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La mia Piccola iena

By 17 Febbraio 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Giornata partita male sotto tutti punti di vista.

Primavera.

E’ evidente che quello che c’è fuori cozza rumorosamente con quello che c’è dentro.

So già qual è la soluzione, è sempre quella quando il tempo lo permette.

Con studiata calma, e movimenti calcolati preparo la sacca. Pensare ogni mio movimento, ogni mia azione mi ha sempre dato un effetto anestetizzante.

Tutto pronto, salgo in macchina e mi metto alla guida. Mezz’ora di viaggio, cosa c’è di meglio??Il tempo esatto per una sigaretta ed una buona porzione del Cd che in quel momento è al numero 1 della mia classifica personale.

Ruote sull’asfalto, già sto meglio, già ho una vaga sensazione che si avvicina al verbo: respirare.

La radio và, e la radio non và mai a caso…

 

Stringimi madre, ho molto peccato ma la vita è un suicidio, l’amore un rogo e voglio un pensiero superficiale che renda la pelle splendida …senza un finale che faccia male, coi cuori sporchi e le mani lavate a salvarmi….. vieni a salvarmi…. Salvami!

bacia il colpevole se dice la verità………ma si…”

 

Gli “Afterhours” fanno sempre il loro lavoro…o ti redimono o lì senti sporchi come te.

 

Entro nel viale, un paio di km di sterrato e sono arrivata.

La strada è un disastro fango ovunque…segni recenti di ruote di trattori.

In lontananza vedo un’Audi impantanata…sorrido. Ma non un sorriso normale, un sorriso beffardo, tagliente, malignamente divertito.

Benedico il giorno in cui scelsi per evidente affinità emotiva un 4×4.

Vedo una figura comica che sbraita come una pazza, dando calci alle ruote… il sorriso diventa riso.

Cerco la traccia giusta. Traccia numero 7 “Ballata per la mia piccola iena”.

Me l’ha sempre ricordata, una ragazza, che dimostra la metà degli anni che ha, solare, testarda, diretta a volte troppo diretta. Esplosiva ma a volte così sola, da gettare nel suo vuoto chiunque le orbiti attorno. Presa a piccole dosi però è un qualcosa di sublime.

 

Mi accosto a lei, aveva riconosciuto la macchina da un pezzo, però continuava a camminare a piedi con lo zaino in spalla.

 

-Sali dai!

-No grazie, ho i pantaloni sporchi di fango ti sporco la macchina!

– uhmmm…sai che alla mia macchina piace il fango, qual è il problema perché non sali?

-Voglio farmi una passeggiata, mi rilassa!

 

Inchiodo, tiro il freno a mano e scoppio a ridere. Mi accascio sul volante e rido come una pazza.

 

-“Sei una stupida iena, senza un briciolo di ironia e anche sporca da far schifo!E non vuoi salire in macchina per non farti prendere per il culo visto che è l’ennesima volta che ti trovo in questa situazione….dillo che è così!”

 

“Martina….fanculo!”

 

Rido sempre più forte, senza controllarmi. Lo so che torna indietro, almeno solo per insultarmi.

 

Si gira, mi guarda, si avvicina al mio finestrino.

“la tua risata oscena e sguaiata urta il mio sistema nervoso, salgo solo per non sentirla più”

Appena sale, metto le sicure e le dico: “Cazzo Sara se fai schifo”

-“Non dirmi che mi avevi detto di passare sull’erba quando è piovuto e non sulla strada”

-“Ti dico che non riesco a ricordare il numero delle volte in cui te l’ho detto”

-“Vaffanculo, offrimi il caffè e per oggi posso anche finire di insultarti”

-“Lo faccio solo perché oggi è una giornata del cazzo, e come spesso capita tu e le tue idiozie me l’avete cambiata”

“Vaffanculo…non credo che smetterò oggi di insultarti..”

 

Questa è la mia piccola Sara, un concentrato di sbadataggine e pepe che ha preso le sembianze di una donna. Donna meravigliosamente tale, in ogni suo ambito, ma che ti contagia nei suoi momenti di follia e di vuoto. Ti vuole nel baratro con lei. Credo di avere ancora un rapporto così limpido con Sara proprio perché nel baratro non mi ci sono fatta mai tirare.

