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Racconti Erotici Etero

La mia estate con S.

By 21 Marzo 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Per fortuna che avevo tra le mani una decappottabile, altrimenti sarei morta in quella giornata d’estate. Il sole era così caldo che si aveva l’impressione di sciogliersi. Mentre guidavo sentivo il sudore spandersi nell’incavo tra le cosce, che il corto vestito estivo che indossavo non riusciva a nascondere, e tutt’intorno c’era profumo di erba appena tagliata.
Non doveva volerci più molto: appena un paio di svolte ancora e sarei finalmente arrivata a destinazione. Il luogo in cui ero diretta era la casa estiva di una mia compagna di università, nonché mia amica, ovviamente. Avevamo programmato di passare due settimane insieme in quel luogo paradisiaco. Suo padre era un imprenditore e si era arricchito vendendo vestiario, profumi e make-up. L’idea gliel’aveva data la sua ex moglie, nei tempi d’oro del loro matrimonio: quelle erano tutte cose a cui le donne non avrebbero mai rinunciato. Punta sulle donne e avrai successo. Un consiglio azzeccato: Mr. M.B. in poco tempo era riuscito a vendere a poco prezzo tutta la merce acquistata e la sua attività aveva preso il volo. E poi Mr. M. amava le donne, tutte, ed ecco perché amava coccolarle, viziarle. Quello era stato anche il fondamentale problema del suo matrimonio: sua moglie voleva l’esclusiva, invece lui era troppo impegnato a soddisfare le sue clienti in tutte le maniere possibili. Proprio tutte.
In ogni caso, con i soldi guadagnati dal suo adorato papi, S. era cresciuta nella bambagia, e adesso si godeva la casa che le aveva regalato per i suoi diciott’anni. ‘Un piccolo pensiero per la mia piccola principessa’, si era limitato a dire lui.
Sarà! Se qualcuno facesse un pensiero così piccolo a me io sarei più che felice.
S., comunque, non era la solita ragazza superficiale, anzi, era una persona con la testa sulle spalle, e anche una grande lavoratrice. Semplicemente aveva avuto al fortuna di nascere nella famiglia giusta.
Sul lato destro della carreggiata vidi un cartello di indicazione con scritto il nome della mia destinazione. Sorrisi, sollevata di poter finalmente staccarmi dal volante. Il viaggio era durato tre ore e non en potevo più di quella forzata immobilità.
La strada saliva lungo il fianco di una collina, da cui si poteva godere una vista magnifica: le case in lontananza erano minuscole e sopra la città si stendeva una leggere foschia dovuta all’umidità. Lungo il ciglio della strada c’era una folta boscaglia. S. mi aveva raccontato che era molto facile vedere animali selvatici qui: cervi, scoiattoli, perfino qualche serpente.
Superai l’ultima curva, davvero ripida, e poi finalmente vidi la sua casa. Era incredibile: una villa di due piani bianca, con porticato. Le portefinestre del salotto si affacciavano sulla veranda. Il cancello era avvolto dall’edera e da qualche rosa. Dietro la casa c’erano il giardino e la piscina. Già da fuori sembrava da favola, non stavo dalla pelle al pensiero di come fosse dentro.
Suonai al citofono, portandomi dietro il borsone e le due valigie strapiene di vestiti che mi ero portata per il pernottamento. Subito lei mi aprì il cancello, senza aver alcun bisogno di verificare che fossi io.
Entrai in quel paradiso, guardandomi attorno meravigliata, arrancando per la strada di ghiaia per via del peso dei bagagli. Subito la porta d’ingresso si spalancò, e sulla soglia si stagliò S., in tutta la sua gloriosa bellezza, spalancando le braccia di gioia e accogliendomi con calore. Mi abbracciò, dicendomi che era felicissima che fossi finalmente arrivata.
‘Vivere qui da soli è una noia. La casa è bellissima, ma che me ne faccio se devo vivere con la mia sola compagnia’.
