Avevo deciso di parcheggiare piuttosto lontano dall’appartamento dove vado ad abitare qualche giorno di tanto in tanto durante l’estate. Si tratta di un appartamento che appartiene alla mia famiglia e si trova in un condominio piuttosto grande ma un po’ lontano dal mare.

Non so, precisamente, perché avessi parcheggiato così lontano. Di solito di posti liberi e vicini al mio appartamento ce ne sono sempre a bizzeffe. Diciamo che nonostante fosse molto tardi (saranno state tipo le tre o le quattro di notte) era ancora dannatamente caldo. Mi era frullata l’idea che facendo un paio di passi sotto le stelle mi avrebbero aiutata a prendere sonno; e non, invece, farmi pensare troppo a quell’afa tremenda che mi incollava il vestito alla pelle.

Mentre passeggiavo pensavo alla serata trascorsa; un aperitivo veloce con le amiche al bagno al mare, una doccia rapida per togliersi un po’ l’odore di sale, la solita vasca attraverso il lungo mare ed infine tutte a ballare in una discoteca all’aperto. Si era trattato di un bella sfacchinata, ma mi ero divertita tantissimo.
Una piccola cosa, però, non mi era andata proprio bene. Era accaduta quasi alla fine della serata quando avevo già voglia di tornarmene a casa e quindi non mi pesava più di tanto. (Beh, dai, un po’ mi rodeva, ma non ti possono mica andare poi bene tutte, no?)

Uscite dalla pista, io e le mie amiche, ci eravamo fermate un po’ a chiacchierare tanto per rilassarsi un po’ e bere qualcosa. Il rischio disidratazione, anche se era notte, era pericolosamente in agguato.
Alcuni ragazzi si trovavano vicino a noi, quando ad un certo punto uno di loro si stacca dal gruppetto e mi viene vicino attaccando bottone. Lui è senz’altro carino, capelli neri un po’ arruffati, uno sguardo piuttosto simpatico, ben rasato ed una mascella ben pronunciata. Indossa una camicetta quadrettata che tiene aperta e che lascia intravedere un fisico ben scolpito anche se nulla di troppo fuori dalla norma. Insomma, a pelle, non mi dispiaceva affatto.

Il problema era, che se anche aveva iniziato a parlare con me, subito dopo si era rivolto ad una delle mie amiche. Bisognava vederli; avevano subito raggiunto quel non so ché, come di grandi amici di vecchia data. Sbuffai un po’, per un attimo gelosia a mille, poi svuotata la bottiglietta d’acqua tutto tornò alla normalità.

E’ proprio vero che più del proprio insuccesso fa rabbia il successo degli altri. Alla fine fui contenta (con riserva) per la mia amica e fu chiusa lì.
Ero quasi arrivata a casa; la vedevo in fondo alla via, e notai le luci accese dell’appartamento contiguo al mio. Il vicino come al solito se ne stava in terrazzo a godersi il fresco. (Ma quale fresco in quella nottataccia?)

Il mio appartamento è al piano terra, ha un piccolo giardino dove crescono strane piante rinsecchite e malinconiche. Visto che però nessuno le innaffia mai fanno pure troppo. Tutti gli appartamenti al piano terra di quel condominio hanno un ampio balcone aperto che dà sul giardino; e per entrare si passa da una piccola scaletta che porta al balcone dove c’è anche la porta d’ingresso. Quegli appartamenti hanno anche un altro balcone sul retro, ma è più piccolo e da verso la campagna e il paesaggio è piuttosto monotono.

Appena varco il cancello sul giardino, il vicino (che probabilmente ha vegetato le ultime ore sul terrazzo senza fare nulla) trova l’avvenimento del mio ritorno come il clou della nottata e mi saluta molto calorosamente. Non è che mi stesse antipatico, anzi, lo conosco fin da piccola quando venivo all’appartamento con i miei genitori durante le vacanze. Purtroppo mi si chiudevano gli occhi dal sonno e la voglia di fare la brava vicina di casa e scambiare i soliti convenevoli non mi veniva proprio.

