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La Caposervizio

By 20 Dicembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Scommetto che &egrave capitato a tutti e tutte voi, prima o poi, di incontrare qualcuno ‘antipatico a pelle’.

E’ qualcosa che non ha una ragione razionale di essere, magari quella persona non compie gesti fastidiosi contro di noi, non parla male di quello che facciamo, magari &egrave anche cortese, e lo siamo anche noi, eppure’
Eppure c’&egrave sempre un filo di tensione, di ‘stronza/o’ sulla punta della lingua, un ‘cazzo vuoi’ che riecheggia nella testa ad ogni domanda che ci rivolge’
Sì, scommetto che &egrave capitato, che questa cosa vi &egrave familiare.

Ed ecco che potete capire come fosse il mio rapporto con la mia caposervizio.
Arianna era una donna a suo modo affascinante, molto attenta ai modi di porsi e di parlare in ufficio, sempre molto professionale nel gestire i problemi a lavoro.
E costantemente pronta a rimbeccare qualcuno, a sottolineare un errore, un’inesattezza, o anche solo a moderare un entusiasmo troppo vivace, come &egrave di solito il mio a lavoro.
Sono esagerata, energica, in molti miei modi, ma sul posto di lavoro questa cosa non &egrave mai stata vista negativamente. Meglio avere qualcuno di esuberante ma attivo, che un automa privo di ogni passione, no?

Per Arianna, no.

Cominciò a lavorare da noi verso Ottobre di qualche anno fa, e in capo a un mese ‘Herr Figa di legno’ o ‘Tailleur’ erano sinonimi di ‘Arianna’ o ‘caposervizio’. Era seria, fredda e precisa oltre il suo ruolo, e noi tutti troppo grandi per accettare una specie di vecchia zia single con un pessimo carattere senza provare fastidio!

‘Fastidio’, un termine adeguato, che accompagnava ogni mia interazione con lei, e quasi certamente, viceversa, da come sembrava più che pronta a punzecchiarmi su ogni argomento, pure quelli personali, come trovarmi a salutare molto calorosamente il tizio con cui uscivo all’epoca.
Ma &egrave qui che le cose presero una piega molto inaspettata e molto divertente’

Ricordo l’esatto momento in cui mi staccai dalla bocca del mio lui, cercando di contenere una risposta di un’acidità tale che avrei sciolto il marciapiede, e di aver incrociato lo sguardo di lei che lo guardava. Per un istante vidi chiaramente un lampo nei suoi occhi e una microscopica vampata sul suo viso, sempre molto a modo e serio.
‘Scusami, ma siamo ancora fuori da lavoro, potrò avere la mia privacy?’ chiesi aspramente. La risposta di Arianna, fulminea, la riportò nel suo mood da Herr Figa di Legno.
‘Non penso ci sia privacy quando sei attaccata a lui come una ventosa in mezzo alla strada!’

Per fortuna il mio lui, al secolo Alessio, alzò le spalle ben proporzionate e adducendo scuse di lavoro spezzò la discussione e si levò anche poco cavallerescamente dai coglioni.
In ascensore Arianna non riuscì a trattenersi dal chiedere.

” Da quanto vi vedete?’
‘Un po’.’
‘Mi pareva avessi un ragazzo un mesetto fa” sottolineò lei.
‘No. Uscivo con un altro ragazzo, ma chi frequento e ogni quanto cambio compagnia penso proprio -quasi letteralmente- che siano ca’Si miei.’ risposi in un sibilo, certa che la mia risposta fosse fonte di nuovi rimproveri.

Ignorando il resto del discorso, sedendomi nel mio tristissimo cubicolo, ripensai a quel microsecondo in cui avevo visto il viso di Arianna illuminarsi, guardando Alessio.
Forse si conoscevano? Frequentavano? Vai a sapere le coincidenze’

Un paio di SMS con Ale smentirono la mia tesi, non l’aveva mai vista prima. E un paio di ore dopo, la mia anima maliziosa decise che Arianna e Alessio dovessero incocciarsi qualche altra volta’
E così sottilmente cominciai a testare scientificamente la mia idea. Alessio e Arianna si trovarono vicini quasi subito, la stessa settimana.
D’altronde lui non lavorava distante, cosa c’era di male in una pausa pranzo al bar in cui passava a mangiare anche lui?

Arianna sembrò sbiancare, non solo a me, quando il bel fanciullo si sedette di fianco a me al bar.
‘Non avevo capito ci fosse anche lui!’ disse in un sospiro mentre il ragazzo ordinava alla cameriera.
Un collega ridacchiò commentando che forse questa volta il mio ragazzo sarebbe durato più di tre giorni, visto che ‘addirittura’ lo invitavo a pranzo.

