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Racconti Erotici Etero

La mia nuova collega

By 1 Novembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

PREMESSA
Non mi sono mai preso sul serio. Nel senso che non ho mai pensato di poter essere un tipo che potesse piacere alle donne. Si – mi sono sempre detto – posso essere simpatico, spiritoso, dalla battuta anche facile… ma non un tipo che possa destare qualche interesse ad una donna. Soprattutto se bella e desiderabile. Insomma, io mi sento brutto. Non mi do’ fiducia, e da sempre, e cioè sin da quando ero adolescente, ho sempre guardato alle ragazze belle come un target non alla mia portata, prede destinate ai soli ragazzi più belli e “fichi”. Tra l’altro, le dimensioni non eccezionali del mio pene (13 cm.), mi convincevano che io non potessi ambire alle ragazze più gnocche, che ritenevo meritevoli di membri di lunghezza ben maggiore. E così, dopo un paio di esperienze, sono approdato alla ragazza che poi è diventata mia moglie. Non una bellezza eccezionale, ma neppure da buttare via. Una ragazza con la quale ho stabilito prima di tutto un’intesa mentale eccezionale e poi, dopo un po’ di tempo, gradualmente, anche sessuale. E da qui il matrimonio… Quasi venticinque anni ad oggi.
Eppure, se oggi, a circa cinquanta anni, ritornassi indietro, non potrei mai immaginare che anch’io sarei potuto essere oggetto di attenzione di altre donne. Tanto che mi è capitato di avere diverse storie extraconiugali, quasi sempre maturate nell’ambiente di lavoro, e con donne tutte molto belle (a detta degli altri miei colleghi maschietti).
Storie che voglio raccontare. La prima è quella di Paola.

All’età di 38 anni – LA MIA NUOVA COLLEGA
Da quando Paola arrivò nel nostro ufficio, non facevo altro che pensare a lei. Lavorare insieme a lei mi piaceva molto. E speravo sempre che il capo del nostro reparto ci mettesse insieme nei turni settimanali. Con Maria, mia moglie, le cose andavano bene, ma dopo la seconda gravidanza i nostri rapporti si erano molto raffreddati. In lei vedevo la “madre” dei miei figli, non più la mia compagna e la mia complice. E lei, d’altra parte, era troppo presa dai bambini per potersi dedicare anche a me con la spensieratezza di un tempo. Si, è vero, quando la vedevo spogliarsi davanti a me, l’effetto era sempre buono. Il suo seno, una terza abbondante, mi risvegliava all’istante tutto il testosterone possibile. Ma non trovavo in lei la mia stessa disponibilità a lasciarsi andare nel sesso. Insomma, farsi una bella scopata diventava sempre più una cosa rara, ed in me cresceva l’insoddisfazione per il nostro rapporto.
In questo contesto, l’incontro con Paola fu così l’occasione per dar sfogo alle mie voglie, da troppo tempo represse.
Io avevo allora trentasei anni. Paola ne aveva quarantaquattro. 8 più di me. Ma era davvero splendida. Alta 1,60, una terza abbondantissima e soda di seno, capelli all’altezza delle spalle e mossi, un culo ben fatto e rotondo. I miei colleghi erano tutti arrapati. Capitava di andare al bar a prendere un caffé e parlare di lei. Di cosa faceva, se aveva un uomo, di quanto era “bbona”, di come sarebbe stato bello potersela scopare… Anch’io partecipavo alle discussioni, ma subito mi tiravo indietro sul poter competere con qualche collega che ritenevo più interessante di me agli occhi di una donna molto bella. Era circa un anno che Paola era arrivata nel nostro ufficio. Proveniva da una sede di un’altra città ed aveva ottenuto così un avvicinamento al posto dove abitava. L’unica cosa che avevamo capito e che Paola non era sposata…
Tra tutti i maschietti dell’ufficio, mi sembrò legare con in particolare con Sandro, un collega con cui stabilì un rapporto di molta complicità. Quando era di turno con lui, capitava di vederli scherzare, o abbracciarsi, a volte far finta di azzuffarsi, lottare, e ridere, sommessamente, con battutine e doppisensi senza soluzione di continuità.