Una piccola ninfa bionda, con due occhi color nocciola, un corpicino quasi androgeno, magrissima e due piccoli seni sempre liberi sotto la maglia.

 

“Come tutte le cose il reggiseno ha una funzione, con me perderebbe lo scopo per cui è stato creato”

 

Questo diceva sempre sul suo seno. Seno che io trovavo incantevole. Mi piacevano quei capezzoli così piccoli, che risaltavano così sulla sua pelle bianca. Corpo spigoloso per i miei gusti, troppo spigoloso, però era magnetico, quasi come fosse una vergine pura e inviolata chiedeva attenzioni e chiedeva calore.

Attenzioni e calore, che più di una volta non ho resistito a dargli. Ho succhiato quei capezzoli, ho accarezzato quegli spigoli come a volerle curare un male che fuori non si vedeva, ho affondato la faccia tra le sue gambe, ubriacandomi del suo profumo, l’ho fatto tante volte.

 Del resto lei era così, sembrava una vergine ma si donava con la facilità di una puttana d’annata, che si vende per gli ultimi spiccioli che il suo corpo può valere.

 

Eravamo in Club House quella mattina, a prendere un caffè e a prepararci prima di avviarci fuori dai rispettivi equini. Molto diverse io e lei, quel posto aveva significati differenti per noi, i nostri cavalli erano differenti, le nostre selle, i nostri finimenti, le nostre competizioni e non competizioni.

Lei era da competizione, io ero contro la competizione. L’equitazione è fatta di contraddizioni.

 

Armeggiavo in scuderia, tra carrelli e briglie, volevo sbrigarmi. Dovevo sbrigarmi. Esco trionfante pensando di essere riuscita a riempirmi abbastanza di roba per dover fare un solo viaggio, Carogna l’avevo relegato volontariamente nel box più lontano e più tranquillo del maneggio.

Sì, il mio cavallo si chiama Carogna. (in dialetto romano indica persona dal carattere talmente burbero e scontroso da essere inavvicinabile quanto una carogna, ovvero carcassa putrida di animale morto).

Eccolo lì, con quel musone sempre un po’ stupito, come se si chiedesse perché mai io stia lì e a fare cosa. Strategie equine per evitare qualsiasi sforzo fisico ne conosco a bizzeffe, già guardandolo sapevo che non sarebbe stata una giornata facile, mi avrebbe fatto sudare.

Operazioni di bardatura, filano lisce…il che fa presagire il peggio.

Mi incammino con Carogna dietro, verso il campo, e vedo arrivare un Van di quelli luccicanti, ultimo modello…o ultima astronave perché era veramente esagerato. Come conviene a queste occasioni, tutto lo stuolo di stallieri, allenatori, istruttori. Curiosi e chi più ne ha più ne metta, accorre allo stradello che costeggia il campo. Manco fosse arrivato il Papa, vedo scendere dalla Mitsubishi L200 che tirava l’astronave, quel gran testa di cazzo di Juan. Mi giro, cerco Sara con lo sguardo, sperando di non trovarla. Invece quella puttanella ingrata era in prima fila a godersi l’arrivo del più fico del biconzo (altro detto romanesco).

 Puttanella ingrata! quel bastardo di Juan, dopo averla fatta bere fino al collasso si è scopato Sara e l’ha fatta scopare dal resto dei suoi altolocati amici giocatori di Polo.

Dieci settimane dopo ero in una sala d’aspetto ad aspettare,come si conviene per il luogo, che Sara interrompesse la sua gravidanza.

E lui non sa niente, Sara non ha mai voluto dirgli nulla. Totale e assoluta devozione a un essere tanto mellifluo non l’ho mai vista. Questo mi faceva incazzare. Sapevo che Sara ne era totalmente soggiogata, per lui avrebbe fatto di tutto ma lui ormai l’aveva avuta, non gli interessava più.

