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Racconti Erotici Etero

La chiamano Mimì

By 25 Aprile 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

LA CHIAMANO MIMì

La prima volta che sentii un’attrazione per Mimì avevo sei anni e mezzo. Lei ne aveva nove e aveva appena finito la quarta elementare. In quel mattino di giugno, con l’estate appena iniziata, e con la scuola appena terminata, ero uscito di buon mattino per andare nella campagna vicino a casa… l’estate mi aspettava ed io ero un bambino che finalmente poteva avere tutto il tempo per giocare, tutto quel tempo perduto durante l’anno… tutto quel tempo che la scuola mi rubava… tre mesi di gioco e tranquillità! La mia intenzione era quella di giocare alla guerra, così mi portai dietro la fionda.
Mimì (che poi il nome era Anna Rosa e non so ancora adesso da dove avevano tirato fuori quel suo nomignolo), mi passò di fianco sullo stradone che separava il campo di granturco da quello degli asparagi, incrociando il mio cammino con i suo riccioli biondi e un vestitino intero rosso con margherite disegnate sopra, corto tanto che le lasciava scoperte le gambe. Si trascinava dietro un carrettino di legno con sopra alcune bambole, mi guardò, mi riconobbe come un bambino che frequentava la sua stessa scuola anche se molto più indietro, mi sorrise e salutò aprendo e chiudendo la mano. In quel momento, mi balenò in testa un’idea maligna… non so perché, ma da bambino, quando mi trovavo solo, lontano da tutti, mi venivano in mente tutte le più impensabili marachelle da combinare: dal rubare la frutta dagli alberi, allo scrivere biglietti anonimi e minatori da mettere su davanzali di finestre di qualche casolare dove vivevano persone anziane e dove sapevo che i giovani erano andati nei campi o nei frutteti… dal suonare i campanelli e poi scappare al rompere i vetri di finestre o di auto con sassate… e tante altre mariolerie… da quelle più innocenti a veri atti di teppismo che non distinguevo dalla scherzo… beh quel mattino, mi venne in mente di combinare uno scherzo, o meglio un dispetto a Mimì.
Mi nascosi dietro un grosso masso che stava quasi all’angolo dello stradone, nei pressi delle pannocchie (ancora piuttosto acerbe dato che si era in giugno), e cercai un sasso con cui caricare la fionda… l’avrei colpita sulle chiappe e avrei sentito le sue urla di dolore! Mi illuminai di gioia maligna quando vidi che si fermava a giocare sul ciglio a poco più di venti metri avanti. La mia ricerca del sasso si fece più calma e rilassata, il tempo c’era, bastava non farsi vedere… ma fu allora che accadde l’imprevisto…
Una farfalla variopinta, si avvicinò a Mimì, la quale tese la mano, aprendola e sorridendo. La farfalla le si posò sul palmo, sbatté un po’ le ali, poi si fermò. Restai sbalordito… abituato com’ero a inseguire di corsa le farfalle per ore, senza riuscire mai a prenderle, né con le mani, né con il berretto… pensai di assistere a un miracolo… poi l’invidia si impadronì di me… cercai ancora più freneticamente un sasso da lanciare a quella biondona che si permetteva di avere più fortuna di me! Ma mentre si chinava a novanta gradi per raccogliere le sue bambole dal carretto, il vestitino le si alzò e le scoprì le natiche rivelando strette mutandine rosa trasparenti che lasciavano apparire un fondo schiena che mi sembrò perfetto… mi accorsi subito che avevo un’erezione… non sapendo che fare, dato che la mia sessualità di allora era piuttosto acerba, mi sdraiai a terra, e tra l’erba e la terra bruna strofinai a lungo le mie parti intime in un principio infantile di masturbazione… non so quanto durò, ricordo solo che tornai a casa con gli abiti luridi tra il nero della terra e il verde dell’erba… nella mia fantasia giocavo con lei a rincorrere le farfalle, ma mentre io non ne prendevo una nemmeno a pagare, lei con una filastrocca innocente e un po’ stupida le attirava tutte: farfallina, farfallina/ vieni qui sulla mia manina e poi la mia fantasia continuava con la rottura del suo vestitino da parte mia e delle bastonate sulle chiappe che nascondevano probabilmente una violenza fallica inconscia… naturalmente, nulla di tutto questo accadde, anche perché Mimì, che aveva tre anni in più del sottoscritto, in una eventuale rissa avrebbe sicuramente avuto la meglio.

