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LA CAMORRISTA

By 4 Giugno 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

LA CAMORRISTA.

Questo &egrave un racconto di pura fantasia, ogni riferimento a persone, luoghi o cose &egrave puramente casuale o usato a fine di creare un contesto realistico, ma non reale.

Quando rividi il mio vecchio amico Amedeo alla stazione di T.una mattina presto, non immaginavo che la mia vita sarebbe cambiata radicalmente. Amedeo era stato mio coinquilino ai tempi dell’università di P. tre anni. Adesso faceva l’avvocato. Mi invitò a mangiare una domenica a casa sua a N. ci andai e mangiai assieme a molti suoi parenti. La famiglia di Amedeo era agiata, erano tutti avvocati o robe del genere, ma si diceva che alcuni suoi membri fossero vicini alla camorra. Il pranzo fu ricco e tranquillo, dopo il caff&egrave noi uomini ci trasferimmo in salotto a fumare sigari e bere brandy. Finii per caso vicino ad un signore distinto, alto, molto magro che si presentò come lo zio di Amedeo. Lo salutai e lui mi chiese che lavoro facessi. Lo fece per pura cortesia e non sembrava minimamente interessato alla mia risposta.
‘Oh, mi arrangio. Insegno italiano agli stranieri 3 sere a settimana. Correggo bozze per una piccola ca19sa editrice ‘ dissi mentre lui annuiva distratto, preso a riaccendersi il sigaro massiccio ‘ e insegno dizione a due attrici..’ lui smise di accendersi il sigaro e mi ficcò gli occhi addosso, di colpo interessato alle mie parole.
‘Dizione? Cio&egrave? Insegni a pronunciare bene le parole?’
‘Sì, esatto. Ad una insegno anche un po’ l’italiano, &egrave un’inglese con velleità di attrice e..’
‘Fammi capire: tu aiuti le persone a parlare meglio in italiano?’
‘Sì, possiamo dire così e..
‘Interessante’..scusa un attimo devo fare una telefonata…’ e si alzò di colpo lasciandomi lì a fumare coi parenti di Amedeo.
*
Nel pomeriggio rientrai a F. andai a correre per smaltire le tossine del pranzo e poi feci una bella doccia. Quindi mi preparai per andare al Mr.Domingos: camicia chiara, pantaloni stretti e profumo francese. Mr.Domingos era un locale vicino al mare. Era stato il mio terreno di caccia per tardone per tutti gli anni dell’università. Ci venivo da solo, lasciando i miei coinquilini alle feste rasta, ai centri sociali, ai concerti punk. Io venivo qui un paio di volte al mese a rimorchiare donne over quaranta. Mi vergognavo della cosa con i miei amici, così la nascondevo, ma amavo scoparmi le tardone. Erano dolci, sexy, materne, decise. Trombavo a casa loro o il più delle volte nella mia Golf del ’82, nel parcheggio del Mr.Domingos, a tarda notte, mezzi ubriachi. Amplessi violenti, rapidi ma sensuali. Le donne venivano eccitate e sorprese dal mio ardore, le baciavo e cullavo, le riempivo di attenzioni e belle parole, le adulavo e loro ridevano e si sentivano di nuovo vive e giovani. Mi facevano bei pompini nei cessi e le prendevo da dietro nella mia Golf. Ebbi anche una relazione stabile con Ramona, una cinquantenne che aveva un marito geloso ed enorme, lo conobbi persino una sera, era alto e baffuto. Lei i sabato sera lo drogava versando sonnifero nel caff&egrave, lui si addormentava davanti alla tv e lei poteva uscire, andare al dancing per tre o quattro ore, scopare con me, e poi tornare a casa, trovare il marito che ronfava alla tv e spogliarsi, fare la doccia e poi andare a letto. Il marito si sarebbe svegliato la mattina presto, mezzo acciaccato e stordito.
Quella sera però al Mr.Domingos non c’era la solita fauna di tardone arrapate. Erano un paio d’anni che non ci mettevo piede e le cose erano cambiate. Molti giovani, sale con musica house, ecc. passai un paio d’ore in giro affamato di sesso, bevendo gin e tonic. Provai a rimorchiare una quasi sessantenne, ma il marito non la mollava un attimo. Così salii di sopra a fumarmi un cicchino in una saletta vuota. La musica era ovattata, la porta aperta sul terrazzo e le stelle nel cielo. Non scopavo da sei mesi circa. Non avevo un vero lavoro.
Tornai di sotto e scambiai due parole con la guardarobiera. Era una donna sulla sessantina, ancora piacente con un viso tondo simpatico, molto truccata. Le raccontai di quando venivo qui ai tempi dell’università, lei mi ascoltò senza commentare. Le chiesi quando smontava. ‘Ehi bimbo, vai a casa che &egrave meglio…’ mi disse sprezzante. Annuii e andai via.
*
Il giorno dopo, verso le due del pomeriggio mi telefonarono: ‘Pronto? Sono A.lo zio di Amedeo, ti ricordi ci siamo parlati?’
‘oh, sì…cio&egrave’.che cosa’?’
‘Senti ho da proporti un lavoro.
‘Che tipo di lavoro?’
‘Una cosa riservata ma retribuita ben retribuita. Ma vorrei parlartene di persona’
‘Ma..io…cio&egrave’..io”…non sono interessato’.
‘Prima ascoltami..poi decidi..’
‘,,no…io’.ecco’.
‘Parliamone a quattro occhi prima!’
‘..ma quando?
‘Al bar qui sotto, scendi, fra cinque minuti.’ e riattaccò.
Ero nel panico pensai di chiamare Amedeo per chiedere se dovessi fidarmi, ma il suo cell. Era spento. Ero nervoso. Alla fine mi detti una sciacquata alla faccia e scesi al bar dove tutti mi conoscevano. Lo zio di Amedeo era seduto in fondo, ad un tavolo. Mi fece un segno. Lo raggiunsi.
‘Ascolta la proposta &egrave questa:
‘Aspetti un attimo io non
‘Sentimi bene. Ho raccolto qualche notizia su di te. Vivi ancora coi tuoi. Lavori saltuari, la casa editrice non ti paga da mesi, hai solo 1,500 euro sul conto in banca. Dico giusto?’
deglutii spaventato, feci per alzarmi, ma lui mi tenne il braccio fermo:
‘Stai buono, ascoltami prima.
‘Ma come ha fatto a sapere?
‘Ho le mie fonti. Ascolta. Devi lavorare per una signora di N. insegnarle a parlare bene, o almeno decentemente.,,
‘Ma per cosa?’
‘Non ti riguarda. Non fare mai domande particolare alla donna e rivolgiti a lei con DonnaRosa, intesi?’
‘Ma io non ho ancora accettato
‘Sono 300 euro a seduta. Due volte a settimana. A N.,viaggio in treno pagato. Se sei bravo in sei mesi fai più soldi di quanto fai in 20 anni di lezioni ad africani, rumeni e gentaglia simile’..
‘Ma io…cio&egrave’.cosa
‘Soldi veri. Contanti. Niente tasse. Se la cosa non funziona. Stop. Ti dimentichi di tutto, di N., di Donna Assunta, ecc.’
‘IO’.non
‘La proposta &egrave questa. Pensaci. Vai a casa e rifletti. 600 euro alla settima!’
mi lasciò andare. Telefonai di nuovo ad Amedeo. Mi rispose. Chiesi consiglio. Lui mi disse che se dovevo solo fare delle lezioni perché no? Ci pensai su. Erano tanti soldi. Tanti tanti soldi. Scesi al bar di nuovo e dissi di sì allo zio di Amedeo. ‘Ti contatto io domani. ‘ e se ne andò.
*
Il giorno dopo, alle nove di sera mi richiamò.
‘E’ per domani pomeriggio. Hai il treno da F.alle 12.05. alla stazione prendi la metro A fino a G., lì esci e ti verrà a prendere un amico. Lui ti porterà da DonnaRosa. E lui a fine lezione ti darà i soldi e ti riaccompagnerà alla metro. Tutto chiaro? I biglietti ti sono registrarti sul telefonino.’
Guardai il display, in effetti c’erano dei documenti in arrivo. ‘Tutto chiaro.’ dissi alla fine.
*
Il viaggio fu comodo. Presi la metro fino a G. e fuori una grossa jeep nera, vetri oscurati mi venne a prendere. Scese un ragazzo giovane con una grossa catena dorata al collo, magro. Mi disse di salire. Partimmo. Vidi la città farsi periferia piuttosto in fretta. Case popolari enormi, infinite, gente per strada, bambini, donne, giovani in motorino, volti ostili. Ero teso. E mi mordevo le unghie. Avevo un poco di fifa, lo confesso, anzi molto. Entrammo in un cancello rosa e la jeep si fermò davanti ad una villetta bassa, tutta rosa e bianco con colonne. Mi fecero scendere ed entrare nella casa. Attorno era un luogo degradato, ma dentro quella casa pareva Hollywood: parquet lucido, colonne ovunque, quadri, mobili, vetri, specchi, divani, sedie, tutto era eccessivo e molti oggetti erano rosa. Mi condussero in uno studio senza finestre ma con aria condizionata e un grosso aspiratore al centro. C’era una tv, dei giornali, delle sedie, poltrone basse, uno stereo. Un tavolo basso rosa. Come le sedie. Mi dissero di aspettare lì.
Rimasi seduto ad aspettare per mezzora. Alla fine una donna entrò nella stanza. Un uomo armato la seguiva. L’uomo si fermò alla porta, la donna venne avanti. Mi alzai per salutarla, feci un piccolo inchino e dissi: ‘Donna Rosa, che piacere conoscerla..io sono
‘Poche smancerie e ””(parole in dialetto). Siediti. ””(parole in dialetto). Sai già tutto? Delle lezioni? ””?’
‘Eh, io’.’
‘Ma hai…””’.””’.”’,sei scemo?’
‘No. Ecco. io. Aspetti, Donna Rosa, Lei deve parlare in italiano…solo in italiano..non in dialetto…almeno non con me..’
‘Va buò, ”””.proviamo…’
‘Bene. Solo in italiano. Conversazione…soltanto..’
‘Come?’
‘Conversazione. Parlare, parlare del più e del meno, del tempo, ecc. fare conversazione..’
‘Che ”” me”” ah, che mi frega a me del tempo?’
‘Niente DonnaRosa, solo per esprimersi in italiano…tutto qua…prego…mi parli del tempo…’
‘Cosa?
‘Sì, il tempo, piove, fa caldo, ecc. chiacchiere, ma in italiano…prego…avanti’.la prego’.DonnaRosa…’ feci. Guardai l’uomo armato alla porta. Degluitii. E se non andava bene? E sei la Donna si incazzava con me?’
La guardai. Era una donna sulla cinquantina, bassa, leggermente grassottella sui fianchi, un bel seno appariva dalla tuta rosa e viola che indossava. Portava una quantità di oro impressionante: anelli, collane, orecchini. Il volto era lungo, la pelle era consumata agli occhi, agli angoli della bocca, rughe profonde e dei segni di una malattia della pelle che si esprimevano a macchie. Le labbra erano turgide, carnose, la bocca era ben delineate da una matita marrone ai bordi ed erano piene, un rossetto molto intenso color rosa lucido le rendeva attraenti anche se l’espressione era tesa, diffidente. Ma gli occhi erano chiari, tendenti al verde, brillanti, vivaci, si vedeva che era una donna decisa, risoluta. Alla quale si dà rispetto. Aveva dei capelli a caschetto biondi con ricrescite nere, ben curati, di parrucchiere, notai che profumava moltissimo. Odore femminile intenso. Anche le mani erano curatissime, gli anelli enormi. Si mise a fumare, l’aspiratore fu acceso dall’uomo.
‘Bene…ecco..- iniziò DonnaRosa – il tempo &egrave ”’, cio&egrave buono…non piove’
‘Brava, continui, così…prefetto…’
‘Tira un poco di vento dal mare’.
‘Benissimo, continui pure’.brava…’
La donna era forse stata bella in passato, adesso era solo ricchissima e incuteva terrore.
Parlammo poi dei ristoranti di pesce della città. DonnaRosa se la cavò, ogni tanto diceva parole in dialetto ed io la correggevo con rispetto. Fece un segno alla guardia e lui uscì dalla stanza. DonnaRosa fumò almeno dieci sigarette mentre parlava, la sua voce era roca e bassa.
Facemmo una pausa e una cameriera ci servì del caff&egrave. ‘Posso darle un piccola compito, Signora?’
‘Spara, se mi va’
‘Ecco. Lei in tv dovrebbe seguire una trasmissione, scelga lei, soupopera, sitcom, talkshow…’
‘Ma che minchia dici?’
‘No, solo scelga una trasmissinone che piace a lei ma in cui parlano in italiano…solo una’.un piccola sforzo…guarda la tv?’
‘Sì.
‘Cosa?’
‘Tv locali, oroscopi, gente che canta’
‘In italiano?’
‘No.
‘Allora segua una tv nazionale, solo una, un paio di ore al giorno”
‘Vedremo.’
Le lessi un brano di un giornaletto e le chiesi il significato di alcune parole, lei non sapeva rispondere e fece una faccia scura. Cambiai atteggiamento e la invitai a parlare della pomarola, come la preparava sua mamma. Lei mi fulminò con lo sguardo. ‘Non si parla di famiglia mia.”” intesi?””’
‘Si certo, nessun problema. Scusi’.
‘Comunque la pomarola buona la fa mia cognata’.ci mette’
e raccontò.
Dopo un poco si stancò e disse che per oggi finiva lì.
La guardai. Si alzò profumava di donna matura e indossava scarpe Hogan da mille euro. Mi guardò anche lei. ‘Come &egrave andata…Signora?’
lei sorrise. ‘Bene. Ti contatto io da oggi in poi. Adesso vai alla stazione’.
MI accompagnarono fuori. Il tipo magro col crocifisso dorato mi riaccompagnò alla metro A. mi dette una busta coi soldi e un cellulare vecchio modello. ‘Usalo solo per rispondere a DonnaRosa. Non parlare con nessuno di questo lavoro.’ Mi ordinò e mi mostrò la pistola nei pantaloni. ‘Sappiamo tutto di te. Non fare strunzate!’ e mi fece scendere dalla jeep nera.
Tornai a casa con mille pensieri per la testa. Ero sollevato e con 300 euro in tasca tutti per me. Un cellulare che potevo usare solo per parlare con una boss della camorra. Perché quello era DonnaRosa, una camorrista. E molto potente. In cosa mi ero cacciato?
Passai i giorni seguenti a studiare il modo per migliorare la parlata della donna, l’accento era fortissimo, la voce roca si mangiava molte parole. Era difficile, ma escogitai qualche trucco. DonnaRosa. Mi telefonò per fissare un nuovo appuntamento. Feci lo stesso tragitto, il magro con la collana mi accolse fuori dalla metro. Tornai alla villa in mezzo ai casermoni desolati e sporchi. DonnaA.arrivò dopo cinque minuti. Sempre in tuta di chiffon, rosa e bianca, sempre improfumata e voce roca e nascosta. Parlammo un poco. Le chiesi della settimana. Lei disse che non parlava di queste cose con me. Le raccontai della mia. Lei parlò della pizza e dei gioielli che indossava. ‘Molto bene. Bravissima, Signora…’..e ha eseguito quel compitino che le avevo assegnato?’
‘come no?”’ ho”’visto””’
‘in italiano…’
‘Buono. Ho visto quello sciò’
‘Show,..’
‘Sciò della donna che pare una madonna’.di sport’.una bionda’.della RAI. Seguivo o N.du calcio”””’…seguivo partite e lei era lì che parlava illuminata come ‘na madonna’…laccio seguita per uno poco..’
‘Bene. Benissimo. Molto brava. Complimenti.’
Lei mi mollò uno schiaffo. Ci rimasi male. Sorpreso.
‘Non fare o’ fesso con me!’
‘Mai signora. Mai mi permetterei, mai lo giuro’.mai…’
‘Buono, caff&egrave?’
‘Sì, con piacere’..’
Dopo la pausa tornammo a parlare di cose varie, le lessi brani di un giornale, ma fummo interrotti da un uomo che le parlò all’orecchio. ‘Devo andare, ti chiamo io quando””. Cio&egrave quando posso!’ e se ne andò mi condussero alla metro e tornai a casa.
*
600 euro per due lezioni. Era un affare. A casa offri cena ai miei genitori in un bel posto e il giorno dopo mi rifeci il guardaroba. DonnaRosa mi contattò qualche giorno dopo. L’indomani ero di nuovo a N.DonnaRosa mi accolse questa volta con una camicia bianca molto scollata che mostrava il seno maturo, color oliva quasi, macchiato qua e là, ma lucido e attraente a modo suo. Poi indossava pantaloni della tuta e scarpe comode D&G. ”.posso dirle signora che sta un incanto?!’ feci rufiano. Lei sorrise e si accese una sigaretta. ‘..va buò! L’ho vista a quella donna…quella del compito..’ ‘Quale?’ ‘Chilla della tv! A madddonnaaa!’ disse ed io capii.
‘Oh bene, bene…me ne parli’.ma &egrave elegantissima oggi e molto bella’.se posso ancora permettermi…’ lei mi mollò uno schiaffo.
‘A lezione!’ fece indicandomi di sedere. Ma aveva sorriso al mio complimento.
*
Una sera al supermercato stavo scrutando una triste scatola di lasagne da scaldare nel microonde. Non mi accorsi della donna che mi stava accanto.
‘Lascia perdere, ragazzo…&egrave robaccia, dammi retta!’ disse. Mi voltai. Era una formosa cinquantenne coi capelli scarmigliati che spingeva un carrello semivuoto. Sorrisi.
‘Scommetto che lei &egrave un’abile cuoca…’ risposi. Lei mi sorrise, aveva un bel faccione da mamma, guance rosse e rughe in abbondanza, ma gli occhi verdi mi colpirono, avevano qualcosa di profondo e sensuale.
‘..oh, certo, puoi scommetterci’.ragazzo…’
‘Non avevo dubbi.- la scrutai un attimo, lei abbassò lo sguardo come sorpresa, ma poi tornò a guardarmi- e grazie per il ragazzo, ma ho 30 anni…quindi…direi un paio meno di lei…’ e feci un bel sorriso. Lei indietreggiò e rise con la mano alla bocca. ‘…oh, che carino, grazie..ma io’.io di anni…lasciamo perdere’.’ e fece per andare. Le fermai il carrello. ‘Aspetti…un attimo’.e mi lascia così?’
‘Come? Giovanotto? Che vai cianciando?’
‘Mi lascia così: senza lasagne?’ e sorrisi. Lei mi fissò sconcertata. Poi rise anche lei, di gusto.
L’accompagnai alla cassa e poi alla macchina. Lei voleva andare, ma io le offri una sigaretta. Lei accettò e dopo cinque minuti mi raccontò la sua vita. Appena separata, due figli oramai sposati, un lavoro part-time di merda, una vita di pianti e rimpianti. L’abbracciai nel parcheggio del supermarket con la gente che passava coi carrelli e la spesa. Le offrii una cenetta in un posticino poco distante ma carino. Dopo lei mi invitò a salire nel suo squallido appartamento. Piccolo e malmesso. Pesai agli sfarzi di DonnaRosa, il parquet, i tappeti persiani, le colonne, le anfore, gli specchi. La donna, che si chiamava Mariaconcettella, mi si offrì dopo un caff&egrave. La presi sul tavolo ikea, sbattendole in figa il mio cazzo duro. Lei mugolava di piacere, stingendo i denti mentre io spingevo conto la sua figa il mio cazzo, sbattendola su quel tavolo, lei stringeva i denti e sospirava di lussuria, chissà da quanto non sentiva un cazzo dentro di lei. La spinsi bene, entrando ed uscendo dalla figa piena di umori e calda della tardona rimorchiata in un supermarket. Mentre la fottevo, scopandomela dura su quel tavolo da pochi euro, pensavo a DonnaRosa e al lusso della sua villa nel quartiere pericoloso della città.
(NESSUN RIFERIMENTO A VITA REALE, A PERSONE REALI. TUTTA OPERA DI FANTASIA. per commenti scrivetemi a dorfett@alice.it, grazie) Seguirono altre lezioni a N.dalla Signora Rosa.
Confesso che non era facile, lei aveva un’inflessione dialettale fortissima, spesso imprecava o usava termini che dovevo farmi tradurre. Mi spiegò, dopo lunghe riluttanze, che quelle lezioni le occorrevano per poter comprendere i discorsi in certi posti importanti dove doveva talvolta presenziare. Le rompeva dover parlare in dialetto con uomini in cravatta, giacca e ”’!! come aggiunse. Poi rimase in silenzio fumando. La pelle del viso era consumata come vecchia, ma il trucco pesante, l’uso di creme costose e massaggi le davano un tono gentile sotto la patina usurata. Gli occhi erano duri e profondi, la bocca carnosa sempre coperta di rossetto rosa lucido era carnose e sensuali. Vestiva sempre con camice bianche aperte adesso, pantaloni comodi e scarpe di lusso. Addosso i soliti chili di oro e brillanti. Non le chiesi altro e tornammo all’italiano parlato. Prima di andarmene le proposi di telefonarmi nei giorni nei quali non ci vedevamo ‘…per incrementare il suo italiano. Lei deve parlare il più possibile e scommetto che fuori da questa stanza usa solo il dialetto’.’ lei mi fissò stupita. Gli occhi che mi leggevano dentro, con astuzia. ”.mi telefoni quando le va, così anche per dieci minuti, so che &egrave molto impegnata, ma il tempo per due chiacchiere lo troverà..’ lei si sciolse un attimo, mi posò una mano sul volto e poi andò via.
*
Al supermarket incontrai di nuovo la donna che mi ero scopato. Lei mi salutò ma io la ignorai. Pensai al suo appartamento squallido e povero.
Durante una lezione una donna entrò e parlò all’orecchio di DonnaRosa, lei si alzò di scatto e disse: ‘Deve andare!’
‘Mi spiace..ma torna?’
‘No, vattinne a casa..’
‘Ma se vuole posso aspettarla qui anche per tutta la giornata, non ho niente da fare a casa, posso attendere qui, ho tutte le comodità, e magati stasera quando rientra riprendiamo’.che ne dice?’ e sorrisi.
Lei mi fissò. Gli occhi duri. ‘Grazie, guagliò, ma puoi andare’..&egrave cosa lunga questa…’, dal marsupio prese un rotolo di banconote e mi dette 200 euro. ‘Fef&egrave ti darà ostesso i soldi della lezione…adesso vattinne…’
Presi i soldi e la ringraziai. Fef&egrave, quello della croce dorata e la pistola, mi portò direttamente alla stazione e mi dette i soldi. In treno pensai che non vedevo tanti soldi assieme dal sussidio di disoccupazione di 3 anni prima. Quella sera offrii ad un mio vecchio amico una costosa cena di sushi e poi passeggiammo per la città deserta. Pensai a DonnaRosa e a cosa di così importante dovesse fare quel pomeriggio.
La mattina dopo mi svegliai eccitato. Mi feci una sega guardando un pornazzo della mia sexy star milf preferita: Sally D’Angelo e poi andai a mangiare fuori.
La sera contattai una escort su un sito porno. ‘Gina milf Hot diceva il sito e le foto proponevano una donna sulla cinquantina, bassa, un bel volto mediterraneo e un rossetto rosa lucido che mi eccitò subito. Andai da lei in un bell’appartamento in periferia. Mi accolse in una stanza rossa accogliente e calda. Gina era una bella donna con un bel seno matronale, una bella faccia e occhi chiari. Le detti i soldi e le chiesi di mettere quel rossetto rosa che aveva nelle foto. Lei rimase sorpresa ma lo cercò nella toletta e lo scovò. Le chiesi di farmi un pompino. Lei mi distese sul letto e si mise a lavorare il mio uccello. Era abile e dolce, leccava e succhiava bene, mi godetti un blow-job esperto e eccitante. La fissavo che me lo leccava. Vedevo le sue labbra rosa lucide andare su e giù sul mio sesso e vedevo come mi macchiavano di rossetto l’asta e la cappella. Chiusi gli occhi e pensai a DonnaRosa che me lo succhiava. Cazzo una boss che me lo ciuccia! Che roba. Mi eccitai alla grande mentre Gina mi spompinava. Andava su e giù con quella bocca da escort ed io invece pensavo a DonnaRosa. Gina succhiava ed io godevo. Me lo leccava alla grande, la fissavo e guardavo le sue labbra che me lo prendevano e che lo succiavano. E pensavo a DonnaRosa che magari quel pomeriggio aveva comandato un omicidio! Gina succhiava ed io venni di getto.
Scambiai due chiacchiere con Gina che mi offrì del gin e tonic.
Quando tornai in auto il cell. Squillò. Quello di lavoro. Era DonnaRosa:
‘Ciao guagliò, come stai?’
‘Salve DonnaRosa, che piacere sentirla? Lei tutto bene?’
E parlammo per qualche minuto. In sottofondo sentivo musica neomelodica da uno stereo. Mi immaginai DonnaRosa in un top nero, di classe, le grosse poppe eccitanti, sdraiata sul letto che se la toccava mentre parlava con me del poker del quale era molto amante. Immaginai che si toccava pensando a me, il suo giovane insegnante di italiano. Le dita lente e penetranti nella sua figa matura, calda, umida. mentre parlava con me si toccava, sicura di s&egrave, padrona del quartiere. le dita penetravano nella figa e la facevano godere al pari della mia voce.

