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Racconti Erotici Etero

In Palestra

By 16 Agosto 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Abito in un paesino di provincia nel nord Italia. La zona è poco abitata e l’unica palestra della zona, conta credo meno di una trentina di iscritti, di cui diversi frequentano saltuariamente ed altri si concentrano in fasce orarie ben definite, perlopiù nel dopolavoro; per quanto mi riguarda, ci vado a seconda dei miei impegni. Essendo piccola, il proprietario, Mario, se ne occupa a tempo pieno, aprendola alla mattina e chiudendola alla sera, consumando i propri pasti alla sua scrivania nel corso delle 12 ore in cui la palestra rimane aperta. Per lui è una bella noia, infatti la maggior parte del tempo la passa parlando del tempo(“domani piove!”) e cose simili, e molto spesso si concede degli stacchi, durante i quali affida il telecomando del tornello tra le due rampe di scale dell’ingresso alla palestra che utilizza per controllare chi entra e chi esce ad uno dei presenti, che in quella mezz’ora o più di assenza di Mario prende il suo posto come portiere della palestra, o al suo figlio più grande, che fa venire appositamente, nel caso debba star via per più di un’ora.

Capita, come molti sanno, che in palestra uomini e donne si scrutino vicendevolmente durante gli allenamenti, spesso lanciandosi sguardi languidi, a volte dissimulando l’interesse, a volte non nascondendo nulla pur rimanendo nella discrezione che impone il vivere in un posto dove tutti parlano di tutti. Capita anche a me, attualmente single, di soffermare il mio sguardo su culi più o meno scolpiti, alcuni work in progress, e di fantasticarci mentre mi disseto dalla mia borraccia. E grazie al duro lavoro quotidiano, ho anche la soddisfazione di essere ricambiato, a volte da ragazze che non toccherei nemmeno con un bastone, altre da fighe a cui una approfondita sbattuta la darei più che volentieri.

E l’intensità e la durata di certi sguardi si intensifica in maniera inversamente proporzionale a quanto è popolata la palestra, facendosi più pudici e distratti quando è affollata e più audaci ed espliciti quando si è in pochi, ovvero in 3-4 persone perlopiù silenziosamente concentrate nel proprio allenamento, che aprono bocca solo per emettere versi, respirare e rispondere alle puttanate di Mario. Gli stessi sguardi poi si trasformano in scambi di convenevoli che partono con il ‘ciao’ di rito e si evolvono in frasi di circostanza e poi in battute, le quali a loro volta diventano via via più coraggiose nel sottolineare l’interesse dell’uno nello scoparsi selvaggiamente l’altra. E’ un gioco divertente, che non è biunivoco ma che tra adulti nella loro tempesta ormonale dell’allenamento in palestra si fa in continuazione.

Capita anche che quando la confidenza prende piede, e dopo i pochi mesi di frequentazione di Chiara, ragazza che ha una quindicina d’anni più di me, un viso da cerbiatta contornato da capelli mossi e corti, un corpo tutto sommato snello ma con della pancetta e dei fianchi che la fanno sbuffare più di altre ragazze con meno primavere a marcare i sorrisi, si sia arrivati anche al contatto fisico giustificato dalle battute: pacche sulle chiappe da parte mia, tastate di bicipiti da parte sua, ed in generale una ridotta distanza tra i corpi durante le brevi conversazioni tra un set e l’altro. Nonostante ciò, non sapevamo praticamente nulla l’uno dell’altra, nemmeno lo stato sentimentale. Lei non sapeva nemmeno quanti anni avessi io esattamente, mentre io la sua la sentii dalla sua voce mentre parlava con un’amica.

Punto di svolta una settimana fa, e la premessa si sarà anche intuita: Mario mi lascia il comando del tornello e se ne va per sbrigare delle faccende alle poste. E’ ora di pranzo, la palestra è deserta e dentro ci siamo solo io e lei. Che fosse interessata a me lo si capiva da come si comportava a seconda degli occhi che aveva addosso: ha l’abitudine di fare stretching tra un set e l’altro, abbassando il busto, con il culo appoggiato al muro e le gambe dritte, fino a toccare con il palmo delle mani il pavimento. Quel giorno no, preferì mettersi di fianco ad uno dei grandi specchi che ci circondavano, incidentalmente proprio davanti a me, che seduto a riprendere fiato poco più defilato potevo posare i miei occhi su quello spettacolo.

