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Racconti Erotici Etero

(incompleto) L’esame universitario

By 5 Novembre 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Non riesco a credere di essere così calma; sembra quasi che mi stia preparando per andare a fare una passeggiata con le amiche piuttosto che in università a dare un esame. E’ la prima volta che mi capita di appassionarmi così ad una materia, tanto che lo studio non è stato pesante e noioso ma estremamente interessante e, in un certo senso, piacevole. Ecco perché stamattina sono così tranquilla e non mi sto facendo prendere dall’ansia come al mio solito.
Dopo un breve tragitto in metro, sono arrivata in facoltà in perfetto orario, ed ora mi trovo nell’aula 504, insieme a una cinquantina di studenti, ad aspettare l’arrivo del professore.
Puntuale come un orologio, ecco entrare il professor Lamberti, accompagnato da ben tre assistenti, uno dei quali piuttosto giovane e, noto con piacere, davvero affascinante. E’ proprio lui a prendere in mano il foglio degli iscritti e ad iniziare l’appello. Bene, si comincia!

Siamo notoriamente una commissione “tosta”. E si vede, accidenti: l’aula è piena come sempre. Mentre leggo ad alta voce la lista degli iscritti, riconosco i nomi di ragazzi che staranno ripetendo questo esame per la decima volta. La tensione e la frustrazione sul volto dei ripetenti è in evidente contrasto con l’espressione quasi sfrontata di chi è nuovo di quest’arena.
I pochi con una preparazione quantomeno sufficiente e i tanti talmente spaesati che dubito abbiano letto anche solo il titolo dei libri consigliati si alternano alla cattedra. Un continuo ed estenuante susseguirsi di lacrime trattenute a stento, ringraziamenti per diciotto strappati coi denti e malcelati scatti di nervi.
Fino a lei. Non ricordo il suo nome, letto distrattamente tra i tanti anonimi della lista. Il suo sguardo fiero e sicuro mentre siede davanti a me, però, mi resterà impresso nella mente per molto tempo. Occhi fissi nei miei, di tanto in tanto a scivolare fino alle mie labbra. Un incantevole viso acqua e sapone, impreziosito da occhiali che sembrano esaltarne l’aria intellettuale e celare uno sguardo vispo, molto vispo. Sbirciato con la coda dell’occhio, un seno che sembra quasi voler esplodere sotto la maglietta. Davvero invitante. Fatico a mantenere un contegno, e a farfugliare la prima domanda. Meglio tornare a guardarla in viso, o rischio figuracce.

‘Rossi Laura’.
Quando sento pronunciare il mio nome, noto, con un pizzico di piacere, che è stato proprio l’assistente belloccio a chiamarmi e, pertanto, sarà lui ad interrogarmi. Dopo essermi seduta e aver consegnato il libretto, non posso far a meno di osservare i suoi occhi; ha uno sguardo davvero intenso. Per non parlare delle sue labbra, carnose al punto giusto. Sforzandomi non poco, e prima di perdermi del tutto in pensieri frivoli, riprendo il mio autocontrollo. Tuttavia, ho avuto l’impressione di non essere l’unica distratta. Anche lui mi è sembrato soffermarsi su di me. Anzi, a dirla tutta, pare che, di quando in quando, mi guardi le tette. Ma probabilmente mi sbaglio.
‘Bene signorina, mi parli dei morfemi’, è la prima domanda che mi viene posta.
“Partiamo già con le domande pesanti”, penso, “questo è uno degli argomenti più tosti. O, almeno, lo è per la maggior parte degli studenti che preparano questo esame ma, di certo, non per me”.
‘Il morfema è la parte più piccola, portatrice di significato, in cui può essere scomposta una parola. Possono essere classificati in morfemi lessicali o grammaticali, e questi ultimi si dividono, a loro volta, in flessionali e derivazionali’, esordisco in maniera sintetica e puntuale. Prima di dargli modo di ribattere, sto già approfondendo, con esempi dettagliati e precisi, quanto affermato poco prima.
Mi sta ascoltando attentamente e non fa che annuire ad ogni mia frase ma, ora ne sono più che certa, furtivamente, credendo che io sia troppo agitata dalla situazione per accorgermene, continua a posare lo sguardo sul mio seno.

Mi scopro a dir poco affascinato da questa ragazza.
Non sembra che stia sostenendo un esame. Non un tremolio nella sua voce, non un’esitazione. Ha quasi la sicurezza di un professore durante una lezione. Alla prima domanda ne segue un’altra, poi un’altra ancora. Finché non mi accorgo che il nostro non è neanche più un rapporto tra esaminatore e studentessa. E’ un dialogo fra due persone con una passione comune. I suoi occhi lasciano trapelare un’intelligenza vivace. La sua bocca, sottile ma dall’aspetto morbido, si muove spigliata per sciorinare dettagli ed esempi. E quel seno che, per quanto mi sforzi di non guardarlo, continua a catalizzare la mia attenzione.
Nel parlare, ogni tanto si china appena in avanti, facendo aderire le sue grosse tette al bordo della cattedra. E, in simili frangenti, non posso fare a meno di ammirare come queste quasi avvolgano morbidamente quella sagoma di legno inanimato. La mia mente non si trattiene dal vagare, dal catturare ogni dettaglio possibile per ricavare l’aspetto e la consistenza di quelle due voluminose montagne di carne.
Mi riporta alla realtà il notare che ben due studenti si sono alternati al cospetto del professore durante l’esame della signorina Rossi. Devo affrettare i tempi. A malincuore, mi vedo costretto a congedarla, complimentandomi per la sua brillante esposizione. Darle il massimo dei voti è d’obbligo, e anche la lode è più che meritata. Il suo ampio sorriso e la sua vitale stretta di mano sono gli ultimi scampoli del nostro incontro, prima di vederla sgambettare fino alla porta dell’aula e dileguarsi nei corridoi affollati.

