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Racconti Erotici Etero

La contessa

By 20 Maggio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Il giovin stalliere era stato appena accolto nella tenuta del conte e della contessa. Ne aveva sempre sentito parlare, di questa famigerata coppia, ma non avrebbe mai creduto, un giorno, di lavorare per loro. Era uno di poche parole e proprio per questo era stato scelto. Serviva un uomo in gamba ma con pochi grilli per la testa. Alto, massiccio dalla forte corporatura, aveva i capelli del colore dell’oro e gli occhi blu come il cielo. Il suo arrivo generò un po’ di fermento tra le donne che vivevano all’interno della proprietà, il fattore se ne accorse subito, ma lui era un uomo completamente dedito al suo lavoro e lasciava poco spazio a inutili sguardi e moine.
Naturalmente, alla contessa era giunta voce dell’arrivo del nuovo stalliere.
Le donne della sua cerchia, incontrandosi nell’ora del th&egrave, ne avevano sussurrato qualcosa. Non era lecito parlarne ad alta voce data la diversità dei ranghi sociali ma qualche frivolo commento era parte integrante della vita di corte quindi possibile e non etichettabile.
La più anziana delle nobildonne si era, persino, lasciata scappare commenti abbastanza os&egrave immaginandoselo coperto di pochi abiti e questo aveva generato un po’ di imbarazzo. Ma ad una certa età tutto era perdonabile. Tutto questo parlare, però, aveva incuriosito la contessa.
Si ripromise di occuparsi personalmente di ricondurre il suo cavallo nella scuderia non appena avesse ricominciato a cavalcare regolarmente. E così avvenne.
In una tiepida giornata estiva, la nobildonna, rientrando dalla sua prima cavalcata, riportò direttamente il cavallo nella stalla senza aspettare l’inserviente. E nella penombra lo vide. Da dietro era proprio come lo descrivevano, alto, corpo imponente, spalle larghe e gambe lunghe. Scivolando con lo sguardo si intravedeva anche un bel sedere, alto e sodo. La camicia, arrotolata, metteva in evidenza braccia forti delineate da muscoli tesi. Le mani, grandi e dalle dita affusolate, strigliavano i puledri con perizia. Lui si voltò, non appena fu consapevole della sua presenza e lei improvvisamente capì, scorgendo il suo viso, che narrare di quel volto a parole sarebbe stato riduttivo. Rimase colpita.
Non aveva mai visto uomo piu’ bello
E non si trattava solo dei suoi lineamenti, quasi perfetti, ma di ciò che s’intravedeva al di sotto di questi.
Aveva la pelle leggermente arrossata dal sole e una piccola cicatrice sotto il mento. Gli occhi grandi sembravano aver rubato il colore al mare, un blu intenso che dalla pupilla diventava via via più chiaro, trasformandosi nell’azzurro di un paradiso incontaminato. La fronte leggermente prominente, i capelli oro liquido, lunghi e molto folti, un naso appena accennato e una bocca piccola, ma ben delineata, lo rendevano così desiderabile da togliere il fiato.
E per un attimo la contessa lo trattenne.
Poi lo scintillio del suo sguardo, prezioso come una delle gemme più rare, le fece percepire ciò che si nascondeva dietro.
L’inimmaginabile, l’incomprensibile.
Desiderio, amore, follia, comprensione e dolcezza.
Forza, mascolinità, ossessione e morbosità.
Era talmente evidente quello che riusciva a vedere che non poteva far finta di nulla.
Lui era li davanti a lei assolutamente immobile
Come poteva esprimere tutto ciò?