 

Con Carogna mi avvio sul campo. Cammino un po’ in circolo per far assestare il sottosella. Mi fermo. Tiro il sottosella. Piede sinistro. Redini. Mi sollevo, scavalco e mi accomodo.

 

Ora respiro veramente. Il posto più sicuro al mondo. Qualcuno ha detto che l’aria del paradiso è quella che soffia tra le orecchie di un cavallo arabo. Ha detto la verità.

Iniziamo il nostro riscaldamento, Carogna mi stupisce, fin troppo educato e corretto. Penso che Sara mi rimprovererà di non aver fatto le feste a Juan Del Cazzo, per il suo grandissimo risultato.

Ma chittesencula (questo si capisce no??!!), a me fanno schifo le gare e fa schifo lui.

Venti minuti di riscaldamento bastano, esco dal campo in groppa a Carogna, passo vicino alla folla festosa, cenno con la mano a Juan del Cazzo e sfilo via al galoppo.

Appena fuori dal maneggio torno al passo e mi dirigo verso il bosco, le strade battute non ci piacciono, non ci sono mai piaciute.

 

Buone due ore di cammino, conosco bene quei boschi ma ogni volta mi danno nuova energia.

Prendo di  nuovo il vialetto del maneggio, piccolo galoppo fino al campo scoperto, Carogna adora un allungo finale. Discendo da cavallo e metto i piedi nella sabbia.

Prendo le redini e mi faccio un paio di minuti di scarico insieme all’equino. Il maneggio sembra deserto, c’è solo quell’astronave in mezzo a far da padrona (tra l’altro li non può parcheggiare nessuno e lui, cazzo, arriva e nessuno fa una piega…codardi del cazzo.).

Mi chiedo dove sia finita Sara, dovrebbe essere al campo degli ostacoli ma non l’ho vista tornando.

Torno al box del mio Carogna, via la sella, via la briglia. Questo è il momento che preferisce, una bella lavata e poi si va nel prato. Mentre l’equino e legato fuori, entro nel box armata di pala e rastrello….Può un cavallo produrne così tanta?????!!!!!A parte le riflessioni personali ero intenta a rastrellare quando due candide braccia mi stringono da dietro. Sara.

 

-Ehi dov’eri finita??Pensavo fossi al campo degli ostacoli, non ti ho visto, niente allenamento oggi???

-Si, si ci siamo allenati ma una cosa blanda non voglio caricarlo prima della gara…

-Ah già la gara…

-Dai non fare così…lo so che non ti piacciono, ero venuta solo per stare un po’ con te…

 

Mi leva il rastrello dalle mani… “stronza!”, lo penso ma non lo dico.

Si allontana chiude il box con noi dentro e mi torna vicina…

-Cosa vuoi ora?

-Non lo sai?

-Non lo immagino nemmeno…fammi vedere.

 

Mi guarda lasciva, attacca il suo corpo al mio e lascia giusto lo spazio per la sua mano che si intrufola tra le mie gambe, e mi cerca attraverso i pantaloni.

-Sei una piccola iena vogliosa!

La bacio e lei risponde immediatamente, quasi a soffocarmi. Mi spinge sulle pareti del box, non stacca un secondo la sua bocca dalla mia. Ero quasi impreparata, non è mai stata così, aggressiva nel cercarmi, cosi determinata. Mi stacco dalla sua bocca, la sua lingua continua a cercarmi e lecca tutto quello che le capita a tiro, occhi, orecchie, collo…sembra che si stia dissetando.

Spinge il suo pube contro il mio, cerca i bottoni della mia camicia, con ritmi ossessivi la apre e si avventa sul mio seno, il reggiseno è un piccolo particolare che può essere malamente scostato per arrivare dove vuole arrivare. Senza slacciarlo, fa’ scendere le spalline e il reggiseno scende sulla pancia, mi guarda i seni, sfiorandoli con la mano.

-Sai…io le vorrei così, ne grandi ne piccole…proprio così….perfette!

Inizio a slacciarle la sua camicia e le dico: “Tesoro, non devi…le tue sono bellissime così, io le trovo eccitantissime, per non parlare dei tuoi piccolissimi ed ora turgidissimi capezzoli!”