(per commenti o altro scrivetemi a dorfett@alice.it) Capitolo 3

DonnaRosa prese a telefonarmi la sera dopo cena quando non ci vedevamo per le lezioni. Mi confermò che il suo ‘italiano’ stava migliorando e che in una delle ultime riunioni alle quali aveva assistito non solo aveva compreso gran parte di quello che veniva detto ma che era intervenuta un paio di volte per rispondere a delle domande. Ne fui felice. Andavo a N.due volte alla settimana e mi stavo mettendo da parte un bel gruzzoletto di soldi.
‘Però, secondo me, Donna Rosa lei per migliorare definitivamente, deve essere costretta a parlare italiano per tutta una giornata…per alcuni giorni, allentando così il dialetto..’ ‘Guagliò &egrave come?’ ‘Andandosene da qui, come i ragazzi vanno in Inghilterra per imparare l’inglese…lo stesso principio…vada con suo marito o il suo compagno a Venezia qualche giorno, ad esempio o a Roma, Firenze…in albergo…così non dovrà parlare in dialetto ma in italiano..’ ‘Mio marito &egrave morto anni fa..’ disse lei scontrosa ‘..e non ho tempo da perdere io…”’, tengo””qua”’|!!’
‘Mi scusi DonnaRosa non sapevo’.mi scusi…ok…ma basta un weekend allora, un fine settimana a Roma, partendo il venerdì sera la domenica sarà di nuovo a N’.con delle amiche? Anche se sarebbe meglio di no. Meglio che non parli in dialetto…’
‘Ho detto che non posso””’guagliò!’
‘Ho capito, mi scusi, era una proposta’..le farebbe bene…ci penserà su?’
‘Vediamo..’
‘…anzi…perch&egrave’.perch&egrave non andiamo io e lei (..e insomma chi l’accopagna ovviamente ‘ ed indicai le guardie armate-)da qualche parte…un paio di notti in modo tale che con me dovrà parlare solo italiano e anche con chi incroceremo’?’
lei mi fissò con gli occhi che erano curiosi e sospettosi assieme. ‘…ci penserò su!’ disse alla fine.
*
A casa mi concessi ancora una escort. Scovai una donna sulla cinquantina russa che si presentava come ‘la milf dell’est che succhierà la tua anima’ e in effetti aveva un’espressione a troione che mi eccitava molto. La raggiunsi nel suo appartamento e maledissi il photoshop, perché dal vivo appariva molto più grossa e meno femminile che nelle foto del sito. Quando mi chiese 250 euro le dissi che me ne andavo. ‘Resta! Aspetta…ho la specialità della casa…’ mi fece con un forte accento russo. E da un cassetto tirò fuori un vibratore piuttosto lungo e stretto di color carne. ‘Sai che novità?! Non &egrave il primo che vedo..’ ‘Aspetta e guarda!’ si mise sul letto con la schiena sul materasso. Era rivolta verso di me. La figa depilata e grossa mi fissava. Si sistemò tutto il vibratore dentro la figa. Vedevo solo la parte finale del sex toy, con una sorta di disco rosso in fondo, il resto era tutto stato mangiato dalla sua vagina. Divaricò le gambe e le sollevò creando un arco. Mi guardò sorridendo maliziosa e sicura di sé. Poi alzò anche le braccia puntellandosi con decisione e dette un colpo di reni fortissimo. La sua figa matura espulse il vibratore con un colpo deciso, forte, violento e il rumore fu come di una sorta di missile che veniva sparato. Mi colpì in pieno petto e mi fece anche male, ma non potei che rimanere sorpreso e riconoscere la potenza e abilità della donna. ‘Vuoi rivederlo?’ chiese lei maliziosamente. Annuii. Le detti i soldi e poi le feci la mia richiesta. ‘Aspetta…hai per caso del rossetto rosa lucido?’ ‘…che strana richiesta…perch&egrave? Ok non importare. Sì dovrei avere qua..’ disse e lo cercò. Una volta con il rossetto rosa lucido(sebbene di volto non assomigliasse granch&egrave a DonnaRosa)si rimise sul letto e rinfilò il vibratore nella figa. ‘Aspetta un attimo!’ dissi. Mi tolsi i pantaloni e le mutande, mi sedetti di lato a lei e presi a masturbarmi. Le chiesi di non sparare subito di farmi assaporare bene il gesto dei suoi fianchi, il modo della spinta, ecc. lei nuda sul letto, gambe divaricate, le grosse poppe cadenti che ballonzolavano assieme al resto del corpo in sovrappeso mi fissava divertita. Iniziai a segarmi mentre vedevo che lei preparava il gesto. Che ondeggiava e le poppe le ballonzolavano in giro, la faccia era concentrata per la sparata e si leccava la bocca mentre io la guardavo e mi masturbavo. Le dissi di procedere e vidi benissimo il vibratore che veniva espulso dalla passera della escort, vidi volarlo nella stanza e compiere il suo arco verso il tappeto. Era divertente ed eccitante. Le chiesi di ripetere più volte il gesto, mi piaceva. Io mi toccavo di lato a lei e quella vecchia milf sparava il suo razzo speciale dopo che lo aveva infilato dentro la sua vagina russa.
*
DonnaRosa mi chiamò proprio mentre uscivo e parlammo poco perché qualcuno la cercò su uno degli altri 4 o 5 cellulari che possedeva. Tuttavia le chiesi ancora del viaggio se pensava di farlo. Lei non rispose.
*
Fuori dalla stazione dei treni trovai Fef&egrave che mi disse di salire. Niente jeep, ma un Suv nero giapponese molto elegante. Mi condusse verso la periferia, ma ad un tratto fece una deviazione e si fermò davanti ad una casa a due piani. Scese e andò a suonare ad un portone. Intanto alcuni motorini si erano avvicinati al suv e dei ragazzetti guardavano dentro. Io ebbi un po’ di paura, ma Fef&egrave arrivò subito e quelli sgommarono via, chiedendo scusa per il fatto che si erano avvicinati troppo all’auto. Dalla casa uscirono due donne che assomigliavano a DonnaRosa per come erano vestite, truccate, ingioiellate e l’espressione decisa. Fef&egrave le fece accomodare dietro assieme a me. Loro mi fissarono fra il sorpreso e il dispiaciuto. ‘Salve io sono..’ iniziai, ma una delle due fece: ‘Non ce ne frega ucazzo di chi cazzo sei, Fef&egrave andiamo’!’ il tono non ammetteva repliche. Le donne si strinsero a me dietro e ripartimmo. Entrambe profumavano pesantemente come DonnaRosa, avevano mani curatissime e anelli con brillanti enormi. Una era piuttosto bassa con un grosso culo e portava capelli biondi con ricrescita simili a quelli della mia datrice di lavoro. L’altra invece era poco più alta e aveva lunghi capelli ricci. Fef&egrave riprese la strada verso la villetta di DonnaRosa, ma ancora una volta cambiò direzione e fermò il suv in un campo di calcetto deserto, le porte erano tutte mangiate, cartacce e bottiglie ovunque, il terreno aveva solo strisce di erba in fondo, poi era tutta terra gialla. Fef&egrave spense il motore e uscì dal suv. Ebbi un moto di terrore. Cazzo stava succedendo? Sudai freddo e guardai le donne. Loro non sembravano curarsi di me. Fef&egrave fumava fuori dal suv. Ehi! Cosa volete da me? Pensai poi dissi: ”.guardate che DonnaRosa mi aspetta per..’ ma una delle due mi mise una mano alla bocca e mi tirò su la testa. ‘Zitto guagliò! Non ci fregaucazzo…zitto e fermo!’ mentre quella mi teneva, l’altra mi mise una mano sulla patta, quindi prese a slacciarmi la cintura dei pantaloni. Provai a ribellarmi e liberarmi dalla mossa della donna che mi teneva la bocca, ma quella strinse più forte, allora usai le mani per tenerle lontano dal mio sesso, ero terrorizzato, ma quella bussò al vetro dell’auto e Fef&egrave aprì la portiera: ‘Tappposto?’ chiese. ‘Chisto”’strunzo”’fermo””’ disse una. Fef&egrave allora mi prese per i capelli e mi urlò in faccia che se non stavo fermo mi spaccava la faccia con il calcio della pistola. Inghiottii saliva impaurito. Annuii. Che potevo fare? Fef&egrave chiuse la porta e tornò a fumare fuori. Le due donne mi fissarono. Ebbi paura. La più bassa finì di slacciare la cintura, mi calò i pantaloni e infine le mutande. Prese il mio cazzo in mano. Era moscio per via della paura. Lo soppesò con la mano, passò due dita fra i peli del cazzo, quindi mise la mani a coppa sotto il mio scroto e lo soppesò. Io ero in silenzio e avevo paura, però la sua mano calda era piacevole sul mio pene. Continuò a toccarmi il sesso, mi scappellò e annusò. Annuì all’amica. Quella allora mi prese l’uccello in mano e mentre la prima tornava a toccarmi lo scroto con fare abile, la mora riccioluta, prese a toccarmi come se volesse farmi una sega. Non capivo cosa diavolo accadesse, ma non potevo certo fermarle. La mora giocò un poco col mio sesso, questo, forse in automatico, rispose drizzandosi un poco, lei continuò ancora per qualche secondo, quindi, quando vide che si stava indurendo, smise. Sorrisero. Tolsero le mani e mi ordinarono di rivestirmi. Quindi bussarono a Fef&egrave che ci condusse a casa di DonnaRosa. Durante il tragitto la mora telefonò a DonnaRosa e sentii che parlavano pesantemente in dialetto, forse di me, non saprei, ma ridevano al cellulare. Capitolo 4 –

La lezione fu normale, anche se notai più volte che DonnaRosa coi suoi occhi chiari e duri mi squadrava attentamente. Le accennai della ‘visita’ alle mie parti intime ricevuta da parte delle due donne.
‘…’na controllatina’.. – disse lei ridendo – …tapppposto’.finiamola qui..’
‘,,ma come?
Lei mi mollò uno schiaffo. E mi disse di stare muto. Era un ordine e si capiva subito che un ordine di DonnaRosa era perentorio e non sindacabile. Dopo che lei ebbe letto un po’ della cronaca rosa del giornale per esercitare la dizione, entrò Geg&egrave, una delle sue guardie del corpo, un omone grande come un armadio dalla testa rasata che le parlò all’orecchio. Lei si alzò e annunciò che doveva andare via prima anche quella volta. ‘…ma ho pensato alla tua idea di andare fuori da qui, un paio di giorni…’ ‘E dunque?’ chiesi sorpreso e interessato al massimo. ‘…venerdì sera partiamo da qua per una villa che tengo sulla costa. Porta abiti eleganti e naturalmente non dire a nessuno del viaggio o di altro!’ ‘Oh, sicuramente..muto..non si preoccupi Signora Rosa…venerdì, benissimo…le sarà utile..vedrà…parlare solo italiano…e…’ ‘Ok, non dire altro. Porta dei bei vestiti..nu voglio vederti con robe da quattro soldi’.’ e dal marsupio prese un paio di banconote da 200 euro e me le dette. ‘…no, DonnaRosa…lei &egrave gentile…ma ho giacca, cravatta e mocassini…non si preoccupi e poi lei già mi paga per queste lezioni e…’ lei mi gettò uno sguardo di disprezzo. ‘I soldi per me non sono un problema..’ aggiunse altri biglietti da 100 e me li ficcò nella tasca dei pantaloni. ‘Vattinne..’ disse infine e mi congedò.
Fef&egrave mi portò alla stazione e mi dette i soldi della lezione. In treno contai ben 800 euro in foglio di grosso taglio. Cazzo che roba.
*
Il giorno dopo andai a comprarmi qualcosa di elegante: pantaloni di classe, una polo a maniche lunghe rossa da 170 euro, una giacca e scarpe da 200.
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Prima del venerdì del fine settimana con DonnaRosa mi concessi una nuova escort. Scelsi una tipa magra stavolta con la pelle piena di tatuaggi colorati. Mi eccitava quella sua pelle così dipinta e sensuale. Era una ragazza sulla trentina dai modi molto frettolosi, ma il corpo era uno sballo: pelle bianca di seta e quei tatuaggi: rondini, cerchi, occhi, cuori, spine, pesci, tribali, ecc. era tutta coperta. Sul seno non grande ma sexy, due grosse ali si aprivano da un cuore rosso intrecciato con spine. Sui capezzoli aveva dei piercing molto sexy. Mi sdraiò sul letto e ballò per me. Si muoveva come una vera cubista, aggraziata, felina, sensuale. Mi venne duro di botto. Forse non avevo mai visto un corpo così sensuale e perfetto in vita mia, almeno da quella distanza. Il volto era quello di una donna bella, una bellezza oramai codificata, zigomo alto, occhi allungati, bocca carnosa e rossa, ma il corpo era roba da sballo. Mi danzava davanti ed io vedevo il mio cazzo bello duro che si faceva provocare. Si inginocchiò davanti a me e me lo prese in bocca, me lo leccò bello duro e poi si allungò su di me. Sentii il suo corpo di seta che si sdraiava su di me. Le sue tette calde e burrose, toccavo le sue cosce. Palpai le sue tette, ma lei aveva già preso in mano la situazione. Afferrò il cazzo e se lo piazzò nella figa, lo avvolse, si tirò su e prese a cavalcarmi come una furia. Cazzo che scopata! Lei era una vera escort di quelle di classe, professionista della scopata, si capiva subito. Mi sembrava di stare in paradiso, mentre lei mi cavalcava da sopra, impalata dal mio cazzo, ma che si muoveva con precisione e bellezza rara. Dopo qualche minuto di piacere intensissimo venni con forza. Ma ragazzi che roba! Che scopata micidiale e paradisiaca!!!!
*
Pensavo di fare il viaggio assieme a DonnaRosa, ma dalla villetta nel centro del quartiere malfamato partimmo con due auto diverse: lei con Fef&egrave nel Suv nero coi vetri oscurati, io e Geg&egrave con una Bmw grigia coi vetri oscurati anchessa. Il viaggio con Geg&egrave si rivelò piacevole tutto sommato. Era un omone enorme con una faccia scontata da brutto ceffo che metteva paura, ma era pure simpatico. A differenza di Fef&egrave e di tutti quanti attorno alla signora Rosa che ascoltavano musica neomelodica in continuazione e qualche cantante italiano come Ramazzotti e la Pausini, Geg&egrave amava il blues, sia quello conterraneo di Pino Daniele, sia quello classico americano. Per tutto il tempo stette a guidare con una mano mentre con l’altra batteva il tempo con delle bacchette di legno da ristorante cinese. Così accantonai il timore e ci scambiai qualche battuta. Geg&egrave era un figliodiputtana intendiamoci, sicuramente violento, ma in quella oretta di viaggio fino al mare si rivelò un uomo alla mano. Gli chiesi persino se portasse delle pistole con sé. Sorrise e mi guardò. ‘Lucca qua stoferro!’ disse mostrandomi una grossa pistola che teneva sotto il giaccone di pelle. Era un ‘ferro’molto grosso. Lo presi in mano e pesava. Incuteva una paura terribile. Lucido e freddo. Mammamia pensai impaurito. Geg&egrave me lo riprese e disse di aprire il cruscotto. Lo feci. Un’altra arma, molto più piccola. Sudai freddo e tornai a parlare di musica.
La villa di DonnaRosa sul mare era stupenda. Due balconi che davano sulla roccia e poi sotto il mare. Almeno 20 stanze, giardino, dependance. Ma 2/3 della casa erano disabitati. In ristrutturazione o comunque non agibili.’Era di un cojone che mi doveva dei soldi…’ spiegò lei. Non la usava spesso infatti, ‘Peccato, Signora &egrave una villa bellissima, con una vista meravigliosa…dovrebbe trascorre qui più tempo, in estate sarà ancora più bello, qui..’ lei mi dette uno sguardo di compassione. ‘Tengo cose da fare a N.’ disse. Mi sistemò in una stanza privata poco lontana dalla sua. Allo stesso piano stava anche Fef&egrave, mentre Geg&egrave si sistemò di sotto. Dopo la doccia, ci preparammo per uscire. Mostrai a DonnaRosa il mio completo nuovo per uscire, la polo a maniche lunghe costosa e le scarpe lucide. Lei approvò la mia mise. Mi vestii e attesi che lei finisse di prepararsi, da vera donna ci mise una vita. Indossò infine pantaloni chiari comodi, una camicia verde brillante con strass come rifiniture, scarpe basse. Era ben truccata, con occhi verdi di ombretto, il solito caldo e appassionante rossetto rosa lucido sulla bocca, la camicia era aperta sul petto matronale. Mi sorrise. Aveva punti luce ovunque: orecchini con pietre, anelli su ogni dita in pratica, una collana di perle. ‘Siete incantevole Signora Rosa…’ le dissi. ‘Oh, guagliò stattezzitto!’ fece lei, ma vidi che apprezzava. Così continuai: ‘..no, giuro, molto elegante e molto bella…’ dissi. Notai che Fef&egrave poco distante rise alla mia uscita. Lei lo fulminò con lo sguardo accorgendosene e Fef&egrave abbassò la testa.
Uscimmo per la cena. Aveva prenotato in un ristorante vicino al mare. Le dissi di parlare il più possibile con proprietari e clienti in italiano, ma lei aveva un tavolo riparato e solitario con vista sulla costa illuminata. ‘Bello qui…molto elegante…ma forse era meglio stare assieme agli altri clienti, no?’ ‘So io cosa &egrave meglio!’ disse lei tagliando ogni lamentela mia. Rimasi in silenzio a guardare il menù. I piatti avevano prezzi folli, una antipasto partiva da 15 euro. Quando arrivò il maitre di sala, le ordinò per entrambi: primo all’astice e pesce al sale. L’uomo ci consigliò un vino da abbinare al primo. Mi venne un’idea per rompere un po’ il muro fra DonnaRosa e me. Farla ubriacare’
‘Io non bevo vino, mi spiace…una birra…grazie…ma la signora sicuramente gradirà la scelta.’ dissi di botto. Lei mi fulminò con lo sguardo, ma poi ci pensò un attimo e ne convenne: ‘Sì, quel vino lì va benissimo. Mi porti la bottiglia!’ fece. Dalla lista vidi che costava 85 euro. Il maitre tornò con la birra per me e il vino per lei. Detti inizio al primo dei vari brindisi della serata. ‘Alla migliore studentessa..Donna Rosa, complimenti..’ dissi. Lei mi guardò strana. ‘Nu fare lo stronzo con me, guagliò!’ ‘Non vorrei mai..’ ‘A noi due, salute!’ fece e bevemmo. Le riempii subito il bicchiere. Geg&egrave mangiava da solo qualche tavolo poco distante dal nostro.
La cena fu piacevole e il cibo ottimo. Il maitre portò un altra bottiglia da 90 euro e due birre per me durante il pranzo, ma mentre le mie bevute avevano 5′ di alcool e basta, quelle di lei erano ben oltre le 13′, così DonnaRosa si ubriacò un po’ e parlò a ruota libera. Di tante cose, ma anche di come era diventata la boss del suo clan. Moglie del capoclan di P., sposata a 20 anni, 3 figli, un maschio, due femmine. Quando era morto il marito, lei aveva dovuto prendere le sorti del clan, perché il figlio era troppo piccolo. Aveva ‘sistemato le cose’a modo suo e si era imposta. ‘E tuo figlio?’ chiesi. ‘Sta in prigione. Ancora 2 anni.’ non chiesi il motivo. Lei sembrava dispiaciuta, ma non troppo. Senza il figlio era lei la boss.
Prendemmo anche il dolce, ma prima di finire, il maitre ci venne a dire che delle persone volevano porgere i saluti a DonnaRosa e il suo ospite(io). Lei era contrariata. Inveì contro l’uomo che si fece piccolo piccolo. Urlò.accorse Geg&egrave. Poi si calmò, disse di portarle un doppio caff&egrave e chiamò al cellulare Fef&egrave. ‘Tu, riporta a casa lui!’ ordinò a Geg&egrave appena arriva l’altro. Io ”’ e ”’ e pi”bucchina…”’!!’ gridò in dialetto sbattendo sul tavolo. Il maitre aveva una fifa del diavolo e anche io a dirla tutta. Poi tornò calma fumando. Geg&egrave mi portò alla villa, quando arrivò anche Fef&egrave con il suv nero. A casa mi misi a fumare una canna con Geg&egrave guardando lo splendido panorama della costa, il mare e le luci dei locali. DonnaRosa tornò verso mezzanotte. Era sobria e incazzata. ‘Bucchina”””strunzi””!!’ fece entrando. Ordinò a tutti di andare a letto e noi tre uomini ubbidimmo.
*
La sera dopo non uscimmo per cena. ‘Preparò le melanzane io..’ disse lei e mandò Fef&egrave a comprare il necessario. Cucinò una parmigiana di melanzane ottima infatti, leggermente piccante, ma buona. ‘Veramente squisita!’ commentai.lei apprezzò. Dati i risultati della sera prima riproposi il gioco della birra per me e del vino per lei. Ma DonnaRosa lasciò metà della bottiglia. Andammo a fumare fuori. Geg&egrave e Fef&egrave erano di sotto a giocare a carte.
Parlammo un poco dei suoi miglioramenti: ‘Signora, penso che lei oramai capisca e parli piuttosto bene’.forse’.ela cosa mi spiace assai…potremmo anche cessare le lezioni…’disse facendo una faccia dispiaciuta. ‘…vediamo, guagliò, vediamo…sei stato bravo…mi sei piaciuto…e mi stai simpatico assai’.’ fece lei fumando.
Le posai una mano sulla sua tutta ingiellata. Lei mi fulminò con uno sguardo deciso. ‘..emh…grazie,DonnaRosa…grazie..’ poi sollevai la mano. Lei apprezzò il gesto e sorrise. ‘Nu bravogaliò’commentò. Restammo un poco in silenzio a contemplare il mare. ‘Guagliò ‘ fece poi di colpo ‘ perché non ti fai dare del fumo da Geg&egrave e rolli una canna per me?’
‘Oh, certo Signora, vado subito…’ sorpreso e incuriosito andai da Geg&egrave e le spiegai la richiesta, quello mi dette una grossa pacca sulla spalle e sorrise bonario. Fef&egrave invece scosse la testa.tornai di sopra e rollai un joint per DonnaRosa. Ne fumò metà senza parlare poi me lo passò.
‘…ieri..quelle persone che volevano salutarmi al ristorante…erano parenti del posto…figlibucchinammmammata…manco li posso vedere, stistrunzi!’ spiegò. Lei dissi che la cosa non mi riguardava. ‘Lei,Signora sa sicuramente come comportarsi al meglio, ha un vero controllo sulla sua gente, mi pare di capire. &egrave temuta e rispetta, si vede..’ dissi. Lei sorrise e mi toccò lei la mano, la strinse anche un poco e allora io la guardai e poi dissi: ‘…e inoltre…&egrave una donna bellissima…’ feci. Lei mi gettò uno sguardo di fuoco che mi spaventò. Mi mollò uno schiaffo e fece: ‘Nu falostrunzo con me, guagliò, io ti mangio il cuore e lo sputo!’ fece. ‘…oh, no’.scusi, no, cosa? Quello che ho detto &egrave la pura verità, signora, lei &egrave molto bella, elegante, sensuale…’ altro schiaffo, ma meno forte ed intuii che aveva apprezzato le mie parole. Si alzò e mi prese per il bavero della camicia alzandomi da dove stavo. ‘Nufalustrunzo con me! Capisci??!’!’ ‘Certo, no, Signora…lo giuro…’ fece preoccupato. Lei però mi sorrise e mi guardò negli occhi con attenzione. I suoi erano rossi, annacquati, ma la bocca era calda, lucida, colorata, a due centimetri dalla mia. Chiusi gli occhi e li riaprii lei era ancora lì, la mia bocca vicino alla sua. ‘…e lo giuro…lei &egrave una donna affascinante e molto bella…’ dissi ancora. Lei sorrise e allora chiusi ancora gli occhi e la baciai. Lei rimase ferma un attimo, un attimo in cui ebbi paura che predesse la pistola e mi sparasse alle palle, ma poi si sciolse e aprì la bocca e ci baciammo. Le nostre lingue si unirono, quelle del boss della camorra e quella dell’insegnante di italiano, un bacio apassionato e forte. Il suo alito sapeva di sigaretta, il suo profumo era intensissimo e avvolgente. Ci baciammo e lei mi spinse con forza verso la camera da letto. Mentre mi trascinava nella sua alcova mi baciava e toccava ovunque, anche io allora mi attaccai alle sue grosse tette e presi a baciarle e leccarle, travolti dalla passione cademmo a terra appena lei aprì la porta della camera da letto. Era enorme con grosse finestre a vetro, un grosso letto bianco con baldacchino, ai lati due grossi tigri di porcellana facevano da guardia al talamo. Ci baciammo di nuovo in piedi e poi ci gettammo sul letto. Lei mi spogliò e io l’aiutai a fare lo stesso. Quindi ripresi a baciarla ovuqnue: sotto il collo, la bocca, il volto, quindi il seno libero, era grosso e cascante, sapeva di donna matura e di oli profumati, mi godetti quel sapore di donna e di carne sotto le mie labbra, quindi la spinsi con la schiena sul letto e mi addentrai di sotto, nelle sue zone. Le tolsi le mutandine e presi a baciare la pelle attorno alla figa, una figa molto depilata, fatta cuore nei peli e con la carne vizza attorno. Baciai e baciai attentamente poi le leccai le grandi labbra della figa. Lei mandò un brivido intenso e mi alzò la testa dal sesso. ‘Cosa fai guagliò?’ ‘Lasci fare DonnaRosa, si rilassi, si lasci servire..’ dissi con malizia e lei si riadagiò sul letto. Io presi a baciarle la figa, succhiando e spingendo la mia lingua dentro il suo sesso di donna. Lei all’inizio sembrava quasi infastidita, si agitava, brividi le correvano sul ventre e li sentivo nella bocca mentre leccavo. Leccavo e spingevo la lingua dentro di lei e DonnaRosa dopo qualche momento prese a godersi il mio lavoro di lingua. Si rilassò e iniziò a mugolare piano. Mano a mano che spingevo la mia lingua e leccavo e slappavo la sua figa, la Camorrista si rilassò e cominciò a provare un piacere intenso.ero lì disteso sopra di lei, la faccia affondata nel suo sesso che leccavo e baciavo e lei sembrava godersi il tutto. Era come se gliela leccassero per la prima volta. Gioiva e si sentiva attraversata da brividi intensi di piacere. Sotto di noi due gorilla armati giocavano a carte, lei era una feroce boss ed io le leccavo la figa. Leccavo e baciavo e lei si godeva quel servizio aumentando i brividi di piacere che si trasformarono in mugolii sempre più acuti, affondavo la lingua e leccavo e lei sospirava e diceva parole in dialetto. La sentivo provare un godere intenso, forse nuovo appunto, ma crescente. Mi prese la testa e la spinse sotto, allora io intensificai il leccare e succhiare la sua passera, infilavo la lingua e poi succhiavo il clitoride, leccavo e baciavo. Lei inarcava la schiena e godeva. La sua figa era umida, calda, profumata, pregna di umori e di libidine repressa. Leccai e affondai la lingua, succhiandola e lei esplose in un grido di piacere fortissimo, urlando di gioia. Il grido fece accorrere Fef&egrave con la pistola che si preipitò in camera. Ci guardò. Lei si coprì il seno. ‘Taaapppposto, Fef&egrave, vattinne e chiudi”’porta’ disse con voce strozzata. Lui se ne andò a sguardo basso. Lei allora mi prese la faccia, la portò davanti a sé e mi ficcò gli occhi nel mio campo visivo.
‘Guagliò! Una parola su questa cosa e ti stacco le palle a morsi e me le mangio!!’ disse con un tono di voce che non ammetteva repliche.
Annuii imapurito e gettai uno sguardo in basso. Lei mi alzò il volto. ‘Sei stato bravo, mi &egrave piaciuto da morire…che lingua..che boccuccia…nessuno mi aveva mai baciato sotto’.sei il primo uomo con cui vado a letto da 20 anni…’ affermò con sgardo triste e deciso.
‘..non si preoccupi Signora Rosa, sarò muto..e..
Lei mi fece segno si stare zitto. Mi baciò con rabbia in bocca, mangiandosi la mia lingua, quindi si distese sul letto e mi abbracciò:
‘Guagliò sei stato bravo..buono..’ allungò la mano sul solito marsupio che si portava dietro e prese due banconote da 100 euro e me le dette
‘..no, signora..si figuri…&egrave stato un piacere…quando vuole..io
‘Infatti voglio. 100 sono per prima. Ho goduto così tanto. Mai goduto così con un uomo…mai…uso un vibratore ogni tanto…ma gli uomini..eh!- sospirò- ..mai fortunata con gli uomini…le altre 100 sono per ora..voglio che mi baci la sotto come prima…ce la fai’?’
mi dette i soldi ed io annuii.
‘Che bella donna siete, Signora Rosa..sono pronto…si rilassi, goda e basta..’ dissi. Lei mi baciò e poi mi spinse sotto. Mi accomodò la testa sulla sua figa ed io tirai fuori la mia lingua per leccare quella passera matura, pregna di umori, di lussuria e potere.
La figa della Camorrista.