Lui chinò la testa in un muto saluto e lei lasciò le briglie del suo cavallo, il quale, come tirato da un sottile filo invisibile, si diresse verso lo stalliere. Prese le lunghe stringhe ormai libere dell’animale e senza dire una parola odorò il cuoio sul quale fino a 10 secondi prima erano state appoggiate le mani della contessa. Quel gesto, fatto con così tanta naturalità, lasciò sgomenta la donna che ne percepì una nota di superbia e disprezzo. Fece tutto questo senza mai alzare lo sguardo. Non ne aveva bisogno. Lei si girò per andare via. “Non se ne vada contessa”. Non aveva ancora udito la sua voce e forse quella fu l’unica occasione in cui la sentì davvero. Lui, ancora vicino al cavallo, era in ginocchio a capo chino in segno di sottomissione. Sapeva che per farla avvicinare si sarebbe dovuto comportare esattamente come era stabilito dalle regole della società. La contessa, sorpresa e anche un po’ lusingata, apprezzo’ il gesto e senza pensarci, gli si accosto’. La sua inconsapevolezza di fronte alla situazione era strabiliante. Gli pose le mani sulla testa e passò le dita tra i suoi capelli. Erano sottili e morbidi come la seta, folti e luminosi. Solo a quel punto, al momento del contatto della suo palmo. Lui sollevò gli occhi e lei si perse nell’immensità di quel mare blu travolta da sensazioni conturbanti e da emozioni travolgenti. Fu quello il momento fatidico. L’attimo in cui anche lui capi’ che non ci sarebbe stato piu’ alcun limite. Si alzò in piedi e strinse tra le sue braccia la contessa, piccola ed esile rispetto alla sua prorompente fisicità. Le strinse il collo in una morsa e la baciò con foga. Lei gli slacciò i pantaloni, liberando un membro di notevole dimensione. Non c’era sorpresa, era esattamente come se lo immaginava. Lui la spinse con il volto in basso e lei lo accolse nella sua bocca, calda e bagnata. Ora era tutto invertito, la contessa, regale e altera, era carponi di fronte all’umile stalliere e sul viso di lui si leggeva una sorta di sottile velo di soddisfazione. Lui le teneva le mani tra i capelli raccolti per fare presa e non farle mollare la morsa. Esattamente come si fa con un cavallo. Lei lo sentì venire, cercò di spostarsi, ma la sua mano era troppo salda. Lo assaggiò per la prima volta, dolce e delicatamente vellutato. Una tiepida crema inebriante. Senza aspettare, la sollevò e la spinse contro la staccionata che delimitava il ricovero dei cavalli. Le sollevò le lunghe vesti e con una facilità a dir poco straordinaria le sfilò i lunghi mutandoni che obbligavano a nascondere il corpo. Fu solo questione di attimi. Lei sentì solo una pressione iniziale e poi una meravigliosa sensazione di pienezza. Era così dotato che per i primi minuti le sembrò di essere impalata. Un palo di carne, però, più liscio e morbido. Poi divenne durissimo. E ogni colpo che le infliggeva generava desiderio, si ma anche fitte di dolore miste a piacere. I gemiti della contessa, ora, erano perfettamente udibili. Lui attese, con pazienza finch&egrave non capì che era arrivato il momento giusto e solo a quel punto aumentò il ritmo della penetrazione spingendola con ancora più forza contro la trave di legno che sosteneva la staccionata. La contessa, urlando, si lascio’ travolgere dall’orgasmo e lui si spinse ancora di più dentro di lei come a definire ancora meglio il tipo di ruolo che avrebbe, successivamente, svolto nella sua vita. L’avrebbe per sempre dominata, sarebbe stato lui a decidere dove e quando, ma lei ne doveva essere consapevole. Si staccò, si diede una rassettata e chinando il capo la salutò. Senza mai darle le spalle si allontanò ritornando a svolgere il suo amato lavoro. I cavalli lo aspettavano.
Era passato diverso tempo da quando aveva avuto il primo incontro con lo stalliere e la contessa non lo aveva di certo dimenticato. Il ricordo delle sue mani sulla sua pelle ancora bruciavano. Doveva assolutamente rivederlo.
Non aveva chiuso occhio tutta la notte e a giudicare dalla luce che filtrava attraverso i pesanti scuri, doveva essere molto presto. Si alzò, indossò una leggera veste bianca e silenziosamente scese al piano terra. Tutti dormivano. Aprì la porta e sgusciò fuori in direzione della scuderia.