Mi aiutò a portare le valigie al piano di sopra, mentre mi mostrava la casa: al pianterreno c’erano il salotto, la cucina e un bagno, più lo sgabuzzino. Al piano di sopra, invece, c’erano tre camere da letto, un altro bagno e un’intera stanza adibita a guardaroba. In più, grazie a una scaletta, in stile molto americano, si poteva salire alla mansarda, che stava nel sottotetto. Mi portò nella stanza che aveva preparato per me, anche questa una delizia: il letto era a due piazze, così avevo tutto lo spazio che volevo. C’era un armadio gigantesco a mia completa e sola disposizione. Alla parete sinistra c’era anche una piccola toilette, con un grande specchio, vari profumi (ovviamente della ditta di suo padre) e cosmetici, in modo da non dovermi preoccupare di nulla. Vicino al letto c’era una bella piantana, che diffondeva una luce tenue e intima, e poi dalla finestra avevo una completa visuale sia del giardino che della collina. Insomma era perfetta, neppure in un albergo di lusso avrei avuto un’accoglienza del genere.
Subito mi sentii a disagio: ‘Accidenti, S., è meraviglioso. Però non vorrei approfittare”. Lei mi interruppe senza preamboli: ‘Ma che dici, al massimo sono io che approfitto di te e della tua compagnia, non sai quanto mi sono annoiata qui da quando sono venuta ad abitarci. Ora approfitterò della tua compagnia. Ti starò così tanto alle costole che vorrai scappartene a gambe levate’, disse ridendo.
‘A proposito, un ultimo dettaglio: tutta la casa è a tua disposizione e puoi portarci chi vuoi. Inteso?’, mi spiegò lei, lanciandomi un’occhiata maliziosa, alludendo a qualche incontro piccante.
Dopodichè ci dirigemmo di sotto per prepararci il pranzo.

La sera fummo entrambe concordi che era venuto il momento di divertirsi sul serio. Non che ci fossimo annoiate, tutt’altro. Avevamo passato il pomeriggio a chiacchierare di tutto e di tutti, a tuffarci in piscina e a prenderci il sole. Ma adesso volevamo tutt’e due una compagnia maschile.
Così ci buttammo sotto la doccia e ci preparammo. Nel giro di un’ora eravamo pronte e subito uscimmo a caccia di prede. S. indossava un vestitino corto ed attillato, dorato, da diva del cinema anni ’50, in perfetta armonia con la sua chioma bionda e fluente. Sembrava una leonessa affamata. Il vestito lasciava perfettamente libere le lunghe gambe abbronzate, che erano il suo punto di forza. In generale, era strepitosa. S. era una di quelle creature che suscitano l’ammirazione e il desiderio generale, persino nel sesso femminile. Rimasi sconcertata quando mi accorsi di quello che pensavo, ma la realtà era proprio quella: desideravo S. in modo carnale, avrei voluto proprio toccarla. E in breve sentii un forte calore espandersi nell’incavo delle cosce. Come quando ero ancora alla guida della macchina, stessa sensazione di calore e piacere.
Io, invece, avevo scelto un vestito da cocktail nero, molto sobrio ed elegante, nonostante la scollatura fosse profonda.
Il territorio di caccia sarebbe stato un club in cui S. andava sempre quando proprio aveva voglia di fare baldoria. ‘Lì’, mi disse, ‘c’è il meglio che si possa avere. I drink sono buoni ed è sempre pieno di ragazzi carini e galanti. Infatti è sempre pieno come un vespaio, ma la clientela è molto selezionata. I buttafuori ormai mi conoscono bene, e con alcuni di loro c’è stato anche qualcosa di più del prendersi qualcosa da bere insieme’.
Non conoscevo ancora questo lato di S.. Avevo sempre pensato che fosse una ragazza molto seria, specie sentimentalmente, che non si concedeva a storie ‘toccata e fuga’. La cosa, però, non mi dispiacque, anzi, la trovai divertente. Il fatto che vivesse il sesso in modo molto libero e disinvolto quasi mi destava ammirazione.
L’aria della sera era calda e piacevole e soffiava leggera. L’atmosfera, poi, era quasi da film: ovattata, intima. Arrivammo al club nel giro di dieci minuti appena ed entrare fu rapidissimo: non appena i buttafuori videro S. le fecero cenno di scavalcare la coda e passare subito. S. li ringraziò mandando loro un bacio.
Il locale si rivelò davvero un ottimo posto: c’erano dei tavolini rotondi per tutta la stanza principale, mentre su un soppalco era situato il piano bar. Le luci erano soffuse e creavano un clima confortevole. Le pareti erano di un rosso bordeux. Il risultato era piacevole e quasi sensuale. Sembrava un posto in cui cercare emozioni bollenti non era soltanto lecito, ma quasi dovuto.