Pigramente tirai fuori le chiavi di casa, mentre salutavo di rimando il vicino, e mi affrettai a percorrere gli ultimi metri dalla porta del mio appartamento. Ormai il letto era vicino.
Apro la porta, accendo le luci, e finalmente ho vinto. Ho superato l’ultimo ostacolo senza passare troppo per maleducata e ora posso riposare.

Le scarpette sono le prime che finiscono vicino al divano mentre accendo le luci nelle varie stanze che attraverso e cerco le infradito. Dentro è mostruosamente caldo. Ora capisco perché il vicino se ne stava ancora lì fuori sulla terrazza. Visto che c’ero apro anche tutte le finestre che trovo; ed inizia finalmente a girare un po’ d’aria.

Trovo le infradito in bagno e mi tolgo anche gli shorts. Sto per gettarli sulla sedia quando vedo che lì accanto c’è ancora la borsa con la roba del mare tutta chiusa. Orrore, chissà che puzza avranno preso il costume, il pareo e il telo tutti insieme da oggi pomeriggio. Oltre tutto non avevo neanche un costume di ricambio da portarmi al mare il giorno dopo. Non avendo, però, voglia di mettermi a dargli una sciacquata visto che volevo andarmene a letto decido di metterli almeno sullo stendipanni a prendere un po’ d’aria.

Prendo la borsa ed esco sul terrazzo davanti. Il vicino è ancora lì. Oltretutto lo stendipanni è proprio sul suo lato del terrazzo. Mi preparo ad una nuova conversazione assolutamente fuori luogo e non desiderata. Giacomo esordisce subito chiedendomi come mai non ci fosse qualcuno a riaccompagnarmi a casa quella sera. Che razza di domanda! E chissà che risposta mi sarei dovuta tirare fuori.

Stò sul vago mentre tiro fuori i panni dalla borsa.
– Non c’è mica bisogno di un uomo tutte le sere. –
– Il ragazzo di ieri sera non c’è più? Aveva veramente una risata simpatica, dove lo hai lasciato? –

Rimango con il telo in mano mentre il mio cervello va in tilt dalla quantità di cose che gli avrei potuto rispondere. C’era la risposta seccata del tipo ‘Fatti una carrellata di fatti tuoi’, la potevo prendere sul ridere così: ‘Mah sarà che li spavento tutti gli uomini’, potevo puntare nuovamente sul vago oppure potevo mandarlo sul serio a quel paese. Mentre mi fumava la testa nel tentativo di scegliere la risposta di tipo seccata e il rimanere più socievole possibile farfuglio nuovamente qualcosa di vago. Poi non venitemi a dire che non sono educata!

Finisco di stendere i panni e riesco brillantemente a glissare a tutte le domande impiccione di Giacomo quando mi offre qualcosa da bere. A quel punto il muro di indifferenza che avevo tentato di erigere tra me e il vicino cade. Il muro cade perché c’era una gran afa e la caraffa che Giacomo teneva su di un tavolino sulla terrazza era tipo mille miglia più vicina delle bottiglie che tenevo nel frigo. Mi sembrava che in quel momento stessi morendo di sete e ci fosse, appunto, solo quella caraffa. Giacomo, oltretutto, rincara la dose dicendo che si trattava di sangria. Dannazione! E ora chi gli dice di no?

Mi avvicino al suo balcone che è attaccato al mio diviso solamente da una piccola ringhiera. Mentre lui mi riempie un bicchiere scavalco il divisorio e sono da lui. Appena atterrata sulla sua terrazza mi accorgo troppo tardi del tragico errore che avevo commesso.