Era l’alba e l’aria fresca le avvolse il corpo. Percorse il vialetto velocemente soffermandosi, ogni tanto, a guardare lo splendido roseto che lo costeggiava. Alla fine della stradina sulla sinistra c’era lo stabile dei cavalli. Spinse il portone senza far rumore e cercò di sbirciare all’interno. Silenzio e penombra la facevano da padroni. Entrò guardandosi attorno. Si sentiva solo il respiro dei puledri. Poi lo vide. In fondo ai box c’era un giaciglio di paglia e un uomo sdraiato. Si avvicinò. Era lui, raccolto in posizione fetale con le braccia stese lungo il corpo. Lo osservò. Era così bello con i capelli arruffati a coprirgli il viso. Poi all’improvviso sentì le sue mani tirarle un braccio e lei, perdendo l’equilibrio, cadde a terra. Fu una questione di secondi ma poco ci mancò che per lo spavento non urlasse.
Quel gesto fulmineo l’aveva paralizzata con la schiena a terra. Non sentiva il peso del giovane stalliere su di se, solo le forti mani che la bloccavano, mani forti e rudi, quella mano grande da celare un intero seno, da coprire il volto, con delicatezza innaturale per una dimensione simile, preme ora sulla bocca della bianca dama. Le fa segno di tacere. I cavalli riposano. Strano quel rispetto per le mansuete bestie,
quel rispetto che si fa beffa del rango.
Gli occhi della contessa fissi sul volto dello stalliere annuiscono. La mano dell’uomo scivola sul fianco mezzo nudo della padrona, incapace di proferir parola e di replicare a una tale insolenza, solo un sorriso esperto preludio di qualcosa di osceno…
Lo guardò negli occhi
erano lucidi e ottenebrati dal desiderio.
Lui allungò un braccio e prese delle briglie. Senza dire una parola le strinse strettamente intorno alle mani della donna fissando le sottili strisce di cuoio al paletto della staccionata.
Dopo essersi assicurato che la donna non potesse liberarsi si alzò in piedi e si cominciò a spogliare. La contessa lo guardava attonita. Era la prima volta che viveva una cosa del genere ma non aveva voglia di scappare. Lui era così bello. Il suo corpo possente era chiaro come la neve, quasi abbagliante. Appena si liberò dei pantaloni a lei venne un po’ di paura. Non aveva mai visto un membro così grosso. Lui le sollevò il leggero vestito bianco, allargandole le gambe, e senza pensarci la penetrò strappandole un urlo di dolore. Adorava la brutalità dello stalliere, era in grado di risvegliarle sensazioni e desideri repressi.
E lui si faceva largo dentro di lei con impetuose colpi strappando alla contessa gemiti di piacere.
I sottili legacci di cuoio si tendevano ad ogni spinta aprendo le esili mani, come in infante saluto.
Le sue forti braccia la cinsero e le sollevarono le ginocchia posandole sulle sue spalle. Cominciò a aumentare il ritmo togliendole il respiro,come un unico essere che si contorce e geme. Finch&egrave un urlo sommesso della contessa si unì al nitrito di un cavallo, come a nasconderlo lo accompagna in fondo all’orgasmo.
La contessa spossata dall’orgasmo respira ancora affannosamente, cerca di riprendere fiato ma lui non ne vuole sapere.
E’ ancora pieno di forza e vuole godersi il suo momento.
Strappa la briglia dalla staccionata e senza liberarle le mani la tira verso di s&egrave.
Le spinge il membro in bocca. Lei ha capito che per lui non &egrave solo piacere ma una precisa definizione di sottomissione.
E’ lui che la guida nel movimento, le tiene i capelli stretti come se dovesse fuggire. Ora &egrave sempre più veloce e più profondo. Ha come la sensazione di ingoiarlo, lo sente in fondo alla gola. E poi lo sente venire. Il suo liquido scorre nella sua bocca, scivola sul suo palato. E lui non riesce a trattenere i gemiti. E’ così delicato in quel brevissimo momento. Sembra quasi un’altro uomo. Le lascia liberi i capelli e la guarda negli occhi “Contessa io non mi accontento mai. Se tornerà vorrò di più”

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