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Racconti Erotici Etero

La mucca – La terrazza

By 25 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

La serata di inizio estate era un po’ fresca ma sembrava promettere bene. Mario, un suo caro amico che studiava al nord, lo aveva invitato a casa sua per un aperitivo tra amici che certamente si sarebbe prolungato per cena e dopocena. La casa era modesta, un piccolo appartamento di 60 metri quadri lungo il litorale alle porte della città, ma il terrazzo era davvero ampio e la vista del mare e della montagna sovrastante si mescolavano dolcemente nella luce rossastra del tramonto. Le barche a vela visibili all’orizzonte lasciarono il passo, al calar della sera, alle luci delle barche dei pescatori.
Erano passate da poco le dieci e dopo l’entusiasmo iniziale, dettato dalla lunga lontananza e dalle tante cose da dirsi, Jonathan si stava annoiando un po’. Era stanco dalla lunga giornata di studio e la birra bevuta per cena stava presentando il conto in quanto a mancanza di vitalità. Si guardò attorno, c’erano una ventina di persone sul terrazzo, raccolte in piccoli gruppetti che chiacchieravano tra di loro. Tra le parecchie sedie di plastica, scelse una più ampia panchina di legno, ancora libera, e si sedette, estraniandosi un po’ dall’ambiente circostante. Cominciava anche a far freddo.
‘Mario, qui si gela! Non hai per caso qualche coperta?’ disse Jonathan ironicamente al padrone di casa.
‘Ci sono i teli da mare’ rispose lui con serietà, mentre saliva le scale con un paio di bottiglie di birra e le sistemava sul tavolo.
Il ragazzo si voltò e ne vide uno appoggiato alla ringhiera, probabilmente era stato messo lì per asciugare, ma adesso, con l’umidità che stava salendo inesorabile col calar della notte si stava inumidendo nuovamente. Lo prese e lo mise sulle sue gambe.

‘Scusa se rompo, ma c’&egrave spazio anche per me?’. Era perso nei suoi pensieri quando una voce vitale lo risvegliò.
Alzò gli occhi e vide la sagoma di Virginia che gli sorrideva. La conosceva da meno di un anno e non aveva mai provato eccessiva simpatia nei suoi confronti; lei era più piccola di un paio di anni, frequentava ancora il liceo, ed era entrata a far parte del suo gruppo perché era la fidanzata di Fabio, un suo collega.
In realtà Jonathan dovette sforzarsi per ricordare il nome della ragazza, perché nel gruppo, ovviamente all’insaputa di Fabio, era ormai nota con un soprannome, ‘la mucca’. E anche in quel momento, guardandola, Jonathan non poteva non ricordarne il perché. La guardò con aria assente: non era di certo una ragazza molto appariscente, il viso, acqua e sapone, era tondo, facendole dimostrare forse anche un paio d’anni di meno, le guance erano leggermente arrossate, una cascata di capelli castani lo incorniciavano, i due occhi vispi lo guardavano con curiosità. Ma complessivamente non era un viso particolarmente aggraziato, che avrebbe ricordato in mezzo alla folla. Lo sguardo del ragazzo si abbassò con deciso interesse sul fisico: non era affatto robusto, sebbene non fosse certo quello di una modella, i fianchi erano pronunciati e accentuati dal contrasto con la vita sottile, evidenziata dal top bianco che Virginia indossava quella sera. Le gambe erano toniche, scolpite da anni di danza fatta da bambina, e gli short indossati dalla ragazza le mostravano senza volgarità. Jonathan pose volontariamente infine l’attenzione sul seno, che lasciava facilmente intuire il motivo del soprannome: sebbene il top che indossava non fosse particolarmente aderente né scollato e il cotone della stoffa fosse piuttosto spesso, l’esuberanza del petto della ragazza era evidente. Il seno appariva decisamente esagerato rispetto al resto del corpo, tanto che le bretelle del top già all’altezza della clavicola smettevano di aderire alla pelle leggermente abbronzata, senza posarsi sulla parte superiore del petto, così come le spalline del sottostante reggiseno azzurro; nonostante la guardasse dal basso l’ampio incavo tra le mammelle era facilmente visibile, il seno appariva pesante e probabilmente il reggiseno aveva molto da lavorare, pensò malignamente il ragazzo.