Gli anni passarono, e l’innocenza di quel mattino, di quel bambino e quella bambina, cedettero il passo ad altri eventi che il tempo, immancabilmente fece scorrere.
Mimì negli anni delle scuole medie e del liceo, si era fatta bellissima, sempre bionda, anche se i suoi riccioli si erano persi per lasciare il passo a lunghi capelli lisci biondi, il suo corpo era diventato quello di una donna e di volta in volta la vedevo fidanzarsi con coetanei o con ragazzi un po’ più vecchi… io che con i miei 3 anni di meno sembravo sempre il bambino sfigato della porta accanto, non avevo la minima possibilità.

Finalmente, 15 anni dopo quel fatidico mattino di giugno, rividi Mimì in una delle più imprevedibili circostanze… a nostro vantaggio ci furono anche i tempi cambiati, io già prestavo servizio civile ad alcuni ragazzi disabili che frequentavano l’istituto professionale agrario, e Mimì era prossima a laurearsi in medicina…
…l’Adelphi era la discoteca afro-alternativa per eccellenza, c’ero arrivato in autostop, con abiti calcolati: camicia indiana di colore bianco, collana di perline al collo, pantaloni in pelle (finta), stivali da cowboy, cintura con placcato in ottone la foglia della canapa sulla fibbia e capello lungo… visto il freddo mi coprii le spalle con un serape messicano comprato al mercatino dell’usato, e lungo la strada di campagna venni caricato dalla prima auto che si fermò. Una grassona con occhiali tipo fondo di bottiglia e risata isterica mi fece salire e mi portò a destinazione.
-Dai tuoi vestiti tipo Jim Morrison come’on baby light my fire si capisce che stai andando all’Adelphi!- mi disse tra una risatina e l’altra -Mia zia lavora al bar che c’è di fronte… mi racconta di quelle cose, ma di quelle cose…- e iniziò a raccontarmi ogni singolo episodio accaduto al bar di fronte all’Adelphi, tanto che arrivato sapevo perfettamente anche l’abbigliamento intimo di ogni individuo che era apparso nei racconti, che avevo ascoltato con un sorriso di circostanza dipinto in viso.
-E poi una volta sono arrivati i cagabicchieri e volevano portare tutti in galera!- chiuse l’ultima sua uscita con una risatina più isterica e più frenetica.
Non sentivo chiamare i militari della benemerita con quel dispregiativo da asilo nido da tempo innumerevole (forse proprio dai tempi dell’asilo nido) e non seppi se ridere o piangere, così mi finsi attentissimo al suo racconto, e quando finalmente arrivai nei pressi del locale, scesi in fretta cerando di guadagnare la porta d’ingresso.
-Aspetta, vengo con te!-
Bestemmiai sotto voce e aspettai che quella corazzata in formato umano mi raggiungesse, d’altro canto, mi aveva dato un passaggio in auto e non potevo proprio rifiutare la cortesia…
In discoteca a quell’ora c’era ancora poca gente. La grassona si lanciò in pista ballando in maniera ridicola, per fortuna, nessuno ci fece caso, io vista la sua energia spesa altrove, ne approfittai per defilarmi verso i divanetti ai lati della pista. All’angolo della pista, una ragazza dai lunghi capelli biondi, jeans a zampa, lungo camicione bianco che le arrivava al ginocchio e collane di vario genere ballava con stile e classe, per poi fermarsi a bere dal tavolo a cui aveva appoggiato una bibita e poi tornare per pochi secondi in pista, quasi come se fosse indecisa sul da farsi. La cicciona mi arrivò alle spalle mentre guardavo le azioni delle bionda e per farsi sentire al di sopra della musica alta, mi urlò in un orecchio:
-Quella là ha un negozio di collane intero attorno al collo!-
Non risposi, anzi fui tentato dal mandarla a quel paese, ma non lo feci.
La cicciona si allontanò di nuovo e tornò in pista a ballare nello stesso modo ridicolo di prima… la bionda… aveva un che di famigliare… mi avvicinai a lei per capire se la conoscevo o meno… Mimì! Era lei! Più bella che mai! Mi avvicinai ulteriormente con una scusa… forse chiesi una sigaretta o non so che altro… non mi riconobbe. D’altro canto, gli anni passati non erano poi così pochi, i bambini che eravamo stati avevano lasciato il passo a due adulti, fisicamente diversi.
Forse il fatto che non mi avesse riconosciuto e non pensasse a me come quel bambino delle classi inferiori conosciuto tanti anni prima, fu un punto a mio favore, parlammo e danzammo insieme a lungo, finché non ci trovammo avvinghiati sul divanetto a pomiciare toccandoci un po’ su tutto il corpo. I suoi grossi seni premevano contro il mio petto, e a un certo punto non fui più in grado di controllarmi, tanto che le infilai una mano sotto alla camicia e le toccai i seni… lei di rimando abbassò le sue mani in mezzo alle mie gambe e accorgendosi della mie erezione cercò di entrare con le mani oltre i miei pantaloni, e con la complicità del buio, saremmo andati avanti ancora se non fosse stato per la cicciona. Non so ancora come fece, in mezzo al buio, alla folla che nel frattempo si era creato in pista e fuori a vederci e a stanarci, ma si avvicinò gridandocene di tutti i colori. A me diede del porco infame, del bastardo dentro e fuori, e del troglodita soddisfatto mentre con Mimì fu più pesante, la chiamò: baldracca di bassa lega, puttanella da strapazzo, vacca senza latte e troia schifosa. Mimì, che aveva un senso dell’umorismo fuori dalla norma, la guardò bene e si lasciò andare a un fragorosa risata. In quel momento pensai che la grassona le si sarebbe scagliata addosso, e vista la mole non sarebbe stato un bel lavoro… se solo si fosse sognata di fare male a Mimì avrebbe dovuto risponderne a me… ma tutto ciò che fece fu scoppiare in pianto e gridarmi:
-Torni a casa a piedi!!!
Mimì la guardò allontanarsi e guardò me.
-Ma chi è? La tua fidanzata?
-No!!! Non so nemmeno come si chiama! Mi ha dato un passaggio in auto nel venire qua, ma non so proprio chi sia…
-E allora che cazzo vuole da noi?
-Che mi venga un colpo se lo so!

