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Mi domando, a volte, se ci si può sentire prigionieri in casa propria. Prigione, in ogni caso, è una parola “grossa”; la definirei più una gabbia dorata. Vivo a Miami, la “Magic City”, dove la vita ruota attorno alle spiagge bellissime, le palestre, le discoteche e le attività all’aperto, i club, i party che durano tutta la notte e se a volte, di tutta questa gran bolgia, ne hai abbastanza, ci sono pure le Florida Keys a portata di mano per potersi rilassare.

Insomma, un mondo fantastico, che però mi è precluso per tutta una serie di motivi.

Mio padre è ufficialmente proprietario, attraverso decine di prestanome e soci d’affari, di catene di supermercati e hotel; ma quello è solo uno specchietto per le allodole o meglio un modo per riciclare i soldi delle sue “vere” attività affaristiche. Nella realtà, mio padre è un mafioso che avvinghia le sue unghie negli affari sporchi di mezza città.

Non ne vado molto fiera; ma non sono nemmeno tanto ipocrita da sputare dove mangio ben sapendo che la mega-villa dove vivo, gli abiti, gli accessori e tutto quanto possiedo e che mi godo sono frutto del denaro sporco di mio padre.

Quello che in realtà rimpiango è la liberta. Mio padre, per arrivare dove adesso si trova, si è fatto dei nemici. Molti nemici che hanno attentato molte volte alla sua vita, e di tanto in tanto anche alla mia. A causa di ciò; la villa dove abitiamo è protetta da personale armato, le macchine che usiamo sono corrazzate e ovunque io vada sono costretta a muovermi sempre scortata da guardie del corpo. Ho detto ovunque io vada; ma sarebbe corretto dire che miei unici spostamenti consentiti sono quelli da casa a scuola e ritorno.

Non mi è più permesso andare in palestra, al mare o al centro commerciale con le mie amiche. Per ovviare a questo inconveniente dove abitiamo, c’è una grande piscina, una sala fitness e persino una sala cinema con un mega schermo, dove invitare chi vogliamo. Solo che i genitori delle mie amiche hanno smesso di permettere loro di frequentarmi. Mio padre agli occhi della legge potrà sembrare un onesto cittadino; ma le voci corrono, ed io ormai sono marchiata come la figlia del boss da evitare a tutti i costi.

Insomma vi potrà sembrare normale che ad appena diciotto anni, io abbia passato più tempo insieme ai “soci” d’affari di mio padre ascoltando le loro storie di caccia, sport, vita notturna e conquiste amorose; rispetto al poco tempo trascorso con le mie amiche durante gli intervalli a scuola? Parlare di scuola, poi è fuorviante; perché si tratta di un’accademia femminile, quindi niente ragazzi e questo rende la mia vita sentimentale e amorosa praticamente inesistente.

Sono giovane, ricca e bella. Sono alta un metro e settantacinque, ho lunghi capelli castani lucenti che incorniciano un volto vivace spruzzato di una manciata di lentiggini. Ho occhi verdi da cerbiatta e labbra sensuali. Ho un corpo flessuoso, magro e tonico, una seconda di seno e un culo con cui potrei spaccare delle noci.

Potrei avere il mondo ai miei piedi e invece passo i miei pomeriggi e serate nella nostra piscina a nuotare o ad allenarmi in palestra, guardo film, chatto e gioco online. Non posso nemmeno dire di avere un amica del cuore o di essermi mai innamorata di qualcuno.

Non che corra poi quest’ultimo rischio. Casa nostra è sempre molto frequentata; gli amici di mio padre, le guardie del corpo o il personale di servizio. Ci sono sempre una dozzina di non-membri della famiglia in casa a ogni ora del giorno e della notte; ma quel iper-protettivo di mio padre proibisce addirittura a tutto il personale maschio di casa di avvicinarmi o di rivolgermi parola.