L’occasione non si fece attendere molto: io e S. ci prendemmo ben due cocktail ciascuna e ci sedemmo sulle alte seggiole del piano bar, guardandoci intorno alla ricerca di qualcuno che catturasse il nostro interesse, mentre continuammo a conversare del più e del meno.
Mi accorsi che S. lanciò un’occhiata a qualcuno alle mie spalle, così mi voltai, incuriosita. Il soggetto in questione era un ragazzo assolutamente strepitoso, che si avvicinò a noi. Aveva un bel fisico, non eccessivamente scolpito, alto, i capelli castani, il tipico bel ragazzo. Non mi colpì particolarmente, ma vidi che S., invece, apprezzava molto la vista. Non ci mise molto a darmi un temporaneo commiato e a trasferirsi in sua compagnia in un posto un po’ più adatto a ciò che si accingevano a fare.
Io le dissi di andare tranquilla e non preoccuparsi. Stare da sola non mi aveva mai preoccupato, anche se, ovviamente, preferivo comunque un po’ di compagnia. Anche io, comunque, non dovetti aspettare molto.
Mentre sorseggiavo tranquillamente il mio cocktail, con la coda dell’occhio vidi che qualcuno mi si era avvicinato.
All’inizio rimasi un po’ delusa: non era un uomo vecchio, ma comunque era sicuramente già sulla quarantina. Speravo in qualcuno di un po’ più vicino a me, anagraficamente parlando. Comunque non era male: era molto elegante e sicuro di sé, ed era ancora un uomo molto piacente. Sicuramente da giovane aveva fatto molte conquiste.
Mi offrì da bere, con una voce calda e gentile, che però non nascondeva il fatto che fosse perfettamente sicuro che io avrei accettato. Cosa che feci prontamente, senza preoccuparmene troppo.
Non mi diede l’impressione di avere troppa fretta, perché si accomodò al sgabello vicino al mio e cominciò a pormi domande: come mi chiamavo, dove vivevo, che lavoro facevo’
Mi piacevano i suoi modi calmi e sicuri: aveva la stessa calma di un ragno che tesse la propria tela, e la stessa sicurezza di riuscire nell’impresa di catturare la preda adocchiata. Mi guardava fisso negli occhi, lasciandomi intendere la sua eccitazione. Io non potei evitare di lanciare un’occhiata all’altezza del cavallo dei suoi pantaloni: un gonfiore prepotente e vistoso tradiva che cosa si celava lì sotto. Lui se ne accorse e mi lanciò un sorriso pieno di allusioni.
Di nuovo quel calore in mezzo alle gambe, e questa volta ancora più forte. Ero talmente eccitata e smaniosa da provare quasi dolore. Lui forse se ne rese conto, anche se non saprei dire da cosa, perchè a un certo punto mi disse: ‘Fa davvero caldo qui dentro. Perché non andiamo a prenderci un po’ d’aria fresca, ti va?’.
Io assentii senza la minima esitazione e subito ci alzammo dai nostri posti per avviarci all’uscita.
L’aria fresca della sera ci accolse, rianimandoci un po’. Io mi sentivo tremendamente accaldata, con le guance infuocate e un leggero cerchio alla testa. Sapevo che era dovuto in minima parte all’alcool, ma anche all’eccitazione. Detto molto semplicemente, avevo una voglia pazza e insana di scopare con quell’uomo, che emanava sensualità da ogni gesto. La sua età, ai miei occhi, era diventato un pregio, perché potevo star sicura che aveva molta pratica alle spalle e avrebbe saputo esattamente cosa fare e dove mettere le mani.
Ci incamminammo verso un piccolo steccato che delimitava un boschetto. Io mi appoggiai lì e tirai un respiro profondo per calmarmi un pochino. Lui mi raggiunse subito e, al posto di mettersi di fianco a me, mi si mise proprio di fronte, avvicinandosi sempre un po’ di più. Io lo lasciai fare, curiosa di vedere fin dove si sarebbe spinto.