Per i suoi amici il nomignolo era probabilmente una forma di disprezzo, almeno apparente, per l’evidente sproporzione di Virginia, già non bellissima di suo. Inizialmente anche Jonathan aveva condiviso il loro sentimento di scherno per quella ragazza resa sgraziata da un seno così generoso. Il seno abbondante era di certo apprezzato da molti ma ormai la società proponeva modelli di donne dal fisico perfetto e in ogni caso quel petto risultava eccessivo anche alla gran parte degli ‘appassionati’. Nel corso dei mesi però la sua ossessione per il seno fuori misura aveva avuto la meglio e adesso quel soprannome era diventato per lui fonte di fantasia e di continua eccitazione ogni volta che la vedeva.
‘Che palle, ero comodissimo su una panchina per due, mi stavo godendo la vista rilassante del mare e ora c’&egrave sta bimbetta tettona che rompe’, pensò lui con disappunto.
Aveva voglia di godersi la solitudine ancora un po’ e nemmeno quel corpo che lo eccitava tanto ridestava in quel momento il suo interesse. Poi però, messo in difficoltà da quella richiesta così spontanea e a modo, lasciò prevalere l’educazione:
‘Ma ceeeerto, c’&egrave spazio per tutti’, le disse ironico, ma addolcendo con un sorriso sincero.
Il ragazzo si ricompose stringendosi sul lato sinistro della panchina e la ragazza si sedette accanto a lui. Vide Fabio che, dal lato opposto del terrazzo, stava scherzando con un paio di amici: le risate chiassose dell’amico risuonavano, amplificate dalla quiete della serata.
‘Lasciane un po’ anche a me che qui si muore dal freddo’, disse lei tirando verso le sue gambe l’ampio telo da mare; avendo le gambe quasi scoperte era prevedibile che anche lei cominciasse a soffrire il freddo.
A pochi passi da loro la serata procedeva bene, piccoli gruppetti di ragazzi si erano appropriati delle diverse sedie ancora libere disponendole in circoli e continuando a parlare tra loro. Jonathan e Virginia continuavano a ignorarsi: lui si era nuovamente immerso nei suoi pensieri, lei giocava in modo compulsivo col cellulare. Un tappo di birra cadde a terra e il rumore della latta sul pavimento lo distrasse. Si voltò a destra verso Virginia e il suo sguardo cadde senza farci caso sul profilo della sua scollatura: sebbene il top non fosse scollato, il seno era così imponente da sollevarne la stoffa nella parte superiore, dunque Jonathan poté osservare, senza eccessivo interesse, il profilo delle pesanti mammelle che scomparivano nel reggiseno. Non distolse gli occhi, continuando a guardare più per curiosità che per reale interesse.
‘Guarda che faccia cretina ha Fabio in questa foto!’, disse improvvisamente Virginia destando l’attenzione di Jonathan. Nel farlo si sporse leggermente verso di lui poggiandogli, probabilmente senza accorgersene, il seno sul braccio destro.
Il ragazzo guardò con disinteresse la foto sul cellulare, la sua attenzione era concentrata sulla sensazione del petto della ragazza che gli premeva sul braccio: non si stupì della situazione, lei si era sporta verso di lui e il contatto era inevitabile. Tuttavia non spostò il braccio di un centimetro, aspettandosi che lei si ricomponesse presto.
‘Mamma mia che freddo che fa, posso rimanere così che almeno tu mi fai scudo e forse evito di assiderarmi?’ chiese subito dopo lei con naturalezza, continuando quel contatto piacevole sul suo braccio.
‘Figurati, sempre che Fabio non sia geloso che ti stringi a me’ rispose scherzosamente Jonathan.
‘Non credo che in questo momento sia questo il suo pensiero principale, guarda come fa lo scemo con gli altri’ disse lei indicando il fidanzato, intento dieci metri più in là a mimare qualcosa a un pubblico di sei o sette ragazzi che lo guardavano divertiti.
‘Piuttosto tira un po’ su questo telo, così sicuramente si sta meglio’ rispose lui, mentre la ragazza lo coadiuvava sollevando il telo fino al petto.
Rimasero zitti, lei continuando a perdere scioccamente tempo col cellulare, lui isolandosi, nonostante il piacevole contatto, nei suoi pensieri, mentre si divertiva ad osservare gli altri partecipanti alla serata: sembravano tutti più animati di lui, chi beveva qualcosa, chi parlava in un angolo al cellulare, chi si riuniva in gruppetti per chiacchierare. Cosimo invece, come sempre, era l’addetto alla musica e, con una birra in mano, era seduto davanti al pc, aggiungendo qualche canzone alla playlist: era musica pop, nemmeno tenuta a volume troppo alto; serviva semplicemente come accompagnamento discreto alla serata. Probabilmente nessuno sentiva la sua mancanza, rifletté, né tantomeno quella di Virginia, che sembrava lontana persino dalla mente di Fabio che, come al solito, era tra i più vivaci della serata.
