Skip to main content
Racconti Erotici Etero

La gran via

By 19 Dicembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Aveva risposto all’inserzione. Cercavo una coppia per guardiania, giardinaggio e aiuto domestico di una villetta al mare. Offrivo alloggio nella dependance, sul retro dell’edificio principale, in un appartamentino di 85 metri quadrati, e retribuzione da concordare.
Tra le tante risposte, mi sembrò interessante quella di Spiridione Mura, che diceva di avere 53 anni, appena pensionato dopo 36 anni di servizio, sposato da 17 anni con Maria Vittoria, di 35 anni, e con una bambina, Maria Bonaria, di circa dieci anni. Era esperto di giardinaggio, la moglie era pratica di come si deve accudire una casa, anzi una villetta.
Li convocai.
Si presentarono in ‘grande tenuta’. Vestiti con cura. Lui robusto e simpatico, dimostrante meno dell’età dichiarata; lei con un bel volto, luminoso, sorridente, sprizzante salute, e molto giovanile, gliene avresti dati non più di trenta, ma’ -si c’&egrave un ma- non alta, forse non arrivava neanche a 160 centimetri, e abbastanza grassottella. A guardarla bene, notavi delle gambe più o meno regolari, ma c’era qualcosa di particolare’ ecco: un grosso petto, sovrabbondante per quella statura, su un ventre piatto’ ma forse sembrava ancora più piatto per il contrasto con le rigogliose poppe e le altrettanto esuberanti natiche che si delineavano sotto un vestito di discreto taglio.
Mi venne subito da pensare a come chiamavamo quel tipo di donna, a scuola: TEC, tette e culo!
Comunque, non era spiacevole a vedersi, si muoveva agilmente, le mani, pur grassottelle, non erano a salciccia. E poi’ erano cavoli loro.
Spiridione, disse subito che aveva quel nome perché era nato con una infezione agli occhi e lo avevano, appunto, raccomandato a San Spiridione Vescovo, che era stato orbato per martirio, e che tutti lo chiamavano Spiro. Aggiunse che loro chiamavano Bony la figlia, e che la moglie Virginia Maria, era Via.
Esibì una copia del congedo per pensionamento. Ed era scritto che, durante il servizio, aveva avuto due encomi e una promozione per meriti particolari.
Mi complimentai per la eleganza.
Sorrise, Spiro, e col suo simpatico dialetto, mi disse che ‘sos bestires cumponen finas s’ainu’, ‘i vestiti rendono presentabile anche un asino’.
Ne ebbi un’ottima impressione.
Li avevo fatto venire alla villa, appunto per mostrare il lavoro e l’alloggio.
Si dichiararono soddisfatti, In effetti era perfino più grande dell’appartamentino che attualmente occupavano, quello comprato in cooperativa e con ancora cinque anni di mutuo. Lo avrebbero affittato a un giovane ex collega, che stava per sposarsi. Anche lui si chiamava Mura, ma non era parente, pur essendo quasi paesano. Mura Efisio.
Anche il compenso chiesto era accettabile.
Spiro chiese, con molto garbo, che ogni pratica, e quindi anche l’assunzione dovesse essere a nome della moglie, Virginia Maria Gana, altrimenti lui avrebbe avuto una tale decurtazione della pensione che non gli sarebbe convenuto. Non ebbi nulla in contrario, e sottolineai che l’uso dell’alloggio era subordinato alla sussistenza del rapporto di lavoro e della effettiva prestazione, salvo causa di forza maggiore.
Spiro si dichiarò d’accordo.
Chiesi a Bony, che era stata un po’ in giardino a giocare con Buck, il pastore tedesco che aveva capito di avere, finalmente, chi lo avrebbe curato regolarmente, cosa le paresse. Si disse contenta. Le piaceva vivere in villa e vicino al mare. Doveva frequentare la quinta elementare. Era sul lungomare, a non più di trecento metri, ed anche la media era nello stesso edificio.
Si sarebbero trasferiti tra una settimana.
Via, nel salutarmi, disse che era certa che sarei stato soddisfatto di lei, oltre che del marito che era un perfetto giardiniere dal pollice verde. Mi strinse calorosamente la mano, tra le sue e, non nascondo, guardai compiaciuto quelle belle tettone, pensando che tra esse la mano sarebbe stata bene al caldo. E non soltanto la mano. Mi sorpresi a scuotere la testa, ridendo.
Cosa andavo a pensare a 55 anni. Venti più della morbida e grassottelle Via.
^^^
Ormai erano oltre quindici giorni da quando i Mura avevano preso possesso del loro nuovo alloggio ed iniziato il loro compito. In giardino c’era molto da fare; in casa molto meno. Non ci eravamo quasi mai andati, quella estate, perché mia moglie si sente ‘confinata’, in villa, lontana dalle sue amiche e soprattutto dalla sua attività pseudo caritativa.
Pensai di andare a vedere, discretamente e senza atteggiamento ispettivo, come andavano le cose.
Un settembre ancora abbastanza caldo.
Feci in modo di arrivare per le dieci del mattino.