 

In un attimo ribalto le posizioni, lei appoggiata alle pareti del box, io davanti a tenerla inchiodata..

Mi lancio su quei magnifici capolavori in miniatura che sono i suoi seni. Tormento i capezzoli con la lingua e le dita, una mano la lascio scendere sul suo ventre.

Le mie dita percorrono in picchiata la sua pelle, ogni centimetro è una piccola scossa di piacere sui miei polpastrelli. La sento gemere, la sento eccitarsi al mio tocco. Mi è sempre piaciuto quel suo modo di godere. Diverso da tutti.

I suoi occhi si perdono in aria, diventano inespressivi, come fissati a guardare l’infinito a tempo indeterminato.

Odio quei pantaloni che ha. Bianchi che accecano.

Non ci siamo proprio, li sbottono e li tiro fin giù alle caviglie, voglio che se li pesti con gli stivali, voglio che quel bianco così irreale per quel posto vada via, voglio che porti i miei segni addosso anche una volta uscita da lì.

La guardo appoggiata con le spalle alle tavole, il ventre proteso verso di me come una supplica. In piedi davanti a lei, faccio in modo che l’unica cosa che ci unisca è la mia mano che le scivola sotto le mutandine. Continuo a guardarla e a toccarla con piccoli movimenti, senza affondare in lei, lasciandola lì a scoppiare di desiderio, più che a soddisfare ad alimentare il suo desiderio.

Sento la sua mano sopra alla mia, mi fa segno di spingere, di entrare in lei.

 

“Stai buona lì…lo sai che non puoi muoverti…”

“Ti prego, quanto hai ancora intenzione di continuare così!?”

“Pochissimo…ti voglio.”

 

Non resisto!Cazzo…non resisto mai quando mi parla così. Quella voce così eccitata, dolce e implorante insieme mi manda ai matti. Non resisto con lei… mai.

 

Lasciandole uno stivale addosso, faccio in modo di sfilare il pantalone e gli slip solo da una gamba, giusto per darmi migliori margini di manovra e poi perché non c’è niente di più eccitante che una donna con addosso solo stivali e camicia.

Mi inginocchio davanti a lei, mi guarda trepidante. Le prendo una gamba e le faccio scavalcare la mia spalla. Ora ho lo spettacolo più caldo del mondo davanti agli occhi a pochi centimetri dalla mie labbra.

Ne sento l’odore, intenso e inebriante. Affondo due dita in lei così…solo per vederla sussultare.

Sorrido, lentamente mi avvicino con la bocca al suo fiorellino depilato come sempre impeccabilmente. Arrivata ad un paio di centimetri mi fermo, la sento che scalpita per muoversi con il bacino, vuole colmare lei quello spazio che manca tra la mia bocca e la sua figa. Sa che non può farlo.

Mi guarda, mi sta odiando…

Proprio perché sono magnanima, porto la lingua a colmare quello spazio. Piccoli colpi al clitoride per tormentarlo un pò…non resisto mi avvicino ed inizio a succhiare.

Me la voglio bere tutta.

Lei geme, ogni tanto un piccolo gridolino come reazione a mie piccole scorrettezze nelle sue intimità. Aggiungo due dita a penetrarla, sempre più veloce, ora deve godere la voglio guardare da lì, da quella prospettiva.

Sento il suo orgasmo montare, vedo i suoi occhi posarsi in un punto lontano, ma quel punto non esiste in realtà, rimane così per interminabili secondi, finché anticipata da un pasticciare di umori e saliva che cola dalla mia mano non arriva l’orgasmo, il ventre si contrae, le gambe allentano fino a piegarsi lentamente…ancora con la mia mano dentro di lei, scivola sulla parete verso il basso fino quasi a sedersi nel fieno. Le è sempre piaciuto che continuassi a tenere le dita in lei anche dopo che era venuta.

Mi tira a sé e mi bacia.

Lascio la mia lingua intrecciarsi con la sua, la voglio anche io, ora la voglio anche io cazzo.

Non mi fa attendere.