Prima, quando ero entrata in casa, mi ero tolta gli shorts e la faccenda della borsa del mare ancora piena mi aveva fatto dimenticare quel non troppo piccolo dettaglio. Indossavo un paio di mutandine a vita bassa e sopra portavo un top rosa piuttosto scollato sia davanti che dietro. Non indossavo nemmeno una delle mie solite magliette lunghe che mi sarei potuta tirare un po’ giù per coprirmi.

Ero imbarazzata ai massimi livelli; ma ripensandoci meglio, il divisorio tra i nostri due balconi era una normalissima ringhiera. Quindi, mentre prima stavamo parlando, Giacomo doveva aver già visto tutto. E bravo il vecchio.

Dovevo essere veloce; ma soprattutto non volevo fare la figura della tipa che se ne va in giro in mutandine senza saperlo. Dovevo simulare indifferenza. Ci voleva la mia migliore faccia da poker. Il vero problema che con i giochi di carte faccio veramente schifo.

Giacomo mi allunga il bicchiere colmo fino all’orlo. Mi appoggio al bordo della ringhiera con disinvoltura e me lo scolo quasi tutto di un fiato. Era molto carica quella sangria. Anzi potevo dire che era SanGiovese con qualche scorzetta di frutta in qua e là.
– L’hai fatta un po’ carica vero? ‘
-Ti piace vero? Il vino è di quello buono che mi faccio dare da un mio amico. –
Giacomo sorride e mi allunga un altro bicchiere. Ho ancora in mano quello vecchio che non so dove appoggiarlo quando prendo anche quello nuovo.

– Perché non ti siedi? Cosa hai combinato stasera in giro?- E mi indica una sedia proprio lì vicino.
Valuto attentamente l’offerta. Sulla sedia avrei potuto accavallare le gambe e mantenere uno straccio di decenza, ma mi sarei potuta sobbarcare in una lunga chiacchierata; e io volevo tagliare il più possibile.

Alla fine mi siedo e con il bicchiere che mi tengo sulle gambe tento di coprire il più possibile.
– Tutto come al solito, mi sono fatta una passeggiata con le amiche per il lungo mare. –
– Piace anche a me. Con la mia signora facevamo avanti ed indietro anche per tre o quattro volte. Non ci stancavamo nemmeno. ‘

– Davverò? E’ sempre bello uscire d’estate alla sera. ‘
Finisco di scolarmi la Sangria travestita. Nella mia testa mi immaginavo già la prossima frase che avrei detto. ‘Era buona davvero sai? La Sangria; ti ringrazio molto, ora sarà meglio che me ne vada a letto; non so se ne posso reggere una altra sai? Ciao, ciao.’ E poi sarei svanita come fanno i fantasmi.

Giacomo, purtroppo, si dimostra molto veloce per la sua età e appena appoggio il bicchiere vuoto sulle gambe, lui è già in piedi, pronto a versarmene nuovamente. Provo a dirgli che sono già a posto, ma ha già in mano la caraffa pronta a versarla, allora allungo la mano sopra il bicchiere, ma aveva già iniziato a versarla.
Mi cola tutta la Sangria sulla mano che poi mi ricasca addosso sulle gambe e siccome le tengo accavallate mi scende giù arrivando proprio dove non volevo che nessuno guardasse.

Resto ferma giusto il tempo per realizzare che sta andando tutto a rotoli, mentre Giacomo si accorge del problema e smette di versare. Ormai ho tutto un laghetto di Sangria tra le gambe che sta colando dappertutto.
Mi alzo di scatto mandando a sbattere la sedia contro la ringhiera della terrazza. Sul tavolino lì vicino c’erano dei tovagliolini. Subito ne prendo un paio e tento di asciugarmi un po’, ma il danno era fatto. Mi ero bagnata le mutandine e sul davanti erano diventate tutte rosa. Bel colore pensai per un istante; poi mi resi conto che se prima ero in una situazione imbarazzante ora ero messa anche meglio.