Non sia mai che la sua unica figlia adorata possa innamorarsi di chissà quale aitante e abbronzata guardia armata. Gli unici contatti che ho con il personale, sono solo le cameriere e con le mie guardie del corpo personali anch’esse femmine e se devo essere onesta sembrano più mascoline dei loro colleghi maschi.
Possono solo rivolgermi la parola gli amici di mio padre quando vengono a trovarci; ma persino per loro vale la regola di parlarmi, ma non toccarmi. Una volta c’era uno degli ultimi acquisti della squadra di mio padre che aveva iniziato ad accendere la mia curiosità; ma quando se n’è accorto il mio papa, lui non si è più rivisto.

In questo mare di solitudine, potessi avere una madre con cui confidarmi. Per essere, una madre ce l’ho, ma passa quasi tutto il suo tempo lontano da me, sempre in vacanza in questo o in quell’altro posto ogni volta con un fidanzato diverso. Ve l’ho detto che i miei sono divorziati?

Crescere in un simile posto non è stato semplice. Ricordo feste di compleanno, dove c’erano più guardie armate che mie amiche. Col tempo ci ho fatto l’abitudine e sempre meno amiche sono venute ai miei compleanni; ma in tutto questo, temo di aver preso su qualche brutto vizio.

Insomma, se una persona non si può svagare con le amiche, bere di nascosto, fumarsi uno spinello o andarsi a fare una corsa in giro come riesce a liberarsi dello stress? Mio padre è nel giro della droga e dell’alcol di contrabbando (ed anche molta altra roba); ma non ho mai potuto bere una birra in vita mia… in una casa dove ogni giorno si pianificano atti illegali di ogni sorta!

Che ironia; e anche se provo a procurarmi di nascosto queste cose, le mie sempre presenti guardie del corpo mi proteggono pure da questi pericoli. “Ordini di suo padre.” Dicono ogni volta come scusa e io so che mio padre sa essere un uomo a cui non si può disobbedire. Non sarebbe arrivato in cima alla piramide del crimine della città se non avesse avuto quest’abilità.

Mio padre può fare ed essere quello che vuole, ma io devo essere la figlia perfetta senza difetti di cui può vantarsi in giro con i suoi amici e che nessuno può toccare o avvicinare altrimenti vengo “corrotta”.
Col tempo, nonostante tutti gli sforzi di mio padre, temo di essere diventata un po’ troppo viziata ed esigente.

Se la mia cena non è deliziosa o la mia divisa scolastica non è stirata tutti i giorni tendo a perdermela con la povera malcapitata di una cameriera di turno. A essere sinceri so che sono diventata una stronza di prima categoria; ma che ci posso fare è la mia unica valvola di sfogo.

Mi rilasso anche facendo acquisti online. Ho armadi pieni di vestiti costosissimi che praticamente non ho mai potuto usare perché a scuola è ammessa solo la divisa senza altri accessori. Anzi, visto che ho praticamente un’intera ala della villa dove abito solo io e dove si avventura sporadicamente qualche cameriera o guardia del corpo; me ne sto quasi tutto il tempo nuda o quasi indossando solo un paio di mutandine o shorts.

In particolare, c’è una persona che ho imparato a tiranneggiare e con cui sfogarmi mentre crescevo. Lui è il più vecchio dei tirapiedi di mio padre. Uno dei primi con cui lui ha iniziato la scalata al potere malavitoso cittadino. Si chiama Alfonso, ed è’ un pasticcione incompetente; ma ha come pregio la fedeltà assoluta a mio padre e sebbene sia stato rimosso dal seguire le attività criminose della famiglia per via delle sue varie incapacità, ora fa da autista e da factotum in casa. E’ diventato negli ultimi anni quasi una specie di maggiordomo obeso, stempiato e armato che vive nel lussuosissimo scantinato della nostra villa. Uno scantinato che è quasi meglio di molte lussuosissime suite d’alberghi. In fondo il crimine paga.

Che soddisfazione prendermela con lui, quando rovescia un vassoio di cibo o rompe un vaso o entra in camera mia senza bussare o fa tardi a venire a prendermi da scuola quando io stessa gli ho dato apposta l’orario sbagliato. C’è l’ho con lui anche per altri motivi. Oltre a mio padre, è l’unico in questa casa che può fare quello che vuole. Lui esce, si vede con gli amici, va ad assistere le partite, si porta delle donne nel suo appartamento. Si gode quella libertà che io non ho; ed è forse quest’ultima cosa che lo rende il bersaglio perfetto dei miei attacchi.

