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Racconti Erotici Etero

La mia dirigente per l’estero

By 21 Novembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

La dirigente per l’estero

L’avevo scelta di persona.
Essendo colei che doveva affiancarmi nei miei viaggi: preferivo sbagliare nella scelta da solo.
Ero dell’idea che la lingua e la spigliatezza fossero le basi per la scelta, ma se fosse stata anche carina, il tutto sarebbe stato perfetto.
Alla fine la scelta cadde su Francesca, 33 anni, capelli colore biondo chiaro,alta circa 1,70, discretamente carina, leggermente sopra peso, vestita sobria, era difficile capire come fosse il suo corpo.
Quello che avevo capito da subito, era che se la tirava con il personale.
Il fatto che fosse direttamente alle mie dipendenze, le faceva supporre che potesse avere un comportamento altezzoso.
Niente di più sbagliato.
Cominciai a guardarla con occhi diversi, avevo deciso che Francesca doveva tornare con i piedi per terra.
Il viaggio in Cina fu l’occasione giusta .
Sin dalla partenza la trattai in modo distaccato: dando ordini secchi e senza darle la possibilità di dialogare.
Volevo farle capire che era una dipendente , anche se di lusso e ben pagata.
Doveva ricordarsi chi era il proprietario.
Quello che non avevo previsto era che lei si trasformasse in una geisha.
Vedevo chiaramente che questo nuovo modo di trattarla, le piaceva.
Aumentai il mio distacco per tutto il viaggio in aereo, la trattai ancora più male e ebbi la conferma che le piaceva farsi trattare da concubina.
Possibile che Francesca avesse una doppia personalità?
Aspettai che si arrivasse in albergo: eravamo stanchi per il lungo viaggio, il tempo di registrarci e andare verso le nostre camere che per comodità la mia segretaria aveva preso contigue: davanti alla porta della camera le dissi;
‘Stasera vestiti meno sobria, cerca di farmi passare una serata rilassante e fammi vedere che sei anche una donna!’
Senza attendere risposta, come se fosse una cosa dovuta entrai in camera a rinfrescarmi.
Mentre mi preparavo per la cena, analizzavo la situazione:
era poco probabile che lei si vestisse come speravo nel mio ego di maschio, ma i segnali che avevo ricevuto erano abbastanza chiari e dopotutto ero un imprenditore di successo che faceva della sua forza L’intuito.
Aspettai l’ora della cena e appositamente arrivai con quindici minuti di ritardo.
Dovevo tenerla sotto pressione, doveva ricordarsi che chi comandava ero io.
Il tavolo discretamente appartato: le luci leggermente soffuse, lei aspettava seduta.
Un sorriso caldo e suadente: al mio arrivo si alza e quel segno di defezione mi eccita subito come il suo abbigliamento.
Per la prima volta da quando lavorava per me, aveva i capelli sciolti: niente tailleur,una camicetta con frange civettuole, lasciava intravedere un reggiseno di pizzo bianco che copriva un seno ben fatto.
Una gonna maliziosa che arrivava al ginocchio, lasciava intravedere delle calze nere che sparivano sotto delle scarpe rosse con tacco a spillo:
‘Veramente graziosa’
I suoi occhi lanciarono un segnale di soddisfazione per quella mia frase.
Non le diedi modo di scegliere il menù: decisi tutto io.
Appena finito di ordinare, comincia a guardarla negli occhi: passarono 5 minuti di silenzio, solo gli occhi si scambiavano parole silenziose piene di interrogativi: poi decisi.
Tolsi la scarpa destra e cominciai a toccarle le caviglie protette da quella leggerissima calza.
Non si era mossa: continuava a guardarmi negli occhi, l’unica differenza era che adesso il suo sguardo era mieloso.
Il piede alzò le sue mire.
La carne morbida improvvisamente libera dalle autoreggenti , era sotto le mie dita e lamia ricerca del proibito continuava imperterrita.
Lo slip che proteggeva le sue intimità era chiaramente bagnato.
Quindi avevo ragione: dura e strafottente con i subalterni’dolce e sottomessa con il padrone.
Sapevo che quella situazione erotica era fuori dai suoi schemi e questo era molto eccitante per tutti e due.
Il dito sposto lo slip e cominciò a giocare con la sua tenera carne: entrò prepotente tra le sue carni polpose e le fece pregustare l’antipasto di quello che sarebbe stato il dopo.
La cena continuò per una buona ora e io non le risparmiai niente.
La martorizzai per tutto il tempo.
Vedevo il suo turbamento e pensai che per lei sarebbe stata dura non gridare nel momento dell’orgasmo.
Vidi il suo corpo contrarsi e le labbra serrarsi diverse volte.
A un certo punto decisi che era ora di continuare i nostri giochi in modo più comodo, così, chiesi il conto a metà cena e le feci cenno di alzarsi e seguirmi.
Tutta la cena era stata silenziosa: nessuna parola aveva seguito le mie azioni, solo movimenti furtivi.
Le guardavo il sedere dondolante in modo osceno: sapeva che lo stavo guardando e lo muoveva appositamente in quel modo esagerato.
La mia mano si appoggio sulle morbide curve delle natiche e aprendo la porta, la feci entrare.
Vi era un piccolo sofà all’entrata della camera e con decisione la spinsi a sedere.
‘ Fammi un pompino!’
Non era una richiesta: era un ordine.
Mi guardava negli occhi, dal basso verso l’alto.
In quella posizione di inferiorità stava dando il meglio di se stessa.
I calzoni slacciati, scivolarono pesantemente per terra: seguiti dai miei slip.
Nudo in mezzo alla stanza , le accarezzavo la testa mentre la sua bocca calda,i dava sensazioni stupende.
La lingua giocava con il mio glande e poi improvvisamente lo succhiava forte scivolando per tutta la lunghezza del mio cazzo.
Le vene esplodevano sotto le sapienti spinte della sua bocca: i denti torturavano la mia carne.
I suoi capelli stretti forte tra le mie mani nel momento del piacere estremo.
Sfiancato dalla potenza di quell’atto mi lasciai andare sul suo corpo cercando aria che rilassasse il cuore accelerato.
Le mani accarezzavano le sue labbra piene e maliziosamente le dita entravano nella sua bocca a ricordarle il coito appena finito.Cominciai a spogliarla liberandola di tutto tranne le autoreggenti: mi piaceva quella calza sul suo corpo: sembrava modellata appositamente per lei.
Le dita scesero tra i suoi seni e lasciando una bava di saliva, arrivarono tra le sue gambe dove trovai facilmente il varco del suo pube leggermente nascosto da ispidi peli.
Un caldo tepore, le dita bagnate cominciarono ritmicamente a penetrarla: i gemiti soffusi, i movimenti delle sue anche quando mi spingevo deciso in lei, fecero ben presto trovare nuova linfa al mio membro.
Il cambio di carne fu automatico.
Le sue gambe sopra le mie spalle, le mie palle che sbattevano contro il suo inguine nel momento di massima spinta, le sue labbra piene, polpose, strette attorno al membro come a imprigionarlo per sempre’
Gli sguardi sempre pieni di passione e nient’ altro che sbuffi di piacere, ancora gemiti, il sudore dei corpi mischiati agli umori.
Passione’passione’e infine la pace dei sensi.
Una mano a solcare il suo sedere: delizia, piacere, brividi al pensiero della sodomia’

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