Si aprì un varco tra le mie gambe, spingendo il bacino verso di me, per farmi sentire la sua eccitazione. Io non potei trattenermi dall’emettere un gemito di piacere e soddisfazione. Sentii con chiarezza la mia fighetta diventare sempre più calda e umida, cominciare a pulsare al di sotto del sottile perizoma che la vestiva.
Lui mi cinse i fianchi con le mani. Aveva un buon profumo, di pulito, che però non riusciva a nascondere quello un po’ più aspro dell’uomo. Questa volta fui io a spingere il bacino contro di lui, avvolgendolo con le gambe, incitandolo a proseguire. Lui mi strinse i fianchi con forza, per poi far scendere una mano sul mio fondoschiena, che cominciò a palpare e a stringere nel palmo. Mi veniva addosso con il suo corpo, quasi simulando già un amplesso che però non stava ancora avvenendo. Dal fondoschiena passò alla parte davanti, dove portò la mano, in mezzo alle gambe e strinse attraverso il tessuto del vestito la mia figa eccitata. Io buttai la testa all’indietro, cominciando a perdere completamente il controllo. Mi scostò il tessuto del vestito e poi quello del perizoma, cominciando a frugare tra le labbra bagnate della mia fighetta. Si avvicinò al buco, ci passò il dito intorno, lo mise dentro, sditalinandomi un po’. Poi lo tirò fuori e le portò alla mia bocca, ordinandomi implicitamente di leccargliele. Io le ingoiai con ingordigia, assaporando il mio stesso sapore di donna e muovendomi sulle sue dita come avrei fatto sul suo cazzo, succhiandogliele e passandoci la lingua intorno. Lui sembrò apprezzare, perché disse: ‘Che cagna vogliosa che sei. Scommetto che sei una trioetta, guarda come sta colando la tua figa’. Io assentii con la testa, mentre lui mi abbassava una spallina del vestito, tirando fuori un seno. I miei capezzoli erano inturgiditi, dritti e duri e lui si fiondò a succhiarli, leccarli e mordicchiarli con i denti. Le sue mani, intanto, si spostavano sul mio corpo, stringendomi un seno, accarezzandomi le gambe, toccandomi la figa.
Dopo un po’ mi spinse i fianchi verso il basso, per farmi capire che voleva che mi abbassassi. Io mi misi subito in ginocchio, con il viso proprio di fronte al suo rigonfiamento. Era così lampante che temetti potesse scoppiare nei pantaloni. Subito gli slacciai la cintura, sbottonai i pantaloni e li abbassai, dopodichè tolsi di mezzo anche i boxer che coprivano quel ben di dio alla mia vista. Quando vidi quel suo cazzo così gonfio e duro, fui presa quasi da una smania famelica. Me lo misi subito in bocca, cercando di sforzarmi di abituare la gola a quello spessore, in modo da prenderlo tutto senza che sforzarmi troppo. Subito presi a passargli la lingua intorno, a succhiarlo, a stringere le labbra intorno al cazzo, in modo da eccitarlo di più. Lui, intanto, sospirava e gemeva di piacere, mentre con le mani mi spingeva la testa ritmicamente contro il suo cazzo. Gli leccai le palle, anch’esse gonfie, le succhiai, le strinsi delicatamente nella mia mano, gli passai la lingua in tutta la zona che andava dal cazzo al buco del culo. Lui sembrava che stesse per impazzire, stava godendo da matti, mentre mi metteva una mano nei capelli, tirandomeli quasi tanto godeva. Mentre ansimava e mugugnava mi disse di mettermi accucciata a quattro zampe, togliermi le mutandine e mettermi un dito in figa, chiavandomi davanti a lui. Io feci subito tutto quello che mi aveva detto e cominciai a farmi un ditalino, mentre ancora pompavo e succhiavo la sua asta.