Presi la palla al balzo.
‘No, ehi, tre giorni durano quelli che mi porto a letto, i ‘ragazzi’ durano un po’ di più’ Per quanto non &egrave che la sera, a casa, stiamo sul divano a giocare a carte” dissi con un’eloquente alzata di sopracciglio indirizzata ad Arianna, una confidenza che sicuramente non gradiva, ma che la mise solo a disagio.
Sorrisi al mio piatto di insalata di pollo appena arrivato, pensando che forse forse Herr Figa di Legno potesse rivelarsi una compagnia divertente…
Nel mese successivo, senza calcare troppo la mano, colsi ogni occasione possibile perché fosse giustificabile la presenza di Alessio, e sempre più mi veniva chiaro il disagio di Arianna. Arrossiva quando le parlava, chiedeva di lui in ufficio nei momenti in cui eravamo sole, insomma’

Alessio piaceva ad Arianna.
Non ne ero gelosa, perché il rapporto con lui era -ad insaputa della morigerata Tailleur- molto spinto sul piano sessuale, poco su quello sentimentale. Io non frequentavo altri per pura casualità, ma lui non si sottraeva alle occasioni che il suo bel fisico muscoloso, gli occhi chiari su pelle abbronzata e anche una più che notevole dotazione nelle mutande, gli procuravano.

Se fosse stata una collega simpatica, un’amica, non avrei avuto alcuna difficoltà a dire ‘vai, su, prenditelo, e goditela’, ma Arianna era Herr Figa di Legno!
Era quella che ti rispondeva a un report dicendo che a lavoro il font più grande di 10 punti era poco serio, quella per cui qualsiasi gonna più alta del ginocchio era fuori luogo
Fino al giorno che ci aveva fatto staccare tutte le pubblicità idiote e foto stupide dai muri della saletta pausa perché lei voleva che i clienti potessero prendere il caff&egrave con noi (‘maggiore colloquialità nei rapporti di lavoro’ la spiegava) e che però dovessimo sempre sembrare professionali.

‘Ma se sono in pausa perché devo essere professionale??’ stava apostrofando Andrea, un collega, quando entrai dalla porta.
‘Bisogna sempre essere professionali!’ apostrofò Arianna.
Io, lavoratrice part-time e reduce dal mio turno di istruttrice in palestra, con ancora i capelli umidi di doccia e un completo canotta&shorts, non potei che mettermi a ridere.
‘Questo vale anche per te, Viktorie!’ disse acidissima Arianna. ‘Ti sembra un abbigliamento da ufficio?’

‘Scusami, ma io oggi ho il giorno libero qui, sono solo passata a prendere dei documenti per domani che ha Andrea’ Questo E’ il mio abito professionale, da istruttrice di palestra!’ le risi praticamente in faccia. ‘Sono professionale come istruttrice, vestita a modo, e pure nel mio giorno libero qui sto passando lo stesso a prendere dei documenti! Professionale elevato alla N!’
Presi la cartelletta che stava sul tavolo accanto al mio collega, che me la spinse sorseggiando il caff&egrave (e rimirandosi la mia scollatura) ‘Sono la cosa più professionale che sia qui presente” commentai ficcando i documenti nel borsone.

‘Ma &egrave la mia giornata libera, quindi ora che passerà Alessio a prendermi sarò molto professio-nale nel mangiare e bere l’impossibile, divertirmi, e chissà che in nottata non diventi anche molto professio-a-nale.’ conclusi con un sorriso e un’occhiata totalmente rivolti a mescolare il sangue ad Arianna, e il suo rossore fu impagabile, quasi valse la pena di aver perso nel cassonetto della carta tutte quelle splendide fotografie imbecilli.

Arrivò così la cena di Natale dell’ufficio.
Un’occasione così lieta e desiderata che la email generale con data e luogo venne accolta nei corridoi e nelle stanze dell’azienda da un’ondata di ‘oh no!’ ‘che palle!’ e ‘ty vole!!’ (l’ultimo specifico della sottoscritta) tale per cui avreste potuto seguire l’ordine di apertura della missiva solo sentendo da che piano venivano i lamenti.

Per rimediare all’impiccio, partì subito un fittissimo scambio di opinioni su dove andare a festeggiare DAVVERO dopo la cena.

‘Io dico che se andiamo in massa senza prenotare al White Rose la metà la lasciano fuori nel posteggio, l’altra metà all’ingresso’ commentai con una collega prendendo dei documenti dall’archivio.
‘Tanto cosa vuoi, tu entri di sicuro!’ esclamò lei. ‘Sei una ficona da paura, e quelle entrano sempre, e poi come minimo conosci qualcuno del locale.’
Mi toccai il naso con un sorriso. ‘Vero! Sono avvantaggiata nei locali!’.

‘Avvantaggiata nei locali?’ serpeggiò la voce di Arianna nello stanzone pieno di documenti, raggelandoci.
‘Niente, si parlava di dove andare dopo la cenAAH!nn” imprecò la giovane dopo una cartellettata sul culo. Arianna era stronza ma non scema, capii immediatamente che non invitarla ci avrebbe procurato solo ulteriori cazzi amari. A me specialmente.