per commenti e chiacchiere: dorfett@alice.it Capitolo 5- L’AMANTE DELLA BOSS.

Quando l’ebbi fatta godere di nuovo, leccandole la passera, DonnaRosa si mise a toccarmi la testa e collurmi facendomi giacere fra le sue grosse tette calde, dolci, incredibilmente profumate, le baciavo leggermente e lei mi parlava. Mi raccontò che si era sposata a 17 anni con il boss del rione S.V. non aveva scelta, lui l’aveva messa incinta. Mi raccontò che il padre e il nonno quando lei era bambina l’avevano violentata e da quel giorno aveva sempre avuto un rapporto difficile con il sesso. Suo marito, il boss, la scopava solo per fare figli, poi aveva le sue amanti in giro per la città. Ma l’esperienza terribile da piccola e il marito fedifrago e violento l’avevano indurita e reso forte. ‘Quando lui &egrave stato arrestato, tutti pensavano che il potere sarebbe passato a suo fratello C. – mi disse guardandomi negli occhi ‘ ma io col cazzo che mi facevo mettere da parte! Ho combattuto la mia ”’guerra”’ho preso”’,ho ”’, fatta vedere io””, ho sistemato le cose!’ aveva gli occhi di brace e cattivi. Si capiva il suo potere. ‘…Cirò era troppo giovane per guidare il clan…e l’ho fatto io!’ ha aggiunto. Io ero preoccupato, lei era una vera camorrista, una capa, crudele e feroce. Ebbi paura. Mi nascosi fra le sue tette che profumavano di fiori francesi. Lei se ne accorse: ‘Ma ora &egrave diverso…ho trovato te’.’ sorrise, ma io non sapevo cosa temere, cosa sperare. Lei si alzò di scatto. Andò alla borsa e prese una pistola. ‘…no…ferma…cosa?’ ‘Se racconti una parola di quello che ho detto ti sparo, intesi??!!’ Io avevo le mani davanti alla faccia atterrito e piagnucolavo di sì che non avrei parlato…mica ero pazzo’.lei tolse la pistola e si accesa una sigaretta. Era nuda davanti al letto, la pistola in mano, che mi fissava con lo sguardo che avrebbe messo anche ad un plotone di esecuzione. Respirai forte e cercai di calmarmi. Quindi lentamente mi alzai. Ero nudo pure io, andai da lei e la fissai negli occhi. Tolsi la pistola e poi la baciai. Sapeva di sigaretta, di sesso, di donna. Di Boss. Lei mi abbracciò e ricambiò il mio bacio. Ci baciammo a lungo nudi nella camera accanto a tigri di porcellana alte più di mezzo metro, una pistola e due guardie del corpo di sotto a proteggerla.
Ci baciammo appassionati e poi la condussi al letto, presi a leccarle le tette delicatamente, baciandone i capezzoli che divennero duri, baciando e leccando quelle poppe da donna. Quindi le toccai il sesso e spinsi la mia lingua lungo il suo corpo. Lei rideva e godeva. Si sentiva regina del letto come lo era nella vita, camorrista e boss.
Leccai i suoi fianchi e l’interno delle sue cosce. Leccai e baciai e poi affondai la testa nel suo sesso. Le piaceva da morire il cunilingus. Le piaceva essere baciata lì, nessuno prima di me lo aveva fatto, la novità la faceva impazzire, si emozionava della mia lingua sulla sua figa, dei baci, del succhiare, del leccare il clitoride. Mi oprendeva la testa e la teneva sotto. Le leccai la fica e quando divenne umida e calda e ricettiva, le piazzai dentro il mio cazzo e la scopai con dolcezza facendola venire più volte. In una mi era sopra cavlacandomi come una troia, io da sotto le avevo piantato il cazzo nella vagina e spingevo mentre lei si muoveva avanti ed indietro per essere penetrata meglio.
Così diventai l’amante del boss.
*
Dormimmo assieme nel suo letto di boss come due vecchi amanti. Al risveglio lei mi disse di nuovo di non parlare e aggiunse: ‘Da questo momento sei mio. Solo con me””capito?’ Annuii preoccupato. Mi dette uno schiaffo. ‘..ho capito, DonnaRosa…’. chiamò Geg&egrave e Fef&egrave. Dette loro dei soldi e ordinò: ‘Adesso lui sta con me. Viene a casa con me. E se dite qualcosa a qualcuno finite in un fosso con una pallottola in testa!’ annuirono. Li mandò a comprare la colazione. ‘Cosa devo fare da oggi?…i miei genitori…la mia vita’.’ ‘La tua vita adesso &egrave mia. Starai da me. Poi deciderò cosa fare. Non sarà semplice. Ma ””’, vedrai”’, loro””, ma io”’, io!’
Mi concesse di andare a salutare i miei con Geg&egrave e prendere la roba che mi serviva di più. Niente vestiti, robe che si possono comprare. Ci penserò io!’
*
Dopo colazione partimmo per N.Lì DonnaRosa tornò alla villa nel quartiere, mentre io e Geg&egrave partimmo per F. col Suv. Arrivammo alle nove di sera. Parlai coi miei e dissi loro che avevo trovato lavoro a N.tanti soldi, ma dovevo trasferirmi là. ‘Per quanto?’ chiesero. ‘Non lo so..cio&egrave mesi…mesi…ma vi tengo in contatto.’ ‘Come non possiamo venire da te?’ ‘NO, NO, assolutamente. Passerò io(sperai). Presi alcuni oggetti dalla mia camera. Baciai mamma e babbo e tornai da Geg&egrave. Tornammo a N.
DonnaRosa mi attendeva in casa. Mi baciò e mi condusse nella sua camera da letto. C’erano pacchi e vestiti e oggetti da toletta. Scarpe e ciabatte. Profumi, ecc. ‘Tutto tuo, guagliò! Prendili!’ mi disse ed io guardai ammirato la collezione di roba. Tutto era firmato e costoso. ‘…che bello…ma io…’ ‘..tu devi solo essere il mio uomo’.’ disse DonnaRosa e andò a chiudere la porta. Si sfilò le mutandine da sotto la gonna e mi prese la testa spingendola verso il basso. ‘Lecca tesoro…ho aspettato da ore la tua lingua’..leccami come sai fare’.leccami’.’
*
Dopo che ebbi fatto godere DonnaRosa con la mia lingua nella sua figa calda ed eccitata, Fef&egrave mi aiutò a portare la roba nella mia stanza. Si trattava di un appartamento ricavato sotto la villa, ci si giungeva per mezzo di scale robusto. Era grazioso e peino di confort: aria condizionata, caldo, tv, bagno, letto, divanetto, stereo, ecc. aveva tre ambienti senza porta se non quella di ferro che DonnaRosa chiuse con tre mandate.
‘Buonotte, guagliò…a domani…’
chiuse la porta mi lanciò un bacio fra le sbarre di ferro e andò via.
Sculetto verso l’uscita. Io rimasi dentro. In prigione. Nella prigione del boss. L’amante della camorrista.
Avevo tanti regali da aprire.
Misi della musica e cercai di non riflettere troppo alla mia condizione.
*
Il giorno dopo Geg&egrave mi portò del cibo, riviste, giornali e un tablet samsung nuovo di pacco. Acqua e alcolici. Mi disse che potevo chiedere tutto quello che volevo che lui lo avrebbe portato. Chiesi di DonnaRosa. ‘Verrà lei stasera e comunicherà col cellulare. Non puoi uscire da qui.’ Non posso??’ ‘NO, pericoloso. DonnaRosa ti farà sapere.’
Se ne andò e mi trastullai fra tv e tablet tutto il giorno. Ordinai a Fef&egrave della pizza per cena e me ne portò una della meglio pizzeria di N. Rosa telfonò alle dieci di sera. ‘Cucciolottoguagliò! Come stai?’
‘Bene, grazie. Cosa devo fare?’
‘Nulla. Rilassati. Oggi non torno a casa. Affari. Ci vediamo domani’ e riattaccò.
Mi mandò un sms con baci e icone che mandavano cuoricini.
Che razza di storia era mai quella?
Ebbi paura.
Ma risposi con un sms. SEI BELLISSIMA ROSA. I LOVE YOU.
Lei mi chiamò.
Mi mandò dei baci e mi dedicò una canzone neomelodica che cantò lei stessa. Aveva una bella voce intonata.
Dopo essermi fatto una sega andai a letto.
Il giorno dopo chiesi a Geg&egrave una playstation e dei giochi. Ne portò due e due casse di giochi. Unos cugnizzo di 17 anni venne a montare il tutto ed io fui costretto a stare nascosto. Dopo giocai con Geg&egrave alla playstation.
Alle quattro del pomeriggio dopo un pranzo con astice e spaghetti con Geg&egrave gli chiesi un poco di erba. Fece una telefonata un ragazzotto venne a portarci un saccehetto di erba, sigarette, cartine ed accendini. Giocai con Geg&egrave tutto il pomeriggio strafatti.
*
DonnaRosa chiamò alle 8. disse che sarebbe venuta a cena da me. Mi feci una doccia e lei mi scelse il vestito fra i tanti che mi aveva comprato. Profumato e vestito come un lord inglese cenammo di sopra nella villa. Lei indossava una tuta leopardata e scarpe di tela con la zeppa. Profumata e volgare, era sexy con quella tuta e le poppe strizzate. ‘Siete bellissima, Signora…’ le dissi e lei si sciolse tutta, mi abbracciò e poi baciò. Mangiammo pesce alla catalana e lei bevve molto vino ed io birra. Dopo la cena, lei mi saltò addosso. ‘Ho voglia della tua lingua dolcezza…leccaami’.prendi’- e mi dette dei soldi, banconote da cento euro ‘ leccami come sai fare…ti desidero’.. Avevo soldi, vestiti, giochi, musica, erba, la compagnia di Geg&egrave, ma ero prigioniero nella villetta di DonnaRosa.
Ogni sera lei veniva a chiudermi dentro la mia stanza sotto la casa e se ne andava.
Sosteneva che ancora non poteva presentarmi alla sua gente. Al clan. Era una cosa da gestire con calma, il figlio era ancora in galera, ma sarebbe uscito. E quello era un problema. Il posto che adesso occupava lei sarebbe stato preso da Ciro. Ed io? Quale era il mio posto?
‘Per il momento qui con me. Non posso lasciarti andare. Non voglio. Ti voglio solo per me!’ disse una sera.
Ero confuso, impaurito e mi sentivo perduto. Preso i n trappola in un mondo sconosciuto e pericolo. Molto pericoloso. Non ci dormivo la notte.
‘Poi vedremo. Il tempo. Le cose cambiano. Devi portare pazienza. Devi obbedirmi. Devi restare qui.’ mi disse.
‘..e cosa ne sarà di me?’
‘Vedrò. Deciderò. Per adesso ti voglio qui, voglio la tua lingua sulla mia figa, voglio il tuo cazzo che mi scopa!’ aggiunse. E quella sera le leccai la figa e la scopai prendendola da dietro, le mani sui fianchi la cavalcavo con rabbia e disperazione. Preso in trappola.
Ma almeno me la fottevo. Vedevo la schiena sudata di DonnaRosa, vedevo il suo culo flaccido che sbatteva contro i miei fianchi mentre il mio uccello la scopava dura.
Dopo che rimasi da solo ragionai. Pensai che ero fottuto al momento. Lei mi teneva prigioniero e in suo totale potere. Dunque perché non godermela finché era il caso, mettere da parte i soldi e quando Ciro fosse tornato dalla galera, forse Rosa mi avrebbe lasciato libero per evitare problemi e scandali.
Bene pensai devo tenere duro e tirare avanti. Avevo la mia lingua e il mio cazzo. Ero l’amante della boss e dovevo giocarmela. Avrei provato a sopravvivere.
Chiesi a Rosa di lasciarmi uscire almeno la mattina o il pomeriggio per qualche ora, con Geg&egrave, non poteva farmi marcire la dentro sempre, mi sarei ammalato o sarei diventato pazzo. Disse che avevo ragione, mi concesse di fare uscite quotidiane e mi assicurò che avrei sempre avuto una scorta, soldi(parlò di una carta di credito)e possibilità di uscire dalla mia stanza ma solo ‘..sono io che decido quando e come. Ti chiamo sul cellulare e..e’.ricordati di un fa o strunzo!’ disse con tono minaccioso e mi ficcò i suoi occhi da boss in faccia, la sua pelle olivastra, le rughe agli occhi e la bocca, i capelli curati biondi con ricrescite, il suo decolt&egrave procace, quelle tette cascanti ma buone, il suo profumo abbondante che invadeva la stanza, mi fece paura, perché disse che se avessi provato a fregarla mi avrebbe sparato in bocca!, ma io respirai piano, sorrisi e poi la baciai sulla bocca, sulle labbra mature e coperte di rossetto rosa, la bacia con passione e le giurai eterno amore.
‘Non ci penso a lasciarvi, DonnaRosa, siete una donna straordinaria, mi piace il potere che ha su di me e su tutti gli altri e poi…’
lei mi sorrise, vidi brillare i suoi occhi di passione: ‘..e poi?’
‘E poi lei &egrave una donna troppo bella!’ feci rufiano fino in fondo.
‘Oh, amoruccio caro…””sei””’ e mi baciò ancora.
Quella notte la chiavai contro il muro, venne due volte con orgasmica passione, quindi si inginocchiò ai miei piedi e me lo prese in bocca, lo succhiò un po’, era inesperta e sentivo i denti, ma resistetti. Lei me lo succhiò un po’, ma io la fermai per non perdere l’erezione e presi a masturbarmi davanti a lei. Ero preso dalla voglia e dal possibilità di esercitare potere su di lei, la boss. Mi masturbai con foga e le venni copiosamente sulle tette. Lei accolse lo sperma sulle sue mammelle flaccide e addirittura spalmò il seme sopra di esse. Poi ci baciammo e dormimmo assieme. Il mattino dopo mi ritrovai con 200 euro infilate nelle mutande.
*
Così ebbi le mie ore d’aria. Andavo in centro con Fef&egrave a fare acquisti oppure fuori città accompagnato da Geg&egrave. Facevamo dei giretti fino al mare a mangiare la pizza in posti che conosceva lui. Oppure mi misi a frequentare una palestra nel quartiere Z.che era un bel posto, pieno di gente borghese. Rosa mi controllava, acconsentiva alla mie uscite se lo chiedevo e poi mi richiamava a casa quando voleva che tornassi. La sera, dopo cena, veniva a trovarmi nel mio appartamento sotto la sua villa. Le leccavo la figa, la facevo godere, oppure cenavamo assieme come una vecchia coppia senza fare niente. Al mattino, se avevamo fatto sesso, mi ritrovavo con dei soldi infilati nelle mutande. Era il nostro gioco, era il modo in cui lei mi possedeva. Era chiaro infatti che ero diventato la sua puttana personale, un mantenuto dalla boss del clan. Vivevo sotto di lei letteralmente, avevo vestiti, orologi d’oro, soldi e 4 ore libere al giorno. Non me la passavo poi così male, in fondo, e mi piaceva persino. Anche se sapevo di non essere un uomo libero. Questo no. DonnaRosa mi possedeva, mi passava vitto e alloggio, mi pagava le mie prestazioni sessuali, era cotta di me, lo capivo, ma era pur sempre la capa, la boss, una donna violenta e crudele.
Un pomeriggio stavo prendendo un gelato con Geg&egrave in un quartiere tranquillo del centro. Mi venne la voglia di comprarmi una rivista e dissi a Geg&egrave che andavo all’edicola a qualche centinaio di metri dalla gelateria, lui annuì stava parlando al cellulare leccando un sorbetto. Giunto all’edicola presi la rivista ma dopo due passi mi venne addosso un uomo, sbattemmo appena e lui mi sorrise. ‘Sa che ore sono?’ mi chiese. Appena alzai il braccio per controllare l’ora, lui mi afferrò il polso, lo tirò, non feci in tempo a urlare qualcosa che mi beccai una testata che mi mandò a terra. Mi sentii strattonare e poi vidi l’uomo correre. Mi aveva rubato l’orologio d’oro. Confuso e dolorante, chiamai Geg&egrave che arrivò lentamente. Mi aiutò a rialzarmi e si preoccupò di riaccompagnarmi a casa. DonnaRosa venne a trovarmi subito, preoccupata del mio stato. ‘Scusa, cara’.ma quello mi ha rubato l’orologio che mi hai regalato tu…scusa…io..’
Lei mi baciò: ‘Tranquillo, guagliò, stattebbbuono…’
‘Ci penso io a comprartene un altro, non temere…ma tu stai bene, vero?’
‘Sì, cara, sì’.mi fa male il polso e il naso, ma nulla di grave per fortuna.’
DonnaRosa era furiosa e mi disse che dovevo sempre stare attaccato a Geg&egrave quando uscivo. ‘Domani non uscire!’
Cenammo assieme e poi lei uscì per andare a giocare con le amiche.
*
Due giorni dopo Geg&egrave mi chiamò di sopra. In una stanza c’era un uomo legato a terra. Lo riconobbi a stento. Aveva la faccia gonfia di botte e piagnucolava. DonnaRosa mi venne incontro con una bastone di ferro in mano: ‘Questo &egrave lo Stronzo figlioditroia che ti ha derubato. ””!!!”’!!!”’botte””spacco la faccia””bocchinommmmmerda””’strunzo! Prendi questo e spaccagli la faccia!’ ero colpito, l’uomo iniziò a piangere che non lo colpissi. Rosa urlava che lo facessi. Mi dette il bastone di ferro, era pesante. FALLLLLLLO!!!! mi urlò lei e mi dette anche un ceffone, ma io non ce la facevo. Quello legato, inerme piangeva raggomitolato a terra. FALLLLLLLO!!! urlò ancora mi io non avevo il coraggio. Lei sorrise, fece un gesto a Geg&egrave che prese il tipo per i capelli gli mise la testa in aria con il naso appoggiato su un pezzo di mobile. Rosa afferrò il bastone dalla mia mano e menò un colpo durissimo sulla faccia del poveraccio. Si sentì un colpo fortissimo, SBONG, e il naso del tipo che saltava. Quello urlò di dolore e cadde a terra col sangue che cadeva a pioggia dal suo volto. ‘STU stronzooooooo bocchinammmmata’….””’dagli un colpo, picchialo!’ mi ordinò e mi dette uno schiaffo. Allora io per non passare da coglione, mi sbottonai la patta andai sopra il ladro e pisciai sulla sua testa, mentre quello piangeva dal dolore.
*
Con quella scena contro il furfantello, Rosa aveva dimostrato quanto fosse spietata e crudele.
*
Tornai alla mia vita da mantenuto della boss.
Uscivo quando lei voleva, stavo nel sottocasa a giocare alla playstation con Geg&egrave fumando erba, mangiavo leccornie dalla cucina e attendevo le voglie di DonnaRosa. Lei non veniva sempre la sera, alcune volte aveva riunioni importanti, altre preferiva giocare a carte con le amiche, altre volte era stanca e non si presentava.
Certe sere invece mi telefonava che sarebbe venuta da me.
Stavamo assieme, certe volte solo cenando e guardando la tv o ascoltando le sue canzoni neomelodiche preferite mentre mi abbracciava o ballavamo. Altre volte invece mi ordinava di leccarle la figa e di scoparla.
Al mattino trovavo sempre dei soldi nelle mie mutande.
Le chiesi di ristrutturare la villa al mare per le vacanze di luglio-agosto. Lei all’inizio non voleva, non amava uscire dal quartiere, ma dopo che ebbi insistito per giorni, accettò e dette ordine di iniziare i lavori, con Geg&egrave andavamo alla villa a vedere mettere il parquet e luci nuove, la piscina e tutto. In un mese la squadra di almeno 30 operai completò i lavori. Ero felice e lo dissi a DonnaRosa: ‘Grazie, Signora, che gentile, che regalo, la amo, ti amo Rosetta…’ dissi. Lei sorrise, mi dette uno schiaffo leggero: ‘Guagliò m’hai rubato o core’.quanto mi piaci…sono contento per te’.divertiti!’ fece e mi dette le chiavi.
Quando arrivò l’estate andai a stare alla villa con Geg&egrave. Era splendida, tante stanze e la piscina. Lei veniva almeno 3 sere a settimana, mangiava con me, le leccavo la figa, la coccolavo e scopavo e poi ripartiva il mattino dopo presto.
E mi lasciava dei soldi nelle mutande.

per domande, suggerimenti e chiacchiere: dorfett@alice.it scrivetemi. CAPITOLO 7- GELOSIA DI DONNAROSA