A un certo punto mi prese il viso tra le mani, tenendolo fermo, e cominciò a spingere il suo cazzo dentro la mia bocca, scopandomela. Feci fatica a prenderlo tutto, spesso me lo spingeva talmente a fondo che mi dava un senso di soffocamento e mi venivano dei conati. Ma poi cominciai ad abituarmi, a rilassarmi e lasciando che mi riempisse la bocca con il suo enorme palo. Lui intanto mi diceva: ‘Sei proprio una cagna, una troia vogliosa di cazzo. Scommetto che ti piace farti chiavare così, vero? Fartelo mettere tutto in bocca fino a soffocare. Ti piace sentirtelo pompare così’. Intanto spingeva sempre di più, aumentò il ritmo. Mi tirava i capelli intrecciati alle mani come fossero briglie, in modo che non potessi spostarmi o allontanarmi. Il ritmo delle sue spinte si faceva sempre più veloce e serrato e non feci in tempo a capire che stava per sborrare che subito un fiotto di liquido caldo mi inondò la gola e la bocca, fuoriuscendo dalle labbra completamente aperte. Lui continuò a dare ancora qualche spinta, mentre il suo respiro si faceva sempre più calmo e soddisfatto. Mi lasciò i capelli e tirò fuori il suo cazzo dalla bocca.
‘Continua a sditalinarti, non fermarti’, mi disse. Non sembrava affatto stanco, e sicuramente non sembrava volesse terminare lì la cosa. Mi disse di alzarmi, sempre continuando a masturbarmi. Quando fui in piedi, mi fece girare.
‘Mettiti a pecorina’, mi ordinò. Io mi stesi sul davanti, divaricando le gambe e alzando il bacino ad un’altezza che permettesse facilmente la penetrazione che già mi stavo pregustando.
Lui mi prese la mano con cui mi stavo masturbando, la portò verso il buchino di dietro e vi fece entrare un mio dito. Provai un istantaneo piacere e gemetti. Lui, poi, introdusse un dito suo, spingendo forte e cercando di far allargare bene il buco. Io intanto presi a gemere più forte, mentre la voglia mi assaliva. Tirò fuori il suo dito e anche il mio, dopodichè mise la punta del suo cazzo all’entrata della mia fighetta fradicia e con un colpo di reni lo fece entrare violentemente dentro. Io urlai, di dolore prima e di piacere poi, mentre lui cominciava a sbattermelo dentro, con foga.
‘Sì, sì, prendilo tutto, puttana, senti come ti chiavo con la mia verga, ti piace?’, mi diceva, mentre me lo spingeva forte dentro, facendolo entrare tutto. Io ansimavo e gemevo forte di piacere. ‘Sì, sì, oh, sì, mi piace, ancora, ancora, spingi, sì!’, non facevo che ripetere io, godendomi quella squisita sensazione di riempimento completo. Il suo cazzo eretto aderiva perfettamente alle pareti della figa, riempiendomela.
‘Sì, oh, prendilo tutto, sì, voglio fartelo sentire tutto, voglio riempirti di sborra fino a farti scoppiare, come la scrofa che sei!. Sì, ah prendilo così, forza!’, mi urlava lui, colpendomi forte contro il bacino, mentre sentivo il rumore delle sue palle che sbattevano contro l’apertura della figa. Avevo così tanti umori che mi uscivano dalla figa che mi stavano colando perfino lungo le cosce.
A un certo punto, prossimo a sborrare di nuovo, lui estrasse il cazzo dalla figa e lo mise al buco del culetto. Di nuovo diede un forte colpo di reni, facendolo entrare di colpo. Io urlai nuovamente, questa volta più forte. Il dolore era tremendo, anche perché il suo cazzo si era gonfiato ancora di più dentro il mio culetto. Era quasi insopportabile e lo pregai di uscire, ma lui non mi ascoltò. Cominciò, invece, a farlo uscire e rientrare, muovendomelo dentro. Nel giro di poco il dolore passò e venne sostituito da un piacere ancora più grande di prima. Sentivo ancora più chiaramente il suo cazzo dentro di me. Quando vide che il dolore era passato, prese di nuovo a spingerlo con forza. Mi prese per i fianchi, spingendoli indietro quando lui veniva avanti con il bacino. Il piacere che provavo era indescrivibile. Cominciai a sditalinarmi nuovamente.
‘Brava, troietta, sì, ecco, continua così, senti il mio cazzo duro dentro mentre tu ti sditalini, così, sì!’, urlava lui, senza temere minimamente che qualcuno potesse sentirlo. Lui aumentò il ritmo dei colpi, mentre cominciava ad ansimare pesantemente. Il suo cazzo era diventato gonfio a dismisura e lo sentii fremere dentro, segno inequivocabile che stava per inondarmi di sborra calda. Me lo mise a fondo ancora un paio di volte e poi ecco che sentii il calore di quel liquido paradisiaco che mi riempiva il buco del culetto, mentre anche io venivo copiosamente, inondandomi la mano dei miei umori caldi. Lui urlò di piacere, mentre affondava il suo cazzo possente ancora e ancora dentro di me. Io gemevo come una cagna in calore a ritmo dei suoi colpi.