Pochi minuti dopo, decisi ad andare in fondo a ciò che sui divanetti avevamo cominciato, ci trovammo sul suo fuoristrada diretti verso il mare con la notte davanti e alle spalle. Ci accampammo in spiaggia per passarvi la notte, Mimì aveva nel bagagliaio del fuoristrada della legna e della diavolina per accendere un falò, poi sistemò un plaid sulla sabbia e sopra di esso un sacco a pelo convertibile a due piazze. Poi alzò il volume dell’autoradio e iniziò a ballare come una baccante attorno al fuoco al ritmo della musica, invitandomi a ballare con lei, e ballammo finché non cademmo eccitati sul plaid, poi si spogliammo e ci infilammo nel sacco a pelo.
Sulle prime ci facemmo qualche carezza, e qualche coccola, poi quando ci accorgemmo che il sacco a pelo era un po’ stretto per quello volevamo fare, ne uscimmo e cominciammo a fare sul serio.
Preso dall’eccitazione, mi buttai a pesce sui seni di Mimì, che sembravano scolpiti da Michelangelo da tanto erano perfetti, e baciai e leccai quei frutti strapazzandoli come meglio potevo:
-Che meraviglia! Che meraviglia!- ripetevo ad alta voce tra una leccata e l’altra, mentre di lei non vedevo l’espressione, ma me la figuravo sorridente, non particolarmente felice, ma contenta di ciò che succedeva. Poi scesi verso il ventre, un po’ pronunciato sul monte, ma di quella rotondità femminile che è ben lontana dall’essere definita ‘grasso’ e infine affondai la lingua tra le sue cosce, leccandola sul pelo prima e poi sulle grandi labbra, poi le allargai le labbra ed entrai con la lingua, e piano piano sentii i suoi mugolii trasformarsi e diventare sempre più pronunciati ed eccitati. Gliela leccai finché non sentii che la mia erezione era diventata incontenibile e la penetrai. Continuammo finché non feci caso al rumore che ogni tanto veniva a disturbare le mie orecchie, prima, immerso in ciò che facevo non vi avevo badato, ma poi fu più forte di me voltarmi verso la fonte del rumore… vidi solo qualcosa che si muoveva a terra nel buio, velocemente… quando mi resi conto che si trattava di un topo feci un salto e mi chiusi nel sacco a pelo.
-Hai pura dei topi?- mi chiese Mimì quasi divertita
-Non si vede?- risposi, consapevole della figuraccia
-Che cosa vuoi che ti facciano?
-Non so… però… ho il terrore…
Come se avessi fatto cilecca, Mimì sorrise in bilico tra il compassionevole e chi ha voglia di coccolare qualcuno, entrò con me nel sacco e cominciò a carezzarmi prima la testa, poi scese con l’altra mano e iniziò a toccarmelo con molta dolcezza, tanto che lo sentivo diventare sempre più duro… quando le sembrò duro in maniera giusta, con un movimento che ancora oggi mi chiedo di quale abilità fosse figlio, riuscì nel sacco a pelo a inarcarsi su di me e a lasciarsi penetrare… era fantastica! Le donne con cui ero stato fino ad allora (tre in tutto, non che avessi un pedigree da Casanova, intendiamoci!), sembravano bambole di pezza al suo confronto! Mimì aveva una marcia in più, sembrava che le divinità del sesso si fossero radunate in lei… i suoi seni di tanto in tanto mi arrivavano in viso come frutti maturi al punto giusto, una via di mezzo tra la tranquillità di un seno materno dal quale nutrirsi e il fuoco del desiderio più acceso e proibito.

