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Racconti Erotici Etero

In picchiata nella Perversione

By 20 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono una ragazza, o meglio una Donna, una bella donna direi. Per merito dell’impegno e grazie alla bontà della natura non mi lamento del mio aspetto. Ho un corpo tonico e allenato dallo sport, un seno abbondante che resta stretto in una quarta misura. I capelli mori, gli occhi chiari e le labbra carnose. Amo il sesso, amo il sesso quasi sopra ogni altra cosa. Da quando ero una ragazzina ho cominciato a dedicarmici, mi &egrave piaciuto da subito e ci ho preso sempre più la mano. Fino al punto che qualsiasi rapporto sessuale “classico” mi risultava del tutto banale e privo di particolari attrattive, fino al punto da spingermi sempre più a fondo possibile nelle bassezze in cui l’animo umano, fomentato dall’erotismo, &egrave in grado di cadere, fino al punto da vedere quasi ogni mia interazione con uomini potenzialmente finalizzata a trarre piacere fisico e mentale.
Mi eccita sentirmi desiderata, mi piace provocare e lasciare che l’oggetto delle provocazioni poi possa sfogarsi su di me, rendendomi vittima di ogni sua più inconfessabile fanasia, usandomi. Qualcuno mi ha definita una “schiava”, ma non &egrave corretto, affatto. Posso essere docile, volendo, mi piace venir umiliata, mi eccita sentirmi usare, ma non provo devozione per nessuno tranne che per me stessa. Mi presto, mi offro per mio desiderio, secondo le mie regole, e spesso mi stanco in fretta, non sono sempre obbediente, i miei servigi vanno al Cazzo. Amo il cazzo, immensamente, il proprietario ha poca importanza, nessun merito, se non il modo in cui usa il suo attrezzo.

Qualche sera fa decisi di far divenire realtà una mia fantasia ancora riposta nel cassetto. Salii in macchina, guidai fino all’autostrada e poco dopo il casello andai a parcheggiare fuori da un autogrill. I bagni erano situati in un edificio diverso da quello dell’autogrill. Una volta controllato che in giro non vi fosse nessuno scesi e mi diressi verso i bagni.
Velocemente entrai nel bagno degli uomini, una stanza non molto grande, le mura coperte di scritte di vario tipo e forma, ma quasi tutte sul solito argomento. Sulla parete a sinistra erano situati tre lavandini con un grande specchio sporco e scheggiato. A poca distanza dal muro di destra vi era una parete non molto stabile, con le porte che davano accesso ai bagni chiusi. Sulla parete di fondo, opposta rispetto all’entrata, vi erano tre orinatoi a muro. Quello centrale era stato tolto, vi era rimasta solo la sagoma sulla parete, e l’inizio del tubo superiore. Poggiai la grossa borsa che avevo con me sul pavimento, mattonelle bianche e sporche, rotte in buona parte, tirai fuori una classica ciotola da cani, rosa, ed un foglio con del nastro adesivo. Mi tolsi il lungo impermeabile che avevo addosso, sotto ero completamente nuda, i grossi seni messi all’aria, l’intimità completamente depilata. Riposi il cappotto dentro la borsa, e con esso le scarpe, dopo averle tolte. Presi la borsa e la gettai dentro uno dei bagni per poi chiudere la porta. Sistemai la ciotola a terra, vi misi dentro alcune monete di piccolo taglio, un paio d’euro in tutto, o poco più; attaccai poi il foglio alla parete, appena sopra la parte di tubo a cui un tempo era collegato l’orinatoio. Sul foglio una scritta diceva ‘Sono molto povera e ho tanta sete. Usatemi come volete e lasciatemi quel che potete. Grazie.’, un messaggio semplice e diretto. Infine mi inginocchiai a terra rivolta all’entrata, tra i due orinatoi, mi sedetti sui miei talloni ed attesi.
Non so dire quanto tempo passò prima che la porta si aprisse, stavo cominciando a demoralizzarmi, ma finalmente accadde. “Serata di merda…” Sentii borbottare da una voce maschile, poi un uomo comparve davanti a me, era sulla quarantina, indossava vestiti comodi, l’aspetto non era particolarmente curato, aveva un po’ di pancetta. Fece un paio di passi poi mi notò e si bloccò. Rimasi immobile a terra, seduta sui talloni ad osservarlo. L’uomo dondolò basito, si voltò verso la porta come indeciso sul da farsi, poi tornò a guardarmi, passò lo sguardo sul foglio appeso poco sopra la mia testa sulla parete, poi mi guardò. “Buonasera.” Dissi cordialmente, come farebbe una perfetta commessa, lui di tutta risposta lanciò un enfatico e sentito insulto all’Onnipotente e si voltò. Fece un passo verso la porta, proprio mentre questa,che era stata lasciata socchiusa dall’uomo, si apriva nuovamente.