Poi uscì il suo cazzo, completamente svuotato della sua sborra e, sfinito, si appoggiò allo steccato, mentre si rivestiva. Io mi rimisi in ordine velocemente, assicurandomi che i vestiti e i capelli fossero apposto.
Lui si avvicinò e mi baciò con passione, mettendomi la sua lingua in bocca. Poi rientrammo e mi offrì di nuovo da bere.

Sentivo il calore del sole filtrarmi sotto pelle, dando al mio pallore dei riflessi rosa pesca. Io e S. eravamo stese sui materassini gonfiabili, che galleggiavano spostandosi lenti sulla superficie dell’acqua, nel nostro solito dolce far niente. La mattina mi ero alzata con una leggera nausea, dovuta alla sbronza della sera precedente, ma ora era passata e mi stavo godendo appieno l’indolenza tipica dei mesi estivi.
S., invece, si divertiva a far capriole nell’acqua fresca, lanciandomi spruzzi, voluti e non, mentre si concedeva al suo hobby preferito: chiacchierare.
Mi stava descrivendo in tutti i minimi particolari il tempo trascorso con il ragazzo che la sera precedente le si era avvicinato, sottraendola alla mia scarsa compagnia.
“Pensa, mi ha portato in un salotto da cui si accede dal privè. Nel privè ci ero già stata, ovviamente, ma questa stanza non sapevo neppure che esistesse. Mi ha spiegato che lui ha lavorato nel club per un po’ di tempo, servendo ai tavoli e facendo i cocktails. Mi ha detto che a volte, durante il periodo estivo, si divertono a fare serate speciali: a volte una serata speed-date, un’altra volta serata in costume, insomma si dedicano a temi diversi. Questo accade una volta a settimana e il tutto si svolge solo in quella stanza, mentre nel resto del club tutto rimane come al solito. Mi ha detto che una volta c’è stata anche la serata degli scambisti. Quella sala si era riempita: non era mai successo prima, di solito erano poche le persone che partecipavano a queste iniziative. Però, come ti ho detto, questa stanza è occupata solo una volta alla settimana, mentre per il resto del tempo è totalmente libera. Lui mi ha portato là: il clima era eccitante da impazzire. C’erano candele ovunque, luci soffuse, era chiaro che nelle sue intenzioni c’era già quella di farsi qualcuno, doveva solo decidere chi portare. E ha scelto me. Ha chiuso a chiave la porta, mi ha presa e mi ha sbattuta al muro, mentre mi baciava con tanta foga che sembrava volesse sbranarmi. Sentivo la sua lingua fino in gola. Subito ha cominciato a frugare sotto la gonna, me l’ha alzata fino alla vita e si è messo a toccarmi le gambe. Dio, non immagini neanche in che stato ero: l’hai visto, no? Aveva un fisico stupendo, e mi eccitava da morire quando mi schiacciava alla parete con forza. Ti lascio immaginare come è continuata la situazione”, disse, evidentemente decisa a conservare un minimo pudore davanti a me, anche se si vedeva che al ricordo di quei momenti si era eccitata di nuovo: le pupille le si erano dilatate tantissimo, le guance le si erano arrossate e il respiro era diventato leggermente più veloce. A vederla in quel modo, a sapere che era eccitata, che probabilmente nelle sue mutandine stava succedendo qualcosa, non potei fare a meno di eccitarmi a mia volta: di sentire di nuovo quel noto calore in mezzo alle gambe.
S. sembrò non accorgersene, mise la testa sott’acqua per un momento e poi ritornò in superficie, dopodichè mi sorrise maliziosamente e mi chiese: “E tu? Nessuno ti ha sbavato addosso ieri sera?”.
Io le sorrisi di rimando: “A dire il vero, pochi minuti dopo che tu te n’eri andata, un tipo mi si è avvicinato e mi ha offerto da bere”, dissi io, cercando di parlare con un tono naturale, senza fare intendere a che pensieri mi ero data pochi momenti prima.