Passai delle belle giornate alla villa al mare di DonnaRosa: mare, passeggiate, aperitivi in piazza con Geg&egrave, piscina. Quando veniva da N.Rosetta decideva lei cosa fare, spesso era stanca e dopo cena si addormentava alla tv, altre volte voleva che le leccassi la figa come sapevo fare e che poi la scopassi.
Un paio di volte vennero degli uomini a suonare alla villa di Rosa. Geg&egrave li mandò via con fermezza ma una sera in piazza mi ritrovai circondato dalle due donne che qualche mese prima sul Suv mi avevano ispezionato il cazzo: la riccia e la bionda simile a Rosetta. Dissero che erano in vacanza lì e che volevano passare a trovarmi. Risposi che io facevo solo quello che mi ordinava Rosetta e se a lei andava bene, sarebbe andato bene anche per me. ‘Chisto Guagliò!””-disse la riccia- Rosetta sta presa cotta per sto guagliò!’ ‘Telefona!’ ordinò la bionda. Lo feci e Rosa si fece passare le amiche. Parlarono qualche minuto divertendosi fra risate ed altro, alla fine DonnaRosa mi disse: ‘Vai con loro, falle divertire…ho detto loro che sai leccare bene la passerina’.fallo con loro! &egrave un ordine! Ma non scoparci! Niente cazzo nelle loro fighe, il tuo cazzo &egrave solo mio! E tu sei mio!’ disse al vivavoce con le amiche che ridevano e Geg&egrave che ci guardava sbigottito. ‘Va bene, DonnaRosa, come vuole lei..io…sì…sarò gentile con le sue amiche se lei vuole queto, DonnaRosa…io…certo…’
Andammo alla villa. Ci mettemmo a bere cocktail preparati da Geg&egrave che guardava sorreso quelle donne, cinquantenni ingioiellate e truccate come bagasce africane che ballavano fra di loro cantando canzoni neomelodiche. Io le osservavo divertito, preparai una canna d’erba e ce la fumammo. Poi la bionda mi invitò a ballare e ben presto mi ritrovai con la riccia che mi toccava il culo e la patta e bionda che mi conduceva in un ballo, appiccivata a me, le sue poppe sul mio ventre, il suo profumo fortissimo che mi stringeva e si godeva il ballo. Dall’alto vedevo la ricrescita dei suoi capelli nera, come quella di DonnaRosa e pensai a lei. Voleva condividere la mia specialità- la leccata di figa ‘ con le sue amiche di vecchia data. Ballammo in quel sandwich umano fatto di due donne mature ed io. Geg&egrave rideva stranito. Poi mi staccai da loro e le condussi al divano. Le feci accomodare, abbassai la musica, chiesi a Geg&egrave di uscire, spogliai il sotto delle due milf camorriste e rimasi con le loro fighe pelose esposte al mio sguardo. Mi abbassai all’altezza dei loro sessi: ‘Questo &egrave un omaggio di DonnaRosa alle sue amiche intime!’ annunciai e detti due baci alle fighe di quelle donne. Le invitai a divaricare bene le gambe, a tenerle aperte in aria con le mani. Loro eseguirono ed io mi gettai fra le fighe sfatte e profumate di donna di quelle due. Mi ero posizionato in mezzo e mi ero dato da fare a dx e a sx. figa di bionda, figa di riccia. Leccare, succhiare, baciare, di nuovo baciare a dx e sx. loro godevano sentendo la mia lingua che affondava, la mia bocca che baciava, baciava e baciava ancora. Destra e sinistra, la figa di una, la passera calda dell’altra. Loro godevano sentivo le loro grida di piacere salire nella stanza. Io a capo chino leccavo e succhiavo, introducevo la mia lingua e leccavo avidamente. Loro si prendevano quel regalo, sentivo le loro fighe diventare sempre più gonfie, più calde, più pronte. Gridavano di paicere, io leccavo a dx e poi a sx. succhiavo e spingevo la mia lingua ben dentro le loro passere di milf camorriste. Pensavo a DonnaRosa mentre le facevo godere, pensavo che poi loro avrebbero riferito della serata, della mia abilità di lingua, del mio servizietto prarticato. Godevano come pazze, aprendo le gambe come ballerine troie. Leccavo a dx e sx, baciavo e succhiavo, con la coda dell’occhio vidi Geg&egrave che ci sbirciava dalla porta, grosso come era’..continuai a leccare le fighe delle due amiche della mia Signora. Leccai e quelle esplosero di passione, di orgasmo, le loro passere gonfie e dure schizzarono umori e passione. Le lasciai godersi l’orgasmo contemporaneo, le toccai con le dita, mentre loro gridavano: OHHHHHHHHHHHHSSSSSSSSSìììììììììììììììììììOHHHHHHHHHHHHHHHH e poi le bacia in bocca mentre mi alzavo per andarmente.
‘Aspetta…turna qui guagliò’.viene’.’ fece la bionda e dal marsupio per terra prese delle banconote. ‘DonnaRosa dice che ti dobbiamo pagare’.te li sei meritarti tutti guagliò…viene…guagliò..piglia!’ e mi infilò le banconote nelle mutande. Ringraziai e uscii dalla stanza. Geg&egrave ansimava dietro la porta. ‘Ciao, Geg&egrave, se vai adesso da loro te le scopi entrambe…’ e gli strizzai l’occhio. Lui eccitatissimo non se lo fece ripetere due volte, entrò nella stanza e disse: ‘Signore, Champagne?’
io salii di sopra e telefonai a Rosetta per raccontarle della serata.
*
Il mattino dopo le due donne stavano dormendo nella camera di DonnaRosa, erano distese sul letto sfatte: la pelle grinzosa delle gambe, cellulite, segni di invecchiamento ovunque, le tette moscie e sgonfie della bionda, la riccia con la sua fica da vecchia che stava esposta alla luce del sole, quella figa che io avevo leccato su ordine telefonico della mia boss, DonnaRosa. Una marchetta ben fatta, direi. Geg&egrave preparò il caff&egrave e mi fece l’occhiolino: ‘Mi so fottuto e vecchie, guagliò! Accio ””biscotto””tuttttannnnottte, guagliò!’ e mi abbraccio fraterno.
Facemmo colazione tutti assieme, le due donne erano gioviali ed allegre, inebriate dalla notte di sesso con un prostituto come me e con un bulldozer come Geg&egrave!
La riccia si mangiò la sfogliatella tenendomi una mano nella patta dei calzoncini da mare e la biondazzona milfona mi fece piedino per tutto il tempo, mentre Geg&egrave le ficcava una mano nel seno procace.
*
L’ultimo giorno di vacanze alla villa convinsi DonnaRosa a fare una festicciola di fine estate, così lei invitò anche le amiche, che si chiamavano Incoronata la riccia, MasolinaPia la biondazza e altre amiche, ma alla fine venne solo Incoronata e le guardie del corpo, Geg&egrave, Fef&egrave e un ragazzone di nome Yuri con la sua fidanzata. DonnaRosa non gradiva molto queste feste, non era il suo stile. Cercai di coinvolgerla in qualche ballo, ma lei rifiutò. Allora ballai con Incoronata. I capelli ricci erano color carota quella sera, portava grossi orecchini a pendoli, truccata di ombretto verdeacqua e rossetto viola, profumava come una vaccone da monta, ma mi si incollò al corpo e ballammo un corpo a corpo sensuale e appiccicoso. ‘Chiamami Incy, caro’.’ mi disse quando le chiesi come stava.
‘Ok, Incy, &egrave qualche giorno che non ci vediamo…’ feci facendole l’occhiolino.
‘Vero, carucciomio’.e soprattutto &egrave qualche giorno che non vedi la mia amichetta quaggiù…’ rispose ammiccante. E mi toccò il culo, lo palpeggiò. Stavo sorridendo a lei che rispondeva con la bocca viola e le rughe attorno, quando mi sentii bussare alla spalla, mi voltai e Rosetta con la faccia incazzata mi fissò furente: ‘Smettila””subito”cazzeggiare con la Incy! Non fare la troia!’ urlò e mi mollò due schiaffi fortissimi, Geg&egrave si voltò di scatto, Yuri indietreggiò assieme a Incy, volò un altro schiaffo violentissimo che mi girò la faccia STRONZO!!! FILA IN CUCINA, MUOVITI!!’ mi urlò ancora. Fef&egrave rideva e la fidenzata di Yuri pure. Io la faccia in fiamme per le botte abbassai la testa e filai in cucina.
Rosetta mi raggiunse come una furia e mi prese la testa, mi tirò i capelli mentre urlavo di dolore e mi portò sotto il lavandino della cucina, aprì l’acqua e ci tenne la mia testa sotto. Piangevo e gridavo dal dolore per come mi teneva la testa, la sua presa era di ferro e l’acqua fredda mi ghiacciava tutto.
‘Nu fa lu strunzo commmme guagliò!!’ urlava quella mentre mi teneva la testa sotto l’acqua.
Piangevo che non avevo fatto niente di male. La pregavo di smettere. Alla fine chiuse l’acqua. Ero zuppo. Lei mi prese la faccia e mi tirò il naso con forza: ‘Pezzo di idiota! Tu non fai lo stronzo con me davanti a me, che ti strusci con Incy. Io ti mangio il cazzo e poi te lo faccio ingoiare, intesi!???’
‘Sì Signora, la prego mi perdoni’..non lo farò mai più…’ dissi in lacrime. Lei allora si commosse un poco. Mi sorrise, prese dei tovaglioli di carta e mi asciugò la faccia. Mi dette un piccola bacio sulla bocca e poi aggiunse. ‘Sei stato strunzo! Quindi la festa finisce qui! Prepara il tavolo con le carte. Voglio giocare con Fef&egrave e Incy, chiamali!’
Così la festa di fine estate si trasformò in una lunga partita a carte. Incy, Fef&egrave, Yuri e DonnaRosa che giocarono per ore. Tanti soldi, ma che palle. Io, Geg&egrave e la fidanzata di Yuri restammo lì a guardarli giocarsi bigliettoni da 200 euro. Ma mentre lui e lei potevano distrarsi con cellulari e tv, io fui costretto da Rosetta a stare seduto vicino a lei, accenderle ogni tanto le sigarette, servirle i cocktail, pulire il posacenere, cambiare i soldi, tenerle una mano sotto il culo mentre dava le carte per scaramanzia. La servii per tutto il tempo, restandole a fianco come una brava puttana mantenuta doveva fare. Ogni tanto, quando vinceva una mano(e capitava spesso perché era una dura e scaltra a poker)mi dava dei baci sulla bocca con quelle labbra sempre pitturate di rosa lucido, il fiato che sapeva di sigaretta, di amari e gin, puzzava da boss, da signora della camorra, puzzava maledettamente, ma mi piaceva lo stesso. Segnava il suo possesso su di me. Ero il suo mantenuto, il suo gigolò tascabile, l’uomo che viveva nel suo sottoscala.
Ma anche il suo uomo e per quello giravo con delle guardie armate per strada e avevo il portafoglio pieno di soldi. (RACCONTO DI FANTASIA. NESSUN RIFERIMENTI A PERSONAGGI REALI.)