“Cazzo Gianni, non puoi capire!” Esclamò sconvolto l’uomo, a quello che evidentemente era un suo amico, o collega, ed era appena entrato. Gianni, un uomo sui cinquanta, avrei detto, molto magro, i capelli brizzolati, un viso piacevole, più curato dell’altro, seppur i vestiti fossero comunque tutt’altro che eleganti, o ben scelti, guardò il compagno sorridendo confuso “Che?”. L’altro era fuori di s&egrave, io li osservavo, immobile ancora, i due stavano fermi sulla porta. “No, davvero, fai un respiro profondo!” Continuò il primo, Gianni rise stranito “Che cazzo ti piglia, Paolo?”. Istintivamente, curioso, prima che Paolo dicesse altro, Gianni si guardò attorno, e anche gli occhi di questo si fermarono su di me. Sorrisi dolcemente. Come l’amico in precedenza, anche quest’ultimo lanciò un’imprecazione, ma si dimostrò più reattivo, lo fece subito.
“Vedi..?” Chiese Paolo, ed esitando, quasi avesse paura, tornò a voltarsi verso di me. Gianni fece un paio di passi in mia direzione, il mio sorriso si allargò, il suo sguardo era puntato sul foglio. “Buonasera.” Salutai anche il nuovo arrivato. “Buonasera…” Rispose lui ambiguamente, sovrappensiero, riprendendo ad avvicinarsi.
“Che cazzo significa secondo te?” Chiese Paolo seguendo l’amico, “Non lo so, ma mi ispira.”. L’altro si fermò e mi guardò, come se non ci fossi disse “Dai, cazzo! E’ assurdo, c’&egrave qualche fregatura sotto.”. Io rimasi impassibile, continuavo a sorridere. “C’&egrave qualche fregatura?” Chiese Gianni fissandomi, io alzai le spalle “Quale fregatura, signore?”, domandai gentile, “Ah, non lo so.” ribatt&egrave lui. L’altro continuava a borbottare “Dai, dev’essere uno scherzo… O peggio…” Prese ad aprire la porte dei bagni, controllando. Io mi voltai, nervosa all’idea che mettesse le mani sulla mia borsa, ma non raggiunse quella porta, subito Gianni lo fermò posandogli una mano sulla spalla “Ehi. Non eri venuto qui per pisciare?”. “Sì…” Rispose nervoso Paolo guardando l’amico, “E allora fallo, no?”, lo incitò Gianni indicandomi con una mano. “Ma…” Balbettò nervoso Paolo, “Avanti… Non mi avevi detto qualche tempo fa che era una voglia che ti sarebbe piaciuto levarti?”, “B&egrave… Sì… Ma così…”, “Dai! Non fare il coglione! Quando cazzo ti ricapita? Tu vai, io controllo che succede.”, Paolo lo guardò ancora poco convinto.
“Signore… Ho tanta sete…” Mormorai con voce languida, infantile, provocante, fissando Paolo. Questo si irrigidì, Gianni sorrise divertito e gli diede una pacca “Sentito?? Muoviti.”, e lo spinse leggermente. Paolo barcollò appena verso di me, poi fece l’ultimo passo cercando di mostrare sicurezza ed ergendomisi davanti. Io alzai il mento e senza dir niente spalancai la bocca sotto di lui. L’uomo cominciò ad aprirsi la patta, le mani gli tremavano. Era divertente, terribilmente divertente, quell’uomo era fuori di s&egrave, non credeva possibile che una ragazza potesse arrivare a fare qualcosa di simile, ma io la facevo, e volentieri, mi sentivo la peggiore delle puttane.
“…Posso?” Chiese Paolo titubante dopo aver liberato l’uccello davanti al mio viso. Il cazzo era completamente moscio, buffo, piuttosto corto, ma tozzo, io osservai l’attrezzo, la cosa lo imbarazzò molto. Gianni, che osservava la scena e si lanciava occhiate attorno, rise. “Certo, servo a questo…” Mormorai con voce calda, poi spalancai di nuovo la bocca. L’uomo puntò con la mano destra la cappella verso il mio viso, la mano continuava a tremargli, la sinistra andò a poggiarsi alla parete, vicino al foglio. Passò più di un minuto, cominciavo a sentire la mascella indolenzita, lui pareva sforzarsi senza risultato, “B&egrave? Non ti scappava?”, chiese Gianni, Paolo era rabbioso in viso, imbarazzato, “Un attimo…”, borbottò. Passarono ancora altri secondi, poi un debole schizzo caldo e dorato mi colpì una guancia, avvampai di rossore istintivamente, un lascivo gemito mi sfuggì dalle labbra. “Le piace…” Commentò Gianni divertito, Paolo parve incoraggiato dalla mia reazione. Uno schizzo più potente mi colpì la fronte, chiusi gli occhi. Infine il getto prese a proporsi più corposo al mio viso, lanciai un altro gemito, intensamente, l’uomo indirizzò il getto caldo tra le mie labbra.