Quando era di turno con me, per una settimana intera, Paola era invece diversa. Parlavamo di tutto, ci scappava anche la battuta, ma non arrivavamo mai neppure a sfiorarci. Soprattutto ci piaceva parlare di musica, di rock, di cui eravamo (e siamo) entrambi appassionati e di politica. In particolare, mi convinse a iscrivermi al suo sindacato persuadendomi che avevo i numeri giusti per poterlo governare a livello del nostro ufficio. E così, grazie anche a qualche viaggio in macchina a Roma, alla volta della sede centrale del sindacato, il nostro rapporto cominciò a cambiare. Lei mi confidò dei suoi interessi extralavorativi, dei suoi amori, delle sue storie, con mia sorpresa poche per una donna come lei (tre appena), del suo essere single. Ed io cominciai a confidargli il mio disagio familiare, il mio bisogno di qualcosa di diverso… Insomma, la complicità tra di noi cresceva sempre di più. E anche se tra lei e Sandro le cose continuavano come prima – in ufficio tutti pensavano ormai che andassero a letto insieme – Paola cominciò a prendersi alcune libertà anche con me. In quelle occasioni di cazzeggio tra colleghi, ad esempio, lei magari si sedeva sulle mie ginocchia, o mi abbracciava improvvisamente piantandomi le sue eccezionali tette sul mio petto (e provocandomi piacevoli fremiti nelle mie parti basse).
Un’escalation progressiva e continua che ci portò pian piano ad alzare il tiro nei nostri discorsi. Ormai anche noi eravamo arrivati alla battuta doppiosenso, al bacino di saluto quotidiano, anche se il contegno rimaneva comunque molto diverso da quello che poteva esserci con Sandro. E questo era per me, poi, il più grande dilemma. Pensavo anch’io, come tutti, che Paola ci scopasse insieme da un bel pezzo. Era capitato di fare qualche cena tra colleghi e i loro atteggiamenti ci avevano convinto sempre di più. Eppure capivo che c’era qualcosa che non andava…
E infatti tutto cambiò nel giro di una settimana…
Da qualche tempo Paola si fermava anche nel pomeriggio per recuperare. Nei rientri pomeridiani, io ero in pratica il responsabile di tutto l’ufficio. Ero uno dei pochi dotato di chiavi e di codice di sicurezza dell’allarme. Spesso mi capitava di dover aspettare colleghi che facevano lo straordinario oppure che dovevano recuperare ritardi e permessi. Quel giorno rimanemmo soltanto io e Paola. Da soli. Non era la prima volta, ma le cose stavano cambiando e io finalmente mi ero deciso di farmi avanti sicuro di interpretare nel modo giusto i messaggi che mi stavano arrivando dalla mia collega. Tra una scartoffia e l’altra, feci in modo, così, di girare il discorso sul sesso. Argomento che piaceva molto ad entrambi. In passato ci eravamo raccontati già le nostre rispettive esperienze, le posizioni migliori, i posti più strani dove lo avevamo fatto… E proprio su questo argomento gli dissi che l’archivio era un posto che mi eccitava molto. Capitava spesso di andare in archivio, anche insieme, a cercare grossi faldoni contenenti vecchie pratiche.
Non potevo più indugiare. Dovevo passare all’azione…
“Gli scaffali dell’archivio possono essere utilizzati in molti modi…” gli dissi allora sperando che lei raccogliesse la mia provocazione.
“Ah, si? E come? Dimmi, dimmi. Sono proprio curiosa…”
“Per esempio si possono usare per parecchie fantasiose posizioni. La fantasia è tutto nel sesso.”
“E tu ne hai?” mi rispose con aria provocatoria.
“Io ne ho tantissima”. Ormai stavo osando sempre di più. Non potevo più tirarmi indietro. Ma lei si spinse oltre ogni mia aspettativa fornendomi un assist tale che solo un clamoroso pippone non avrebbe risolto in rete. “E allora perché non mi fai vedere?”.