” Pensavamo dopo la cena dell’ufficio di andare in qualche locale, solo che prima dobbiamo capire” momento di silenzio imbarazzante ” Quali sono dei posti decenti, prima di dirlo a tutti”

La mia collega venne in soccorso ‘Sì! Che già ognuno dirà la sua, prima sfoltiamo noi la scelta, altrimenti non troveremo mai un accordo!’

Arianna, non senza una vena di dubbio, si complimentò per l’idea.
Frittata.
Fatta.
Finita.

Mi lamentai con Alessio dopo un rovente dopocena a casa mia.
‘E ora quella troia repressa verrà anche dopo cena!’ imprecai, fissando il soffitto. ‘Voglio dire, capace che quella ci sgrida perché ci baciamo in pubblico!’ risi.
Alessio con un sorriso si portò la mano al corposo sesso ” Pensa cosa direbbe se ti vedesse fare altro” sorrisi ingolosita, cogliendo il suggerimento di un ragazzone non mai sazio della mia bocca, e scivolai con il viso sulll’asta.

‘Mmmh’ Probabilmente le farebbe bene una scopata” commentai con un sorriso dopo aver solleticato con la lingua il frenulo ” Non prendi il soprannome di Herr Figa di Legno senza un motivo!’ mi dedicai qualche minuto a coccolare il sempre più turgido attrezzo, per poi venire colta da un’idea folle.

‘Ale!’ dissi staccandomi con uno schiocco delle labbra, senza smettere però di masturbarlo con una mano ” E se facciamo sbronzare la troia e ci divertissimo?’
Alessio si distrasse dalla fellatio colto di sorpresa. ”Eh??’

Sorrisi. ‘La stronza ha una cotta per te, l’ho capito benissimo. Secondo me approfittiamo della cosa e la facciamo contenta’ Dai, &egrave una bella donna.’
Alessio non pot&egrave che convenire. Al di là della stronzaggine, Arianna era abbastanza alta, un fisico moderatamente formoso con una chioma castano rossiccia e degli occhi profondi, grandi ma dal taglio obliquo abbastanza seducente. Il genere di bella donna che può oscillare tra la porca matricolata e la totale frigida.

‘Ce la lavoriamo tutta sera, la facciamo bere, e magari finisce che questo bel cazzone’ diedi un bacio ‘ce lo lavoriamo in due.’
” L’idea non &egrave male, ma poi a lavoro?’

‘ Lo sai che a Febbraio finisco di essere lì, contratto terminato’ E poi non voglio più starci’ dissi con noncuranza, tornando a umettare a occhi socchiusi con la punta della lingua tutta la corona del glande, come se fossi impegnata a mangiarmi un gelato e chiacchierare con un amico.
” Cazz’ Ok, ma come la facciamo bere? Io devo guidare di sicuro, e se bevo troppo non &egrave che funziona meglio”

Mi staccai dal suo uccello con una finta aria scontrosa.

” Ohi, kůzle, con chi credi di avere a che fare? Io quella figa di legno la faccio ubriacare sei volte nel tempo che a me viene un po’ di singhiozzo. Sarà a sbavare sul tuo cazzo sbronza persa mentre io ordino ancora qualcosa al bancone.’
‘Non te la tirare” sorrise lui.

‘Non mi hai mai visto bere’ ribattei tornando ad occuparmi di una spanna abbondante di turgido e gustosissimo pisello.
” A parte alcune cose” soggiunsi con un sorriso, prima di gettarmi a capofitto a dare piacere al mio lui. ‘Buon Nataleeee!!!’ urlava uno dei dirigenti, totalmente ubriaco, al tavolo del ristorante, rivesciando due bottiglie.
La serata era stata assolutamente, come previsto, imbarazzante a più riprese.

Si era partiti subito bene, con l’amministratore delegato che si era presentato, fresco di divorzio, accompagnato da una stangona russa di nome Yadviga (subito ribattezzata YadFiga da un paio di colleghi) davanti al ristorante, e aveva subito cercato di appiopparmela.
Bionda tinta, altezza mirevole, un gusto nel vestire esagerato persino per i miei standard di appariscenza, troneggiava con una minigonna inguinale su dei tacchi brillantinati ricoperta da monili di ogni genere. ‘Yadviga, questa &egrave Vittoria, viene dal tuo Paese.’

”No. Diciamo che il suo si &egrave accomodato molto volentieri sul mio” risposi con un gelo profondo nella voce, ma la mano di Alessio che stringeva la mia mi diede uno strattone. ”Vo’ Volevo dire, zdràvstvujte! Kakvàscidilà?

Yadviga rispose subito con una pronuncia impeccabile, ma il suo entusiasmo fu di breve durata quando le spiegai che il mio ‘russkij jazyk’ era assolutamente arruginito, e con un fortissimo accento di Smolensk.
‘Non ho capito un cazzo’ commentò Alessio, mentre salutavamo altri colleghi.
‘Me la volevo solo levare di torno, ‘Jadzia’ &egrave una bella fregna ma stasera punto a Tailleur!’