Un giorno, rientro prima del previsto a casa. Una partita di calcio del mio liceo è stata annullata all’ultimo minuto e la guardia del corpo ha insistito che ritornassimo a casa. Un vero peccato perché ci è voluta una settimana per convincere mio padre a permettermi di partecipare a quella manifestazione organizzata dal mio liceo. In pratica gli eventi organizzati dalla mia scuola sono l’unica cosa cui posso sperare di partecipare per evadere la solita routine e ogni volta devo lottare con mio padre per andarci perché lui ritiene che sia troppo pericoloso.

Visto che i miei piani sono sfumati, oggi sono leggermente più incazzata ed acida del solito. Scesa dal SUV che la guardia del corpo sta posteggiando in garage, mi dirigo subito verso le mie stanze per trovare qualche stupido passatempo con cui dimenticarmi della giornata da schifo.
Come succede in questi casi in cui mi girano le palle oltremodo, mentre mi sposto tra le mie stanze, mi spoglio buttando le scarpette e gli abiti in modo sparpagliato lungo il tragitto. Ci penseranno le cameriere durante la notte e rimettere tutto quanto a posto; in fondo è il loro lavoro.

Arrivo finalmente nella mia camera da letto che indosso soltanto i calzettoni della divisa scolastica e le mutandine, spalanco la porta e fatto qualche passo al suo interno, rimango letteralmente basita. Non riesco a credere ai miei occhi a quello che sta succedendo nella mia stanza.

Davanti al mio letto c’è Alfonso mezzo nudo che si sta masturbando mentre ai suoi piedi per terra c’è sparpagliato tutto il mio intimo. Anche lui mi guarda interdetto e spaventato con le sue mani che stringono le mie mutandine attorno al suo uccello in erezione.

Mi riprendo velocemente dal mio shock iniziale. La rabbia e il nervoso della giornata sembrano trovare una facile via per manifestarsi e fuoriescono da me in tutta la loro violenza.
– Alfonso! Ma che cazzo! –
Mi dirigo rapidamente verso di lui calpestando incurante il mio intimo. Lui continua a restarsene lì, tentando di coprirsi le parti basse in un qualche modo con le sue mani e le mie mutandine. Cosa che mi fa ancora più incazzare.

Gli sferro un pugno in faccia con tutta la forza che possiedo e lo faccio cadere disteso sul mio letto. Una vocina mi dice che dovrei andare da mio padre per fargli sparare; ma un’altra, più forte, mi dice che sarebbe bene se lo ammazzassi con le mie stesse mani. Ascolto quest’ultima voce. Sembra promettere più soddisfazioni. Gli salto addosso e inizio a tempestarlo di pugni mentre lo insulto in ogni modo possibile.

Alfonso prova a divedersi come può tentando di salvarsi la faccia e incassando i pugni nel resto del corpo senza reagire. Dopo un minuto d’intenso pugilato, mi fermo per prendere fiato. Non è mica così semplice come si pensa prendere a pugni una persona. E’ un’attività decisamente estenuante, inoltre mi fanno male le nocche delle mani.

Mentre respiro affannosamente mi rendo conto della situazione “particolare” in cui mi trovo. Sono mezza nuda, a cavalcioni di quel lurido maiale che sarà circa tre volte il mio peso e la mia età. Il suo uccello, nonostante il pestaggio, è in fulgida erezione che si struscia contro il mio sesso protetto solo dalle mutandine.

Sono incazzata e arrabbiata; ma è la prima volta che vedo l’uccello di un uomo dal vivo. Fino ad oggi solo esperienze guardando video su internet. Sento che mi si forma un’increspatura nella mia corazza d’odio che mi veste. Nei meandri del mio corpo si fa strada una certa forma di curiosità e lascività. Anni di repressione sessuale probabilmente lottano per prendere il controllo.