Dopo quel giorno Rosetta mi portò con sé quando andava a giocare a carte con le amiche o alle bische. Giocava in posti fuori T., a Q. oppure a M.e C., in ville o appartamenti. Giocava principalmente contro uomini, ma c’erano molte donne che giocavano. DonnaRosa puntava forte. Con le amiche invece erano partiti per divertimento, a fumare una sigaretta dietro l’altra, ad ascoltare canzoni neomelodiche e chicchierare per ore in dialetto. In quelle occasioni facevo da vero valletto, accendendole la sigaretta, alzandomi per portarle da bere, un caff&egrave o il gelato. Lei stava lì al tavolo assieme alle amiche Incy o Masolina o la Raffa che giocavano e parlavano ed io seduto a disposizione de Rosetta che indossava i suoi abiti comodi, tuta di ciniglia piena di strass, scarpe col tacco(le avevo confessato che mi piacevano i suoi piedi ‘ ed era in parte vero ‘ che erano sexy ma doveva valorizzarli coi tacchi che le davano un tocco femminile-aggressivo come si addiceva a lei. E per dimostrare che mi piacevano veramente i suoi piedi alcune volte le avevo leccato le estremità. All’inizio lei non sentiva nulla, quasi fastidio, ma io avevo insistito succhiando ogni dito, leccando la pianta, cicciandole quei piedi femminili molto curati da estetista privata ogni mercoledì. Quindi baciando e poi leccando i suoi piedi, l’avevo fatta godere, le piaceva quella lingua sulle estremità, ed io le leccavo i piedi provando un piacere oscuro, eccitante perché sapeva di sottomissione, baciare i piedi della boss. Comunque da quel giorno Rosetta portava sempre i tacchi quando usciva.), la tuta era aperta sul seno procace e sfatto, morbido e profumato di malizia e potere che spesso avevo baciato e leccato. I capelli sempre biondi con ricrescite nere, lucidi e vaporosi, profumata come una zoccola, molto truccata, con zigomi rossi, ombretto verde e l’immancabile rossetto rosa lucido. Stava lì a parlare, fumare, divertirsi, umiliandomi quando indicava la sigaretta da accendere, magari dandomi uno scappellotto o uno schiaffetto che faceva morire dal ridere la Raffa- una cinquantenne alta alta coi capelli ricci e biondi ‘ e le altre amiche di lei. Certe volte, per scherzare, Incy mi toccava il sedere o faceva battutine su come leccavo bene la figa. Rosetta stava al gioco e prometteva alla Raffa che una sera avrebbe permesso anche a lei di gustarmi un lavoretto di bocca da parte mia.
*
Per il resto però vivevo nel sottocasa di lei, uscivo solo sotto suo ordine e scortato. Avevo lussi e agi nella mia zona sotto di lei, erba, giochi, soldi, vestiti, ecc. me la spassavo e certe volte lei non si faceva vedere per giorni interi.
Un pomeriggio però accadde un fatto grave. Ero sul suv guidato da Fef&egrave che mi portava in un centro commerciale fuori N., quando in una strada secondaria un’auto ci affiancò e poi ci strinse di lato, Fef&egrave provò ad andarsene, ma anche l’auto di fronte ci bloccò il passo. Da una delle auto uscì un uomo con una pistola in mano che minacciò Fef&egrave, un altro, armato anch’esso, venne diretto alla mia portiera l’aprì e mi puntò l’arma in faccia. Ebbi una paura del diavolo. Alzai le mai in aria e mi sentii tremare le gambe. Un uomo puntava il ‘ferro’a Fef&egrave, l’altro a me. Cazzo che roba! Forse volevano derubarci, ma quello che mi teneva sotto tiro non disse una parola, fece un segno col braccio e un altro uomo, pelato, basso e robusto scese dall’auto e venne dritto da me. Aveva un volto duro e brutto sotto gli occhiali da sole a specchio, portava un orecchino d’oro grosso come una palla e teneva le mani in tasca. Mi ficcò la faccia sotto il mento e non disse nulla. Io morivo di paura, ma tenne le mani alte e provai a non tremare troppo. L’uomo fece una smorfia di disgusto disse a quello armato(in dialetto): ‘E questo sarebbe quello che si fotte DonnaRosa??!! questo damerino secco come un’acciuga!???’ e rimase basito. Si allontanò dal mio muso, sputò per terra e urlò che potevano andare agli scagnozzi. Quelli andarono via e ci lasciarono stare.
Raccontai ovviamente quello che era accaduto a DonnaRosa che andò su tutte le furie, davanti a me telefonò a qualcuno urlando, imprecando e minacciando. Parlava in dialetto molto fitto e capivo solo alcuni brani della conversazione, ma quando iniziò a urlare infuriata come una bestia ferita pensai bene di allontanarmi un poco.
Quando ebbe finito era ancora incazzata, smaniava, imprecava. Cercai di calmarla e di farla rilassare un poco. Le proposi di leccarle i piedi, ma era troppo incazzata. Le proposi di fottercene di quel tipo, prendere l’auto e andare noi due a fare shopping in quel centro commerciale, io e lei(e la scorta), ma lei era senza freno. Mi disse che per qualche giorno sarebbe stato meglio per me se non uscissi per strada e mi ordinò di rimanere nel sottocasa chiuso assieme a Geg&egrave o altre guardie armate.
‘Ehi, cara, cosa succede? Devo aver paura?’
‘No, finché sei con me no. Io sono la boss. Io quelli li schiaccio quando voglio! Come serpenti schifosi. Serpenti schifosi luridi, devono tutto a me! Quelle serpi!’
*
Così rimasi in casa ben 5 giorni. Lei non si vide. Quando Geg&egrave non era con me c’erano altri uomini armati che stavano nelle stanze sottocasa con me. Le telefonavo per sapere novità e cosa succedeva, ma lei non mi disse niente. Il sesto giorno mandò un altro uomo armato. Mi preoccupai, provai a chiedere a Geg&egrave cosa accadeva ma anche lui non sapeva niente o non voleva dirmelo. Passai tutto un giorno pieno di angosce e paure, volevano farmi fuori? Tremavo, ma verso mezzanotte Rosetta arrivò e mi venne incontro con un sorriso aperto. ‘Tutto risolto, guagliò’ mi disse.
L’abbracciai e la baciai con passione.
‘Sono contento! Tutto bene dunque? Domani posso uscire di nuovo? Qui era diventata una prigione…’
‘Sì, guaglioncello mio’…ho sistemato tutto…e domani vedrai’…ma adesso…adesso?’ disse lei ammiccando.
La baciai sotto il collo e le sussurrai: ‘Adesso’.Rosetta mia’.caccia gli uomini’.mettiti comoda sul letto, nuda, io mi faccio una doccia e sono subito da te!’ feci sorridendo malizioso.
Così feci. Lei era sul letto, nuda che fumava. Le andai incontro, lei mi toccò il cazzo, ma io feci: ‘…buona…un attimo’.te lo sei meritato’.boss!’ dissi e mi tuffai sul suo sesso, iniziando a leccarle furiosamente la figa, leccando e succhiando, tanto da mandarla fuori di testa dal piacere, iniziò a mugulare di libidine e si fece leccare la figa con passione dal suo gigolò personale.
Slappai e succhiai come sapevo fare e nel modo che la faceva sempre impazzire di piacere. Affondavo la lingua e poi succhiavo il clitoride, lei mandava forti gridolini di piacere, mi diceva SSSSSìììììììììììììììììììììììììì mente mi accarezzava la testa. Si muoveva piano sopra di me ed io leccavo e succhiavo la sua passera vecchia, profumata di donna e lozioni francese, leccavo e succhiavo la sua vagina di milf, ma era la boss, la spietata capa del clan, io leccavo e infilavo in fondo la mia lingua, la sua figa era gonfia, calda, pronta ad esplodere. Sentivo il suo orgasmo salire sotto la mia lingua, sotto i miei baci, le mie leccate profonde ed incisive. Il suo corpo si scosse, la sua presa sulla mia testa si fece più stingente, io leccai più veloce, più veloce, la mia lingua vibrava e leccava e lei venne calde pioggia di umori vaginali urlando di goduria: ‘Ohhhhhhhhhhhhhhhhhhh sìììììììììììììììììì Ohhhhhhhhhh sììììììììììììììììggggggggggggggggguagliòòòòòòòòòòòòòòòò’.
Quando si fu ripresa dall’orgasmo che le avevo fatto provare, mi chiamò a sé e mi baciò. Le nostre lingue si unirono, le nostre bocche si mangiarono, il mio alito sapeva di fica, di umori di femmina, il suo sapeva di sigarette, di donna matura e possessiva.
Mangiammo spaghetti all’astice della miglior ristorante della città ordinati per telefono distesi sul letto come vecchia amanti. La feci bere molte, vino bianco francese della sua riserva in cantina e Rosa si divertì molto ridendo e baciandomi.
Ad un certo punto le dissi: ‘Lo sai chi te le leccherebbe meglio di me?’
‘Nessuno, guagliò mi piace la tua boccuccia dolce e giovane’.e la tua lingua…me la lecchi da Dio…guagliò…’
‘Sì, ok, ma una donna te la leccherebbe meglio..’
lei mi dette un piccolo schiaffo ma poi rise: ‘Dici sul serio? Le donne non mi piacciono…’
‘Ok, ma sono sicuro che come una donna lecca la figa ad un altra donna sia il massimo…conosce l’organo e i punti giusti’.una donna conosce la sua figa e sa dove &egrave il piacere maggiore’..pensaci…’
‘Cosa? – e mi tirò uno schiaffo più forte ‘ cosa vuoi dire, guagliò?’
‘..voglio dire..ehm’.che dovresti provare a fartela leccare da una donna…e sentire cosa di prova…’
altro schiaffo. ‘Ho detto che non mi piacciono le donne…non vado in giro a rimorchiare lesbiche del cazzo’.’
‘E chi dice ciò? Prendiamo una professionista. Una escort, una bella donna che va con coppie, una puttana, ma non di strada’.roba di classe?’ dissi e le feci l’occhiolino. Lei mi osservò strana, ma era troppo ubriaca per incazzarsi con me, così parlammo un po’ della mia proposta e nei suoi occhi verdi e crudeli si aprì uno spiraglio. Con l’aiuto di qualche bicchierino la convinsi a guardare con me certi siti di escort e cercammo prostitute che andavano con coppie. Ci divertimmo un poco e anche Rosetta prese tutto con gioco e divertimento.
*
Il giorno seguente lo passammo ad organizzare la cena importante dove le cose sarebbero state chiarite definitivamente spiegò lei. Cercai di capire, ma lei disse solo che a quella cena ci sarebbero state personalità importanti del clan e anche l’uomo che mi aveva fermato e puntato la pistola. Dissi che avevo paura. Lei mi abbracciò e mi disse che dovevo stare calmo e tranquillo. ‘Se sei con me non devi temere niente!’ annunciò. Io invece tremavo di paura, ma sapevo anche che lei era la mia unica salvezza in quel mondo assurdo e violento. ‘…ed io sono con voi, DonnaRosa’.vi amo…signora mia…’ feci e lei mi baciò con foga.
Mi fece vestire come un damerino, giacca, cravatta, scarpe fatte a mano, spilla doro, fermacravatte d’oro, braccialetto con nome Rosetta e profumato Armani come una puttana(me ne versò addosso lei mezza boccetta’). Lei si mise una gonna piuttosto corta, una camicia bianca sul modello della sua conduttrice rai preferita, scarpe col tacco e strass, piena di anelli e bracciali, truccatissima e con una boccetta di profumo francese addosso.
La cena fu servita da cameriere nel salone centrale della villa, quello con tappeti mobili, vetrine piene di posate di vetro, quadri enormi e brutti, tigri e giaguari di porcellana, il tavolo era per dieci con posate e argenteria varia. Quando gli ospiti furono arrivati, DonnaRosa dette ordine di farli accomodare e poi, dopo una ventina di minuti che lei passò a fumare a riguardarsi trucco e abiti, scendemmo le scale che dalle camere portavano abbasso e facemmo la nostra entrata trionfale. Lei mi prese a braccetto ed assieme scendemmo le scale come la Coppia Dell’Anno.
Alla cena c’erano la Raffa, Incy, Musolina, un uomo magro e dal volto scavato, un giovane dalla testa rasata, la sua compagna e l’uomo che mi aveva fermato per strada e minacciato. DonnaRosa mi presentò come il suo compagno. ‘Ho preso una sbandata per questo guaglionciello…’ disse sorridendo. Le donne appluadirono e si baciarono fra loro, complimentandosi con Rosetta e con me, erano eleganti e profumate, ampie scollature e trucco pesante. Gli uomini mi strinsero la mano senza guardarmi. Cenammo. Parlarono solo le donne. Gli altri muti mi guardarono incazzati tutto il tempo. Erano cupi e minacciosi, mi facevano paura. Per l’emozione e la paura versai fuori dal bicchiere del vino riservato a Rosetta. Lei fece per darmi uno schiaffo, ma poi mi dette un bacio sulla bocca. Io sorrisi e poi prendendo coraggio aggiunsi: ‘Oh, Rosetta…scusa…sei un amore…’ e la bacia sulla bocca con passione, prendendola per i capelli. Raffa appluadì e le altre risero, ma l’uomo che mi aveva fermato sbottò: ‘Che schifo! Che roba. E Ciro? Ciro cosa dice??’ disse in dialetto, a voce bassa e dura. Rosetta si alzò di scatto. Era incazzata e gli occhi gli brillavano di ferocia. A gran falcate fece la distanza che lo separava dall’uomo. Gli si piazzò davanti e gli mollò due schiaffi in pieno volto. Quello si alzò, smarrito, impaurito, incazzazto. Alzò i pugni, tutti al tavolo ci alzammo, era scoppiato il casino, Fef&egrave accorse con la pistola. L’uomo era furente, vide Fef&egrave e alzò la mani. Lei lo sfidò con lo sguardo. ‘Zitto! Tonino! Zitto! O ti faccio mangiare la lingua. Tu non conti un cazzo senza di me!’ l’uomo secco andò verso donnaRosa, le lo fermò con un gesto delle dita. Intimò a Tonino di sedersi. Lui lo fece furente. Rosetta prese il bicchiere di lui e gli tirò il vino in faccia. ‘IO faccio quello che voglio! Sono la Boss Io sono la Boss Io. Ficcatelo bene in testa!’
lui umiliato e bagnato fece per parlare, ma lei lo fulminò con lo sguardo: ‘Zitto Tonino. Ciro non sa niente e se lo viene a sapere ne pagherai le conseguenze! ‘
urlò.
Poi lei tornò a sedersi. Mi guardò, mi prese la testa e mi schioccò un bel bacio sulla bocca. ‘Adesso il dolce con la panna!’ disse. Gli uomini si alzarono lentamente e andarono via. ‘Meglio così. La festa ha inizio!’ decretò Rosetta e aprimmo lo champagne. Le donne bevvero molto ed erano in vena di divertimenti. Acceso lo stereo con le loro canzoni neomelodiche e iniziammo a ballare. Ballavo con tutte, la Raffa, alta dieci centimetri più di me mi portò a spasso e le altre mi toccavano, si strusciavano, io memore della volta prima cercavo di liberarmi di loro e cercare Rosetta per ballare con lei, baciarla, dirle che le volevo bene. Lei però lasciò che giocassi con le amiche e ovviamente finì che mi ritrovai a leccare la figa di Raffa, con quelle gambe lunghissime aperte su di me che ficcavo la mia testa nel suo sesso, slinguazzavo e baciavo, succhiavo e leccavo quella figa umida e pregna. Incy mi teneva la testa sotto, Raffa gemeva, Rosetta rideva fumando e Masolina mi toccava il sedere. Dopo la mia ‘presentazione’ al clan, seguirono giorni piuttosto tesi. Rosetta mi disse che dovevo rimanere nel mio sottocasa, chiuso assieme agli uomini di guardi armati, perché era più sicuro così. Furono giorni di attesa e tensione. Geg&egrave si fece vedere meno del solito e anche DonnaRosa, messaggi a parte, venne una sola sera. Poi una notte mi chiamò di sopra.
Era in salotto a fare un solitario e fumare assieme a Fef&egrave. Mi fece sedere e mi disse che aveva dovuto fare fuori qualcuno che si oppeneva a lei. ‘La prego, non voglio sapere queste cose..’ dissi. Lei mi squadrò incerta. Allora io le presi la testa fra le mani e la baciai sulla bocca: ‘Non mi interessa. Io sono con te, Rosetta e basta. Quello che fai &egrave giusto per me.’
Lei annuì. Disse a Fef&egrave di lasciarci e mi saltò addosso. Mi spogliò sul pavimento dove ero finito con sopra lei. Mi coprì di baci appassionati sotto il collo, sul petto. Mise una mano nelle mie mutande e mi segò il cazzo. Lo prese anche in bocca, ma ancora non era brava a fare i pompini. Comunque mi fece eccitare e il mio uccello divenne bello duro. Lei allora, da troia consumata, si alzò la gonna, si abbassò le mutandine e se lo ficcò nella figa, calda, umida. La impalai da sotto, con la schiena sul parquet, il mio cazzo ben piantato dentro di lei. Rosetta si mise comoda e prese a cavalcare il mio uccello, sollevandosi e ricadendo su di esso. La figa era gonfia, calda, larga, me la sbattevo senza muovermi, faceva tutto lei. Il suo corpo flaccido e maturo ondeggiava sopra di me, saliva e scendeva. Io la fottevo. Sentivo il mio cazzo bello dentro di lei, vedevo la sua faccia contratta dal piacere che si prendeva il mio cazzo in lei. Si aggrappò al mio volto, mi ficcò le dita negli occhi, nella bocca, sulla gola, mentre mi scopava e si faceva scopare dalla sua puttana personale. Era presa dal godere, ansimava, andava avanti e indietro sul mio cazzo, sentivo la sua figa pulsare, era bella gonfia, pronta ad esplodere. Io detti un colpo di reni e spinsi le gambe avanti Sììììììììììììììììììììììììììììììììììì urlò lei e prese a ondeggiare più forte sopra di me. Venne copiosamente sul mio cazzo dentro di lei.
*
Il mattino dopo Rosetta mi disse che dovevamo andare al carcere di G.per incontrare suo figlio Ciro. Dissi che non volevo venire, che non era il caso. Lei mi dette uno schiaffo fortissimo, eravamo distesi sul letto, lei che fumava, struccata e sfatta dalla notte di sesso, e mi minacciò: ‘Anche io non volevo andare assieme a te, ma ”’, e ”’, quando”’ Criò”’bastardo, stronzo””. Ma non &egrave possibile DEVI venire con me!’
Fu così che incontrai Ciro. In prigione. Stanza colloqui. Due guardie carcerarie e solo noi tre. Appena mi vide il ragazzone sbottò: ‘STUSTRUNZU???””ma sei impazzita?”’e”’e”’strunza uscita pazza??!!!’ era grosso, rasato, la faccia di un venteciquenne ma due occhi duri come la notte. Ebbi paura, ma DonnaRosa gli intimò di stare calmo e di parlare. ‘Che parlare”””bucchino””’strunza””scema???!’ gridò quella. DonnaRosa lo fece sedere gli mise le mani sulla testa. Parlarono fra loro piano. Le guardie manco ci cacavano. Io ero terrorizzato. Ciro sbufava, imprecava, rispondeva con la testa, faceva segno di no. Lei parlava piano. Ciro mi fissò a lungo ed ebbi una paura del diavolo. Con un pugno avrebbe potuto spaccarmi la faccia lì sul posto e le guardie non sarebbe intervenute in tempo. Tremavo di paura, ma DonnaROsa ebbe la meglio su di lui, lo fece ragionare a lla fine del colloquio lui era più calmo. Sbuffò e imprecò ancora, ma più calmo. Alla fine lei lo baciò sulla testa e lui l’abbracciò forte.
Uscimmo e DonnaRosa mi disse che Ciro era infuriato, non accettava la nostra relazione. Ma per il momento aspettava, aveva ancora da scontare dei mesi. Avrebbe deciso poi cosa fare. Di me. Di noi.
‘Rosetta’.perch&egrave forzare le cose? Io resto al mio posto, nel sottocasa, come in questi mesi. Non c’&egrave bisogno di ufficializzare niente. Di cambiare le cose. Quando Ciro tornerà decideremo…ehm…deciderai…tu…non lui!’ dissi. Lei sembrò capirmi disse: ‘Forse ho esagerato…forse &egrave meglio che torni tutto come prima…senza guai…ma che Ciro decida per me, della mia vita non mi va. &egrave sempre stato uno stronzo come suo padre. Non capisce nulla, non ha senso degli affari. Manderebbe tutto a puttane. Questo anche i compari nostri lo sanno e lo sanno bene!’
Era arrabbiata e scontrosa. Volle cenare fuori al mare. Andammo con Geg&egrave e Raul. La cena fu un disastro, lei stette tutto il tempo imbufalita per la storia di suo figlio. A casa non accettò le mie avances. Mi spedì nel sottocasa, chiuse l’inferriata e mi salutò con un casto bacetto sulla bocca. Ecco la sua puttana sottochiave. A sua disposizione. Ma quella sera no.
*
Passarono alcune settimane tese. Io uscivo per i cazzi miei e sentivo solo Rosetta per telefono. Geg&egrave mi insegnò ad usare una pistola. Andavamo in certi posti nelle campagne, dove dei contadini ci lasciavano usare stalle e grotte nei loro campi. Gente povera e silenziosa. Mi piaceva sparara. All’inizio ero una frana, rinculo, mira, caricamento, tutto mi andava storto, ma poi imparai ad usare l’arma e lo trovavo divertente sparare alle bottiglie e roba impagliata. Geg&egrave era un bravo maestro, anche Rosetta approvava la cosa. Andavamo a sparare anche tutti i pomeriggi con la jeep e poi rientravamo in villa. Rosetta venne solo una domenica che stavo fumando un joint in mutande, guardando un video porno: ‘Che roba, guagliò! Stai messo uno schifo’.rivestiti’.datti una pulita!’ mi disse piazzandomi due scappellotti molto forti. ‘Scusa, Rosetta’.non sapevo venissi..scusa…scusa…dicevo mentre lei mi riempiva di schiaffetti leggeri, ridendo. ‘scusa…ora vado a farmi una doccia…’ ‘Vai guagliò profumati! Vestiti bene che poi te li strappo via io i vestiti!’ mi disse. Era euforica. Andai in doccia e la lascia al pc. ‘Che guardi? Sporcaccione?’ urlò.
‘Ehm…insomma..lo sai…a me piaci tu, Rosetta…ma..qui da solo…due canne e mi metto a guardare questi video’.’
mi dette uno schiaffetto sorridendo. ‘Roba con le fimmine che si leccano la figa..’ disse e mi dette un bacio con la lingua al quale risposi prontamente.
‘…e te l’ho detto’.secondo me una donna ti farebbe impazzire’.’
‘Ho capito guagliò ‘ e mi dette un altro schiaffetto ‘ ci penserò su, ma ora ho da dirti una cosa più importante. Una bella cosa. Una cosa grossa!’
‘E cio&egrave?’ da come era eccitate e voleva parlare mi preoccupai subito.
‘Allora. Non dobbiamo più preoccuparci per Ciro! L’ho sistemato! Cio&egrave, guagliò muto! Muto! Intesi?’
‘Sì, Rosetta non preoccuparti’
‘L’ho sistemato!’
‘Come?’ chiesi impaurito con la mano alla bocca.
‘Ho fatto mettere, ma guagliò muto!, 20 grammi di cocaina e un cellulare nella sua cella. Le guardie lo hanno beccato e domani ha il processo per direttissima e se ci va bene si becca 2 o 3 anni lo stronzo! Sono io che comando qui!’ annunciò.
Mi gelò il sangue addosso. Come? Ciro era il mio lasciapassare per tornarmene a casa quando lui avrebbe preso il posto della madre, come altri anni di galera? Ed io? Imprigionato qui con lei? La fissai impaurito. Lei sorrise e poi si fece dura. Mi dette uno schiaffo fortissimo. ‘Non sei contento? Ciro non ci romperà più il cazzo, lo stronzo”””figlio””’!’ ero senza parole e la faccia in fiamme. Ebbi la prontezza di annuire. ‘…sì, Rosetta…fantastico…’ ‘Bene ‘ e mi dette un caldo bacio, umido col rossetto rosa lucido, l’alito che sapeva di sigarette e il suo profumo di femmina francese partenopea ‘ e non &egrave finita: quel coglione di Ciro non sospetta di me, crede che siano stati i calabresi con i quali ha un conto da regolare. Storie di carcere. Ci credi? Pensa che siano stati i nemici!’ e rise ancora baciandomi.
Io ero spiazzato e fregato. Ciro ancora in carcere. Prigioniero di DonnaRosa. Per chissà quanto tempo ancora. Respiravo piano sotto i baci di lei, appassionata e focosa. Non sapevo cosa fare. Ero perduto. Quando smise di baciarmi, mi prese la faccia con una mano e mi minacciò uno schiaffo: ‘Che dici? Scemo? Non sei felice?’ e mi mosse la faccia in su e giù. ‘…sì.emh…sì, Rosetta…felicissimo’.’ dissi con la bocca a papera stretta da lei. Mi liberò, ‘Non sembra!’ e mi dette uno schiaffo che mi mandò a terra. Ebbi paura. Se capiva che ero preoccupato. Cazzo aveva fottuto suo figlio per stare con me! Terrorizzato agii d’istinto. Da terra mi gettai sui piedi di lei. Iniziai a baciare le scarpe coi tacchi e la pelle nuda dei piedi. ‘Rosetta cara, sono felicissimo! – dissi fra un bacio ai piedi e uno alle scarpe coi tacchi – …contento…adesso nessuno può dirci nulla! Tu sei la boss per sempre! Ed io il tuo amante’.che bello!’ e baciavo e baciavo piedi e scarpe in ginocchio da lei, DonnaRosa la camorrista!
Lei accetto quel gesto di sottomissione e pensò che ero veramente felice perché mi prese la testa e la sollevò dai suoi piedi. Mi guardò in faccia e sorrise. Giochererellò con i bottoni della mia camicia bianca(suo regalo costosissimo di un posto in centro, c’erano persino le mie cifre)e sorrideva. Ma i suoi occhi erano quelli di un giaguaro, di un capoclan feroce. Mi baciò e iniziò a spogliarmi. Rimasi senza camicia e pantaloni, lei si mise sopra di me e prese a baciarmi il collo. Poi il petto con baci leggeri e appassionati. Le toccai le tette sotto la camicia gialla, lei approvò e continuò a baciarmi mentre scendeva sul mio corpo. Per fortuna mi eccitai velocemente perché il suo pompino era piuttosto fiacco, la feci risalire sul mio corpo e per farla smettere.’ Vieni qua…voglio mettertelo dentro!’ dissi e lei ancora in camicia risalì sopra di me. Ero a terra sul parquet, lei semivestita prese il cazzo fra le mani e se lo mise sopra le labbra della figa. Era duro e la sua figa era gonfia e calda. Lo sbatt&egrave un paio di volte sulle labbra e poi lo strusciò sulla passera. Sentivo il contatto con la pelle, eccitante e pregnante. Lei si godeva la frizione della mia cappella sulla passera matura. Le toccavo le tette da sotto, ero eccitato e pensavo che mi stavo comportando al meglio per salvare la pelle in quel casino dove mi trovavo. Rosetta si strusciava il cazzo sulla figa vogliosa e poi se lo infilò dentro. Prese a cavalcarmi con le mani sul petto. Io ero fermo sotto e lei si muoveva ondeggiando in avanti e indietro, il mio uccello piantato dentro la figa rugosa e umorosa di passione e sesso. Le avevo quasi tolto la giacca per toccarle meglio le tette, ma lei continuando a scoparmi da sopra se la richiuse e mi mise le mani sui suoi fianchi. La impalai meglio e lei gridò: SììììììììììììììììììecccoooooooooooooooSSSSìììììììììììì e riprese ad ondeggiare avanti e indietro mentre mi fotteva. Con le mani sui fianchi la prendevo bello duro e la sentivo godere. Venne una volta, ma io rimasi fermo, lei riprese a scopare dopo che la sua figa era esplosa dentro. ‘Ohhhhhhhhh AmoreeeeeeeeeeeeeSìììììììììììììììììììbellooooooooooooooooocosssìììììììììììììììì’ gridava e d io l’accompagnavo nel piacere. Fermo la infilavo duro in figa. Riprese a cavalvcarmi. La sentivo andare avanti ed indietro e intanto pensavo alla mia sorte. Cavolo,c he storia! Prigioniero di una boss della camorra che ha fottuto suo figlio per stare con me! Avevo paura. Ma la paura mi eccitava un poco, infatti il mio uccello era bello teso dentro di lei. DonnaRosa mi cavalcava da sopra, la sua figa andava su e giù e lei ondeggiava. La tenevo per i fianchi e lei urlava di lussuria: ‘OhhhammmmmmmoreeeeeGodoooooSììììììììì’ e la sentii venire ancora.
‘Vieni anche tu! Vieni anche tu guagliò dentro di me!!’ mi urlò ed io presi a fotterla spingendo coi fianchi e tenendola ferma a mia volta. La fottevo dal basso per salvarmi il culo, almeno per ora. Ero eccitato e impaurito. Ma spinsi bene il mio uccello dentro di lei e quando sentii che stavo venendo urlai: ‘ohhhhRosetttttaaaaaaaaaVengggoooooooooooooooo’ e le riempii la figa sfatta e spanata di sborra calda e giovane.
*
Con il campo libero dal figlio, DonnaRosa poteva portarmi in giro come un trofeo. Il suo fidanzata tascabile che teneva nel sottocasa. Il suo amante giovane. Il suo toy-boy da mostrare alle amiche e alle famiglie. Mi portò a battesimi, matrimoni, comunioni. Ero sempre vestito elegante e anche Lei. Ristoranti, ville, case sul mare. Il weekend lo passavamo fra feste, baci, foto, bambini, spose, sposi. Tutti venivano a salutare DonnaRosa, le facevano riverenze e le baciavano la mano. Ed io ero lì al suo fianco, nelle foto, nei saluti. Raffa, Incy e Masolina ci accompagnavano, erano sempre molto entranti con me, baci, toccate di culo e mi trattavano per quello che ero: il bambolotto di DonnaRosa, la capoclan. Ma davanti a parenti ed amici recitavano la loro parte di donne composte ed importanti. DonnaRosa era contenta e godeva nel mostrarmi in giro, sapeva che oramai aveva tutto in pugno.
*
Durante la settimana nelle mie ore libere uscivo a sparare con Geg&egrave o a fare giri in città. Una sera di mercoledì mentre mi stavo sparando un campionato mBK alla playstation fumando erba, lei arrivò nel soccosa, aprì il cancello e mi saltò addosso raggiante. Mi ficcò in bocca la sua lingua e il suo fiato sapeva di alcool e sigarette.
‘3 anni e mezzo!! il processo a Ciro, guagliò!- annunciò dandomi uno schiaffo perché non capivo ‘ l’hanno condannato, lo stunzo!””! 3Anni e mezzo, non sei contento? Siamo liberi da quello stronzo””!!’ e mi colpì ancora in faccia. Cazzo!pensavo, una vita! Dovevo stare ancora 3 anni e mezzo con lei! Merda! Pensavo, ma lei aveva altre idee per la serata: ‘Dobbiamo festeggiare! Ed io ho già in mente un modo!’ mi prese la faccia con la mano, ci stampò un bacio e mi fissò decisa e eccitata ‘ sono alcuni giorni che la tua linguetta non si fa sentire dalle mie parti..’ ed indicò il suo sesso. Ero fottuto pensavo atterrito. In trappola. Per tre lunghi anni ancora. Almeno che non si stancasse di me. Ma non sembrava. Era dipendente dalla mia lingua, dalla mia abilità nel leccargliela, nel farla godere a quel modo. Era un mio vantaggio, ma quanto sarebbe durato? Rosetta mi prese per un orecchio e mi trascinò carponi sul letto. Qui si distese. Si slacciò i pantaloni della tuta di ciniglia e si tolse le mutandine. Io mi spogliai, ma lei mi disse di lasciare su i pantaloni.
‘Voglio solo la tua lingua calda sulla mia micetta qua sotto!’
così presi a leccarle la figa. Gonfia. Umorosa. Leccai e baciai ed infilai la mia lingua dentro quella caverna sfatta, di donna matura, di capoclan!