Qualche ora più tardi, sbaraccammo tutto e risalimmo sul fuoristrada.
-Ti va di venire a casa mia?
Sebbene fossi divorato dal sonno risposi senza esitare:
-Certamente!- tanto il giorno dopo era festa.
Sapevo più o meno dove stava, ma non avevo mai collegato che la villa dove viveva era una delle più belle e costose della zona.
-Porca vacca! Si è rotto ancora il telecomando del cancello… senti, avresti voglia di scendere e aprire manualmente’- mi chiese porgendomi le chiavi.
Annuii e scesi in fretta, girai la chiave e per un attimo rabbrividii quando sentii l’abbaiare di un cane che si avvicinava, ma quando dal buio vidi che si trattava di un collie, una razza che aveva smesso di spaventarmi da diversi anni, restai fermo immobile e azzardai un paio di fischiettii… il cane rallentò l’andatura e quando lo vidi che mi si avvicinava provai a parlagli con tono dolce, il cane scodinzolò e mi si avvicinò annusandomi:
-Senti l’odore del mio cane?- gli disse lo carezzai sulla testa -sei proprio un bel cane, sai? Sì che lo sai, te lo diranno tutti!
La testa di Mimì si stagliò in controluce facendo capolino dal finestrino dell’auto:
-Non hai paura dei cani?
-No, solo dei topi… i cani (e soprattutto i gatti) li adoro…
Feci le ultime due carezze al cane e salii sull’auto con Mimì.

La camera da letto di Mimì aveva l’aspetto di una minuscola comune hippy per due o tre persone al massimo, rimasta intatta e perfetta dagli anni ’70 o ancora di una stanza in affitto ad universitari a loro modo amanti di un certo tipo di ordine. Un letto a baldacchino dava alla stanza un aria kitch, ma trovai il tutto di buon gusto.
Mimì mi baciò e iniziò a sbottonarmi la camicia ansiosa di ricominciare, mi aprì la camicia e leccò il mio petto mordicchiandomi sui capezzoli, poi mi spinse sul letto e passò ai pantaloni, sbottonandomeli. In pochi minuti ci ritrovammo nudi sul letto di lei, che aveva tenuto addosso soltanto le collane. Mi fece sistemare seduto sul materasso a gambe semi incrociate e mi si incastrò sopra allargando le sue gambe. Di tanto in tanto la mia lingua passava sui sui capezzoli:
-Sìiii, mi piace!!! Continua!- mi gridò dopo un paio di volte che lo facevo, e così continuai finché non cambiammo posizione…