Cazzo, che cazzo. Non posso affermare di essere un’esperta in materia, ma almeno in video ne ho visti e questo a dimensioni sembra essere notevole ed io ci sono seduta quasi sopra. Mi sposto un po’ più indietro per osservarlo meglio. E’ un uccello grasso e largo circondato da un folto cespuglio di peluria nera, con grandi vene evidenti che lo percorrono. La cappella spunta ben evidente viscida e violacea. Pure le palle che s’intravedono dallo scroto, anch’esso peloso, sembrano essere grandi.

Mi perdo in contemplazione di quell’arnese. Alfonso nel frattempo continua a proteggersi il volto e non sembra manifestare intenzione di fare altro.

Certo che dal vivo è tutta un’altra cosa. Mi chino leggermente su quel coso per esaminarlo meglio quando ne avverto l’odore per la prima volta. Cazzo se puzza il suo uccello. Sa di pesce e prosciutto cotto allo stesso tempo. E’ un odore che mi disgusta rafforzando il disprezzo e l’odio che provo per Alfonso. Tuttavia allo stesso tempo in quel puzzo c’è un qualcosa che mi provoca un certo non so che.

Senza accorgermene inizio a prendere le misure di quell’uccello. Come ho notato a prima vista è grosso, sembra un tubo che al suo centro si allarga ancora di più. Con una mano non riuscirei a stringerlo tutto ed è anche talmente lungo che conto almeno tre palmi della mano per coprirlo, senza contare la cappella!

Com’è possibile che questa palla di lardo sia più attrezzata di certi attori porno che abbia visto su internet? Che siano tutti così gli uccelli delle persone grasse? Mi domando incuriosita; ma soprattutto, com’è possibile che una cosa così enorme possa infilarsi dentro di me, nel mio sesso.
Oddio il solo pensiero che Alfonso mi possa penetrare con quel coso mi fa rabbrividire. Chiunque ma non lui, non potrei sopportarlo. Potrei morire di vergogna se lui mi toccasse con quelle sue dita a salsicciotto con intento osceno.

Basta! Sto dedicando troppo tempo fantasticando sul suo cazzo. Dovrei tornare a picchiarlo a morte come stavo facendo pochi secondi fa e prendermi la mia venetta…
… il suo cazzo che mi penetra facendomi provare quelle sensazioni che non ho mai potuto provare. I nostri corpi che sudano assieme mentre mi scopa con ardore…

… cosa, di nuovo? Mi sono persa nei mie pensieri lascivi per l’ennesima volta? Perché mi vengono in mente? Riempirlo di pugni, ecco quello che devo fare…

… gli devo saltare di nuovo addosso e cavalcarlo come se non ci fosse un domani facendomi sfondare la figa, urlando di piacere smodato mentre perdo finalmente la mia verginità.

Perdere la mia verginità con lui? Con quest’uomo brutto e obeso che ho umiliato in questi ultimi anni e che ho imparato a trattare come una pezza da piedi. Un essere inferiore come lui che tocca il mio splendido corpo e lo insudicia solo con il suo respiro? Che ribrezzo.

Ma perché continuo a pensare a come scoparlo! Lo devo picchiare! Ecco cosa devo fare. Devo tornare a ricordarmi com’ero incazzata solo pochi istanti fa. Quella rabbia viscerale che mi sento tra le gambe che brucia e mi fa ribollire tutta quanta…

… rabbia tra le gambe? Ma che sto pensando? Senza rendermene conto mi tasto le mutandine. Sono bagnate e non è sudore penso terrorizzata. Infilo un dito sotto l’orlo della mutandina e mi rendo conto che sono fradicia di umori. Non ho mai avuto un rapporto con un uomo, ma so cosa significa questo. Sono eccitata.

Eccitata di fare sesso con Alfonso? Oddio mio mi viene da vomitare. Non ho mai avuto una simile reazione, nemmeno quando mi masturbavo pensando ai giovani uomini di fatica di mio padre che vanno in giro ricattando e minacciando mezza citta.

No, le devo picchiare. Con uno sforzo sovraumano torno di nuovo su di lui a cavalcioni e gli do un altro pugno. Finalmente, che soddisfazione! La sensazione del pugno che sprofonda nel materasso è divina, un brivido mi percorre tutta quanta.