Senza dire una parola, tremante ed eccitato, la presi per mano e quasi strappandola dalla sedia la tirai dietro di me. “Dove mi porti?”, mi disse. “In archivio. Lì ti farò vedere dal vivo cosa intendo. Certe cose è sempre più facile sperimentarle che descriverle”.
Entrambi silenziosi entrammo quindi nella prima stanza dell’archivio. Paola indossava una maglietta arancione a lupetto attillatissima – tanto che si intravvedeva il pizzo del suo reggiseno – e un paio di jeans stretti, scarpe col tacco su collant color carne. Era molto bella come al solito. E indossava un profumo eccezionale che mi faceva letteralmente impazzire. Tanto che qualche giorno prima mi ero spinto a dirgli che quella fragranza mi invitava prima o poi a saltargli addosso, provocando la sua reazione divertita.
“Allora? Fammi vedere…”. Paola era sicura di avermi in pugno, e continuava a provocarmi.
Ed io cominciai a fargli vedere posizioni diverse, con lei di volta in volta appoggiata sulla testata di uno scaffale, facendo finta di prenderla da dietro, o da davanti, con lei sorretta con le sue mani… Il tutto strusciandoci e simulando la penetrazione. Ma ormai eravamo entrambi eccitatissimi e pronti a passare dalla finzione alla realtà. Fu così che vedendo una scrivania gli dissi: “E poi, oltre agli scaffali, ci sono sempre i tavoli che offrono notevoli possibilità. L’hai mai fatto su una scrivania?”.
“No. Non mi è mai capitato”.
“Non ci credo” – gli dissi – “chissà quante volte ti sarà capitato di farlo sul tavolo della cucina!”.
“Mai… nemmeno una volta”, rispose.
“Stai scherzando? Ti sei persa qualcosa di veramente eccitante”. Mentre dicevo queste parole intanto la giravo, piegandola sul tavolo ed alzandogli una coscia fino ad appoggiarle il ginocchio sul piano di legno. “Ti piace così? La donna, con la coscia alzata, può essere penetrata con più facilità”, mentre mimavo il gesto della penetrazione. Ma il mio pisello era diventato ormai duro e il momento era maturo per agire… Fu così che le mie mani afferrarono di colpo le sue tette grandiose, stringendole, strofinandole… con la mia bocca che cominciò a cercare il suo collo, per baciarlo e mordicchiarlo delicatamente con le labbra… Il profumo della sua pelle mi faceva letteralmente impazzire. Ero partito… e non mi sarei fermato più. Paola, rispose quindi al mio assalto con un gemito di piacere e di soddisfazione…. “Ce l’hai fatta finalmente!” – mi disse. “Mi hai fatto faticare un casino per scioglierti, ma…”. A quelle parole capii che era fatta… Paola mi voleva ed era pronta a farsi scopare da me.
Continuai per qualche istante a strusciarmi sul suo culo e a baciarla, per poi girarla e cercare finalmente la sua bocca. “Quante volte ho desiderato questo momento”, le dissi sussurrando all’orecchio. “Anch’io”, mi rispose “è da quando sono arrivata in quest’ufficio che ci penso”. Tutto questo stava succedendo a me. Quasi non ci credevo. Paola, una figa da paura, che tutti avrebbero desiderato di scoparsi, avrebbe invece voluto scopare con me. E da sempre. Era incredibile ma era vero. Le mie mani si erano intanto insinuate nei suoi pantaloni, sotto il collant, per palpare il morbido dei suoi glutei. “Si…si… così… stringimelo…”. A Paola piaceva che le afferrassi il culo e glielo palpassi. Indossava un perizoma, e così fu facile raggiungere il suo buco, che accarezzavo dolcemente, e più in giù, con un po’ di fatica per la mano, la sua