Non ricordo come completammo, ma mi svegliai che la luce del mattino illuminava la stanza, Mimì si era alzata a fare la doccia, provai a raggiungerla, ma la porta del bagno adiacente alla stanza era chiusa. Quando Mimì uscì pochi minuti dopo, era avvolta in un accappatoio bianco e rosa, mi sorrise.
-Scendo a preparare la colazione, tu sei vuoi usare la doccia, fai pure!
Così feci e quando rientrai nella stanza, vidi che Mimì si era già accomodata sul letto e stava mangiucchiando. Mi sorrise di nuovo e mi fece cenno di avvicinarmi. Salii sul letto e il tavolinetto su cui erano posate le vivande, si trovò diviso tra noi due: una brocca di succo d’arancia, un caffettiera, una teiera, alcune fette di pane tostato e due grappoli d’uva. Mimì si divertiva a togliere dal grappolo un chicco alla volta e ad imboccarmi come un bambino, baciandomi sulle labbra tra un boccone e l’altro.
Un uomo di colore, con lunghi capelli rasta, una grossa pancia e divisa da cameriere, venne a ritirare la colazione con un carrello.
-Ma che hai? Pure i camerieri?
-No, io miei genitori hanno i camerieri, io appena potrò me ne andrò da qui… voglio vivere alla giornata! Con quello che saprò fare… coltivare un orto… lontana dal benessere!
Restai in silenzio, pensai forse che erano progetti facili a dirsi soprattutto se si viveva in una villa ma molto meno a farsi.
-Signorina, io posso guardare dopo?- chiese il cameriere
-No! E guai a te se ti becco che spii dalle finestre!
Il cameriere uscì con aria delusa.
-Che cosa voleva dire?
-Oh, nulla… solo che a lui piace da morire vedermi nuda mentre scopo! Un paio di volte ha provato pure a fottermi, ma con quella pancia e con quell’uccello sproporzionato non se ne parla nemmeno… fosse figo come suo fratello che tra parentesi mi sono scopato due anni fa!! Lui sì! Aveva un fisico fantastico! Questo qui invece, se non fosse per l’uccello che ha, sarebbe uno degli uomini più brutti del mondo… E ogni tanto, lo vedo da dietro le finestre che mi spia e masturba mentre mi guarda! Che sfigato!
Le parole di Mimì che al momento mi erano sembrate un poco surreali, trovarono conferma, quando un po’ più tardi mentre mi piluccava attorno al glande con dolcezza straordinaria, la vidi alzarsi di scatto e correre alla finestra.
-Nooo, non fermarti, amore!- le gridai eccitato, ma quando vidi che non tornava la seguii e arrivai anch’io alla finestra.
-Ti ho beccato brutto porco!- gridò Mimì all’indirizzo del suo domestico che cercava disperatamente di riallacciarsi i pantaloni, ma senza successo e restai senza parole quando vidi che effettivamente, aveva tra le gambe una sberla che superava il mio uccello di almeno quei sette-otto centimetri.
Il cameriere scappò via con i pantaloni aperti mentre Mimì scuoteva la testa!
Tornammo a letto e ricominciammo…
-Ti propongo una cosa alternativa!
-Cioè?- le chiesi incuriosito
-Sarò io a cavalcarti…
-In che senso?
-Tu mettiti sul letto a quattro zampe!
-Oh… non è che hai un di quei cosi di plastica e me lo infili nel culo, eh? Perché… è vero che non ho mai provato, e non posso sapere se mi piace, ma se così deve essere, che almeno sia una cosa vera… piuttosto chiama il tuo cameriere…
-Tranquillo, non è niente di tutto quello che pensi.
Mi misi a quattro zampe e Mimì mi salì sulla schiena e iniziò a strusciarsi il pube sulla mia zona lombare facendomi l’effetto di un massaggio alla schiena che gradii parecchio, mentre le i si eccitava bagnandosi e bagnando di conseguenza la mia schiena… alla fine quando la penetrai e venni, le chiesi di fare ancora la cavalcata…
-Ti è piaciuta, eh? Allora la facciamo la volta prossima!