Sentii una vampata calda al basso ventre, come se il calore del getto che mi aveva appena colpito il palato si fosse subito coinvogliato sopra la mia figa. Il mio gemito divenne un gorgoglio quando il piscio cominciò a riempirmi la bocca. Sbuffai dal naso e presi a respirare con forza con quello, un odore acre e pungente mi riempì le narici, ma non era la prima volta, e, assurdamente, mi piaceva. Inghiottii di gusto. L’uomo sobbalzò e sgranò gli occhi. “Beve!” Esclamò, Gianni mi fissava in silenzio, il getto continuava a scivolarmi sulla lingua e io lo spedivo nel mio stomaco a rapide sorsate. ” ‘Sta vacca sta bevendo sul serio!”, la voce di Paolo adesso era rotta dall’eccitazione, era euforico, elettrizzato. Gianni si accese una sigaretta, prendendola dal pacchetto che aveva tirato fuori dalla tasca e continuò a godersi la scena. Bevvi tutto, fino all’ultima goccia, poi Paolo si agitò la cappella, sbattendomela sul labbro inferiore e facendola sgocciolare, poi rimase immobile a guardarmi. Lentamente riaprii gli occhi e lo fissai languidamente. “Cacciaglielo in bocca, no?” Lo incitò Gianni, Paolo si voltò guardando l’amico, “C’&egrave scritto ‘Usatemi come volete’.”, disse Gianni indicando il cartello “Non hai voglia di fartelo succhiare? Usala allora, no?”. Paolo si voltò di nuovo a guardarmi, nervoso ed eccitato.
“Davvero posso sbocchinarle l’uccello, signore?”, chiesi docile, formale quasi, provocante. “Certo…” Rispose Paolo dopo essersi schiarito la voce, “Grazie…” risposi, aprii la bocca e presi l’uccello tra le labbra dondolando in avanti con il busto. “Che troia.”, sghignazzò Gianni, “Questa secondo me non ‘ci fa’ e basta…”. Detto ciò, continuando a fumare si avvicinò a me a fianco dell’amico, si chimò leggermente e allungò la mano su una mia tetta, cominciando a palparla e soppesarla, “Ti rendi conto… Pensa alle migliaia d’euro che avremmo dovuto spendere per usare così una figa del genere…”, commentò Gianni strizzandomi un capezzolo. Mugolai sul cazzo di Paolo, ruotavo la lingua attorno all’uccello e lo stringevo tra le labbra succhiandolo con cura, mettevo a frutto tutta la mia vasta esperienza riguardo i bocchini, e l’uomo, seppur lentamente, cominciò a reagire. Paolo non rispose alle parole dell’amico, si limitava ad ansimare fissandomi dall’alto mentre il suo cazzo cominciava ad inturgidirsi tra le mie labbra. Lo Guardavo dal basso mugolando e agitavo la mia lingua contro il suo uccello, insalivandolo, mentre dondolavo il capo pompandolo lentamente.
“Succhia bene la troia?” Chiese Gianni mentre mi palpava le tette, Paolo non accennò a rispondere, “B&egrave?”, incalzò alzando la voce, “Che?”, cadde dalle nuvole il proprietario del cazzo tra le mie labbra. “Succhia bene??” Chiese ancora Gianni, Paolo fremeva, annuì rapidamente borbottando disse “Cazzo… Non… Non &egrave normale…”. Gianni sospirò e si raddrizzò spingendo una spalla dell’amico, “Dai, scansati ora.”. Paolo oppose resistenza esclamando “Eh?!”, io rimasi attaccata con le labbra a ventosa al cazzo tanto agognato, non si era rivelato particolarmente lungo, come da precisione, ma era bello largo. “Dai! Devo pisciare.” Disse Gianni invitando ancora l’amico a scansarsi, questo sospirò e mi strappò il cazzo di bocca. Cercai di seguirlo con il capo, piegandomi in avanti per trattenerlo tra le labbra, ma mi fu tolto, e come una bambina a cui viene rubato il ciuccio mi imbronciai.