Quando Mario uscì, rimanemmo solo io e lei, e sapevo che quasi sicuramente saremmo rimasti solo io e lei fino al suo ritorno; lei stava nell’angolo della palestra dedicato alle 4 panche per gli addominali. La panca su cui stava facendo addominali faceva sì che le sue gambe puntassero verso l’interno della stanza, dove io ero, e quando mi sono avvicinato per posare dei pesi non potei fare a meno di notare come i suoi attillati pantaloni di tuta sottolineassero il taglio della sua fica, grazie anche al fatto che, durante il riposo, le sue gambe non fossero unite ma rilassate, leggermente divaricate. Per me era abbastanza, avevo lavorato per tre quarti d’ora con una erezione che i pantaloni e la maglietta che ci cadeva sopra facevano fatica a nascondere, oltre che con una mente distratta da inevitabili pensieri di sesso.

Messi giù i pesi, con pochi passi decisi raggiunsi la sua panca, mi abbassai verso di lei e con il suo sguardo sorpreso le afferrai le gambe, le alzai e presi il posto per sedermi, lasciando poi ricadere le gambe sulle mie cosce. Mi fissava e voleva dire qualcosa, io mi avvicinai e con un sorriso provocatorio le chiesi

-“Hai finito di provocarmi?”
-“Provocarti..?”, rispose, facendo un po’ la finta tonta ed un po’ prendendo tempo per decidere come comportarsi
-“E’ da quando sono qua che mi mostri il culo. Ho capito cosa vuoi tu..”
-“E cosa voglio?”
-“Questo..”

Le mie mani raggiunsero i suoi fianchi ed afferrarono i bordi dei suoi pantaloni con le dita, rapidamento fecero il movimento per sfilarli. La cosa, come mi aspettavo, incontrò la sua resistenza, ma bastò insistere un pochino per farli scendere il giusto. Mi ero avvicinato ancora di più, nel frattempo, e la visione del suo pube mi era coperta dai pantaloni che ora stavano a metà coscia, assieme alle mutandine. Ovviamente lei non aveva smesso di simulare proteste.

-“Ma no ma che fai, arriva qualcuno!”
-“Non arriva nessuno ma dobbiamo sbrigarci, adesso o mai più”

L’angolo della palestra era abbastanza sicuro, lontano da occhi indiscreti. Fosse arrivato qualcuno avrebbe suonato alla porta per farsi aprire, e anche se avesse saltato il tornello, come capita per qualcuno dei frequentatori abituali, lo avremmo sentito. Rapidamente mi ero alzato il tanto che bastava per abbassarmi i pantaloncini, appoggiare un ginocchio sulla panca e facilitarmi il compito di sfilare una delle due gambe per poi risedermi, con il mio cazzo durissimo che puntava alla sua figa.

La rapidità era essenziale, darle tempo di pensare avrebbe vanificato tutto, per cui in pochissimi istanti, presa la mira con la punta del mio pene, la cui cappella tastava il suo pelo, il cui colore potevo solo immaginare, e gli umori che sbugiardavano le sue parole, entrai dentro di lei, fino a metà della mia asta. Per poter entrare del tutto dovetti avvicinarmi ancora un pochino, quindi mi sistemai meglio, mentre lei sottolineava l’entrata del mio cazzo nella sua figa con dei sospiri che sembravano dettati da dei brividi per come erano spezzati.