L’esame è andato davvero bene, oltre ogni mia più rosea aspettativa: l’assistente del professore non solo mi ha dato il massimo dei voti, il che è già estremamente raro, ma si è anche complimentato con me per la passione mostrata per la materia. Se non fosse stato completamente fuori luogo, mi sarebbe piaciuto dirgli che, per quanto mi piaccia la linguistica generale, sono ben altri i campi in cui adoro mostrare passione e, a giudicare da come mi guardava, non credo che la cosa gli sarebbe dispiaciuta!
Stamattina sono uscita di casa senza mangiare nulla ed ora la fame comincia a farsi sentire, così decido di fermarmi al bar dell’università prima di rientrare a casa.
‘Ciao Mimma, mi prepari un cappuccino con cacao e una sfogliatina alla Nutella?’.
‘Certo. Siediti pure che te li porto io’.
Nemmeno questa splendida colazione riesce a distogliermi dai miei pensieri, o meglio, dal pensiero del mio esaminatore. Continuo a rivedere i suoi occhi, le sue labbra… nella mia mente rimbomba il suono della sua voce… discutere con lui di sociolinguistica è stato a dir poco… interessante.
Mi va quasi di traverso il cappuccino quando mi rendo conto che è appena entrato nel bar. Cerco di distogliere lo sguardo ma ormai è toppo tardi: i suoi meravigliosi occhi neri hanno incrociato i miei.

Questi quindici minuti di pausa mi servivano proprio.
Sorrido entrando in quel bar e vedendo la studentessa occupare uno dei tavolini. Era corsa via dalla classe come una furia, dando l’idea di avere chissà quale improrogabile impegno. Invece, eccola qui a rifocillarsi, con le dita e le labbra impiastricciate di Nutella. ‘Il solito’, mimo con il labiale all’indaffarata barista, indicandole al contempo, con un lieve cenno del capo, che sarei andato ad accomodarmi al primo posto libero.
Un istante più tardi, mi volto ancora nella direzione dell’esaminata, leggendo disappunto nei suoi occhi. Si sta guardando intorno, presumibilmente alla ricerca di tovagliolini puliti, dopo aver constatato che la scatolina metallica al suo tavolo è vuota. Un vero colpo di fortuna. Afferro un porta-salviette incustodito e glielo porgo. Mi ringrazia, sorridente e con una punta di cioccolata al lato delle labbra. Proprio in quel momento, mentre fantastico sul ripulirla con le mie di labbra prima che lo faccia un anonimo tovagliolo di carta, Mimma accorre con il mio caffè al guaranà, poggiando il vassoio sul tavolino. ‘Ohh, i miei due clienti preferiti insieme!’. Ci guardiamo imbarazzati per un momento. ‘Posso?’, le chiedo, poggiando la mano sullo schienale di una sedia vuota. ‘Certo’, replica immediatamente.
Il ghiaccio ormai è rotto, per qualche minuto ci concentriamo ancora sul suo brillante esame. Parla della materia con trasporto, affascinata quasi quanto me dalle sfumature della nostra meravigliosa e complessa lingua madre. Con naturalezza, iniziamo a darci del ‘tu’.
Il tempo, però, è tiranno e poco dopo, a malincuore, mi vedo costretto a salutarla. Non prima di essermi presentato e di aver, probabilmente, fatto notare incertezza ed emozione nella mia voce mentre pronunciavo il nome Gabriele Clerici, stringendo nuovamente la sua mano calda e morbida. Tuttavia, c’è intesa tra noi, latente ma evidente. Decido di osare. ‘Laura, sabato c’è un convegno per cultori e docenti di linguistica. L’invito che mi hanno riservato è per due. Mi auguro di non sembrarti inopportuno, ma non mi viene in mente nessun altro che meriti, più di te, di partecipare ad un simile evento. Ti andrebbe di accompagnarmi? Naturalmente, sarebbe mia cura venirti a prendere e riportarti a casa’.
Ha accettato senza pensarci troppo e con inatteso entusiasmo. Se quella mossa l’abbia imbarazzata, non l’ha dato affatto a vedere. Tornando in aula per riprendere l’esame, mi sento come se camminassi sulle nuvole, al pari di un adolescente alla vigilia del suo primo appuntamento.

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