Notai subito che anche il cancello era pulito, lucido. E nell’aprirsi, col telecomando, non aveva affatto cigolato.
Entrai, parcheggiai l’auto sotto la tettoia, senza andarla a mettere nella rimessa. Contavo di gironzolare un po’, fare quattro chiacchiere con Spiro, e, poi recarmi a colazione dal ‘Pescatore’ dove, di solito c’erano i pesciolini di paranza, che a me piacciono molto.
L’alloggio dei Mura aveva la porta d’ingresso socchiusa. Mi avvicinai, chiamai, spinsi il pulsante del campanello. Nulla. Mi diressi verso la villa, entrando dall’uscio posteriore che era solo accostato. Mi avviai dalla parte opposta, verso il salone e la veranda. C’era una mezza luce. Entrai nel salone. Via era lì, intenta a spolverare quanto già, a mio avviso, era più che spolverato. Mi guardò e mi sorrise. Un sorriso aperto, cordiale, come se ci conoscessimo chissà da quanto tempo. Aveva un fazzoletto in testa; indossava una larga veste di cotone, molto sbracciata. Col suo personale, non proprio mingherlino, e la sua statura, sembrava proprio una meringa. Anzi no, un insieme di belle e appetitose meringhe, quelle che costituivano la già citata donna TEC! In effetti, si vedevano muoversi le masse, sia mammarie che glutee, e mi fecero ricordare che all’università ci complimentavamo con le colleghe più o meno di quel tipo, per la loro capacità di ‘agitare le masse’, e scherzando dicevamo loro che certamente oltre lo ‘spostamento dei volumi’ nascondevano anche evidenti movimenti nelle ‘pelliccerie’.
Già, a giudicare da quanto si vedeva all’alzare delle braccia di Via, intenta a togliere la polvere che non c’era, anche sulla parte alta dei mobili, le sue ascelle non avevano mai conosciuto attenzioni depilatorie. Già immagino che qualcuno storcerà il naso, più o meno realmente nauseato. A me, invece, quello spettacolo, così ‘nature’, quei ciuffi neri che testimoniavano la genuinità del nostro essere, mi attirava, mi stimolava, mi eccitava. Era sicuramente una donna molto pulita, Via, e mi sarebbe piaciuto, non scandalizzatevi, conoscere il naturale effluvio della sua femminilità. Inoltre, se le ascelle erano vergini di depilazione, figurarsi il resto. Doveva essere una vera e propria foresta, la foresta nera, Schwarzwald!
Mi chiese se volessi che andasse via.
‘No, anzi, resti pure, seguiti a fare il suo lavoro. Io mi metto qui in poltrona, a leggere il giornale. Mi auguro di non importunarla.’
‘Le pare! Mi fa compagnia.’
Si muoveva con agilità.
Le braccia erano polposette, ma ben tornite. Quello che mi faceva girare la testa era il turbinio delle sfere nel largo vestito. Non credo che indossasse un sostegno per esse. Ed ero curioso e interessato ad accertarmene, ma come? Non la perdevo con lo sguardo. Aveva detto di avere 35 anni, ne dimostrava molti di meno.
‘Sola?’
‘Si, Spiro &egrave andato ad un mercato, ad una quarantina di chilometri da qui, per vedere se c’é qualche attrezzo da acquistare. Bony ha fatto subito amicizia e, insieme a Buck, che non la lascia mai, &egrave in spiaggia, con i signori della Villa Rosa. Mi ha detto che sarebbe rimasta a pranzo da loro.’
Muoversi e parlare, con quell’aria allegra e quasi sbarazzina, mi dava un senso di ottimismo al vederla, ed anche di eccitazione.
Ero in poltrona. Lei vicinissima, quasi su me, con le braccia alte che spolverava le cornici dei quadri. Quei ‘balloons’ erano proprio sulla mia testa, quasi mi sfiorarono il naso. Per un attimo mi chiesi se fosse proprio per caso’ Comunque’ bastava sondare cautamente il terreno.
Non proprio di scatto, ma decisamente, mi alzai così da trovarmi con testa proprio nel bel mezzo di quegli affascinanti ‘air-bags’: non era aria ma ciccia, carne, soda e di prima qualità. Fu istintivo, naturale, ma non posso dire involontario, aggrapparmi a quelle poderose natiche, perbacco se erano dure anche esse, logicamente per sorreggerla ‘ Notai come un irrigidimento, in Via, ma riuscimmo a rimanere in equilibrio, uno di fronte all’altra, con le poppe sul mio stomaco, e le mani che non ritenevano di lasciarle i fianchi opimi.
Mi sorrise, quasi divertita.
‘Mi scusi, sa’ dovevo aspettare che lei si alzasse dalla poltrona’ a volte sono un po’ impaziente..’
‘Ma le pare, Via. E’ stato per’ conoscerci meglio.’
Mi sembrò che scuotesse impercettibilmente la testa.
Intanto, però, le mani stavano sempre lì. Ma non inerti. Esploravano la evidente sfericità di quel ben di dio, e ne verificavano la consistenza. Veramente lusinghiera, quasi incredibile. Certo che tra natiche del genere’
Sembravamo due adolescenti incerti sul da fare.