-“Oh cazzo, oddio..” abbozzava, confusa com’era
-“Che bugiarda che sei, sei bagnatissima” le dissi, con lo stesso sorriso provocatorio

Spingevo già forte, eccitato com’ero, lei sospirava e non diceva niente, le sue mani erano rimaste aggrappate all’orlo dei suoi pantaloni, ed i suoi polpacci si poggiavano sulle mie braccia, tra spalle e avambracci, con i piedi che dondolavano ogni volta che le spingevo dentro il mio cazzo. Godeva delle mie spinte con la testa inclinata all’indietro e gli occhi socchiusi, potevo sentire il suo sospiro. La sua figa era calda, bagnatissima e anche discretamente stretta. In pochi minuti la pelle di cui era rivestita la panca su cui la stavo scopando era già ben bagnata dei suoi umori. Continuavo a stuzzicarla

-“Non guardi mai chi ti sta scopando?”

Aprì gli occhi e, quasi come per sfida, inizio a fissarmi negli occhi.

-“Ti piace?” le chiesi
-“Sì, mi piace..”
-“Lo sento da quanto sei bagnata.. sei un lago”
-“Mi piace tanto”, continuò nel tono da ragazzina innocente che l’aveva contraddistinta da sempre, ma sospirando ad ogni mio colpo.

Si era molto rilassata, le sua mani si erano ora appoggiate ai miei avambracci, che dopo il mio cambio di posizione, ora le stavo quasi sopra, mi sorreggevano, con le mani appoggiate sullo spazio di panca che i suoi fianchi lasciavano liberi.

Non parlavamo più da qualche momento, ci limitavamo a fissarci negli occhi e ad ansimare mentre il mio cazzo le sbatteva la figa ed i nostri peli pubici si incontravano. Sapevamo che dovevamo fare in fretta perché ad ogni minuto il rischio aumentava, quindi andavo veloce, affondando ogni colpo e godendomi il rumore che faceva il mio muovermi in lei. Il suo ansimare si era trasformato in mugolio, ed i suoi occhi si erano nuovamente semi-chiusi.

-“Ahhhhh… sì… sì.. ohhh..” diceva sottovoce
-“Puttana..”, osai
-“Sì, sì sono una puttana, una porca… ahhhhh…”

Era bellissimo sentirla, ma non potevamo dilungarci. Continuavo a spingere forte, la sua bocca, da aperta com’era si chiuse, ed i suoi mugolii diventarono più intensi. Non ci vollero molti altri colpi, ebbi giusto il tempo di alzarle il top per scoprirle le tette per darle le palpate che il mio equilibrio precario mi consentiva, visto che ormai le gambe iniziavano a faticare. Strizzò gli occhi e le labbra, per alcuni secondi non uscì un solo sospiro da lei. Era chiaro che aveva raggiunto il suo orgasmo, e prima ancora che riaprisse la bocca per esprimere la vetta del suo piacere con un “aaaaahhhhhhhh” strozzato, quasi sussurrato, stavo già andando fortissimo, ed ero a mia volta sul punto di venire. Mentre stava ancora venendo, le chiesi:

-“Dove la vuoi la sborra? Dentro?”
-“In bocca, in bocca, non posso dentro”, rispose con gli occhi strizzati

Rapidamente mi alzai, lasciando le sue gambe sulla panca e quasi inciampando sui miei pantaloncini, arrotolati alla mia caviglia sinistra, per arrivarle con il cazzo alle labbra. Si portò una mano tra le gambe, aprì la bocca ed accolse il mio cazzo, succhiandone la punta. In pochi secondi, il mio sperma le aveva invaso la bocca; avevo l’impulso di muovermi in avanti, tenendole la testa, per scoparle la bocca e venirle in gola, ma mi trattenni. Finii di sborrarle in bocca, lei ingoiava tutto, da brava, mentre io la fissavo.

Non perse tempo, si ricompose e se ne tornò nello spogliatoio delle donne. Mi ricomposi anch’io e la seguii; la trovai che si stava cambiando, per un attimo incrociò il mio sguardo, si bloccò per un secondo e poi scoppio in una risatina, che provocò la mia. Non avevo nulla in particolare da dire, la vedevo che ormai aveva finito di vestirsi. Fece per uscire, io le dissi

-“Peccato, non ti ho nemmeno visto la figa. Mi sarebbe piaciuto”
-“..la prossima volta”, disse sorridendo, prima di scendere le scale ed uscire.

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