Si tira su e tira in piedi anche me. Mi accarezza la schiena e i glutei…mi fa girare a appoggiare con le mani sulla parete. La sento dietro di me, inginocchiarsi e partendo con una carezza finisce x stringere tra le mie mani il mio sedere. Inarco la schiena, le mostro cosa voglio e dove la voglio.

-“Sbrigati, non ce la faccio più”

-“Cosa vuoi ora, prima mi hai torturata e ora chiedi pietà..?”

-“Ti prego, leccami Sara…toccami…”

 

La sento arrivare. Allarga le natiche e guarda come a ispezionare….Maledizione che supplizio!

Sento l’alito caldo avvicinarsi, pochi secondi ed è sulla mia figa.

Lecca…lecca bene, lappate ampie partono dal clitoride e arrivano fino su, al mio forellino.

Sento aggiungersi alla festa dei sensi anche le dita, non so bene quante so solo che ne volevo di più…

 

In estasi rimango lì a gambe divaricate e schiena inarcata a godermi i favori di Sara.

Ogni tanto mi sculaccia il sedere, le piace vedere i segni delle sue mani sulle mia natiche. A me piace sentire le sue mani su di me, soprattutto così.

L’orgasmo si fa strada nelle mie viscere, appena sente che sto per perdere il controllo Sara si ferma.

Maledetta!non lo sopporto lo sa…

 

-“Cazzo Sara che aspetti!!!”

-“Lo so che non ti piace ma dopo mi ringrazierai”

 

Rimango perplessa a quelle parole, ma il momento non permette elucubrazioni mentali di qualche senso compiuto.

La luce si accende solo quando sento un paio di mani…un altro paio di mani.

Confusa, guardo le mani che mi strizzavano i seni. Era un uomo. Cerco di girarmi, ma il nuovo arrivato, mi tiene la testa ferma e mi blocca contro la parete.

 Sento Sara protestare. Lui non emette suono.

 

-“Sara che cazzo significa questo???!!!”

-“Te lo dico io cara Martina…Sara ti ha venduta, per un po’ di attenzione per puro egoismo mi ha condotto qui per vedervi all’opera e unirmi a voi”

 

Juan del cazzo.

Mi giro come un serpente a sonagli. Guardo Sara con furore, ma più che il furore so bene che traspariva delusione. Profonda delusione.

Guardo Juan.

-“Cazzo quanto mi fai schifo!”

-“Dai che ti piace la situazione, non fare la scontrosa”

Qualcuno disse: “Come la donna, così il cavallo…non ama i deboli, né tantomeno lì rispetta

 

Gli tiro il rastrello, giusto per fargli un tantino male e fargli capire che il gioco è finito. Mi si para davanti. Mi fermo. Solo perché per uscire dovevo ricompormi.

Ero incazzata e si vedeva. L’idiota si alternava tra imposizioni, ordini e opere di convincimento per farmi restare nel box.

Che uomo senza palle, almeno imponiti, non farti vedere debole, non darmi uno spiraglio per scappare.

Di nuovo davanti a me. Faccia contro faccia. Lo sputo è d’obbligo.

Lo scanso e lo sento imprecare.

Esco dal box, prendo Carogna e lo vado a liberare nel prato. Sara mi viene dietro, parlando al vento, mettendo scuse, spiegazioni inutili perché non le volevo sentire, mi faceva vomitare.

Non volevo essere unica, nè io né quello che c’era tra noi. Pensavo però di essere un suo piccolo tesoro, un suo piccolo rifugio. Mi sbagliavo, per avere un coglione mi ha venduto in un paio d’ore.

 

Salgo in macchina con la sacca e non so bene cosa dentro.

 

Parte lo stereo.

 

Afterhours : track 7 – Ballata per la mia piccola iena

 

“…Fra piccole iene, solo se conviene,
mia piccola iena, solo se conviene.
L’amore rende soli, ma è ben più doloroso
se per nemici e amici non sei più pericoloso.
La testa è così piena che non pensi più.
Ti si aprono le gambe oppure le hai aperte tu?
Aiutami a trovare qualcosa di pulito!
Uccidi ma non vuoi morire…”

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