fica… Nel frattempo lei mi massaggiava da davanti e mi stringeva il cazzo da sopra i jeans, cominciando a sbottonarmi i pantaloni… Ma prima che potesse tirarmelo fuori la interruppi bruscamente… “La porta”, le dissi. “E’ aperta…. e se per caso venisse qualcuno… Vado a chiuderla”. Lei annuì ormai arrapata. Due minuti appena. Il tempo di trovare le chiavi, infilarle nella serratura e farla scattare. Intanto la città era sotto un forte temporale. “Piove”, le dissi al ritorno. “Meglio”, rispose “così nessuno verrà a romperci le palle”. Per precauzione decidemmo di chiudere a chiave anche la porta dell’archivio. Tutto era pronto ormai. Potevamo dedicarci a noi due. Le nostre bocche si cercarono di nuovo, prima con qualche esitazione, quasi che la pausa forzata ci avesse raffreddati, e poi via via con sempre maggior passione, con le nostre lingue a scambiarsi il posto. Gli sfilai il maglioncino e finalmente potei vedere le sue tette strette nel bel reggiseno di pizzo, color grigio perla. Fu un attimo. Gli tirai fuori un seno per cominciare a succhiarlo e a leccarlo… e poi, subito dopo, l’altro. “Mmmh… si…”. Paola gemeva arrapatissima. “Sei una sorca… una sorca da paura”, le dissi… “hai due zinne meravigliose”. Le sue mani intanto cercavano il mio cazzo che era diventato durissimo come non mai prima. Forse sensazioni del genere le avevo provate quando di nascosto scopavo con la mia fidanzata nella cucina di casa sua, con la paura di essere scoperti , mentre i suoi dormivano davanti alla TV accesa, sul divano del salotto. Finalmente mi sbottonai i pantaloni e mi feci afferrare il pisello. La sua reazione non fu negativa… Avevo paura che lo vedesse troppo piccolo… ma evidentemente mi sbagliavo. Me lo prese con la mano destra mentre con la sinistra mi cominciò ad accarezzare le palle e le cosce. “Ti piaccio?”, le dissi. “Moltissimo”, mi rispose. Di colpo svanirono le mie paure, trent’anni di incertezze e timori… “Ed io? Come sono?” mi domandò. “Sei bellissima. Una sorcona… una sorcona da scopare tutta…”. Eccitatissima Paola si sbottonò i pantaloni e si chinò con la sua bocca sul mio cazzo, cominciando a leccarlo e a spompinarlo. Era una sensazione eccezionale. Una bocca diversa da quella di mia moglie! Un altro modo di prenderlo in mano, di maneggiarlo, di succhiarlo, di amarlo… Lo leccava e lo spompinava alternativamente con vera maestria… “Sei bravissima… siii… continua così…”, le dissi. Ero proprio al limite. E per non venirgli subito in bocca la interruppi, facendola alzare per calarle i pantaloni, che sfilò dopo essersi tolta le belle scarpe col tacco… “Ora rimettile”, le dissi, “Devi avere le scarpe mentre ti scopo”. Aveva due cosce bellissime, tornite e sode. Non una punta di smagliatura o di cellulite… Cominciai a leccargli le cosce, a baciarle, a morderle delicatamente, fino ad arrivare alla fica, ancora nascosta dietro la doppia barriera dell’odioso collant e del perizoma con gli orli di pizzo, coordinato con il reggiseno.
“Strappalo”, mi disse. Con qualche morso strappai il rinforzo del collant che passa davanti alla fica, fino ad aprire tutta la guaina. Spostando con il dito il bel triangoletto di tessuto grigio perla potevo vedere la fica di Paola. Seduta sulla scrivania, potevo alzargli una coscia per avventarmi sul suo sesso con la mia bocca, con morsetti delicati ed eccitanti fino a cacciare la mia lingua tra le labbra della sua vagina.