(per domande, critiche, suggerimenti scrivetemi a dorfett@alice.it-) La vita a fianco di DonnaRosa, la capoclan continuava. Cio&egrave io vivevo nel sottocasa, ma oramai uscivamo spesso assieme. A ristorante fuori e agli appuntamenti mondani ai quali partecipava. Mi portava con sé anche quando andavamo dalle amiche e loro giocavano a carte. Io, tutto vestito giacca, camicia, cravatta, mocassini e loro 4 al tavolo, in tuta comoda, sigarette sempre accese, sambuca e caff&egrave, carte e chiacchiere. In quei pomeriggi mi annoiavo a morte a fare il cavalier servente di DonnaRosa, accenderle le sigarette, portare il caff&egrave, servirle da bere eccetera. Ma a lei non importava molto, anzi le piaceva infliggermi quello strazio. Ogni tanto mi concedeva alle sue amiche a fine della serata di carte. Di solito era la Raffa a chiederle se poteva appartarsi con me di là: ‘Sai Rosetta cara…come mi piace quando il tuo amichetto me la lecca…’ ‘Tieni a bada i fuochi Raffa’.vediamo come va la partita..’ ‘Oh, ma solo cinque minuti…vero caro?’ e mi faceva l’occhiolino. La Raffa era sempre allegra e simpatica, era alta e quando rideva scuoteva il grosso capo coi capelli rossi raccolti dietro. Anche Musolina allora si metteva a fare richieste: ‘E dai, Rosetta…che ti costa? Una slinguatina ogni tanto ci fa stare meglio…teniamo marito noi…mica siamo fortunate come te…’ ‘Da quanto tempo tu e Rosario non ficcate più?’ ‘Oh, anni, ma che dico! Anni? Secoli?’ rosetta rise allegra, mi guardava e poi guardava le amiche. ‘Giochiamo…poi si vedrà..’ e alla fine della partita la Raffa e Masolina mi condussero in camera con consenso di DonnaRosa. Mi spogliarono, si abbassarono le tute e le mutandine e mi offrirono le loro fighe da leccare. Mi inginocchiai ai loro piedi e iniziai il mio lavoretto di lingua.
Leccai e succhiai passando dalla figa depilata di Raffa a quella pelosa di Masolina. Raffa mi prendeva la testa e mi spingeva sul suo sesso cercando i punti della sua passera che le provocavano piacere. Masolina invece mi faceva leccare forte la sua figa pelosa, le labbra, il clitoride, con velocità appunto, mentre lei si toccava i capezzoli piccoli da sopra la tuta. Leccai e baciai a destra e sinistra. Leccai e slinguazzai bene le fighe delle amiche intime della mia Signora Rosetta. Lei arrivò proprio mentre la Raffa con un grido molto forte: GGOOOOOOOOOOOOOOOOOOODDDDDDDDDDDoooooooooooooooooooooooooo mi riempiva la lingua di umori. Sentii Rosetta spingermi la testa contro la figa dell’amica. Masolina intanto si stava toccando da sola e veniva anche lei: AhhhhhhhhhhhhSìììììììììììììecccooooooooooooooooooo
donnaRosa mi tenne sul sesso a beccarmi gli umori in faccia di Raffa e poi mi fece alzare. Ero sudato per il servizio reso alle donne. La Raffa godeva ancora sul letto assieme a Masolina. Rosetta mi dette un bacio sulla bocca e poi disse:
‘Grazie Guagliò! Sei sempre bravo con le mie amiche…bravo’..’
‘Splendido Guagliò, che roba…’ fece la Raffa.
‘Ehi, bravo sì, ma non dimenticate di dargli un regalino…guardate come lo avete conciato…&egrave tutto sudato…’ fece Rosetta e mi toccò il culo con forza. Poi mi baciò di nuovo sulla bocca davanti alle amiche che appluadirono contente. Il suo fiato sapeva di sigaretta, sambuca, caff&egrave e vecchiaia. Ma io risposi al suo bacio. Che altro potevo fare?
Raffa prese i soldi e mi infilò due banconote nelle mutande. Masolina mi dette solo 50 euro, ma erano pur sempre soldi.
*
A casa Rosetta mi accompagnò nel sottocasa e chiuse il cancello. Pensai che me ne sarei stato tranquillo nel mio ripostiglio segreto, ma lei si mise con le braccia al cancello di ferro e non se ne andò. ‘Ehi guagliò perché non sculetti un po’ per me?’
‘Come?’
‘Sì, balla, sculetta per me…spogliati…voglio guardarti da qui…’
‘..ma sono stanco…’
‘Vieni qui!’
Andai da lei svogliatamente. Da dietro le sbarre mi mollò un ceffone fortissimo e urlò: ‘Vai indietro, balla e spogliati muovendo il culo! Subito!’
cazzo, meglio non contraddirla. Mi misi a ballare goffamente senza voglia.
‘Ehi! Ti ho detto di muovere il culo e spogliarti! Non farmelo ripetere!’
”.ok, ma così senza musica?’
Lei allora prese il telefonino e mise su un brano neomelodico. Allora io mi misi a ondeggiare cercando di prendere un ritmo e togliendomi i vestiti. Era umiliante e ridicolo tutto ciò, non sapevo come fare e quella musica non mi piaceva, non era fatta per me. Lei sorrideva, sapeva di avere tutto il potere. Su di me senza dubbio, sul clan, su Ciro che aveva condannato alla galera e nessun problema da affrontare almeno per ora. Mi sentivo i suoi occhi addosso, occhi che mi scrutavano pieni di potere e di forza. Ero suo, il suo toy-boy che sapeva leccarle bene la figa. Sentivo i suoi occhi sulle mie spalle nude, li sentivo sulla mia schiena che le offrivo da guardare e poi sul mio culo una volta che ebbi tolto le mutandine. Continuavo a ballettare mentre i suoi occhi percorrevano il mio corpo e lo possedevano: sapeva che ero suo. Che una sua parola per me voleva dire la fine. Sentivo i suoi occhi addosso che mi bruciavano la pelle. Quando la musica cessò e mi girai verso di lei, nudo, la vidi sorridere con la bocca appena aperta. Le labbra carnose e rosa lucido erano ghignanti, la faccia dalla pelle olivastra piena di rughe attorno al collo, agli occhi alla bocca stessa era la faccia di una donna che stava umiliando il suo giocattolo sessuale per ricordarmi chi ero. E infatti in mano aveva una banconato.
Batt&egrave le mani e ridendo disse: ‘Bravo, bravoguagliò! Queste sono per te…’ e gettò le banconote per oltre le sbarre del mio appartamento, chiuse a chiave e se ne andò di sopra.
*
Di giorno, quando DonnaRosa mi autorizzava uscivo con Geg&egrave e ce ne andavamo in giro senza meta con Suv. Una volta gli chiesi se aveva notizie di Ciro, il figlio di Rosetta: ‘Sta inguaito proprio. Pare che abbia dato di matto in carcere dopo il processo e giura vendetta ai calabresi che lo hanno fottuto..’ ‘E sono stati loro a fregarlo?’ chiesi per sapere se Geg&egrave aveva notizie dell’azione di DonnaRosa.
‘Pare di sì! Chi avrebbe interesse a fotterlo se non quei figlidiputtana?’
‘Non lo so. Anche Rosetta dice che sono stati loro’ aggiunsi per corroborare la tesi.
Una sera, Rosetta era andata a Milano per una riunione importante, Geg&egrave ed io stavamo mangiando degli spaghetti alle vongole in un ristorante dell’interno, eravamo gli unici clienti e Geg&egrave non faceva altro che usare il suo telefonino ridendo come un pazzo. Mi annoiavo a morte. ‘Ma chi ti cerca Geg&egrave? Stai sempre con quel coso..:’
‘Oh, guagliò! Sapessi! Due troie! Due che sono sotto la nostra protezione. Ragazze venezuelane, simpatiche e molto brave, se capisci cosa intendo..’ rispose e mi mimò un pompino spingendo la sua lingua contro la parte interna della bocca.
‘Capisco…ma tu cosa c’entri?’
‘Oh, mi occupo di riscuotere i soldi che ci spettano’..stasera devo andare da loro e le ho mandato qualche messaggio…guarda qui come mi hanno risposto…’ e mi mostrò il cellulare dove due donne seminude stavano abbracciate fra loro e si davano un bacio casto sulla bacca, ma avevano le mani ficcate nelle mutandine l’una delle altre. ‘Eh, cazzo Geg&egrave, proprio due belle ragazze…’
‘Ehi perché non ci andiamo subito? Ho appuntamento dopo la mezzanotte ma se le chiamo possiamo passare adesso’.sono dieci minuti di strada’.che ne dici? Quale ti piace di più?’
‘Non so Geg&egrave, se lo viene a sapere DonnaRosa?’ risposi imbarazzato.
‘E perché lo saprà? Loro due non parleranno e noi no di sicuro!’
‘Ma..
‘Tranquillo Guagliò, sono tuo fratello…’
In effetti l’idea di scopare con una giovane puttanella mi allettava. Era eccitante perché fatto di nascosto da DonnaRosa e poi volevo togliermi di dosso l’idea di essere solo un oggetto nelle mani di lei. Avevo anche paura però.
Geg&egrave era convinto: ‘Chi può informarla?’
in effetti non l’avrebbe saputo nessuno. ‘Okay Geg&egrave mi hai convinto. Andiamo subito prima che DonnaRosa torni da Milano’
gettammo qualche banconota sul piatto e Geg&egrave sgommò verso il mare. La casa era un terratetto vecchio e diroccato in mezzo al niente. Salimmo delle scale pericolanti, ma dentro l’ambiente era piuttosto carino e confortevole. Divani, luci basse, aria condizionata, musica. Le due ragazze sudamericane era giovani e carine. Lucìa era alta e portava dei ricci capelli rossi raccolti in alto con una fascia elastica, aveva gambe lunghe e sensuali, poco seno, ma un volto allegro e simpatico. Cruze invece era più bassa, con più seno, formosetta, bruna, aveva meno di trenta anni e il colore della pelle era quasi caff&egravelatte, mentre quello di Lucìa, per quanto più scuro del bianco, era meno marcato. Vivevano lì da 4 mesi e tutto l’italiano che avevano imparato era legato al linguaggio delle prostitute: preservativo, bocca, culo, figa, pompini, maschio, zinne, pagare prima, non fare lo stronzo. Lucìa preparò dei cocktail che bevemmo mentre Cruze si dilettava a toccare il cazzo di me e Geg&egrave da sopra i pantaloni. Alla fine dissi che non avevamo molto tempo e che io sceglievo Cruze. Lei mi saltò al collo: ‘Lascia fare a me. Te lo succhio da morire…’ e si buttò sul mio cazzo. Geg&egrave si eclissò con Lucìa ed io mi godetti la bocca calda di Cruze sul mio pene. Ci sapeva fare la ragazza. Con un colpo deciso si ingoiò tutta la mia mazza già dritta e poi fece una sorta di risucchio mentre tornava su con la bocca lungo l’asta, mi toccò le palle mentre con le labbra si succhiava tutta la mia cappella. Sembrava che si gustasse un cono gelato da come le sue belle labbra sudamericane mi arpionavano la cappella e se la gustavano. Poi, sempre con le mani sulle mie palle, prese a spompinarmi sul serio andando in su e giù con la bocca facendomi impazzire. Finalmente ero io a farmi fare un lavoro di lingua e non il contrario, con la mia faccia sempre dentro le fighe di DonnaRosa e le sue amiche. Che bello vedere la classe di Cruze che si mangiava il mio cazzo, scendeva con la bocca giù e lo risucchiava tutto come un leccalecca. Scendeva con quelle labbra gonfie e tornava su. Un pompino coi fiocchi, bello eccitante e caliente. Le sue mani sulle palle mi facevano sentire ancora meglio e vedere lei inginocchiata che me lo succhiava mi faceva sentire bene. Infatti venni presto inondando le sue tette con la mia sborra. Dopo facemmo due chiacchiere aspettando che Geg&egrave concludesse.
*
La sera DonnaRosa mi chiamò dall’albergo. Si tratteneva a Milano per sistemare affari, ma mi dettò la scaletta dei giorni seguenti: due comunioni e un matrimonio.
Così ci ritrovammo ancora in queste cene mastodontiche, infinite, bambini ovunque, cantanti, parenti felici e sposi novelli. Tutti venivano a ringraziare DonnaRosa della sua presenza, a baciarle l’anello, a fare inchini. Lei distribuiva benedizioni e regali agli sposi. Io stavo a suo fianco in silenzio, parlavo solo se me lo chiedeva lei, di solito nessuno mi rivolgeva la parola. Certe volte qualcuno commentava su di me a bassa voce o mi rivolgeva sguardi divertiti, ma nessuno osava mai commentare ad alta voce. Solo una volta, ad un matrimonio, un uomo si permise una battuta di troppo. Era tardi e l’uomo aveva un po’ bevuto ed era allegro. Qualcuno parlava di sesso e l’uomo, un omone grande mezzo pelato, con la cravatta allentata e la camicia bianca se ne uscì con ”.eh..DonnaRosa qui..ha risolto il problema’.si &egrave presa uno stallone giovane e chissà quante volte…fì fìì fììì fììì’ e mimò il gesto di chiavare. Rosetta sorrise, quindi si alzò dal tavolo, prese un bicchiere di vino e lo getto in faccia all’uomo. Quindi gli mollò una pizza in faccia a 5 dita che avrebbe steso un cavallo. ‘Non sono venuta qui per farmi insultare!’ mi prese un braccio e ce ne andammo velocemente dal ristorante.
Prima di ripartire col Suv, una donna ci raggiunse e pregò DonnaRosa di accettare le scuse della sua famiglia e dell’uomo. Era con le lacrime agli occhi e nervosa. ‘La prego DonnaRosa’.lo perdoni. Ci perdoni! Era una battuta poco felice, lei sa quanto la rispettiamo…’ disse in dialetto.
DonnaRosa si accese una sigaretta e sbuffò il fumo in faccia alla donna.
‘Va bene. Vi perdono, ma non voglio più vedere la faccia di quello stronzo di tuo marito. Da oggi ogni comunicazione me la farà vostra figlia Ninetta o tu. Intesi?’
‘Sì, sì, DonnaRosa, come volete’.come volete voi’..comandate pure’.dirò a mio marito di non..’
Ma DonnaRosa aveva già fatto il gesto di andare. Chiusi lo sportello in faccia alla donna e sgommammo via.
*
Una sera Fef&egrave venne a chiamarmi.
‘Devi salire di sopra ti vuole DonnaRosa!’ disse.
Così salimmo. Era strano che lei mi facesse chiamare da qualcuno. Di solito mi faceva uno squillo per dirmi di salire o impartirmi ordini, ma quella volta Fef&egrave mi venne dietro e mi condusse in una sala ampia ma spoglia. Notai subito Geg&egrave seduto con la faccia impaurita e nervosa. Rosetta era al centro della stanza e inginocchiate ai suoi piedi, con le mani legate dietro, c’erano due donne: Lucìa e Cruze. Piangevano ed erano impaurite. Anche io ebbi una paura del cazzo. DonnaRosa mi lanciò uno sguardo di brace. Era furente. Mi ordinò di andare da lei e appena fui a tiro mi mollò due schiaffi che mi fecero venir voglia di piangere.
‘E così pensi di andare a troie ‘ e giù altro schiaffo ‘ e che io non lo venissi a sapere?’ urlò picchiandomi ancora in faccia.
‘…ecco..
‘Tu zitto! – altro schiaffo ‘ tu stai zitto. Non voglio le tue scuse del cazzo! Dovresti però farti più furbo ‘ e mi mollò un altro ceffone ‘ vai con le mie donne e pensi che non lo saprò mai?’ e altro schiaffo. Piangevo, anche le due donne in terra lo facevano terrorizzate. Guardai Geg&egrave che abbassò gli occhi.
‘A lui ci ho già pensato…quel panzone’.gli ho dato una lezione che si ricorderà’.ora tocca a loro e a te!’
prese un grosso coltello e lo agitò davanti a noi.
‘Ok, Rosetta…hai ragione…sono stato uno stronzo…ma in fondo…’
Una sberla mi rigirò la faccia
‘So che questa troia ti ha fatto solo un pompino…’ e afferrò Cruze per la testa, la strattonò facendola urlare e dette un paio di schiaffi anche a lei.
”.lo so’.ma non &egrave questo il punto’.tu non vai a ficcare l’uccello nella bocca delle troie! Intesi?!’ e tirò uno schiaffo a me e uno alla donna. Poi strattonò Cruze per i capelli e la gettò a terra, le mollò una pedata con le scarpe coi tacchi e la minacciò col coltello. Le donne urlavano e piangevano, io era senza parole e terrorizzato a mia volta. Geg&egrave allora intervenne: ‘DonnaRosa, sono stato io ad insistere per andare dalle troie’.lui non voleva..sono stato io…’ disse con la sua voce bassa, grossa e gli occhi bassi.
‘Capisco Geg&egrave, ma il fatto rimane: stostrunzo ha messo il suo uccello nella bocca di questa troia e a me non sta bene!!!’ gridò colpendo Cruze a terra. La fece alzare strattonandola per i capelli e le mise il coltello alla gola. ‘Ferma! Ferma!’ gridai e anche Geg&egrave cercò di intromettersi. ‘Voi due coglioni state fermi ai vostri posti o il buco lo faccio a voi e non a lei!’ Cruze e Lucìa urlarono per la paura e DonnaRosa che aveva due uomini che non alzavano un dito e due donne legate ed inginocchiate ai suoi piedi era la solita padrona assoluta del gioco. Prese la testa di Cruze e la piegò di lata. Quindi afferrò l’orecchio destro di lei e ne recise il lobo con un colpo secco di coltello. La donna urlò dal dolore, il sangue schizzò ovunque. Io ero pietrificato e tremavo. DonnaRosa guardò tutti con disprezzo. Quindi si mosse verso Lucìa che tremava e cercava di allontanarsi in ginocchio. Ma Rosetta le prese la testa e alzò il coltello. Pensammo tutti che volesse punire anche lei in modo orribile, ma si limitò a pulire la lama del coltello insanguinata sui capelli della puttana. Richiuse il coltello e uscì dalla stanza lasciandoci atterriti. DonnaRosa era incazzata.
Aveva tagliato il lobo della prostituta che mi aveva fatto un pompino.
Anche Geg&egrave era sconvolto.
Aiutò le donne a tornare al loro appartamento e curarle. Io invece fu rinchiuso nel mio sottocasa da Rosetta. Ma non si accontentò di quello, mi fece togliere infatti ogni gioco che possedevo: tablet, playstation, musica, erba. Tre giorni a quel modo. Geg&egrave mi portava da mangiare: panini e pizze, non potevo ordinare del cibo dai ristoranti come al solito. Avevo solo il telefenonino con quale mi contattava lei. Quei tre giorni in prigione mi sembrarono infiniti. Detti a Geg&egrave 2500 euro da dare a Cruze per lo sfregio dell’orecchio. ‘L’avete portata al pronto soccorso?’ chiesi a Geg&egrave. ‘Ma sei scemo? L’ha curata un dottorino bravo, dei nostri. Tuttapposto. Nessuna conseguenza. Cio&egrave le manca un pezzo di orecchio…tutto qua…’ ‘Hai detto poco…’ alla fine anche Geg&egrave dette dei soldi alle ragazze. Il quarto giorno appena sveglio Rosetta mi fece chiamare. Finalmente! Pensavo, potevo uscire, le era sbollita’ Era ancora in camera da letto a truccarsi. Accanto allo specchio una tigre di porcellana mi fissava truce. ‘Salve DonnaRosa…volevo ancora scusarmi per quella cosa…ecco…sono uno stupido…ho sbagliato…la prego mi perdoni…’ dissi io inginocchiandomi ai suoi piedi. Si stava ripassando l’ombretto sugli occhi, verde acqua. Mi guardò attraverso lo specchio. ‘Ciao, Guagliò! Ti ho chiamato per dirti: 1 che ti ho perdonato per quella stronzata della puttana, ma se lo rifai di nuovo ti taglio le palle. 2 perché oggi usciamo assieme, devo andare da un dottore e voglio averti vicino quando torno.’ ‘Grazie. Grazie DonnaRosa, lei &egrave una donna di cuore…oltre che di una bellezza incantevole’- lei mi guardò allo specchio e sorrise – …sono felice che mi abbia perdonato. Non accadrà più. Posso chiedere perché dal dottore? &egrave successo qualcosa? Spero di no..’
‘No, niente di preoccupante. Un consulto. Poi ti dirò semmai.’
‘Bene. A che ora partiamo?’
‘Subito. Finisco di prepararmi. Tu vatti a vestire’
*
Nel suv Rosetta non volle rivelarmi la natura del consulto medico. Ma andammo fuori N.a P.in un ospedale privato.
‘Tu resta in macchina!’ mi ordinò. E così feci. Dopo una mezz’ora feci un giro nel prato. La struttura era nuovissima ed elegante, piscina, spa, camere private. Un complesso molto ampio. Il giardino era fiorito e pensai di raccogliere qualche fiore per DonnaRosa. Lei tornò dopo un’ora. ‘Com’&egrave andata?’ chiesi porgendole i fiori, le mi ringraziò e mi abbracciò. Profumava e tremava. Era la prima volta che appariva fragile. L’abbracciai forte e le detti un bacio sulla bocca. Il fiato era pesante e sapeva di tabacco. Lei però gradì i fiori e la mia presenza: ‘Tutto bene, tutto bene…’ ripetevo per tranquillizzarla. Lei annuiva.
Poi riprese il suo tono da boss: ‘Ok. Tuttapposto. Poi vedrai. Adesso andiamo a pranzo. Mi &egrave venuta fame.’
Nel Suv assunsi un tono tutto cuoricini e bacetti che lei accettò penseriosa ma apprezzandoli, le chiesi di farmi riavere i miei ‘giochi’ per alleviare i giorni nel sottocasa. Lei annusò i fiori e disse: ‘Va buò! Ma ancora non ti lascio uscire di casa, tu e Geg&egrave l’avete combinata grossa..’ le saltai al collo e la coprii di baci: ‘Grazie Rosetta, grazie…sei così buona con me…’
*
Al ristorante ero al settimo cielo perché dopo panini e insalate già pronte finalmente avrei mangiato qualche leccornia e il menù ne proponeva molte. Quando arrivò il cameriere scattai subito:
‘Allora per me un antipasto di cernia, spaghetti integrali di..
SCIAFFFF
Rosetta mi mollò uno schiaffo in pieno volto che mi fece girare la testa. Il cameriere sobbalzò. Fef&egrave si voltò di scatto attirato dal rumore e ci guardò sorpreso.
‘Ordino io per te. Pensi di poterti permettere un pranzo qui?’ era furiosa. Mi fece paura ed ero imbarazzatissimo.
‘Signori, torno più tardi quando avrete le idee più chiare..’
lei lo fulminò con un’occhiataccia. ‘Rimani qui”’e scrivi”’!!’ urlò al cameriere. Ordinò il suo pasto e poi aggiunse: ‘A lui porta solo la sogliola con letto di ceci…’
Quando il cameriere se ne andò mi fissò furente. ‘Scusi Signora, mi perdoni’.- dissi rosso in volto – …ha ragione lei…grazie per il pranzo…’
‘Lascia fare, guagliò! E che sono nervosa!’
‘No, signora’. – e le cinsi le spalle ‘ non lo sia’.va tutto bene. Vedrà. Quello che lei deciderà di fare sarà buono. Perché tu Rosetta non sbagli mai. Sei una donna vera. Una tosta. Una vera capa. Una boss!’ lei mi sorrise e mi baciò la bocca.
Dovetti aspettare che lei mangiasse(ma gran parte la lasciò nel piatto..)antipasti, primo(le chiesi più volte se il cibo era buono aggognando che me ne offrisse un assaggio ma lei non lo fece) e bevesse due bicchieri di vino prima di poter gustare la mia sogliola, che era squisita, ma era veramente un piatto piccolissimo, così rimasi affamato mentre lei gustava un tiramisù che aveva un aspetto buonissimo. Mi buttai: ‘Me lo fai assaggiare Rosetta?’ lei fece un grosso sorriso. E disse di no con la testa. Poi prese una punta del dolce, se la mise in bocca e la masticò un attimo, quindi mi prese la nuca e mi dette un bacio con la bocca. Così mi passò il tiramisù che aveva mangiucchiato. Io lo ingoiai e dissi: ‘Buonissimo’.posso averne altro? Nello stesso modo?’ lei sorrise e prese altro dolce. Me lo passò in bocca baciandomi ed io la cinsi ai fianchi e le sussurrai: ‘Che ne dici se te la lecco qui, ora?’
Lei mi dette un piccolo schiaffo: ‘Ma non possiamo…’
‘Facciamo mettere un sipario e Fef&egrave di guardia. Non ti eccita?’
‘Sì, guagliò mi eccita!’
chiamò il direttore e gli spiegammo cosa ci occorreva. ‘Non posso signori, questo &egrave un ristorante serio…’
Lei si alzò e chiamò Fef&egrave, lui prese da parte il direttore e gli disse qualcosa all’orecchio, quello sbiancò e guardò basso. Poi fece portare il sipario e lo sistemò al nostro tavolo mentre Rosetta beveva vino eccitata. Fef&egrave si mise vicino alla porta dei bagni e impediva ai clienti di andarci.
Io mi inginocchiai ai piedi di lei, sotto il tavolo. Le alzai la gonna, sotto era senza mutande, la vecchia troia!e mi misi a leccarle la figa. Leccavo da sotto il tavolo, spingendo la mia lingua ben dentro, sentendola gemere, lei DonnaRosa, la capoclan, la boss che sospirava sotto i colpi della mia lingua. Si agitava tutta, accoglieva la mia lingua e godeva dei mie baci, delle succhiate. Io sotto il tavolo come una puttana facevo un lavoro di bocca al boss. A DonnaRosa. Lei ansimava, si agitava, godeva dei miei baci, delle mie succhiate profonde. Quando mi afferrò la testa compresi che stava per venire e le toccai il clitoride con le dita. Mi venne in bocca, umori limitati ma caldi.
*
Quando fu ricomposta il direttore tutto ossequio e imbarazzato tolse il sipario. Rosetta si alzò, prese la borsa e dal portafoglio prese delle banconote da 100 euro e le mise in mano al direttore.
*
Nel suv DonnaRosa era di nuovo agitata. Strufiava e guardava fuori dai vetri oscurati. Nervosa fumava una sigaretta dopo l’altra.
‘Tranquilla, Rosetta’.ti ho detto..tu sei
‘Mi trovi bella?’ mi chiese con una voce dura.
‘…certo…bellissima, DonnaRosa…lei &egrave una donna bellissima..’ e provai a baciarla, ma lei mi respinse. ‘Sai quanti anni ho?’ ‘..no con precisione..’ ‘Ne ho 56, guagliò!’ e mi dette uno schiaffetto. ‘..ma Rosetta…ne dimostri molti meno e per me…per me sei una donna bellissima..’ lei sorrise e fece: ‘So che menti guagliò! Ma sei così adorabile’.’ e mi dette uno schiaffetto e poi mi baciò. Tornò a guardare fuori. Ervamo in una via lunga e battuta dal sole, puttane sui marciapiedi sfilavano. Fef&egrave guidava sportivo ma la via era lunga. ‘Rallenta Fef&egrave!’ ordinò DonnaRosa d’improvviso. Fef&egrave rallentò e lei guardava le puttane sul marciapiede. Erano africane, donne alte e malvestite. Lei le guardava dal finestrino. ‘Fermati!’ disse dopo che avemmo raggiunto una battona alta, nera, con una parrucca gialla. Rosetta abbassò il finestrino e chiese: ‘Quanto per un bocchino?’
La nera la guardò strano: ‘Sei un uomo?’ chiese poi. Rosetta sorrise e mi fissò: ‘Sta stronza! Te lo faresti fare un pompino da questa troia? Eh? Coglione?te lo faresti succhiare da questa baldracca di strada?!’ gridò poi infuriata. La nera sbatt&egrave i pugni sul finestrino e urlò: ‘Ehi vecchia! A me non mi ci chiami baldracca. Sei tu una troia, brutta vecchiaccia!’ e provò a dare uno schiaffo a Rosetta. Questa si ritrasse ma prima che potesse chiudere il finestrino Fef&egrave era sceso dal Suv, abbranacato la nera e spinta a terra. Quella provò a rialzarsi subito mostrando i pugni, ma Fef&egrave prese il ferro e puntò la pistola alla puttana. Lei alzò le mani e scappò via impaurita.
DonnaRosa era incazzata. Sbett&egrave la portiera con forza. ‘Mi ha dato della vecchiaccia quella troia da strada! Andiamo a casa, Fef&egrave, di corsa!’ urlò e mi dette uno schiaffo tanto per sfogarsi. A casa mi spedì di sotto e mi chiuse dentro. Per fortuna Geg&egrave mi riportò tutti i miei giochetti e passai una notte sereno.
*
DonnaRosa non si fece vedere per un’altra settimana. Mi chiamava sul cellulare o mi recapitava messaggi con le guardie. Una domenica mi fece chiamare di sopra. Era in bagno nella vasca. Mi chiese di insaponarla. Lo feci, passai felino la spugna sul suo corpo maturo, flaccido, le poppe andate, 56 anni aveva detto. Ma sorridevo e le mandavo piccoli baci mentre insaponavo la sua schiena e l’inizio del culo. Dopo il bagno si vestì e truccò, mi fece indossare delle mutandine nuove e mi dette una conotta rosa. Le mutandine erano in realtà un tanga con un filo nel culo e la canotta mi stava stretta. Ero ridicolo. ‘Sei uno schianto guagliò, andiamo a cena…’ ‘Fuori?’ balbettai preoccupato. ‘No, guagliò, in salotto, ma tu resta vestito così, mi ecciti…’ e i dette un pizzicotto al culo. Cenammo a spaghetti serviti dalle filippine a servizio di DonnaRosa. Era ridicolo ed umiliante vedere le due domestiche che cercavano di non guardarmi il culo nudo e le gambe, la canotta ridicola. Ma Rosetta era allegra e parlò per tutta la cena. Mi disse che fra un paio di giorni sarebbe andata via. Fuori N. sarebbe restata molto tempo fuori, ma aveva predisposto tutto. Non dovevo preoccuparmi. Certo non dovevo uscire, le guardie sarebbero state sempre presenti, ma potevo mangiare e disporre della villa, non dovevo stare solo di sotto. ‘Oh, grazie, Rosetta, che gentile…festeggiamo come al solito?’
‘Come guagliò?’ chiese lei maliziosa.
‘Le faccio un bel servizio di bocca?’
‘Come al solito, guagliò…’
e mi inginocchiai per servirla. Le leccai la figa con il tanga e la canotta rosa. Lei si godette la mia lingua sulla passera da milf e mi dette pizzicotti al culo. Io leccavo e succhiavo e leccavo e infilavo la lingua in profondità. Nelle cavità di donna matura di Rosetta, la boss.
La feci venire più volte leccando tutto e succhiando la sua figa matura.
*
Così DonnaRosa scomparve. O meglio se ne andò dalla villa e si faceva sentire solo con messaggi o telefonate. Ero però padrone della villa. Potevo girare per le stanze, ordinare alle filippine di prepararmi da mangiare o ordinarlo fuori, fare il bagno nella vasca di DonnaRosa oppure nella piscina. Non potevo uscire e le guardie armate erano lì a ricordarmelo, ma avevo i miei giochi e tutto il resto. La prima settimana passò bene ma alla seconda iniziai a preoccuparmi: dove era finita Rosetta?
Quando mi chiamò cercai di scoprire qualcosa facendo delle domande, ma lei fu risoluta: ‘Non impicciarti guagliò! Piuttosto domani mando la Raffa a vedere come vanno le cose’…se le viene qualche voglia particolare ‘ e hai capito cosa intendo, vero guagliò?! – accontentala pure, hai la mia approvazione…’
La Raffa arrivò nel primo pomeriggio: vestito giallo con spacco su una coscia, capelli raccolti sopra con una grossa fascia, alla vita un’enorme cintura che la rendeva ancora più slanciata, scollatura notevole che mostrava le tette che avevo già annusato e baciato, zeppe alte ai piedi. Truccata con rossetto arancione molto spinto sulla bocca e ombretto con sfumature varie sugli occhi, profumava come una vecchia troia e quando mi baciò per salutarmi mi dette una bella tastata di culo tanto per gradire. Volle fare il giro della villa per constatare che fosse tutto in ordine, interrogò le domestiche, fece delle domande a Geg&egrave e poi ordinò che ci servissero del prosecco ghiacciato per lei e gin&tonic per me in veranda. Si accomodò su una seduta di canapa e pelle e allungò le gambe mostrandomi lo spacco sul vestito. Mentre beveva si inumidiva le labbra e mi guardava con cupidigia. Provai a chiederle dove fosse Rosetta, lei lo sapeva, ma non volle svelarmelo. Dopo altre chiacchiere e dopo che ebbe bevuto un paio di bicchieri di prosecco si alzò e venne da me. Mi mise le mani sulla faccia e poi agguantò la mia cravatta. La tirò fingendo di strozzarmi mentre con l’altra mano giocava con la mia bocca. Spingeva un dito e poi un altro dentro di essa. Io la fissai con malizia e presi a succhiarle le dita della mano. Lei tirava la cravatta e sorrideva.
‘Perch&egrave non usi la tua linguetta come si deve, guaglio?!’e indicò l’interno della casa. Mi fece alzare tirandomi per la cravatta, mi spinse verso la camera da letto di DonnaRosa e mentre camminavamo, tenendomi per la cravatta, mi ficcò la mano sul culo e si divertì a toccarlo e palparmi il sedere fino a quando non fummo sul letto. Qui l’aiutai a spogliarsi e lei fece con me. Si mise a leccarmi i capezzoli provocandomi brividi sulla schiena, si attaccò al mio culo e lo palpò come meglio credeva. Quando rimasi coi soli pantaloni, lei si distese sul letto e mi indicò la sua figa nuda. Abbassai la testa fino al suo sesso e iniziai a leccarlo.
La figa di Raffa sapeva di cannella e umori. Era più elastica e più ‘giovane’ di quella di DonnaRosa, ma ugualmente gonfia e calda. Raffa era eccitata e l’interno della sua vulva era umido. Leccai bene e succhiai spingendo la mia lingua dentro di lei. La sentivo muoversi ad onde sopra di me. Le sue lunghe braccia cercavano il mio culo per stringerlo. Così, per facilitare il suo compito, mi piegai meglio sopra di me, alzando un poco il corpo in modo che lei raggiungesse meglio il mio deretano. Lo afferrò con quelle mani pittate e grosse. La sentii farlo suo stringendo le mie mel. ‘Sììì guglioooc osssììììì’.oh’.leccaaaaa”..leccaaaaaa’ ripeteva mentre si muoveva sotto di me ma con le mani piantate nel mio fondoschiena. Leccai e succhiai e la feci venire mentre lei gridava: ‘Sììììììììììììììììììooooooooooooodaiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii’ tenendomi stretto a sé.
*
Alla terza settimana senza DonnaRosa ero di nuovo preoccupato, ma lei mi chiamò dicendomi che era di nuovo a N.ma aveva da sistemare alcune cose. Feci delle domande ma lei le ignorò.
Anche la quarta settimana passò senza che Rosetta si manifestasse.
Poi una mattina squillò il telefono: ‘Sto tornando. Oggi mangiamo assieme.’
‘Oh che bello, Signora! Volevo tanto rivederl
ma lei aveva già riattaccato.
Arrivò a mazzogiorno. Stavo facendo la doccia e Fef&egrave mi disse che voleva vedermi subito. Mi pulii e in accappatoio andai da lei in camera da letto.
Era seduta di spalle e accanto a lei una giovane donna. La donna le stava rassettando i capelli, era giovane, con capelli neri come la notte, pelle chiara e luminosa macchiata da alcuni tatuaggi e un fare sbrigativo. Quando DonnaRosa si voltò mi prese un colpo.
‘Lei &egrave Stella, starà con noi e
Ma io stavo fissando la faccia di DonnaRosa. Ero colpito.
Incredibile!
Il volto di DonnaRosa era diverso!
Aveva fatto qualcosa alla faccia perché era diversa. Gli occhi erano più luminosi, più vibranti perché leggermente sollevati da un tocco estetico, le rughe attorno ad essi stirate. Anche il volto era più affilato. E poi la bocca: era mutata, più carnosa, con la parte superiore che si interrompeva nell’arco, pitturata di rossetto color carne era incredibilmente sexy. Anche i capelli erano cambiati: via il cascetto platino con ricrescita nera e adesso un taglio corto, giovane, con la divisa in mezzo.
Applaudii.
‘Dunque Guagliò?’ chiese lei perentoria, mentre Stella le metteva le braccia al collo: ‘Che te ne pare?’ disse tutta giuliva, baciando sul collo Rosetta.
‘State benissimo. Signora. Magnifica, splendida, sembrate almeno 10 anni più giovane, se non quindi’.non ho parole’.’ dissi. Lei sorrise e mi abbracciò. La bacia sulla nuova bocca, ma lei non ricambiò.
‘Bene, guagliò! Ti piaccio dinque?’
‘Siete bellissima, Rosetta..’
‘Lo &egrave’.&egrave splendida, vitale, &egrave..’ fece Stella e poi la baciò sulla bocca nuova e lei rispose al bacio con passione.
Mi meravigliai.
‘…ma come? Voi?’
‘Sì, guagliò! Stella &egrave la mia nuova amnte…contento? Guagliò? Mi hai detto di farmi leccare la figa da una donna ed io’.e lei &egrave Stella. Non &egrave bella? E la lecca da puttanella lesbica. Stella baciò Rosetta. La bocca della ragazza era larga, bella e sembrava sexy, Rosetta se la spupazzava di gusto.
‘Sono di troppo?’ chiesi beffardo. DonnaRosa si alzò e mi mollò uno schiaffo. ‘Dovete andare d’accordo voi due’.vi voglio amici, complici, siete i mie bambini impertinenti e pronti a leccarmela.
‘Sì, Signora..’ feci.
Stella prese Rosetta per mano e la fece sedere. Le massaggiò le tempie e le ripet&egrave di stare calma. ‘Andremo in sintonia…vedrai…non temere’.’
‘Sarà il caso. Dovete solo obbedirmi!’
Annuimmo.
Stella era sexy e giovane e provocante.
Mi guardava mentre massaggiava le tempie di Rosetta. Era maliziosa. Mi stava dicendo, qui comando io adesso!
Quando Rosetta si fu rilassata cenammo in villa. Spaghetti alle vongole e dolce. Stella sapeva come trattare DonnaRosa, c’era complicità fra le due. Si scambiavano opinioni, battute, risate, il calice del bicchiere. Rosetta beveva e anche Stella. Questa mise la gamba fra le cosce di DonnaRosa e poi si scambiarono il dolce con la lingua. Io ero escluso. Forse se Stella avesse preso il primo posto nel cuore di Rosetta, lei mi avrebbe lasciato andare. Sorrisi, forse quella puttanella lesbica era il mio lasciapassare. Ma Rosetta come sentendo i miei pensieri annunciò: ‘Ho grandi progetti per voi ragazzi, amplieremo la zona sotto la villa e vivrete lì sotto a portata di battito di mani!’ e sorrise, schioccò le mani e Stella le baciò il collo con forza, passione. ‘Ma io voglio stare sola con te. Vero che mi lascerai dormire nel tuo lettone? Come in clinica?’ fece Stella muovendo la gamba nel solco delle cosce di Rosetta. ‘Ho grandi progetti per voi’.a partire da stasera’.bene, iniziamo!’
Non capivamo, ma Stella era eccitata. Per far vedere che anchio ero eccitato mi misi a fianco di Rosetta e le tastai un seno mentre Stella infilava la sua gamba. La boss si godette quel doppio servizio, un uomo e una donna. Giovani. Lei quasi sessantenne. Volto ringiovanito. Capoclan della camorra. DonnaRosa. Seduta a tavola si trastullava nel gioco dei suoi giovani amanti. Io passai a leccarle il seno e succhiare il capezzolo. Stella muoveva la sua gamba e la teneva su di giri. Ci sapeva fare la ragazza! Ma d’improvviso DonnaRosa batt&egrave le mani: ‘Fermi! Con calma! Voglio mettervi alla prova! Giocare con voi!’ come? Chiedemmo entrambi scostandoci da lei.
‘Guagliò! Guanglioncella! Una gara! A chi me la lecca meglio stasera! Gara con premio! Al vincitore mille euro!’ disse e mi ordinò di passarle il marsupio. Prese un rotolo di soldi e li contò fino a mille, ce li mostrò. ‘Uwhhhh…grande Rosetta, quanto ti amo! Saranno miei, lui non ha speranza! Annunciò e mi puntò un dito contro.
‘Con calma ragazzi! Ce n’&egrave per tutti”.avanti’.fate la conta per chi inizia!’ ordinò lei e facemmo pari o dispari. Vinsi io e accompagnai Rosetta sul letto. Stella mi guardava sorniona. Feci stendere la boss e le calai le mutandine. La sua figa era rasata e già gonfia, sapeva di donna, di boss, di vecchia, di Stella. Mi abbassai all’altezza del suo sesso e presi a baciarla.
La baciai a lungo prima di iniziare a leccarle ilc litoride, le grandi labbra, la figa. Lei reagì bene alla ia lingua e presi forza. Spinsi la lingua dentro e leccai. Leccai forte e duro mentre sentivo i gemiti di piacere della donna e la sua figa gonfiarsi e diventare calda, umida. Affondai il colpo convinto che la forza della mia lingua bastasse. Stella passeggiava intorno, braccia conserte. Io leccavo, Rosetta godeva. Poi Stella si mise ad accendere ceri per la stanza. Io a capo basso, leccavo, mille euro erano molti! Leccai e succhiai mentre Stella accendeva lumi e massaggiava i capelli di Rosetta. Questa si godeva il tocco della nuova amica alla testa e la mia lingua in basso. Ben presto la sua passera si gonfiò pronta all’orgasmo. La sentii gemere e Stella la baciava sul collo, allora accellerai. Leccai, succhiai e la feci venire. Venne copiosamente insaccherandomi la faccia. Godette con Stella attaccata al collo. Ero contento del lavoro. Ora toccava a lei. ‘Tu vai nell’angolo e rimani lì!’ mi disse. ‘…ma tu sei stata…’ obbiettai, ma Rosetta batt&egrave le mani: ‘Non litigate voi due. Guagliò fa come ti dice…’
stella le montò sopra il corpo e la baciò sul collo e poi la bocca. Rosetta la ricambiava eccitata. Io ero nell’angolo. Stella sapeva come fare con lei. Lingia in bocca e baciate sul collo. Poi prese a toccarle i seni. Li massaggiava e gustava. Rosetta apprezzava. Quindi scese alla figa. Stella si mise a terra e prese a toccare la figa di Rosetta. Mani abili, tocchi intimi, complici, giochi di donna. Io guardavo da solo. Il lavoro di mani di Stella era ben bilanciato e vidi che Rosetta apprezzava. Quando passò a leccarle la figa, subito la boss cacciò un urlo di piacere. Lussurioso. Stella affondò la bocca e prese a farle un servizietto coi fiocchi! Cavolo come ci dava sotto la troietta era proprio veloce e slinguazzava tutto il sesso maturo della boss. Rosetta era eccitata e Stella affondò la morsa. Prese a toccarle le labbra della figa con le dita, sempre più veloce mentre leccava. La boss godeva, padrona del gioco. Io guardavo in silenzio. Vedevo Stella all’opera con le dita e la lingua e la capoclan che godeva come una troia. Infatti scoppiò. Eruttò umori e piscio! Schizzò sotto i colpi di Stella. Cacciò vari urli di passione e sessualità. Stella le salì sul corpo sudato, nudo, lei bianca coi tatuaggi, la donna matura, pelle sfatta, olivastra. Rosetta rise e Stella la baciò sul collo. Non c’era dubbi sul vincitore. Stella ancora nuda raccolse i soldi e mi guardò: ‘Sono la migliore!’ e mi sventolò i soldi in faccia. ‘Andrete d’accordo invece voi due!’ ‘Certo Signora, come vuole lei Signora…’ risposi io. Stella rise: ‘Signora di qui’.signora di là…puci puci’..vai a letto, Signorino! Hai peso!’ mi canzonò. Rosetta sorrideva ancora scossa dal piacere. ‘Cosa posso fare per lei, Rosetta?’ chiesi ossequioso. Volevo uscire di lì. ‘Oh, guagliò’.vai pure a nanna’.Stella mik farà compagnia stanotte’.’ disse. Io salutai e tornai nelle mie stanze.
*
Così Stella entrò prepotentemente nel nostro menage. DonnaRosa che dettava i tempi e loro che se la intendevano.
Accanto al mio appartamento iniziarono subito i lavori per farne un altro. Squadre di almeno 30 operai fecero tutto a tempo record. Per un mesetto dormii in una stanza in villa. Stella era invece sempre con Rosetta. Si divertivano a vicenda, quella troietta faceva la spocchiosa e comandava a tutti, domestici, Geg&egrave, Fef&egrave e a me, ovviamente. Però ero tornato a uscire di casa. Andavo a sparare e mangiare gelati con Geg&egrave.
L’inaugurazione dell’appartamento sottocasa di fronte al mio avvenne un sabato e ci fu una festa. Incy, Raffa e Masolina vennero a trovarci e furono felici dei cambiamenti. Evidentemente erano già pratiche del nuovo look di Rosetta e della presenza di Stella. Che poi non accorgersi di Stella era impossibile: non stava mai ferma, ballava, cantava, agitava il culo, baciava DonnaRosa, scherzava, le diceva quanto era bella eccetera. Io ero messo in disparte ma la cosa mi andava bene. Stella si prendeva tutta la scena. Meglio così. La festa fu divertente, l’appartamento di Stella era il doppio del mio: ricco di tutto, stereo, cucina, bagno con vasca, idromassaggio, letto ad acqua e ogni tv o computer. Lei era al settimo cielo e si strusciava con Rosetta, baciandola e ammaliandola. Masolina tirò fuori della coca e le donne si misero tutte a pippare come matte. Stella serviva le strisce e si beccava il restante ogni volta, Incy era più tranquilla, ma Raffa e Rosetta ci davano giù pesante, pippavano come impazzite. Il bello era che Rosetta per quanto tirasse la coca rimanesse molto lucida, molto Boss, fumava in continuazione e toccava il culo a Stella che strafatta le si strusciava addosso, ma era presente e scattante. La Raffa si mise a ballare e poi mi costrinse a ballare con lei. Io non avevo assunto droghe se non due tiri di canna, ero tranquillo e rilassato mentre le milf ridevano, pippavano, bevevano, urlavano, cantavano. Ballai con Raffa, lei era scatenata, mi tastava il culo e mi alitava in faccia boccate di sigaretta mentre smascellava per la coca. Ballammo e Rosetta approvava mentre si faceva una striscia sul culo di Stella. Dopo aver ballato Raffa si spinse sul divano e mi tirò a sé. Mi dette un bacio sulla bocca, sapeva di fumo, coca e rum e mi strapazzò il culo dicendomi: ‘Adesso me la lecchi, guagliò, voglio sentire la tua linguetta sulla mia passerina..’ e scoppiò a ridere e si tirò giù le mutande strappando le calze. Tutte risero e Stella andò da Raffa e la baciò sulla bocca mentre io mi inginocchiavo. Stella baciava Raffa e le passava la coca su per in naso con l’unghia. ‘…oh, commme sei dolce Stella, che carina, che amore’.Rosetta sei fortunata ad avere una nipotina così..eh aha aha ah’ Rosetta si alzò venne da noi. Baciò Stella tirandola per i capelli: ‘Oh, questa mia nipotina &egrave una stella…una stella della leccata della figa’.e mi piace da impazzire’.’ la baciò ancora, quindi la strattonò via. Raffa rideva. Masolina tirava coca, io ero in ginocchio davanti alla figa della Raffa. Rosetta mi prese per i capelli e mi tirò a sé: ”.ma ho anche questo mio guaglioncello qua’.lui…mi ha fatto capire molte cose e mi ha riportato al sesso!! devo a lui molto!’ e prese una banconota da 100 euro me la sventolò in faccia, feci pre prenderla coi denti, ma lei la ritrasse. Giocò con me con la banconato, quindi si abbasso da me. Ero in ginocchio, la figa gonfia di Raffa pronta per il mio servizietto, la faccia nuova di DonnaRosa che mi fissava. Era fatta di coca, ma padrona, boss. Mi tirò uno schiaffetto. Mi dette un bacio. ‘TI amo DonnaRosa..’ dissi. Tutte risero Stella sbuffò e mi fischiò contro. Rosetta mi dette un altro schiaffo ma piano quindi mi baciò sulla bocca e io rcambiai con foga. Ero felice. Lei ancora non mi lasciava andare ma non mi trattava malissimo. Ero ancora il suo gigolò personale, in coppia con la lesbica Stella. Dopo il bacio la ringraziai e lei mise la banconota sulla figa di Raffa. ‘Vai. Lecca’.’ e mi spinse contro la figa di Raffa in attesa, contro la banconota.
*
Dopo la festa il gruppo delle donne si vedeva spesso durante la settimana per scherzare, giocare a carte e pippare. La coca stava facendo spazio sempre di più fra di loro. Erano sempre euforiche, su di giri, fatte, ubriache. Stella era una pantera bianca, dominava la scena, aveva energie per tutte quelle donne over50. La coca le rendeva pazze e assatanate di sesso. Nel weekend andavamo alla villa al mare con montagne di coca, champagne e giochi erotici. Stella scopava con tutte. La Masolina aveva una parte lesbo molto forte era presa da Stella e l’adorava, ma Rosetta voleva che la ragazza fosse per lei. Una sera fatte di Coca litigarono, DonnaRosa cacciò Masolina dal gruppo e quella non si fece vedere per qualche tempo. Orgie e sex toys. Plug e catene comparvero, braccia di plastica e frustini. Le donne ci davano dentro e si divertivano. Spesso ero ai margini dei giochi, mi limitavo a leccare qualche figa lasciata da Stella. Raffa amava che la leccassi bene, l’iNcy era più attratta da Stella, Rosetta era pazza della ragazza. Scopavano come matte, falli nella figa, leccate di passera, lunghi baci lasbo. Io guardavo o mi occupavo dei cockaitl che ci fossero sempre le canzoni neomelodiche che Stella ballava e cantava assieme a Rosetta.
Ma la boss era sempre la boss.
In giro si diceva che DonnaRosa avesse tempo solo per Stella e la figa. Che non avesse il polso della situazione nel clan. Me lo riferì Geg&egrave molto preoccupato. Le voci giunsero a DonnaRosa. Lei convocò una riunione nella villa. Parlò dieci minuti a tutti gli uomini riuniti. Loro ascoltaerono in silenzio. Anche se la faccia era diversa, più giovane, più bella, lei era sempre la BOSS. La capoclan. Loro erano ai suoi ordini. Ripet&egrave questa cosa più volte. Alla fine uno degli uomini disse che DonnaRosa sembrava non interessarsi agli affari come una volta. Questa scena me la raccontò Geg&egrave che era presente. DonnaRosa lo ascoltò. Poi andò da lui gli sputò in faccia e fece un segno a G.,una guardia del corpo di sparagli alla nuca. Il tipo cadde per terra nel sangue. Gli altri si alzarono sconvolti. Rosetta era sempre la capa. Il boss. Che se lo ficcassero in testa.
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Stella non mi sopportava. Durante le festicciole insisteva sempre per umiliarmi, per ficcarmi in culo piccoli plug aiutata da Raffa. Dovevo sopportare, ma una mattina parlai chiaro con lei: ‘Stella, io non sono in competizione con te, prenditi pure Rosetta, ti auguro tutto il successo, ti lascio il campo libero’..sono qui da più di un anno…voglio tornare a casa, quindi non devi preoccuparti per me…’ lei capì che non mentivo e si comportò meglio.
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Le feste. Il sesso, la coco. Tutta andava a mille con Rosetta. Lei era innamorata di Stella ma mi trattava alla grande. Cene, vestiti, uscite fuori con Geg&egrave. Stella menava le danze ed io le lasciavo il campo. La coca non mi piaceva per niente.
Rosetta era gelosa di Stella specie quando uscivamo. Stella voleva sempre andare a ballare, a bere eccetera, così DonnaRosa l’accompagnava in qualche locale e si metteva a bere in un angolo mentre quella dava sfogo alla sua esuberanza di gran figa ballando in giro o facendo la scema. Amava far rizzare il cazzo agli uomini, strusciarsi e fare la troia e poi lasciarli lì eccitati e confusi. Si faceva accompagnare al tavolo da DonnaRosa, quelli riconoscevano la boss o notavano le due guardie del corpo sedute vicine e diventavano piccoli piccoli e Rosetta li cacciava via mentre Stella rideva come una pazza. Una sera però Fef&egrave che ci accompagnava fece una stronzata. Era al bar con Stella,q uella faceva la troietta e lui era eccitato. Così le tastò il culo un paio di volte non accorgendosi che DonnaRosa li stava osservando. DonnaROsa chiamò Stella e Fef&egrave e disse che tornavano a casa. ‘…oh, ma Rosetta bella siamo arrivati da poco…dai cuoricino mio…’ fece Stella con la bocca a puttanella. DonnaRosa le mollò uno schiaffo in faccia e disse: ‘Andiamo via.’ Tornammo al Suv e partimmo per casa. In villa Rosetta si servì del rum e Stella le preparò una striscia di coca. Lei la prese e poi mandò a chiamare Fef&egrave. Quello arrivò tutto tranquillo, lei lo fissò e urdinò: ‘Metti qui la mano con cui hai toccato il culo alla mia ragazza!’ Fef&egrave sbiancò, si buttò a terra e piagnucolò che non voleva, che non voleva farlo, ma poi DonnaRosa fece un segno a Geg&egrave che prese il compare per la schiena, lo bloccò con la sua mole e attese che quello alzasse il braccio. Tremava. DonnaRosa prese la pistola e sparò alla mano di Fef&egrave.
*
Una sera Raffa portò delle trans napoletane ad uno dei festini nell’appartemento di Stella. Erano due tipe alte, gambe lunghe e lisce, seno rifatto e volta dai tratti maschili ma ben truccate e profumate. Raffa le fece accomodare, servì la coca e lo champagne e attese che DonnaRosa fosse in accordo con lei e la presenza delle trans. Lei alzò un sopracciglio e poi sentenziò: ‘Ok, brava Raffa! Come vi chiamate dolcezze?’ Stella si mise a ballare e cantare le canzoni, Raffa e DonnaRosa stavano a parlare con le trans che erano spigliate e simpatiche. Incy mostrò loro i sex toys e quelle li presero in mano e scherzavano: ‘Scommetto che questo &egrave per te…’ disse una trans puntandomi addosso un plug viola. Io mi imbarazzai. ‘..oh..no..’ ‘Come no? &egrave proprio per te invece!’ disse Rosetta e scoppiò a ridere. Poi mi ordinò di spogliarmi e mostrare come quel plug oramai entrava nel mio ano. Era un plug stretto ma lungotto. Fu una trans a infilarmelo dentro. Prima mi fece accomodare sulle sue ginocchia, culo in aria, nudo sotto. Lei mi mollò qualche sculaccione imitata da Stella e poi la Raffa. Quindi la trans giocò col mio culetto. Lo toccò e sculacciò e poi infilò un dito dentro. Piano. Leggera, ma decisa. Chiese del gel e Stella fece: ‘Non c’&egrave né bisogno!’ e mi sputò nel buco del culo. Io feci per alzarmi ma la trans mi tenne fermo e l’amica gli diede una mano. Stella ripet&egrave lo sputo nel mio culo e anche la trans lo fecere. Mi infilarono dita nel culo per spingere lo sputo, quindi DonnaRosa fu invitata da Stella a umiliarmi. Lei si alzò venne da me, dal mio culo e ci infilò la sua sigaretta accesa dentro. Tutte risero e applaudirono, Stella era impazzita, Raffa eccitata. Rosetta mi umiliò col gioco della sigaretta nel mio culo. Poi la tolse e sputo più volte nel mio buco del culo.
Le trans mi misero sotto, mi tennero testa bassa e strinsero le braccia per tenermi fermo, quindi una mi infilò il plug nel culo e prese a spingerlo dentro. Le donne ridevano e applaudivano, quella trans mi umiliava, derideva e psingeva il plug nel mio culo. Andò avantì così per u poco. Era anche piacevole in fondo e sentivo con la testa sotto le due trans che quelle si stavano eccitando. Quando finirono col mio culo infatti una sfoderò un cazzetto medio e mi chiese di succhiarlo: ‘No, no…vi prego’..’ Stella strillò: SUCCHIALO!!!! Raffa rideva sguaiata. Quella trans mi proponeva il cazzo, io indietreggiavo, ma guardai DonnaRosa che invece fece di segno con la testa che prendessi quel cazzetto in bocca. Deglutii. Ero disgustato. Lei mi fissò: ‘Succhialo guagliò!’ ordinò e dovetti farlo.
Presi quel cazzetto in bocca. Sapeva di donna e di cazzo. Era piacevole tenerlo in bocca, ma ero interdetto e impaurito. Rimasi fermo. Il cazzo in bocca. Allora la trans iniziò a muoversi dentro la mia bocca spingendo il cazzetto contro la parete e poi facendolo uscire. Spingeva ed estraeva, divertendosi a farlo. Anche le donne apprezzavano il gioco, io ero l’unico a non farlo, sentire quel pezzo di carne in bocca non era il massimo. Sbatteva contro l’interno della mia gota e poi mi scivolava sulla lingua e sulle labbra: ‘Avanti ciuccia, guagliò! Ciucciamelo!!’ diceva la trans e le donne gli facevano il coro: ‘Ciuccia!! ciuccia guagliò!!’ era imbarazzante e ridicolo, tenevo gli occhi chiusi ma quel cazzetto mi scopava la bocca come una puttana. Per fortuna la trans si scocciò del gioco e mi fece alzare. Si mise a giocare con l’amica in un groviglio di mani che si toccavano, di pelle, di braccia e cazzi, capezzoli e tettine piccole, Stella era divertita e così la Raffa. Stella si gettò in mezzo ai due trans e le bocche si unirono, le lingue cercavano i capezzoli da mordicchiare e baciare, le mani toccavano i sessi dritti dei due trans e la figa nera e curata di Stella. La raffa strusciava le sue mani ingioiellate sulle gambe dei tre, toccando, eccitandosi. Era un groviglio di sessi, cazzi, mani, corpi. DonnaRosa non partecipava al gioco, stava al tavolo a prepararsi strisce di coca. La guardai. Stella la chiamò fra di loro, ma lei fece segno di no. Mi avvicinai. ‘DonnaRosa, vuole che le lecchi la fica?’ Lei grugnì, tirò la coca. Mi indicò il bicchiere e lo riempii col rum. Lo bevve di colpo. Mi guardò. Attorno in corpi si muovevano, le lingue si toccavano, le bocche baciavano altre bocche e capezzoli. ‘Perch&egrave no? Guagliò? Ho voglia di sentire anche il tuo cazzo dentro di me…’
Così ci allontanammo dall’orgia. Stella ci guardò stupita, ma sapeva che non doveva temere nulla da me. Rosetta mi condusse nel mio appartamento. Si stese sul letto e si spogliò velocemente spargendo camicia, gonna e mutande per terra. Tenne solo le scarpe coi tacchi. La sua carne flaccida e grigiastra mi si proponeva davanti come da molti mesi a quella parte, la faccia invece era nuova, ma mi ci ero abituato subito, più sexy, più giovane. Mi sdraiai sul letto con la testa all’altezza del suo sesso. La sua figa matura attendeva la mia lingua, in baci della mia bocca. Affondai e presi a leccare, lei mise una gamba sulla mia schiena, arpionandomi e tenendomi sotto. Io leccavo e baciavo, sentii il tacco che mi si conficcava nella parte alta del culo: ‘Ahi!’ feci. ‘Leccamela guagliò e taci! Voglio anche il tuo cazzo stanotte!’
così con il corpo afferrato dalla gamba di lei, col tacco che mi premeva sul culo continuai a leccarle la passera da milf, la vagina gonfia e carica, lei godeva piano, la testa nei fumi della cocaina, il piacere da venire. Leccai e baciai quella figa. Leccai e succhiai. Quando fu calda, gonfia, piena di umori e umida feci segno che volevo penetrarla. Lei allora si alzò e si mise a quattro zampe sul letto. ‘Sbattimelo dentro bambino mio’.’ disse tirando su col naso. Io le struscia il cazzo duro sulla figa, lei mandò un brivido di piacere, un suono profondo. Il suo culo era all’altezza del mio sesso. La schiena nuda e i capelli corti profumavano di femmina, di donna arrapata, di sesso, profumava di boss e di capoclan. Era DonnaRosa. Le infilai il mio cazzo duro nella passera. ‘Ahhhhhhh sììììì…’ fece ed io iniziai a spingere forte. Un colpo ben assestato e poi un altro. Spinsi e presi ritmo. Le piazzai le mani sui fianchi e la tenni stretta. La fottevo. Vedevo la sua schiena muoversi in avanti ai colpi del mio cazzo. La testa ondeggiava. ”…oh sìì ohhhh cosììì, sìììì, cosìììì!’ diceva. Le gambe piegate, le scarpe coi tacchi costosissime e ben salde ai piedi, il mio cazzo dentro che se la faceva di brutto.
Spinsi e spinsi. Dentro fuori. Il mio uccello schizzava veloce dentro la sua figa matura. Sentivo come affondava bene i colpi in quel sesso pregno di umori.
‘Cosìììììììììììì…ohhhh’.ohhhhhhhhhhhhhh’…così guagliò!, dai’.dai’..così’.’ ripeteva quella mentre io entravo dentro e uscivo dalla sua figa.
La tenevo ben salda sui fianchi, mi piaceva averla in mio potere, sentirla fremere di lussuria e piacere. Ci davo sotto, dentro e fuori, bello duro, bello cattivo. Io e la boss. Lei crudele femmina capoclan ed io semplice suo amante, suo gioco, suo sfizio. Eppure adesso era lì: in mia completa balia, la fottevo forte nella figa. Un colpo dietro l’altro, dentro fuori, il cazzo che andava bello liscio e lei che mormorava: ”..daiiii’..sìììììì’.così’.ohhhhh…mummmmm ohhhh…sssììììì…’
Non mi accorsi che qualcuno era alle mie spalle. Sentii solo delle braccia che mi sfioravano, delle bocche che mi baciavano, vidi Stella che si abbassava su Rosetta, che la cingeva, che l’abbracciava, ma ero preso dall’orgasmo. Venni a pioggia sulla figa di DonnaRosa mentre Stella l’abbracciava. ‘Ohhhhhhhhhhhh sìììììììììììììììììì, daiiiiiiiiiii’.cosììììììììììììì…aHHHHH Guagliòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòòò!!!!’ gridò e venne pure lei.