Tornai a casa attorno all’ora di pranzo, d’accordo con Mimì di rivederci al pomeriggio.

La domenica passò spensierata, con Mimì che al parco cittadino mi camminava a fianco tenendomi a braccetto e con la testa sulla mia spalla… in quelle ore mi sembrò che il mondo fosse mio o che presto lo sarebbe stato, lei vestiva con abiti leggeri che lasciavano intravedere parecchio ben di dio… le altre donne la guardavano con sufficienza… qualche uomo con ammirazione.

Il lunedì tornai in serizio uscii come al solito con la campanella scolastica delle 13. Gli studenti salivano sui loro scooter e ciclomotori, alcuni sulle auto dei genitori, altri ancora prendevano l’autobus.
-Vuoi un passaggio?- mi chiese un collega che era in auto- o prendi l’autobus?- continuò
mentre riflettevo rapidamente su cosa preferivo, un colpo di clacson catturò la nostra attenzione, da un fuoristrada, scese Mimì con una camicetta corta di colore rosa che le scopriva l’ombelico e un paio di attillatissimi jeans, mi salutò, si avvicinò e mi baciò.
-Dai vieni che ti do un passaggio!
Tra i presenti qualche commento si levò al nostro passaggio:
-Hai capito il prof?!
-Però che bionda!
Salimmo sull’auto e ci dirigemmo lontano dalla scuola.
-Dove andiamo?- le chiesi
-Vedrai… c’è un posto che volevo mostrarti.
Ben presto le strade divennero strette e ghiaiate, ci trovammo in aperta campagna. Mimì accostò in un luogo ombreggiato, pieno di frutteti, parcheggiammo l’auto e prendendomi per mano mi condusse in un punto dove su di un albero si poteva vedere una casa di legno.
-La vedi? Il mio sogno è abitare lì!
-Beh… chi non ha mai sognato di vivere in una casa simile-
-Io quando avrò preso la laurea, andrò in luoghi talmente estremi a curare la gente che case di questo genere saranno più comuni di quelle che siamo abituati a vedere-
-Studi medicina?
-Non te l’avevo detto?
-No…
-Comunque sì!
Tornammo all’auto e Mimì prese fuori dal baule la stuoia e il panno usati qualche sera prima al mare.
-Dài, facciamolo qui!
-Qui!?
-E che male c’è? Siamo isolati, non ci vede nessuno!
Aveva ragione, nessuno ci avrebbe visti e poi cominciavo a sentire una certa eccitazione, Mimì con quegli abiti era terribilmente arrapante.
Ci spogliammo e prima di prendermelo in bocca mi disse:
-Adesso se fai il bravo e non vieni prima del tempo ti faccio fare una cavalcata come quella di ieri mattina, ok?
-Magari!
Mimì si lavorò il bastone con bravura magistrale, poi mi piazzò in faccia il suo ‘fattore V’ proponendomi un 69, iniziai a leccare quel suo frutto con passione e affondai la mia lingua oltre le labbra, Mimì gemette di piacere e mugolò con la bocca occupata.
-Mettimelo dentro, mettimelo dentro!- gridò scostandosi dalla posizione in cui eravamo- la cavalcata la facciamo dopo, adesso cavalcami tu!
Era troppo invitante per dire di no, così la penetrai e iniziai a stantuffare… ma mentre continuavo il mio lavoro con eccitazione e passione, e Mimì sotto di me sembrava partecipare in maniera più che attiva, ebbi la netta sensazione di essere spiato…
‘Mi voltai e sulla nostra destra, seminascosto dai filari, un ragazzotto dall’aspetto vagamente famigliare e a cui non mi era possibile dare un età, alto e grassissimo, si masturbava!
A dire il vero, mi ci volle un po’ a capire che si menava l’uccello, inizialmente credetti che stesse solo spiando, ma poi, sotto quegli abiti e a quel cumulo di grasso che emergeva dalla sua pancia scoperta, notai un minuscolo arnese, che il ragazzo agitava in su e in giù, avanti e indietro…
Mimì, si accorse anche lei che qualcosa non andava, e quando guardò nella mia stessa direzione e vide quel ciccione sfigato farsi una sega davanti a noi, non poté trattenersi dal dire:
-Ma quello lì che cazzo sta facendo?!- poi rivolgendosi al soggetto in questione completò con un:
-Ma dico? Ti sembra così bello guardare! Sparisci! Maiale!!
Mimì caricò così tanto le sue parole, che il ragazzino si impaurì e scappò via piangendo.
-Peggio del cameriere dei miei! Nemmeno lui arriva a tanto… non sarò stata troppo cattiva?
-Ormai è fatta tesoro!- le dissi baciandola-non credo tu faccia in tempo a corrergli dietro per chiedergli scusa…