Ho colpito il materasso? Perché? Perché sono così elettrizzata per aver fatto una scemenza simile? La risposta è semplice. Senza accorgermene il mio corpo mi ha tradito. Quando ho provato quella sensazione un secondo fa, è perché il mio bacino si è strusciato sull’uccello turgido di Alfonso.

Che cosa ho fatto? Perché sto continuando a strusciarmi istintivamente sul suo pene? Riesco a sentire il calore del suo membro anche attraverso le mutandine, praticamente i nostri sessi si stanno sfiorando. Il mio bacino si muove su è giù, lungo l’asta del suo pene e non riesco a fermarmi. Un gemito di piacere mi scappa tradendo le mie emozioni e il cuore inizia a battermi forte nel petto.

Inizio a sentirmi confusa e disperata. Forse mi sta venendo un attacco di panico? Se è così perché sembra così piacevole? Non mi sono mai sentita così prima d’ora con il corpo che sembra agire col pilota automatico ed io che faccio da semplice spettatrice.

Cazzo. Mi prende un colpo. Alfonso mi sta fissando. Anche lui sembra confuso quanto me della situazione. Non riesco a distogliere il mio sguardo dal suo e non so cosa fare. So solo che sto continuando a strusciarmi sul suo uccello eccitandomi più che mai e sto anche iniziando ad ansimare di piacere. Provo a mordermi le labbra per impedirmi di gemere, ma è piuttosto inutile, anzi quel piccolo dolore sembra eccitarmi ancora di più.

Una mano calda mi tocca il seno e me lo palpa con forza. Gli vorrei urlare di togliermi quelle sue luride mani di dosso ma dalla mia bocca esce soltanto l’ennesimo gemito. Una seconda mano mi tasta anche l’altro seno pizzicandone il capezzolo ed io perdo il controllo. Il mio corpo si muove da solo. Inizio a muovermi ancora più freneticamente su di lui e a gemere sempre più forte fino a quando no mi sento esplodere e molteplici vampate di piacere si sprigionano in tutto il corpo.

Crollo esausta distesa su Alfonso. Sono venuta realizzo con agghiacciate lucidità e ho trovato la cosa estremamente appagante, tanto da non importarmi nemmeno più, se ora quel porco sta pure provando a baciarmi tentando d’infilarmi in bocca quella sa disgustosa lingua.

Questo non posso permetterlo. Che poco fa abbia perso la mia dignità è una cosa, che ora lui tenti d’insinuarsi nella mia bocca, è un’altra. Mi discosto da lui con violenza e scalciando all’indietro mi sposto fino a quando non vado a sbattere contro la testiera del letto.

– Smettila stronzo! – Urlo la prima cosa che mi viene in mente.
– Sei solo un porco, uno schifo d’uomo, una merda. – Gli continuo a inveire addosso tutta una serie di offese le più cattive possibili.
Solo che Alfonso sta lì a fermo sul letto di fronte a me a guardarmi stringendo gli occhi.
Quel suo sguardo mi spaventa. Vi scorgo una certa dose di rabbia e bramosia che si agita come una fiamma viva carica di anni di frustrazione e desiderio. Tutti sentimenti diretti ovviamente contro di me e che mi sono pure guadagnata nel corso degli anni.

Ora sembra che lui stia per esplodere. Io sono distesa impotente sul letto di fronte a lui mezza nuda che indosso solo un paio di mutandine fradice e i calzini.
– Ti prego … – imploro senza volerlo mentre inizio a lacrimare per le troppe emozioni che mi stanno attanagliando.
– … non voglio … –
– Non vuoi cosa? – Mio domanda gelido lui, facendomi venire un brivido lungo la schiena.
Solo che non so cosa rispondergli e gli chiedo semplicemente scusa.
– Scusa di cosa? Di come mi ha trattato di merda in tutti questi anni? – Cazzo ora è veramente arrabbiato e mi fa paura.