vivevamo negli appartamenti sotto la villa, potevamo uscire con le guardie del corpo, andare a sparare o al cinema, per negozi eccetera, ma DonnaRosa, ovviamente, poteva farci fare quello che voleva. Eravamo i suoi amanti personali, della sorta di oggetti sessuali della capoclan. Lei decideva per noi. Era una prigione, ma dorata e poi avevamo tempo libero per noi. Rosetta gestiva un impero. Era spesso a M.e sbrigava faccende e faceva trottare gli affari. In giro si diceva che avesse perso la presa sul business per via della coca, le feste e tutto, ma lei ci sapeva fare. Faceva regali ai bimbi del quartiere, si assicurava che la gente in carcere affiliata al clan avesse denaro per campare la famiglia, pagava multe o affitti a quelli che venivano a casa sua a battere cassa. Era generosa e così la gente l’amava e le voci vennero presto meno. Comandava lei e gli affari giravano bene tanto che i suoi parenti non osavano contraddirla. Solo Ciro dal carcere smaniava e dava di matto perché il potere sarebbe toccato a lui. Ma si era beccato altri anni per la storia della droga e cellulare in cella e stava fottuto.
Stella era la cocca di DonnaRosa. La boss era innamorata di quella troietta eccitante, sveglia e approfittatrice. A me non importava un fico secco. Facevano shopping assieme, Rosetta la copriva di regali, anelli, bracciali, cavigliere e vestiti. Stella se la cullava come la gallina(vecchia)dalle uovone d’oro. Stella voleva ritoccarsi i tatuaggi e farne di nuovi. Rosetta contattò il miglior tatuatore di R.e fissò un ciclo di sedute di una settimana. Stella partì da solo per R.con 5000 euro per il lavoro e un albergo di lusso in periferia. Io e DonnaRosa salimmo a riprenderla solo il sabato sera. Stella era immersa nella vasca godendosi il lusso della camera: ‘Ah Amore miooo sei qui? – fece uscendo dalla vasca come impazzita dalla gioia- era una grande attrice ‘ non guardare ancora! Ti prego! – e si infilò un accappatoio ‘ poi baciò DonnaRosa sulla bocca e fece faccine buffe e felici.
‘Sei bagnata! Ferma! Hai finito? Tutto bene il lavoro?’
‘Oh, vedrai Rosetta’..perfetto…quello che volevo’..ti piacerà vedrai’..vai a sederti di là..tu versale del rum’.andate, arrivo subito…’ fece Stella.
Andammo in camera e servii rum a Stella che si sedette su un lato del letto. Dopo cinque minuti tornò Stella con un kimono bianco e blu.
‘Che splendore…ragazza mia…’ disse Rosetta.
‘Ecco…aspetta’.guarda’.’ e si aprì il kimono. Prima mostrò un tatuaggio sul fianco sx, all’altezza dell’ombelico, raffigurava una donna, DonnaRosa in versione intervento chirurgico, molto ben fatta, i capelli a caschetto, le nuove labbra sexy, gli occhi brillanti e l’espressione seria, da boss. ‘Molto bello..’ disse. Sotto il volto di Rosetta c’era un grosso cuore rosso e le iniziali S e R
Poi Stella mostrò un grosso tatuaggio sulla spalla dx, che copriva uno più vecchio e più brutto. Fiamme, teschi, carte da gioco, ruote, una bocca femminile. Tutto avvolto nelle fiamme. ‘Questo mi piace meno…troppo scuro……’.ma ben fatto…’ commentò lei.
‘Questo ti piacerà!’ fece Stella e mostrò la spalla sx dove delle spine e delle rose componevano la parola RosettaLove. ‘AH, carino’!’
‘Non ti piace?’
‘Sì, ok, carino’.’
‘Oh, che cattiva che sei’..sono stata una settimana su quel lettino a farmi pungere…’ disse la troietta con la voce da gattina.
‘Sì…mi aspettavo meglio per tutti quei soldi’.ma sei stata solo a farti i tatuaggi o hai scopato in giro, eh troiettina mia?’ disse lei e prese il mento della ragazza e le ficcò gli occhi adosso. ”.oh, ma che dici Rosetta? Sai che amo solo te’.ho fatto questo coso per te e non ti piace neppure…’ disse a gatta morta mostrando la faccia di lei tatuta sul fianco.
‘No’.dolcezza non fare così”.vieni qui’.’ e le sollevò la testa, lei faceva gli occhi dolci e sbatteva le palpebre da bambina innocente. Rosetta la baciò e si accoccolarono sul letto abbracciandosi e baciandosi, Stella nuda e la boss vestita.
‘Vai a prendere dello champagne, guagliò, fresco’.prendi i soldi..’ ordinò Rosetta e mi mise in mano 200 euro.
‘…e non tornare subito…’ disse Stella e poi strusciò le tette nude sul volto di lei.
Feci un giro dalle parti dell’albergo, entrai in un fastfood(il posto era in mezzo a tangenziali , spoglio e desolatamente vuoto)e ordinai delle patatine. Ero vestito come un damerino per il viaggio con Rosetta: giacca, cravatta, scarpe di cuoio, cintura di coccodrillo. La ragazza al banco cercò di attaccare discorso con me, era carina, un poco grassoccella, ma dal viso allegro, perché pensò che fossi un riccone o qualcosa del genere, ma sapevo che DonnaRosa mi voleva in albergo con la bottiglia. Dopo aver consumato le patatine e una cocacola, tornai in albergo, al bar acquistai una bottiglia di Champagne francese per 90 euro(ne valeva appena 35, in villa Rosetta ne aveva una scorta più fornita dell’hotel…)e tornai di sopra. La bottiglia non era neppure ghiaccia sebbene avessi il secchiello col giaccio e pensai che Rosetta si sarebbe arrabbiata. Ma quando entrai nella stanza DonnaRosa era già arrabbiata di suo.
Con Stella!
‘Quante volte? Dimmelo sgualdrina!???!!!’ le urlava contro. L’aveva messa contro un angolo, teneva delle mutandine in mano e la picchiava sul corpo nudo con manate e ceffoni.
‘Dimmelo troia!!!! o ti spello viva!!!’
‘…no Rosetta…non &egrave – e lei la colpiva sulla schiena, in faccia ‘ non &egrave come dici…’
‘Dimmelo Zuccola succhiafighe!!!’
schiaffi e pugni. Mi tenni lontano, mi sedetti sulla poltrona e mi godetti la scena di Stella sorpresa a scopare con qualche altra fighetta. A DonnaROsa non la si faceva mica’
‘No’.dai’.Rosetta…amoruccio mioooo’.’
Ancora schiaffi e calci nel sedere.
‘Parla baldracca, brutta succhiafighe lesbica di merda’..dimmelo o ti meno tutta la sera!!’
e serie di schiaffi e botte.
Io ridevo di lontano ben attento a non farmi sorprendere.
‘Ecco’.solo’
‘Solo cosa? Troia!!????’
”.solo una mia amica’.
Schiaffi e graffi.
‘Puttanella maledetta! Ed io che ti copro di gioielli e vestiti. Ti mando qui a farti tatuare e tu scopi con la prima troia che passa?!’ e altri graffi e calci. Stella piangeva, agitava le mani e implorava pietà: ”’.scusa ‘ e giù botte ‘ scusa Rosetta’…solo una sera…una mia amica’.’
‘Solo una tua amica? Io sono la tua figa! Tu non hai amiche che te la leccano!! sono io. Tu sei mia!!’ e la colpì con delle manate spaventose. Stella nuda, piangente, si buttò a terra e implorò pietà ancora.
Lei si calmò un poco.
Mi vide: ‘Sei tornato? Versami da bere! Spicciati!’ mi ordinò e le servii del rum. Doppio.
‘Come si chiama? Dove abita? Solo una volta, troia? Lo giuri?!’
”.sì, Rosetta cara…sì solo lei…solo una volta’.ero sola’
lei si alzò e la colpì forte con un calcio: ‘Sola?????!!! sola brutta bagascia?!!’
‘…perdonami perfonami Rosetta’..sono una stupida’..ma lo sai che ti amo’.ti amo…’ e cercò di stringerle le gambe, lei la calciò ancora. E mi ordinò di servirle da bere di nuovo. Si sedette e riprese fiato. Stella a terra, graffiata, nuda piangeva disperata.
‘Tu, lascia la bottiglia qui e vattene! Ti telefono io quando mi servi. Vai con Geg&egrave, prendete il Suv non mi serve. Ho da sistemare delle cosette qui con questa TROIA!!!’ mi ordinò
Vidi Stella che arrancava da lei. La implorava, le toccava in piedi, le gambe, mi sistemai con calma per godermi lo spettacolo di quella troietta smorfiosa che strisciava ai piedi della Capa.
Con Geg&egrave cenmma in un ristorantino in centro molto caro(tanto avevo la carta di credito di DonnaRosa)e a fine pasto Yuri(che stava di guardia nella stanza accanto a quella di Stella e Rosetta)telefonò a Geg&egrave per dire che avevamo ancora due ore da stare fuori perché DonnaRosa non voleva essere disturbata). Chissà come stava conciando Stella! Raccontai tutto a Geg&egrave e ordinammo del limoncello. Finimmo per ubriacarci e Geg&egrave sbagliò strada e finimmo in una statale piena di puttane. ‘L’ultima volta ci &egrave andata male…’ commentò Geg&egrave.
‘Ma oggi siamo a R.e nessuna troia conosce DonnaRosa…che ne dici se…’
‘Sei pazzo? Non ricordi come ci ha conciato l’ultima volta?’
‘Geg&egrave calmati! Chi ci conosce qui?’
‘Nessuno! Guagliò!’
‘Esaatto, nessuno Geg&egrave mio’.’
Così ci scegliemmo due trans con delle tette grosse. Ci appartammo in un campo. Geg&egrave dietro con la sua trans, io davanti con la mia.
La mia era grassa e portava un trucco pesante. Puzzava di troia. Si mise a trafficare col mio uccello.
Ma da dietro sentii quella di Geg&egrave urlare: ‘Mamma mia questo ha una pistola vera!’
‘Zitta troia non impicciarti. Siamo della polizia di Napoli. Non rompete il cazzo. I soldi li avete presi. Fateci un nu bocchino e andiamocene da qui!’
Quelle capirono l’antifona e si misero al lavoro. La mia era esperta e brava, mi mise il preservativo e in cinque minuti mi fece venire. Geg&egrave ci mise di più e ci fece scendere dalla macchina per avere privacy. Ero vestito come un damerino e stavo in un campo con una bagascia trans alta più di me. Mi venne da ridere.
Quando tornammo in albergo, mi detti una rinfrescata prima di andare da DonnaRosa.
Erano entrambe a letto. Nude. Stella era gonfia in faccia, graffi sulla pelle bianca e soffice. Rosetta si fumava una sigaretta post-coito abbracciata alla smorfiosetta. Erano di nuovo in pace. Amanti.
‘Tutto bene signora? Le occorre qualcosa? Posso andare a letto?’
‘Sì, baby, ma prima versaci quanto rimane dello champagne…’ mi ordinò. Quando tornammo alla villa nel quartiere Stella e DonnaRosa sembravano di nuovo affiatate amanti, certo Stella non la mollava un attimo, mano nella mano, baci, carezze, parole dolci. Rosetta pareva felice e a me non fregava poi molto, speravo ancora di tornare alla mia vita.
*
Intanto proseguiva quella da carcerato nel sottocasa della boss. Ogni notte(almeno che non fossimo fuori, alla villa al mare, a qualche matrimonio o festa) DonnaRosa veniva a chiuderci a chiave lì sotto, due mandate e via.
Masolina fu la prima del giro a seguire le nuove usanze del clan.
Ad un battesimo si presentò assieme alla sua nuova amante e annunciò che stavano assieme come lo facevano Stella e DonnaRosa. Rosetta non si arrabbiò, anzi, dette un bacio sulla bocca a Masolina e fece: ‘Hai la mia benedizione, cara…’
Princiss, questo era il nome della giovane amante di Masolina, era una ragazza bionda, alta, lunghe gambe tatuate, volto ovale, strinse subito amicizia con Stella e insieme facevano da amanti alle due donne. Certe slinguazzate e leccate di figa alle feste ho visto fare’..ci davano sotto come invasate, Masolina viveva una seconda giovinezza, si era rifatta il seno e pensava ad una plastica facciale. Poi anche la Raffa si prese il boyfriend. Lucio, un omone sulla trentina grande e grosso che amava le moto. Era un tipo solitario, ma sapeva come trattare la Raffa, le leccava la fica come un cagnolino docile e poi se la ingroppava con forza. Lucio aveva un cazzo enorme e quando si faceva la Raffa la penetrava con quella bestia e la sbatteva. Non legai molto con Lucio, troppo distanti i caratteri, troppo orso motociclista lui, ma mi andò meglio con il giovane amante della Incy. Riciolo, come lo chiamava lei. Era un venticinquenne di Milano molto effeminato, magro, simpatico e allegro. Incy era innamorata di lui, ripeteva che gli ricordava un figlio, fra i due c’erano 30 anni di differenza. Riciolo era un tipo sveglio e ci mettemmo in combina per passare del tempo assieme, alla play o a casa della Incy che aveva un cinema in salotto! Gli insegnai a sparare e lui mi raccontò i segreti della Incy. Amava essere bendata e scopata da dietro. Il culo della Incy &egrave stretto come un’un riccio di mare… commentò una volta Riciolo.
I giorni prigioniero alla villa trascorrevano meglio con la compagnia di Riciolo, lui insisteva sempre perché Incy invitasse Rosetta da loro o che loro andassero alla villa della boss. Così cenavamo spesso in 5, con Stella che passava il tempo sul tablet o baciava Rosetta e noi che ci divertivamo a quelle cene: piatti prelibati, liquori ottimi, poi io e Riciolo ci preparavo dei joint di erba, le donne tiravano coca e bevevano rum. Una sera DonnaRosa obbligò me e Riciolo a ballare per le donne e spogliarsi a ritmo. Fu umiliante ma lei amava quelle cose e così dovemmo farlo, ballammo e ci spogliammo mentre Stella ci prendeva in giro e filmava il tutto. Ci togliemmo tutti i vestiti e poi le mutande, rimanendo nudi io e lui fra gli applausi delle femmine. ‘Adesso abbracciatevi!’ ordinò Rosetta. ‘…no..’ provammo noi, ma lei era implacabile. ‘Abbracciatevi o vi prendo a frustate…’ replicò. Ci abbracciammo. Era imbarazzante e stupido. ‘Bacio Bacio Bacio!’ fece Stella. Noi ci separammo e Rosetta si alzò, venne da me e mi dette un cieffone forte in faccia. Poi prese Riciolo per i capelli e lo strattonò. Era forte, dura, imbastita di coca. ‘Abbracciati ho detto!’ urlò e noi eseguimmo. Rimanemmo lì nudi, abbracciati mentre DonnaRosa andava in villa e tornava con un frustino. Un nuovo gioco! Stronza! Ci abbracciammo più forte per la paura. Lei fece vibrare il frustino poi ci colpì sulle gambe. Cazzo se faceva male!’.altri colpi. Lei si divertiva Stella eccitata. Un colpo sulla schiena, uno al culo nudo. Rosetta era abile. ‘Voglio farlo anche io!’ intervenne quella bastarda di Stella.
Rosetta ci colpì ancora alle gambe e al culo.
Piangevamo entrambi.
‘Prova cara, tieni in riga il tuo playboy qui’…fagli capire chi tiene i pantaloni in casa!’ disse lei a Incy passandole il frustino, ma lei fece segno di no.
Rosetta ci colpì ancora fino a quando Riciolo non cadde a terra dal dolore.
‘Andate stronzetti!! ‘ fece infine la boss.