Tailleur non si presentava.
Scartato l’AD e la sua stragnocca di Mosca erano seguiti gli ingressi al ristorante, le bonarie discussioni sui posti (‘evitare Jadzia, sedia per Herr Figa di Legno’ sussurrai ad Ale nel metterci seduti, con successo), cominciò una carrellata di antipasti letali per l’appetito.

‘Non ci vedo dalla fame’ commentai, avendo saltato il pranzo, nel tentativo di non sembrare concentratissima come ero nell’attendere Arianna.
‘Sarà perché sei Ceca!’ disse un collega suscitando delle risate di comodo e un mio tentativo di renderlo orbo con il tappo della bottiglia dell’acqua. Nel giro di 40 minuti la mia quota di eventi insopportabili aveva raggiunto la soglia di allerta.

Vi renderete conto come, visto l’andamento del convivio, la mia voglia di finire la giornata ficcando la testa di Herr Figa di Legno sul cazzo del mio uomo e usarla come troietta antistress fosse alle stelle.

E per fortuna Arianna arrivò, lamentando un’automobile con la batteria defunta, e un taxi ritardatario.

‘Che fortuna che Alessio passa da quelle parti per andare a casa!!’ dissi dando una piedata al mio lui, che si stava distraendo un po’ troppo nella scollatura del mio abito lungo nero. ‘Oh sì! Poi ti accompagno io!’ rispose con un viso d’angioletto.
rianna divenne letteralmente rossa, un pessimo accompagnamento al suo completo blu, mentre già le versavo un bicchiere di vino.

E così arriviamo al dirigente che uccideva due bottiglie innocenti che riversarono la loro linfa preziosa sulla tovaglia, all’amministratore delegato che si lamentava della ex moglie, a Yadviga che cercava di capire i nomi di alcuni piatti, e io che tentavo di tradurle alcune parole, lasciando Arianna con la ridarella per le avances di Alessio.
Ridarella che l’accompagnò anche in auto mentre ci dirigevamo al White Rose, dove alcuni tavoli ci attendevano, almeno i ‘giovani’ che non volevano finire la serata con il brindisi di un tizio abbrancato ad una bionda tinta che augurava ‘buon Natale e merda a mia moglie’.

‘Cazzo, ma davvero avete invitato Tailleur??’ imprecò in un angolo un collega.
‘Ragazzi colpa mia, quella ha sentito che organizzavamo, mi avrebbe reso la vita un Inferno’ Tanto, guardatela” dissi con un sorriso, indicandola con un cenno della testa dietro le spalle. Arianna beveva già un drink con Alessio, totalmente incapace di opporsi alle sue battute, provocazioni calcolate e approcci.

‘Scusa, quella ci prova con il tuo tipo e tu sei qui a bere con noi??’ commentò un’altra collega vicino a me.

Bevvi un sorso con sicurezza. ‘Intanto, non &egrave il mio tipo. E poi, le piace, chi sono io per oppormi? E in ultimo’ Io a Febbraio non sarò dei vostri. Questa sera Tailleur proverà cosa vuol dire ‘ubriacarsi Viktorie-Style’, tanto poi chi la becca più?’

E così portammo avanti, io e il mio bel fanciullo, il nostro piano sottilmente malvagio. Arianna sembrava totalmente un’altra persona, visto che non ebbe a dire nulla né sul mio limonare con Ale fissandola da sopra la muscolosa spalla, né sulle offerte di drink dell’open bar, anzi si lamentava che il ragazzo non partecipasse quanto noi, mentre ci lasciava da sole per andare al bagno.

Era il mio momento’

‘ha un gran bel culo’ dissi prima di bere dal mio bicchiere, vedendo gli occhi sottili di Arianna puntare sulle sode chiappe del ragazzo che si allontanavano.
‘Co’? Eh? Oh, sì, &egrave’ Hai un bel ragazzo” disse avvampando.

” Non &egrave il mio ragazzo!’ dissi con uno sbuffo. ‘Ma perché nessuno concepisce una frequentazione basata sul divertirsi assieme, partecipare ad una vita sociale, e anche delle sanissime e godibilissime scopate stellari??’
‘B&egrave, non tutti hanno questo genere di relazioni” disse nicchiando sull’orlo del calice Herr Figa di Legno (legno impregnato d’alcool).

‘Colgo dell’invidia, Arianna?’ provocai con un’alzata di sopracciglio.
‘No, no” ribatt&egrave con un gesto della mano. Il rossore sulle gote, l’alcool, e il mio istinto, dicevano che sì, Tailleur era nel giusto mood.
‘Se vuoi possiamo fare una cosa” sussurrai, accostandomi al suo orecchio.