“Davvero?!”, chiese lei, sgranando gli occhi per la gioia. “E com’era? Era carino?”, mi chiese ancora.
“Beh, sì, non era affatto male per la sua età. Credo avesse circa quarant’anni, però era una persona molto affascinante”. “E dopo aver bevuto?”, continuò lei, avida di sapere tutto.
A me sfuggì un sorriso, che tradì ciò che stavo per raccontarle, infatti lei capì subito che dopo il drink si era passato ad altro. Emise un grido stridulo: “Ah, lo sapevo! Lo sapevo che anche tu ci avresti dato dentro. Era impossibile che nessuno ti avrebbe corteggiata”.
Ridacchiando allegra, mi spruzzò tutta d’acqua e presto cominciammo una lotta, gettandoci acqua addosso a vicenda. Per riuscire meglio nell’impresa mi buttai anche io, abbandonado la mia postazione sul materassino.
Era bellissimo essere immersi nell’acqua fresca mentre il caldo imperversava. Ci mettemmo a giocare e urlare come ragazzine. A un certo punto S. andò di nuovo sott’acqua e vidi solo la sua sagoma ondeggiante che si spostava sotto la superficie. Non capii subito le sue intenzioni, e infatti venni colta totalmente di sopresa quando mi afferrò per le gambe e mi trascinò a mia volta sotto.
Il mio urlo si disperse in mille bollicine trasparenti. Mi girai e vidi che sogghignava, tutta contenta di avermi spaventata. Io mimai nell’acqua il gesto di prenderla a calci e a lei scappò un risolino, anche quello diventato privo di suono.
Mi si avvicinò nuotando e mi mise le mani sui fianchi, improvvisamente molto seria e quasi timorosa. Io rimasi un attimo immobile, più sorpresa che infastidita. Sentivo solo il calore emanato dalle sue mani, che intanto si spostavano sul mio corpo e mi accarezzavano lentamente e in modo sensuale. Io diedi un colpo di reni e tornai in superficie, spezzando il momento magico.
Lei mi imitò subito e mi guardò spaurita: “Sei arrabbiata?”, mi domandò, un po’ ansiosa.
Io la guardai in viso. C’era una cosa totalmente innegabile di S. Era bella, tanto bella, assolutamente desiderabile. “No”, risposi, semplicemente, “è solo che avevo finito l’ossigeno”.
Scoppiammo tutt’ e due a ridere, stemperando la tensione. Lei si tranquillizzò visibilmente e sembrava pronta a tornare alla carica. Infatti, con uno sguardo birichino e nuovamente eccitato, si avvicinò e mi sfiorò le labbra con le sue. Rimasi immobile anche allora. Era una situazione strana, a cui non ero assolutamente abituata. Ma, pensandoci, ammisi che mi piaceva: mi piaceva il modo in cui mi accarezzava. Non possessivo come quello degli uomini, ma più dolce e leggero, non era un toccare ma uno sfiorare. Era tutto molto diverso da ciò che avevo sempre vissuto in campo sessuale e non sapevo bene come muovermi. Provai semplicemente a farmi guidare dall’istinto. Le accarezzai i fianchi, diminuendo la già poca distanza che intercorreva tra i nostri corpi. Le sfioravo le gambe con le mie, le accarezzavo la schiena, i fianchi, mentre le nostre labbra continuavano ad assaporare le une il sapore delle altre. Fin’ora le nostre lingue non si erano neppure sfiorate. L’intera situazione si svolgeva con un’ottica diversa: in rapporti con parter maschili succedeva sempre tutto in fretta, in modo frenetico, mentre ora era come se entrambe sapessimo bene di avere tutto il tempo del mondo e ce lo volessimo gustare appieno, lentamente, donandoci sensazioni a vicenda. Era un modo di vivere il sesso ancora sconosciuto per me, ma mi piaceva.