Lentamente mi sale addosso. Provo a respingerlo in un qualche modo, ma il suo quintale e passa di peso rende impossibile ogni mia resistenza.
– Non mi toccare! –
– Così? – Mi affonda un dito sotto le mutandine strusciandolo sul mio sesso facendomi gemere.
– Smettila. –

– Ma guardati, ti sei sempre creduta una dea in terra e ora godi soltanto perché ti sfioro. –
Con un gesto rapido mi sfila le mutandine di dosso scagliandole via lontano e l’istante successivo mi è di nuovo addosso che mi penetra lacerandomi l’imene.
Io urlo di dolore, ma lui continua imperterrito iniziando a fottermi senza sosta.

Dopo un minuto di lacrime e di scongiuri che mi lasci libera, smetto di urlare e nuovamente il mio corpo mi tradisce facendomi gemere di piacere. Un piacere che è anche più forte, intenso e selvaggio di quello provato poco fa. Semplicemente mi lascio andare al desiderio e alla carne lasciando che Alfonso abusi del mio corpo come meglio ritiene. Anzi, più lui esplora e graffia il mio corpo con quelle sue marni forti e più mi lecca la faccia, più mi sembra di desiderarlo anche io.

Non so quanto tempo passi; secondi, minuti o ore. Io mi sento in estasi sopraffatta da quel suo corpo enorme e flaccido che mi fa sprofondare nel materasso, facendomi sudare copiosamente e gemendo di piacere smodato. Alla fine dopo una quantità di piacere che non pensavo potesse esistere, lo sento che mi viene dentro rilasciando il suo carico di sperma e subito dopo vengo anch’io, forse più folte. Non lo so di preciso perché l’orgasmo è talmente intenso che non sento più altro.

Il resto faccio fatica ricordarlo. E’ solo una confusione di corpi sudati che ansimano e si trusciano pesantemente l’uno sull’altro. Io sono schiacciata da quel corpo enorme e faccio fatica a respirare. Non mi aiuta nemmeno il fatto che lui tenti di limonarmi a fondo non lasciandomi il tempo nemmeno di respirare.

Perdo coscienza e forse svengo diverse volte. Mi risveglio solo quando lui mi da uno schiaffo in volto o quando sento che sto per venire nuovamente. Non so dire di preciso quanto duri questa maratona del sesso. Io non ci sono semplicemente abituata e lui è così focoso e irruente che non mi da tregua mai neppure per un secondo.

Dopo molto tempo lui si lascia ricadere sul letto al mio fianco. E’ stanco e stremato dopo avermi abusato talmente tante volte che ho semplicemente perso il conto. Per quanto mi riguarda, mi sento come in overdose di piacere. Ho avuto così tanti orgasmi uno dopo l’altro che mi sembra ancora di avvertirne l’eco in tutto il mio corpo. Il mio sesso è così sensibile che ogni minimo movimento lo eccita facendomi godere nuovamente.

Per soddisfare questo mio desiderio insaziabile mi sposto carponi sul letto, fino a raggiungere l’uccello moscio di Alfonso mettendomelo in bocca tutto quanto. All’inizio è difficile; il sapore è salato ed anche un po’ acido e la consistenza viscida dei liquidi che lo ricoprono non è invitante. Quando, però, sento il calore del suo membro che pulsa vivo nella mia bocca, non riesco più a resistere. Sapere che la sua virilità è di nuovo dentro di me mi sprona ad assaggiare ogni singolo centimetro del suo uccello succhiandolo avida. Nemmeno una goccia di sperma deve andare perduta.

Lentamente il suo membro torna a inturgidirsi ed io mi accorgo che faccio veramente fatica a tenerlo tutto quando in bocca. Lui si accorge della mia difficoltà nel gestire la cosa e poggiata una mano sulla mia testa inizia a spingere ficcandomi quel suo cazzone giù fino in gola facendomi letteralmente soffocare.
Dopo di che, appoggiata anche l’altra sua mano sulla mia testa, inizia a scoparmi la bocca.

E’ brutale, è intenso, è asfissiante; ma è oltremodo eccitante sapere che la mia testa sia diventata semplicemente un oggetto di trastullo con cui lui può masturbarsi l’uccello. Penso un’ultima cosa mentre svengo definitivamente. Voglio appartenere a quel suo cazzo per sempre.

Se vi piace o volete darmi spunti per un seguito scrivetemi a alessiatralenuvole@gmail.com

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