” Immagina di avere Alessio’ Averlo stasera’ Averlo tutto per te, toccarlo’ Quel bel ragazzo, che ti sfiora” scandirono le mie labbra a un millimetro dal suo padiglione. Arianna rabbrividì. ” Solo una sera, non lo saprà nessuno’ Tu, lui’ Ti assicuro che ne vale la pena di ogni singolo centimetro di quel cazzo”

‘Ma Viktorie, cosa dici!!’ sbottò senza tuttavia scostarsi. ” Ti garantisco un orgasmo a centimetro, al che, più o meno, direi che fanno più di una ventina’ E io’ Io posso dartene altrettanti, Arianna” la mia lingua sfiorò il suo orecchio, facendola scattare in piedi.
Sorrisi.

Il colore sul viso di Arianna era inequivocabile, se non avesse avuto anche la giacchetta sopra i seni ondeggianti dal fiato corto avrei potuto certo scorgere i capezzoli eretti per l’eccitazione.

Tailleur fece per andarsene, ma incocciò Alessio di ritorno dal bagno.
‘Vai già via?’ le disse, prendendole la mano. Bevvi il mio cocktail, smettendo di guardarli, perché il gioco a quel punto era nelle capaci mani del mio maschio.

In capo a mezzora, dopo forse un ballo e chissà che avances, se non altri drink, eravamo in auto con Alessio. Rimanevo seduta sul sedile posteriore con Arianna che, di fianco a lui, sospirava ad ogni tocco delle mani sulle cosce.
Li lasciai giocare per un po’ da soli, per poi accostarmi al suo orecchio, dato che un tratto di tangenziale tutta curve richiedeva l’uso di tutte e due le mani del ragazzo. Tailleur abitava in periferia, non l’avrei mai detto.

La mia mano scivolò su uno dei grossi seni di Arianna, abbrancandolo senza troppi convenevoli, facendola sussultare, mentre la mia bocca estraeva una punta di lingua che andava a solleticarle la pelle sensibile poco dietro il padiglione auricolare.
‘Toccaglielo, Arianna” sussurrai, senza aspettarmi una vera reazione, per cui sorrisi sinceramente quando la mano imbraccialettata della mia caposervizio ondeggiò nel tragitto verso il pacco di Alessio, gustandone il rilievo sopra i pantaloni.

” Ne hai mai sentito uno così grosso?’ sussurrai ancora, mentre scuoteva lievemente il capo.
” Non scopi da tanto, vero?’ annuì altrettanto lievemente.
”. Allora, sarà mia premura educarti nella cura di un vero maschio” Arianna sospirò, mentre la mia lingua le solleticava l’incavo del collo. Non era una posizione molto comoda, così incastrata tra i due sedili, considerando anche l’abito lungo, per cui mi dedicai più alle carezze che al parlarle all’orecchio. Per fortuna Alessio arrivò alla villetta di Arianna in pochi minuti.

‘Possiamo’ Possiamo entrare velocemente?’ chiese arrossendo, cercando le chiavi nella borsa.
‘Vicini curiosi?’ sorrise il ragazzo. ” Abbastanza.’

Scendemmo dall’auto posteggiata in strada ed entrammo dal cancelletto della recinzione di una villetta costruita su una mezza collinetta forse artificiale, due piani con garage e giardino ben curato in pieno stile casetta di periferia americana.
‘Carina’ si complimentò il ragazzo, accostandosi cordialmente ad Arianna. ‘Fa schifo’ pensai io, guardandoli un paio di passi avanti a me. Il piccolo regno di Arianna, tutto bene in ordine, curato, perfettino, non mi stupii per niente che sotto il portico stessero due poltrone in vimini.

Quanta vita, Tailleur’
‘Tua madre &egrave statunitense, Arianna?’ dissi, mentre apriva la porta. Arianna sussultò la seconda serratura della grossa porta d’ingresso ”Sì, perché?’
Il mio dito fece un giro ad indicare quel che ci circondava. ‘Mancano solo la limonata sul tavolino, forse un banjo e la Stars and Stripes sul pennone’ Poi abbiamo tutto, compresi i vicini guardoni.’
La spinsi contro la porta.
‘E’ l’ultimo momento, questo, in cui puoi pensare di non essere il nostro giocattolino. Io ti ho trovato un bel maschio che ti fa colare sotto le mutandine, io ti farò vedere come trattarlo con riguardo’ In ufficio puoi anche essere la mia caposervizio, ma stasera sei”

Arianna quasi venne per la mia mano che le strizzava l’inguine da sopra la gonna. ” Il tuo giocattolino, sono il tuo giocattolino”

Sorrisi. Mi piacque più del normale quel ‘tuo’ anziché ‘vostro’, per cui prendendole il viso le diedi un lungo, appassionato bacio in bocca. Che i vicini avessero pure di che parlare tra loro.
Entrammo concedendoci un minuto in cui Arianna accennò se volessimo bere qualcosa, appendendo la giacca.