*
Gli stili di vita delle donne del clan non piacevano però agli altri camorristi. Finché erano stati gli uomini a condurre una vita dissoluta fra feste, puttane, coca, ecc.tutto ok, quando era toccato alle donne le cose erano cambiate. Ci furono agguati e morti, ma DonnaRosa era una in gamba e riprese in mano la situazione. Sparatorie voleva dire polizia in giro e polizia in giro meno affari per tutti. Così fece un summit che coinvolse altri boss camorristi.
Spiegò a tutti che quello che valeva per gli uomini valeva anche per le donne. Che anche loro avevano diritto a divertirsi e godersi la vita. Perché dovevano solo accontentarsi dei vestiti e dei gioielli? Perché portare sempre il lutto e fare la boss solo perché avevano ereditato il potere dai mariti? Solo per traghettarlo ai figli? Il Potere era loro e loro agivano come ritenevano di farlo. A gli altri boss questo non andava bene. Pensavano che fosse prerogativa degli uomini. Ma Rosetta fece capire loro che contavano solo gli affari. E c’erano buoni affari e malaffari. A loro scegliere. Il summit però fece capire a Rosetta che era suo figlio Ciro a sobillare gli altri boss. Sperava un giorno di scappare di prigione, in un amnistia, ecc.,sperava cio&egrave di tornare nel quartiere e prendere il posto della madre. Così aveva spinto alcuni a fare un vero attentato a Rosetta. Un commando in moto attesa la boss fuori dalla villa e cercò di ucciderla. Rosetta scampò per pura fortuna, per l’auto blindata e per la bravura di Geg&egrave che riuscì a eludere la trappola travolgendo il blocco dei centauri. Ma la paura era stata tanta, due guardie del corpo di lei erano state uccise e l’onta di un’azione proprio sotto casa, nel suo quartiere, era insostenibile. DonnaRosa organizzò una rappresaglia: in una notte due gruppi armati penetrarono nel quartiere di S.a D. da dove provenivano i killer e ne fece fuori ben 5, quindi convocò un nuovo summit coi boss e annunciò che per lei la guerra finiva lì. Avrebbe fatto eliminare il figlio Ciro. Lo annunciava senza problemi, dura e glaciale come sempre. Se a loro non stava bene potevano opporsi e salvarlo avvertendolo. Ma dopo si sarebbero trovati con una guerra durissima da affrontare, fra i suoi uomini e quelli degli altri clan e la guerra interna fra i fedeli a Ciro e i fedeli a lei, DonnaRosa: ‘Certo, il nostro clan ne uscirà distrutto e alcuni di voi prenderanno le nostre piazze, i nostri affari, ma quando? Non subito, prima vi aspettano mesi e mesi e mesi di morti per strada, di agguati, di paura, di vendette, dei vostri parenti uccisi e tanta polizia in giro. Sbirri, elicotteri, posti di blocco. Pochi affari. Pochi soldi per mesi. A voi sta bene? Preferite la guerra ai soldi?’ disse dura come il ferro. Il nuovo volto più giovane, rifatto, le labbra sexy. Quelli la guardarono odiandola ma sapevano che lei era determinata e che la guerra di camorra portava solo problemi. Così nessuno fece parola con Ciro delle trame della madre e lui si beccò dieci coltellate nella schiena una sera che era in doccia e morì dissanguato.
DonnaRosa fece una grande festa per la morte del figlio.
Obbligò tutti i partecipanti a vestirsi di nero come se portassero il lutto; i locali scelti erano dalle pareti neri, con grossi candelabri ed odore di incenso, come una veglia funebre, ma quando il dj fece partire la musica la cocaina fu versata a secchiate, lo champagne sbocciò e corse a fiumi e una mostruosa orgia riempì le stanze nere. Corpi che si baciavano e toccavano, lingue infilate ovunque: fighe, culi, orecchi, mani che toccavano tette, mani su spalle, su seni nudi e su schiene, bocche che baciavano, cosce da toccare e leccare, bocche che spompinavano cazzi eretti, bocche e si univano, bocche su vagine umide, fighe gonfie che scoppiavano di umori, cazzi duri che puntavano l’aria e poi finivano nei culi esposti, nelle fighe depilate o piene di peli, e corpi che si univano ad altri corpi, sperma e ancora labbra e lingue e fighe e palle e ombelichi e schiene tatuate di donne e cazzi giganti di neri e di playboy e ancora lingue e corpi che si rotolavano su altri corpi, gambe baciate e che finivano per avvinghiarsi a schiene di uomini mentre lui le scopava con forza e nasi che tiravano coca su corpi nudi e culi esposti che erano presi con foga da nerchie irrequiete e ancora sesso e sesso e sesso e seni che ballavano e capezzoli che erano baciati e succhiati e piedi che venivano adorati e baciati e culi e sperma e orgia.

*
La pace fece tornare gli affari. Io e Stella stavamo sempre nel sottocasa di DonnaRosa, reclusi, eravamo i suoi giocattoli umani, i suoi amanti, oggetti del suo piacere ma soprattutto merce da esporre come statussymbol: lei era la BOSS, lei era la Capa. Lei era la Regina del Quartiere e come ogni Regina poteva vantare privilegi che altri non potevano neppure sognare.

scrivete a dorfett@alice.it

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