Giacomo si scusa. Meccanicamente gli dico che non c’è problema. Prendo la balla al balzo e sfrutto quella bella situazione.
– Vado ad asciugarmi; finiamo dopo va bene? ‘
Con un bel salto scavalco la ringhiera e me ne rientro in casa. Appena varco l’uscio sento che Giacomo mi chiede qualcosa, ma non sento bene quello che dice. Io che ho voglia di chiuderla lì quella nottata gli dico qualcosa tipo ‘Si va bene, ci sentiamo dopo.’

Mi viene quasi da ridere, sto colando Sangria nel mio appartamento e sarei stata da primo premio a Paperissima. Mi fiondo in bagno e con un asciugamano pongo rimedio al problema. Prendo un catino e ci butto le mutandine con un po’ d’acqua. Mi metto subito a strofinarle bene finché la macchia e fresca. Di tornare a dormire subito non era ancora arrivato il momento.
Finito di lavarle, le strizzo e le lascio lì in bagno. Non ho proprio voglia di tornare di fuori a stenderle. Figuriamoci ora che ho la passera al vento. Vado in camera mia dove guardo con invidia il letto. Mi tolgo tutto e il Top finisce sul comodino. Mi cerco qualcosa di pulito da mettermi. Prendo una paio di vecchie mutandine ed una canotta leggera.

Ora che ho tappato tutte le urgenze posso rilassarmi un momento. Sono piuttosto stressata, e mi inizia a dare un po’ alla testa il vino che ho bevuto prima. Quella dannatissima Sangria. La prossima volta alzo il culetto e mi vado a prendere qualcosa da bere nel mio frigo. Anzi, al pensiero di bere, mi ritorna sete. Troppo alcol, troppa afa e troppo trambusto per questa nottata.

Ritorno in cucina, che mi fa anche da salotto (è tutta un unico stanzone) prendo una bottiglietta d’acqua dal frigo e mi butto sul divano, magari mi addormento lì stanotte. Sarebbe stata la giusta conclusione di una serata balorda.

Mentre mi gusto il refrigerio dell’acqua ripenso un po’ a tutto. Ovviamente evito di pensare a Giacomo e la sua Sangria; piuttosto mi concentro al ragazzo che avevo incontrato prima. Chissà se ora si trovava insieme alla mia amica o se ne era tornato a casa da solo.
Mi ritorna alla mente quel suo fisico che si vedeva sotto quella sua camicia aperta. Aveva un bel paio di pettorali squadrati e una bella tartarughina. Ma non erano eccessivi come quelli di tutti i palestrati. Erano una perfetta via di mezzo.

Non so se è il vino di prima, o il caldo, ma incomincio a sentirmi accaldata. Un lungo e soffice calore che ad ondate mi parte dal ventre e mi percorre tutta. Lui potrebbe essere proprio lì, da accarezzare o affondargli le dita tra quei bei muscoli, e sentire se il suo cuore batte veloce come il mio.
A un certo punto le mani si muovono da sole. Faccio cadere la bottiglietta per terra. Mi scompiglio un po’ i capelli e mi accarezzo lungo il collo e sulle spalle. E’ bello sentire come reagisco a quelle carezze. Anche se sono solo le mie mani e non le sue. Poi una mano mi scende sempre più giù e mentre il mio cuore accelera i battiti, inizio ad accarezzarmi il clito con le punte dell’indice e del medio.
Non so quanto me ne sto lì sul divano in compagnia di quel ragazzo immaginario, ma è bello.
La dura realtà però bussa nuovamente alla mia porta. Più esattamente la dura realtà avrebbe bussato se avesse trovato la porta chiusa, ma l’avevo lasciata socchiusa tanto per far scorrere un po’ d’aria per l’appartamento.

Sento che qualcuno mi saluta. Improvvisamente raggelo di brividi. Apro gli occhi e sull’uscio c’è Giacomo che se ne sta appoggiato e assolutamente compiacente.

Continua…

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