‘Non credo di dover guidare tra poco” disse Alessio accettando, mentre io chiedevo direttamente che cosa Tailleur avesse in cantina.
‘Non dovresti bere così tanto, Vik’ disse Arianna in un -non richiesto- interessamento. Risi sadicamente.
‘Ne parliamo tra un po’, Arianna, per ora tieni i tuoi consigli di vita dove vuoi il cazzo di Alessio: dentro di te.

Il giovane andò in cucina con Arianna a procurarsi da bere, mentre io lasciavo la borsa all’ingresso e mi guardavo attorno. Il lungo e comodo divano della sala mi sembrò l’ideale per poggiare il culo e attendere i due, che non arrivarono proprio lestamente.
Con un sorriso mi rialzai e andai in cucina, solo per verificare la mia teoria. Alessio teneva adesa al frigorifero un’ansimante Arianna, baciandola e palpandola con decisione.
Le mani curate di lei cercavano goffamente di arrivare a toccare quel sesso eretto sotto il tessuto.

‘Che troietta!’ esclamai con un sorriso.
Arianna si staccò da Ale con un sussulto e una vampata di colore in viso. Le ricordai che doveva smettere di vergognarsi delle sue pulsioni dato il contesto, ormai più che esplicito.

‘Se vuoi il suo cazzo credo sia d’accordo’ dissi con un’alzata di spalle, girando il ragazzo verso di me, accostando il mio viso al suo, le labbra socchiuse in un sussurro ” Ma non puoi tastarlo come la frutta al supermercato’ Uno come lui va adorato, va sedotto, non &egrave qualcosa per tutte’ Vero?’ dissi con le palpebre socchiuse, guardandolo mentre la sua mano mi cingeva i fianchi.

‘Falle vedere come si fa’ rispose lui, e con un sorriso mi accosciai lentamente a terra, alzandomi il vestito di un poco per poter piegare per bene le gambe, dato che i tacchi non permettevano una grossa stabilità.
Con perizia e calcolata calma lavorai per estrarre l’uccello di Alessio dai suoi pantaloni, sfruttando l’apertura, e con il viso nascondendolo ad Arianna. Volevo pregasse di vedere. Me la trovai accanto, ne sentivo il respiro sulla nuca. Sorrisi, con gli occhi socchiusi nella penombra dell’alcova creata dalla mia testa e dalle mie mani.

‘Vuoi vederlo, vero?’ dissi, piano.
”’
‘Vuoi vederlo, vero??‘ ribadii con un poco di veemenza.
” Sì” pigolò lei, per rimanere di nuovo muta davanti allo spettacolo, quando mi scostai. Il sesso eretto di Alessio titaneggiava davanti ai nostri volti, sicuro di sé, possente, dalle vene definite che pulsavano di desiderio.

‘Mai così grossi vero?’ dissi con un sorriso.
” Mai”

‘Bacialo.’ Ordinai. Arianna obbedì timidamente, scoccò un bacetto come sulla testa di un bambino.
‘Cazzo, Arianna, stai baciando l’uccello in tiro del mio amico, non tua zia!’ sbottai, levandole il giochino.
Le mie labbra impattarono lentamente sulla punta dell’asta, schiudendosi lievi, per distaccarsi con un piccolo risucchio. La punta della lingua scivolò fuori, solleticando l’uretra, per poi rientrare. Ad un bacio ne seguirono altri su tutta l’asta, fino allo scroto, non senza guardare Arianna che mostrava la salivazione e il desiderio di un cane davanti a un bel boccone. Mi staccai dall’ultimo languido bacio e tenendo in mano quel bell’oggettino sussurrai ‘Bacialo, adesso.’

Tailleur imparava velocemente, o forse tale era la sua fame che finì di baciarlo prendendolo direttamente in bocca.
‘Ingorda.’ sorrisi.

‘Golosona’ ridacchiò Alessio. Mi alzai in piedi, aprendo una bottiglia di vino frizzante abbandonata sul tavolo, lasciando Arianna fare un po’ da sola. Mi versai da bere, lessi velocemente l’etichetta (Tailleur non comprava un vinaccio, complimenti) e poggiat al tavolo della cucina guardai una pessima fellatio.
Arianna viveva evidentemente il contrasto tra una fame atavica di sessualità, il timore di apparire una facile, il desiderio del mio amico. Sembrava che una ninfomane e una timorosa verginella si contendessero quell’uccello immaginifico, con un risultato schizofrenico e stimolante come un talk show di policiti di terz’ordine che si urlano addosso.
Con uno sbuffo posai il bicchiere dopo un sorso e mi accosciai di nuovo.
‘Non ho tanta esperienza” piagnucolò, staccandosi, quasi con le lacrime agli occhi

La mia muta risposta stizzita fu inghiottire quel membro fino alle palle, e dare sfogo a tutta l’arte orale che possedevo.
La volevo umiliare, e ogni frullo di lingua e sospiro di Alessio, che rimaneva muto sotto le sue precedenti carezze, erano una tacca al mio fucile.
Mi staccai solo dopo qualche minuto per guardarla quasi con disprezzo.
‘Non sprecare l’occasione, Arianna. Questa nottata non finirà su uno dei tuoi report, non verrà valutata dal direttore.’ le mie mani corsero alla sua camicetta, praticamente strappandone i bottoni. Aveva un decolleté molto generoso, con un reggiseno sensuale come una buca delle lettere.