“Così mi fai venire… no… aspetta…”. Continuavo a slinguazzarle la sua bella fica, solleticandone il clitoride che per l’eccitazione era uscito ben bene fuori dalla sua sede. Paola cominciava a godere… “Dio… che lingua…mi fai venire… vengo…”. Mi strinse la testa con le cosce, mentre impazziva per il piacere, ansimando e pronunciando frasi e parole sconnesse. Mi strinse tanto che d’un tratto non riuscii più a leccarla, fino a che mi pregò di fermarmi… “Basta… basta…”, mi disse. Mi alzai soddisfatto per averla fatta godere, ma ora toccava a me… “Adesso mi fai un bel pompino e poi ti scopo”, le dissi… Lei guardandomi negli occhi con un’intensità profonda, eseguì silenziosamente il mio ordine abbassandosi – io in piedi – fino al livello del mio cazzo, che cominciò di nuovo a leccare e a ciucciare con una delicatezza davvero meravigliosa. Non ci volle moltissimo per farmi venire… il mio cazzo cominciò a pulsare nella sua bocca, eiaculando abbondantemente, mentre io emisi un mugolio sommesso di intenso piacere. Paola cercò un fazzoletto di carta nelle tasche dei suoi pantaloni per riversarci lo sperma che aveva raccolto in bocca… Il tempo di fare quest’operazione e tornò a baciarmi… La sua bocca sapeva di sperma, del mio sperma, del mio cazzo… mi eccitai nuovamente e con il pisello ancora duro la girai sul tavolo della scrivania. “Ora ti faccio vedere come si scopa su un tavolo”, le dissi. “Non chiedo di meglio”, mi rispose.
Eravamo tornati alla posizione che ci aveva fatto superare il limite dell’autocontrollo, che aveva travalicato i nostri freni inibitori… Le misi la coscia destra sul piano della scrivania e mi calai di nuovo a leccargli la fica, per prepararla alla penetrazione… Aveva un culo da paura, che i collant e il perizoma impreziosivano ancora di più. Fu così che dopo essermi lubrificata la cappella con un po’ di saliva finalmente la penetravo… Ero ancora eccitatissimo e Paola mostrava di gradire il mio cazzo con monosillabi di approvazione e gemiti di piacere, mentre il ritmo si faceva sempre più frenetico.
“Sei una sorca Paola… ti piace scopare con me? Tieni… prendilo tutto sorcona!”
“Sii… dai… così… mmmhhh… dai…”
Intanto con la mano destra le accarezzavo la fica e il clitoride mentre con la sinistra le afferravo il seno sinistro, che aveva schiacciato sul piano della scrivania.
“Aspetta… cambiamo posizione”. Mi sdraiai sulla scrivania con il cazzo all’insù e feci salire Paola su di me. Vinsi il freddo del piano di legno sulla mia schiena quando la sua fica accolse il mio cazzo e le sue tette si poggiarono sul mio petto. Ora in quella posizione potevo leccarglierle e ciucciargliele, e potevo scoparla con più profondità, fermandomi a volte per far uscire il pisello e farlo rientrare solo per un tratto, con delicatezza… Mi ero ricordato che un giorno, mentre facevamo un test pubblicato da “Donna Moderna”, lei mi disse di gradire moltissimo questo infila-sfila che riteneva eccitantissimo. “Ti piace?”, le domandai. “Mi pare di ricordare che questa tecnica di faccia impazzire…”. “E ti ricordi bene…”, rispose. “Continua che sto per venire”. Allora glielo infilai di nuovo dentro aumentando il ritmo e la velocità… Ormai il rumore ritmico dei suoi glutei che si schiacciavano sul mio basso ventre e sulle mie cosce, era diventato la colonna sonora di quello straordinario momento, con le sue tette straordinarie che ballavano sulla mia bocca… Venimmo quasi contemporaneamente. L’eccitazione e la lunga astinenza mi avevano fortunatamente tenuto in tiro il cazzo per tutta la durata di quel nostro primo incontro di sesso…
Paola rimase qualche istante abbracciata a me, con le tette spiaccicate sul mio torace, baciandomi e inebriandomi con il suo incantevole profumo… “Ti voglio bene”… le dissi. “Anch’io”, rispose. Cominciammo così lentamente a ricomporci per tornare alla realtà… Saremmo usciti dal lavoro come in una sera normale, e tornati a casa come in una sera normale, allo stesso orario normale dei giorni di rientro.
Fuori pioveva ancora. Ci salutammo dopo aver passato il badge con la solita cordialità di sempre, ma con la consapevolezza che dal giorno dopo… tutto tra noi sarebbe stato diverso.

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