“Dimmi la verità…” Disse Gianni guardandomi dopo aver sbuffato il fumo, “Sei povera sul serio?.. Lo fai per soldi?”. “Così c’&egrave scritto…” Risposi lentamente accennando al foglio, l’uomo mi diede un forte schiaffo sulla guancia, lanciai un gemito che oltre al dolore lasciava trasparire altro, e non era disapprovazione, tornai a fissarlo impassibile. “So che c’&egrave scritto, ti ho chiesto se vero. Lo fai veramente per soldi?”, lo fissai, scossi appena il capo, “Allora perch&egrave lo fai?”, mi leccai le labbra e risposi languida “Perch&egrave ho bisogno di cazzo…”. Paolo spalancò la bocca sempre più fuori di s&egrave, “Che zoccola…”. Gianni sorrise all’amico e mi guardò di nuovo, “Sai che rischi parecchio, vero?”, sorrisi ribattendo provocante “Bene…”. L’uomo mi guardò con un ghigno e strinse la sigaretta tra le dita. Allungò un piede accanto al mio fianco e con il ginocchio mi spinse la spalla contro il muro, con la mano sinistra mi sbatt&egrave alla parete anche l’altra spalla, bloccandomi. Con la destra, poi, portò la sigaretta sopra la mia tetta sinistra, e, senza troppi preamboli, mi schiacciò il lato acceso sulla pelle. Sgranai gli occhi per il dolore e presi a lanciare gemiti acuti e rauchi, “Sta buona, puttanella.”, esclamò lui. “Che cazzo fai?!”, gridò l’amico che parve voler intervenire, ma rimase fermo, sconvolto. L’uomo continuava a premermi lentamente e gradualmente la sigaretta sul seno. Gemendo tirai fuori la lingua e velocemente presi a leccare il dorso della mano che mi stava spegnendo la sigaretta sulla pelle. “Visto? Ringrazia la cagna. Le piace.” Disse Gianni all’amico. Paolo continuava a fissare la scena ammutolito. Una volta spenta l’uomo lasciò cadere la sigaretta e si drizzò in piedi davanti a me, smettendo di tenermi bloccata. La mia pelle, sopra il seno, era marchiata da una bruciatura circolare che continuava ancora a provocarmi stilettate acute di dolore. Uggiolavo, letteralmente, con voce acuta e soffocata. “Buona puttanella, ora lo disinfettiamo.” Disse l’uomo cominciando ad aprirsi la patta. Lo guardavo dal basso, lo sentii schioccare la lingua e subito dopo sputò sul mio viso, a lato della mia bicca. Tirai fuori la lingua ed andai a raccogliere con essa la saliva per per poi deglutire e riprendere a gemere. Paolo bestemmiò ancora, sommessamente, osservando la scena e portando una mano sul proprio cazzo ancora eretto cominciò a masturbarsi con foga. Gianni lo guardò, “E’ un troione assurdo.” commentò disinvolto e divertito, poi liberò il suo cazzo sopra il mio viso.
Quest’ultimo uccello era già in parte eretto, meno tozzo di quello dell’amico, e nemmeno lungo, un cazzo normale, come ne avevo visti tanti. Gianni voltò la cappella verso il mio seno e prese ad orinare rapidamente indirizzando il getto sulla bruciatura. Emisi gemiti acuti sentendo il liquido caldo colpire la pelle lacerata. Il piscio mi schizzava sul seno e mi scivolava tra le tette, lungo il ventre e infine tra le cosce. Dopo poco Gianni si fermò e mi guardò, “Va meglio..?”. Non risposi, continuavo ad ansimare e gemere per il dolore latente. Gianni portò lo sguardo sulla ciotola a terra e si chinò a raccoglierla, prese le monete che vi erano dentro con la mano e se le mise in tasca. “Ehi!” Gridai con voce acuta, lui sorrise, “Vieni qua per cercare dei cazzi, ne trovi due, e li vuoi pure gratis..?”. Lo fissai eccitata, con gli occhi resi lucidi dal dolore, “Ma poi mi sbattete almeno..?” mormorai docile, “Vedremo…” Rispose, “Per favore! Potete usare tutti i miei buchi!” lo implorai con enfasi. L’uomo posò la ciotola a terra davanti a me e fece un passo indietro. “Ancora sete, vacca?”, annuii mugolando docile. Lui puntò la cappella verso la ciotola e prese a pisciare, finendo di svuotarsi la vescica e riempiendo per metà la ciotola, “Bevi.” disse infine.