‘Perché fai vivere quelle belle tette in una cosa simile?’ sbottai, sfiorando il tessuto semplice e noioso del reggiseno. Neanche il mio intimo da palestra prevedeva una tale piattezza di fantasia. Mi lasciai cadere le spalline dell’abito a mezzo bicipite, mostrando un pizzo elaborato. ‘Il fatto che la funzione sia reggere il seno non impedisce un certo stile, Arianna.’
‘Non lo vede nessuno, tanto” piagnucolò il residuo di Herr Figa di Legno.
” Chi te lo dice? Magari no, ma comunque non &egrave una scusa per non volersi un po’ bene. Queste bimbe’ aggiunsi, portandomi le mani al reggiseno e calandolo ‘Meritano rispetto. Baciale, Arianna.’

La tremante caposervizio ristette un attimo, portandomi ad abbrancarla per la nuca e buttandomela tra i seni. I miei capezzoli eretti, su due seni gonfi e sodi, esigevano deferenza.
‘Baciami le tette, troia! Non so se mi fa incazzare di più la tua aria da superiore perfettina a lavoro, o questa da morigerata capetta quando hai la fregna che prude!’ infilai una mano sotto la sua gonna mentre la sua bocca baciava la mia pelle bollente.

‘Mi correggo, hai la fica che cola!’ scoppiai a ridere.
Di rado avevo visto delle mutandine così zuppe, tanto che una parte di me pensò a un’improvvisa incontinenza di Arianna, ma la consistenza della sostanza e il suo odore non avevano possibili fraintendimenti.
Passai le dita sulla bocca di Arianna semiaperta, infilandole dentro l’indice e il medio. Volevo che si assaggiasse, che si sentisse, che venisse umiliata nel profondo.
Anche se devo dire che non parve dispiaciuta nell’essere trattata così. Le stavo sbattendo in faccia la prova del suo sacrosantissimo essere una donna con voglia di scopare, di essere femmina, di essere qualcuno con voglie e desideri.

‘Non ti frenare, Arianna, non ti frenare’ Lo sento che vuoi lasciarti andare e puoi, noi siamo qui per questo, accetta che tu non sia un maledetto robot, non sempre” sussurrai nel suo orecchio prima di baciarla, finendo con il buttarla a terra, aprendole la camicetta, strappandole il reggiseno, gustandomi impazzita quelle tette sode e meravigliose che aveva sempre così costretto ad un’esistenza di appendici quasi inutili.

Arianna sospirava e mugolava, dimenandosi sotto di me, premendomi le mani nella schiena.
‘Meno male che non eri ubriaca’ disse Alessio, ridendo. Lo guardai storto con un sibilo ‘Tu credi che io sia così perché ho bevuto? Dammi quella bottiglia!!’ diedi due sorsate di vino ghiacciato a collo, e una terza nella mia bocca scivolò in quella di Arianna.

‘Andiamo sul divano, troietta’ ringhiai sulla bocca lucida di liquido. ‘E non ci arriverai vestita.’ conclusi con un sorriso. Arianna impattò sul tessuto del divano come madre natura l’aveva fatta, ansimando velocemente per i miei baci e le mie carezze che l’avevano accompagnata fin lì.
Perfettamente vestita mi spinsi su di lei, baciandola dalla bocca al collo, per i seni, il ventre, la vagina non propriamente curatissima.

‘Farò finta di niente’ sibilai, pensando tra me e me che almeno un po’ di attenzione l’avrei dedicata alle mie intimità, anche senza serata in compagnia all’orizzonte.
Sentii Alessio sedersi sulla poltrona dietro di me.
‘Non vedi l’ora di leccarla’ ridacchiò.
‘Non posso pensare a niente di più umiliante di questa zoccola che mi implora di farla venire, prima di lasciartela farcire di sborra.’ risposi con una volgarità di termini non tipicamente mia.
Arianna mugolò a sentire il mio lungo dito medio sfiorarle la piccola callosità interna, mentre chiudendo gli occhi mi mettevo all’opera.

La descrizione di quel che feci a Tailleur, a Herr Figa di Legno Impregnato, sarebbe una mera sequenza di azioni, di close up da filmetto porno, e non renderebbe per nulla giustizia al vero motore delle mie azioni. La pura e distillata voglia di portare Arianna ai miei piedi, a riconoscere che la sua superiorità in ufficio non era valida al di fuori dell’ambiente lavorativo.