Andammo avanti per un paio di minuti ancora, poi una stridula voce femminile venne a turbarci di nuovo:
-Questa è proprietà privata, brutti maiali!!-
Nell’istante in cui mi voltai a vedere chi ancora veniva a rompere, ebbi l’impressione di conoscere quella voce, ma non realizzai finché non vidi… la stessa grassona che poche sere prima mi aveva dato il passaggio in auto e che poi si era incazzata con me perché le avevo preferito Mimì! Ecco perché il ragazzotto mi era sembrato di conoscerlo, era suo fratello!
-Avete capito infami schifosi che non siete altro? Se non ve ne andate vi chiudo in cantina con gli scorpioni! Vi do tre secondi poi vengo a picchiarvi, stronzi schifosi!
Mimì, ormai incerta se ridere o altro, mostrò il suo dito medio alla cicciona e le rispose a tono:
-Vattene tu, e se proprio non vuoi, almeno guarda quello che faccio… chissà che non impari qualcosa!
-Imparo qualcosa? Imparo a romperti il culo brutta troia da strapazzo!
La cicciona corse verso di noi con velocità incredibile a dirsi per una della sua mole, e mi colpì alla testa mentre mi paravo su Mimì per difenderla, per un attimo non mi resi conto di cosa stesse capitando, mi ritrovai a terra, ma mentre mi riprendevo, vidi Mimì, nuda alzare una gamba e colpire con un calcio in faccia la sua rivale mandandola a terra. La cicciona, restò immobile con il viso all’aria gli occhi chiusi e il respiro affannoso come se ronfasse, suo fratello corse via come aveva fatto pochi minuti prima, Mimì raccolse tutto quanto e rivestitasi come poteva (non si mise i jeans che arrangiò nel sedile dietro dell’auto, io feci in tempo a infilarmi poca roba prima di salire in auto.
Mimì pigiò sull’acceleratore e in pochi istanti fummo fuori dai frutteti.
-Speriamo che quella cicciona di merda non si sia svegliata in tempo per vedere la targa… ma non credo, il calcio che le ho dato l’ha tramortita per bene…
-Ma dove hai imparato a dare colpi del genere?- le chiesi
-Pratico kick-boxing da tre anni… se voglio lavorare in Paesi del Terzo Mondo dove c’è spesso la guerra dovrò almeno sapermi difendere…
Inutile dire che Mimì mi stupiva di continuo…
-Adesso andiamo a casa mia e finiamo quello che abbiamo cominciato!

Quel pomeriggio a casa sua, finimmo davvero ciò che avevamo cominciato in campagna, e come quella volta, tante altre, fino al sopraggiungere dell’autunno, quando Mimì si laureò e la persi di vista. Non ricordo perché ci lasciammo, né come capitò… so solo che a un certo punto ci lasciammo e ci perdemmo di vista.
So che oggi è finita con Medici Senza Frontiere e presta davvero il suo soccorso in Paesi in stato di guerra… quello che ai tempi mi era sembrato il capriccio di un ragazza ricca, oggi è diventato qualcosa di concreto, la ammiro molto per questo.
Della grassona e di suo fratello non ho più saputo niente, e da quel pomeriggio non sono più passato da quelle zone di campagna… mi chiedo se Mimì, in certi momenti, quando la paura e il dolore che le zone di guerra sanno infondere in chiunque, le danno tregua, pensi mai a ciò che ci capitò… a volte mi piace pensare che ciò la consoli da ciò che vede, a volte però penso che di quei giorni, conservi ricordi deboli, poco più che fotogrammi di una vita che oggi non le appartiene… ad ogni modo, grazie Mimì, per quei bellissimi momenti, grazie ancora.

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