Mi chinai lentamente a quattro zampe e mormorai “Grazie…”. Calai il viso sulla ciotola e, tirata fuori la lingua, presi a bere come farebbe un cane. Guardandomi anche Gianni cominciò a masturbarsi lentamente. Agitavo la lingua muovendola a cucchiaio sull’orina e la ritraevo in bocca deglutendo. “Non ci credo…”, continuava a commentare sgomento Paolo masturbandosi, “Visto che cagna? Ora la conciamo come si deve.” sorrise l’amico.
Dopo un paio di minuti Gianni si chinò su di me dicendo scocciato “Ci metti una vita.”. Afferrò la ciotola per un lato e la piegò spingendomela contro le labbra, “Bevi tutto.” disse piegando il lato della ciotola verso l’alto e facendo scivolare l’orina contro le mie labbra. Presi ad inghiottire rapidamente, mentre due fili di piscio mi colavano dai lati della bocca. Bevuto con foga il resto del contenuto della ciottola, un piccolo, sottile e breve ruttino mi sfuggì dalle labbra. Avvampai di rossore chinando il capo, Paolo rise. “Fai schifo, cagna!” Mi rimproverò Gianni e mi prese per il collo con la mano destra, mi spinse la nuca di prepotenza contro la parete e mi ficcò con forza il cazzo tra le labbra premendoci la cappella contro.
Mugolai soffocata e presi a succhiare, l’uomo cominciò subito a menare rapidi e profondi colpi col bacino. Avvampai di rossore sentendolo scoparmi la faccia e lo fissavo dal basso, rantolavo quando la cappella mi sbatteva contro le tonsille. “Lo volevi tanto… Ora ingozzati di cazzo, troia.” Sbraitò eccitato Gianni prendendo a stantuffarmi velocemente il cazzo tra le labbra. Cominciai a lacrimare, sbuffavo dal naso e rantolavo, con passione e spirito di sacrificio stringevo le labbra attorno al cazzo ciucciandolo al meglio e strusciandoci contro la lingua. Presi a sbavare dai lati della bocca, Gianni si voltò verso l’amico dicendo “E’ un’aspirapolvere, cazzo, le piace anche così!”, cominciava ad essere sbalordito anche lui, ma continuava a menare forti colpi di bacino. Paolo mi fissava con gli occhi fuori dalle orbite, guardò l’amico, “Voglio farlo anche io.” disse convinto. “Un attimo, ho quasi finito.” Gli rispose Paolo, i suoi colpi si erano fatti più lenti e profondi, mi schiacciava con forza la nuca alla parete sbattendomi con le palle sul mento ad ogni affondo. Emise un paio di grugniti, poi sentii abbondanti e copiosi fiotti caldi e vischiosi colpirmi il palato e le tonsille.
Mugolai soddisfatta ed eccitata e presi ad inghiottire rumorosamente, golosa di sborra. “Ti piace eh..?” Mormoro Gianni con la voce rotta dall’orgasmo mentre finiva di svuotarsi le palle nel mio stomaco. “Vengo anche io! Vengo anche io!” Eslamò Paolo avvicinandosi. Gianni indugiò con il cazzo tra le mie labbra, poi si ritrasse liberandomi. Paolo aveva cominciato a schizzare sul pavimento. Poderosi e violenti schizzi impattavano sulle mattonelle, quando Gianni si scansò Paolo fece un passo verso di me e diresse gli ultimi schizzi verso la mia faccia. Aprii la bocca e chiusi gli occhi. Quando gli schizzi si placarono inghiottii quel po’ di sborra che ero riuscita a procurarmi, una strisciata mi partiva dal lato destro del labbro superiore e finiva poco sopra la tempia destra, un’altra, a sinistra mi copriva guancia, palpebra, sopracciglio e parte della fronte.
“Grazie…” Mormorai eccitata dopo essermi leccata le labbra. “Ce n’&egrave ancora.” Disse atono Gianni indicando il pavimento. Calai lo sguardo sugli schizzi di sborra a terra, e indugiai, immobile. “Che c’&egrave? Non ti piace? Muoviti finch&egrave e calda.” Disse lui con voce ferma. Spinta dall’eccitazione, spezzando l’inbizione, tirai fuori la lingua e vorace mi chinai sul pavimento, e presi a passare con foga la lingua sugli schizzi gemendo e mugolando. I due mi fissavano continuando, entrambi, a massaggiarsi i cazzi. “Dato che ti piace tanto, te ne daremo ancora dell’altra.” Disse Gianni.

[Continua]

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