Cominciai a baciarle il viso, scendendo lungo una linea invisibile che proseguiva verso il collo e le orecchie, mentre le mie mani ancora la sfioravano. A un tratto sentii i miei seni premere contro i suoi e mi eccitai tantissimo. Non avevo mai sentito un’eccitazione tanto prepotente in me, istantanea e travolgente. La strinsi più forte a me, godendomi la sensazione di non essere subordinata a una persoan fisicamente più forte. Lei emise un gemito, dimostrandomi che apprezzava il modo in cui la toccavo e prendevo possesso di lei. Istintivamente le presi le natiche tra le mani e le strinsi forte, facendo aderire perfettamente il suo corpo al mio. Ora la situazione si stava davvero scaldando, la desideravo con passione, con ingordigia. Lei sospirò e fremette di piacere, cingendomi i fianchi con le gambe lunghe, esponendosi completamente. Io le presi la bocca, con una voglia immensa nel corpo. Sentivo tra le gambe la mia figa pulsare. Con un po’ di fatica, nuotai verso il bordo piscina, dove le feci appoggiare la schiena, in modo da essere tutt’e due più comode. Le aprii le gambe e spisi il bacino contro il suo, mentre presi a baciarla. Con la mano salii lungo il busto e la portai su un seno. Mi piaceva poter toccare un corpo femminile che non fosse il mio. Mi piaceva assaporare quelle rotondità, quella feminilità. Le tolsi il pezzo di sopra del costume, palpandola, stringendola a me, mentre prendevo un capezzolo in bocca e cominciavo a titillarlo con la lingua, a succhiarlo e stuzzicarlo con i denti. Lei cominciò a gemere forte, mentre muoveva il bacino in modo convulso. Sapevo cosa stava succedendo, era talmente eccitata che era vicina all’orgasmo. In quel momento avrei davvero voluto avere qualcosa con cui riempirle la figa vogliosa che aveva, avrei voluto riempirle quel suo buco caldo, darle esattamente ciò che voleva.
Cominciai così a scendere lungo i fianchi e le cosce. Scostai il lembo del costume che le copriva la micetta e cominciai a stimolargliela con le dita. Le accarezzai con l’indice tutto l’interno labbra, le sfiorai il clitoride, mentre non avevo smesso neanche per un momento di baciarle i seni. Lei spingeva il bacino contro la mia mano, invitandomi a darle di più. Ma io volevo prolungare la cosa. Le dissi all’orecchio di uscire dall’acqua e sdraiarsi sulla sponda della piscina.
Lei lo fece subito, stendendosi sotto i raggi del sole e lasciando il bacino perfettamente alla mia portata. Le tolsi le mutandine, le divaricai le gambe e cominciai a passarle la lingua lungo la zona intorno al buco di penetrazione. Lei sembrò impazzire e cominciò a emettere gemiti di gola, quasi come se raschiassero le corde vocali. Era qualcosa di profondo e gutturale, che mi eccitava tantissimo. Le presi il clitoride tra le labbra e cominciai a succhiarlo leggermente, mentre con un dito cominciavo a penetrarla. Subito mi sentii invasa dai suoi umori, che invischiavano la pelle della mano. Aveva un buon sapore, forte e aspro ma spaventosamente afrodisiaco.
Decisi che era il momento di penetrarla di più e più a fondo, così le misi altre due dita dentro, mentre con la lingua esploravo tutta la figa e le mordicchiavo la carne sottile delle piccole labbra. Lei cominciò a dimenarsi e a guaire come una cagna.
In preda all’eccitazione, cominciò a rantolare: “Chiavami, chiavami, di più, ti prego! Voglio sentire le tue dita fino in fondo, spingimele dentro, avanti!”.
Sentirla così eccitata mi faceva perdere la testa. Spinsi la mia mano ancora di più, mentre un’idea allettante mi veniva in mente. Sempre con la stessa mano che stavo usando per la sua figa, misi un dito dentro il buco stretto del suo culo. Sentii subito la pelle dello sfintere stringersi contro il mio dito, quasi a volerlo trattenere. Lei inarcò la schiena, gemendo forte e subito un fiotto di umori si versò sulla mia mano, mentre il suo corpo era scosso da fremiti incontrollabili, segno che era venuta. Gridava, eccitata, mentre si stringeva i seni con i palmi. Trattenni la mia mano dentro di lei ancora per qualche momento, finchè non si fu calmata.
Appena si fu ripresa, si alzò leggermente con la schiena, puntellandosi su un gomito, e mi guardò. Aveva il viso tutto arrossato, le labbra tumide, i capelli spettinati. Era stupenda.
Mi sorrise, si avvicinò a me e mi baciò lievemente.
“Grazie”, mi sussurrò.

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