‘Sei mia superiore nell’organigramma, ma in quanto all’orgaSmigramma sei meno di zero, troietta.’ sibilai in un raro momento in cui la mia bocca si staccava da quel ricettacolo viscido che era il sesso di Arianna. Realizzai che in quella posizione potevo divertirmi ulteriormente, per cui dopo un risucchiatissimo bacio chiamai il mio uomo.
‘Perché non cogli l’occasione di questo bel culetto messo a novanta e non mi scaldi un po’?’

Non se lo fece ripetere, e in capo a qualche minuto leccavo e tormentavo la vagina di Arianna sentendomi invasa dal sesso di Alessio.
Celiai sulla mia eccitazione, quasi ai livelli di quella di Tailleur, solo per non mostrare il fianco, ma non fu semplice sentire le sue mani sui miei fianchi, di lui così accosciato animalescamente a penetrarmi, e non smettere di portare al delirio Arianna. Che guardava, con gli occhi estatici, quel maschio possente prendere possesso di me.

‘Questa’ Questa &egrave una tua serata normale, Viktorie’?’ piagnucolò, con un mezzo sorriso. ‘Nnnnh!! N’ Normale no’ ansimai per due colpi potenti di quel cazzo meraviglioso.
” Ma neanche così inedita” Il piacere montò velocemente dentro di me, in parte ringraziai della cosa perché avrei avuto serie difficoltà a seguitare nel cunnilingus di Arianna con quel ritmo dietro le mie spalle.

Infilai due dita in Arianna per un istante di piacere, mentre l’orgasmo esplodeva nella mia testa, rantolando un urlo animalesco con il sesso del ragazzo piantato dentro, e Arianna si sciolse letteralmente a vedere quello spettacolo. Venne in maniera decisa, convulsa, mi sentii le dita zuppe di liquido che correva per la mia mano, mentre Tailleur si muoveva scompostamente sul divano, piantando le unghie nel tessuto.
Alessio uscì da me, e mentre i miei succhi colavano per la mia coscia destra, rimasi ad ansimare con le labbra sulla fica di Arianna, totalmente fuori fase per qualche minuto, se non per estrarre le dita da lei e sedermi per terra.

Il ragazzo si spogliava davanti a me nella sua virilità impossibile, ma ero fuori gioco con la testa, troppa era l’eccitazione della rivalsa sulla mia caposervizio.
Riuscii solo a mugolare un ‘Aspetta a fotterla’‘ con un sorriso in volto.
Cortesemente lui attese, e mi inginocchiai a deliziare quel membro di altre carezze, prima di alzarmi e di tenderne la punta verso la vagina ancora pulsante di Arianna, appena si fu messo in ginocchio.
Così, in piedi di fianco alla coppia, con una mano sul sesso di lui solcavo quelle intimità così imploranti di ricevere piacere.

‘Dimmi che lo vuoi” dissi piano. Arianna ansimò. ” Dimmelo.’

Lo voglio’‘ piagnucolò, cercandolo con una mano che venne colpita da uno schiaffo mio.

‘Stai. Ferma.’ Il sesso si allontanò per un istante.

”Sì, scusa” Scuse accettate, l’asta tornò a scaldare quell’intimità tremolante.

” Quanto lo vuoi, troietta?’ la cappella scorreva lucida della mia saliva sull’ingresso della vulva.

‘Tantissimo”

‘Più convincente.’ sorrisi, mentre Alessio mimava con la bocca uno ‘stronza’ assolutamente veritiero.
‘Lo voglio tantissimo! Ne ho bisogno!!‘ urlò Arianna fuori controllo, con le lacrime agli occhi, quasi facendomi spaventare.

Invece mi eccitai da morire.
Le saltai a cavalcioni, ancora più o meno perfettamente vestita, prendendole il viso con la mano destra, premendo le dita su quel mento sempre così altezzoso.

‘In ufficio sarai anche la mia caposervizio, ma ora sei la mia troietta, il mio giocattolino, vero?’
‘Sono la tua troietta’ Dammelo” singhiozzò.

Per un istante mi balenò l’idea di negargli quel sesso, di tenerlo per me, di lasciarla lì sul divano, da sola, fradicia e tremolante in una casa vuota.
Arianna dovette leggere il mio pensiero nel mio sguardo a qualche millimetro dal suo.
Oh no, oh no Viktorie, ti prego non lo fare’‘ cominciò a cantilenare con il fiato corto ” Ti prego no, non adesso, cos’altro vuoi, ti prego, ti prego Viktorie” piagnucolò carezzandomi il volto, supplichevole, arrendevole, distrutta.

Non avrei mai pensato, né quasi voluto, vederla in uno stato tale. Il mio sadismo non raggiungeva tali vette.
Le carezzai il volto con dolcezza.
‘Non si preoccupi, caposervizio, le prometto che fino a domattina tutto quello che vorrò da lei sarà assolutamente gradito.’ Le sorrisi, e lei di rimando fece lo stesso.
La baciai, tenendole una guancia, e sempre a cavalcioni della mia superiore girai il viso sopra la mia spalla guardando il nostro uomo.

‘Vai, scopala, stallone. Fammela felice, non frenarti.’

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