Comunque, lei non accennava a scostarsi da me.
Presi l’iniziativa. Guardandola fissamente, spostai la mano dal gluteo al seno. Lo sfiorai, sentii che il capezzolo era turgido. Ottimo segnale, da interpretare senza indugio.
Mano nella scollatura.
Era come pensavo.
Tette nude, sode. Capezzoli eretti, vibranti.
Fase successiva.
Baciarla.
Ricambiò appassionatamente, con la sua lingua che cercava la mia.
Ero indeciso.
Condurla verso la camera da letto significava interrompere il clima che si era stabilito, forse finiva tutto. Li, va bene, ma come? C’era il tappeto, morbido, sul pavimento. Non era semplice.
Mi venne in mente quello che, universitari, chiamavamo l’assalto alla tardona, solo che Via era tutt’altro che tardona, eventualmente lo ero io.
Comunque, o la va o la spacca. Anche perché il fastidio tra le mie gambe era insostenibile.
In un modo o nell’altro’
Mi inginocchiai, di colpo, le alzai il vestito, quasi strappai le sottili mutandine. Schwarzwald! La foresta nera. Immensa, dall’alto del pube, interessante parte dell’interno delle cosce. Riccioli lucidi, nerissimi, che parevano avere una loro vita. Quel cespuglio sembrava muoversi, come ondate che si susseguivano.
La testa s’intrufolò nel bosco, sentì schiudersi la valle della voluttà. Grandi labbra turgide, sode, calde. Un vibrante clitoride che chiedeva d’essere baciato, ciucciato. E profumava. Sì, Via profumava. Di donna, di femmina. Mi inebriava. Sentivo il fremito della vagina, il salmastro della sua linfa, la golosità delle sue contrazioni. Le artigliavo le natiche, le tormentavo’ Il suo respiro cominciò a divenire affannoso. Prese l’orlo del vestito, sul grembo, lo alzò, lo sfilò. Ecco le sue indescrivibili tette. Finii di strappare il resto delle mutandine. Era completamente nuda, ma quella mole era bellissima, eccitante.
Quasi non mi accorsi che s’era inginocchiata anche lei. Ora ero intento a succhiarle i capezzoloni. Lei si distendeva, apriva le monumentali cosce’ La selva nera in tutta la sua magnificenza’ Non ci volle molto a togliermi pantaloni e boxer’ a mettermi tra le sue cosce, che aveva dischiuse poggiando le gambe sui talloni. Il glande era, ormai, all’entrata del suo sesso rorido. Certo che se tutto era in proporzione’. No, era indicibilmente e meravigliosamente stretto, e andava aprendosi a mano a mano che la penetravo, e si stringeva intorno al mio fallo impaziente, lo carezzava con lunghe indicibili contrazioni. Era tutto nuovo, morbido: quelle gambe, quel ventre, quel seno. Le mani che le stringevano le natiche sobbalzanti. Gemeva, diceva parole che non capivo’ sentivo il crescere del suo piacere’ del mio piacere’ incredibili quei movimenti in un corpo non certo esile; inimmaginabile le sensazioni che poteva dare, e come sapeva dirti e trasmetterti la sua voluttà che stava per travolgerla, per travolgerci’ E proprio nel momento in cui un grido soffocato uscì dalle sue labbra, dal mio sesso esplose la testimonianza del mio godimento, che lei accolse, gustò, sparse in sé con ondeggiamenti sconosciuti. E mi attirò a sé, su sé, in sé. Baciandomi impetuosamente, ingordamente.
Solo allora pensai che non avevamo usato alcuna cautela. Troppo tardi.
Ero su un incredibile morbido, tiepido, accogliente giaciglio di carne palpitante, eccitante, stimolante. Non ci volle molto che rifiorì in lei la mia virilità. E fu accolta con maggior entusiasmo di prima. Una esaltazione dei sensi che ci portava all’ estasi, al rapimento, all’ ebbrezza di una voluttà sconosciuta. Appagante, placante.
Non ci rialzammo subito. Ci piaceva restare così.
Mi sorrise dolcemente, teneramente.
‘Lo sapevo, l’ho saputo dal primo momento che ci siamo incontrati.’
La sua voce era ancora affannosa, roca.
‘Non mi era mai capitato di sentirmi sconvolta, spogliata con gli occhi, posseduta, come quando ti ho visto.’
Scosse la testa.
‘Non ho mai conosciuto nessuno, oltre Spiro. Non riesco a rendermi conto di come sia accaduto. Forse lo sentivo che questa mattina saresti venuto qui’ e mi sono preparata’ ero tutta un fuoco, un bollore’ E’ stato bellissimo.’
La guardai, la carezzai.
‘Sei pentita?’
‘Sono in paradiso.’
‘Sono io ‘in’ paradiso. Posso tornare?’
‘Vorrei che non te ne andassi, che rimanessimo così, per sempre. Ma tu cosa te ne fai di una grassona come me!’
Le morsi dolcemente le labbra.
‘Sciocca. Sei la mia Via, la Gran Via, e chi la lascia!’
^^^ ^^^ ^^^

Leave a Reply