‘Se io avessi una ragazza del genere probabilmente non la porterei in giro con i miei amici, &egrave proprio un pesce fuor d’acqua’, pensò con cattiveria ma indubbio realismo. ‘Ma &egrave anche vero che se stessi con una tettona del genere non avrei tempo di stare con gli amici perché avrei da pensare a due cose davvero grosse’, rilanciò tra sé e sé con ironia, ma anche con una punta di invidia per quell’amico che chissà che acrobazie faceva quotidianamente con le mammelle di Virginia. ‘Ma che sto a pensare? Io, a prescindere, non potrei mai stare con una ragazzina come lei. Non le prendo mica a peso!’, cercò di convincersi, per scacciare quegli stupidi pensieri dalla sua testa.
Continuava a essere disinteressato, ma la mente adesso gli correva sempre più spesso a quelle tette così esagerate che, a ogni piccolo movimento della ragazza, gli premevano sul braccio. Si chiedeva se Virginia fosse consapevole del fatto che lui potesse non essere indifferente a quel contatto e continuasse a poggiarsi con malizia, oppure semplicemente gli stava vicino perché sentiva realmente freddo e non prestava attenzione alla cosa.
‘Perché non verificarlo’, penso tra sé e sé con un pizzico di malizia, ‘Che vuoi che succeda, al massimo resto a bocca asciutta. Ma almeno movimento un po’ la serata. D’altronde mi toccherà sopportarla ormai per tutta la sera, tanto vale trovare un diversivo e trarre qualcosa di positivo dalla situazione’ si disse quasi per giustificarsi.
Trovò presto una scusa per cingerle le spalle col braccio destro e stette fermo così per un po’ aspettando un’eventuale reazione della ragazza.
‘Adesso dovremmo riuscire a combattere i rigori del freddo, alla fine &egrave comunque estate. Anzi, tieni più su questo asciugamano così ti copri anche le spalle’ le disse cercando di apparire gentile, nonostante il suo intento non fosse certo quello di suggerirle come scaldarsi.
‘Rigori? Pure io mi ci metto. Ma questa che deve capire? Forse di rigori conosce solo quelli del calcio, e manco quelli probabilmente, dato che Virginia &egrave indiscutibilmente portata per le bocce’, pensò subito dopo, col suo consueto sarcasmo.
Virginia comunque assecondò la sua richiesta: adesso erano ben coperti e solo il collo e la testa facevano capolino all’esterno. La ragazza si mise presto più comoda scivolando leggermente sulla panchina e appoggiandosi meglio, sfruttando il braccio alzato di lui.
Jonathan non rimase spiazzato, anzi; la reazione di Virginia era stata abbastanza neutra: le avesse dato fastidio il contatto sicuramente non si sarebbe avvicinata ancora, però comunque non poteva leggere con malizia l’ulteriore spostamento della ragazza.
Le voci gli apparivano ormai in lontananza, era focalizzato soltanto sulla sua mano sopra la spalla di Virginia, su come comportarsi per poter giustificare con naturalezza l’avvicinamento all’unica cosa che gli interessava della ragazza: quel seno enorme.
La mano destra di Jonathan era poggiata da un po’ di tempo sulla spalla destra di Virginia, che da parte sua continuava a stare adagiata sul suo tronco, quasi protetta dal ragazzo. Le dita di lui cominciarono a giocare innocentemente con la bretella del top, impigliandosi nella spallina del sottostante reggiseno. Era il momento di osare almeno un po’, non aveva voglia di perdere altro tempo. Tirò un po’ la stoffa della bretella e sentì immediatamente vibrare sul suo corpo le pesanti tettone della ragazza. La cosa inspiegabilmente lo divertì, lo faceva pensare al ‘The butterfly effect’: come un semplice movimento di molecole di tessuto generato dalle sue dita potesse causare il movimento di quelle enormi montagne di carne, fino a scatenare un uragano. Data la mancata reazione della ragazza ripeté l’operazione un paio di volte, notando con piacere come il suo tirare la bretella provocasse il movimento di tutto il petto di Virginia.
Nel mentre però si prese in giro da solo, dandosi dello scemo per aver scomodato l’analogia con la teoria del caos:
‘Dovrei studiare meno e scopare di più, così eviterei pensieri da nerd’ si disse.
Il più era fatto. Era chiaro che lei adesso non poteva non aver notato la mancanza di innocenza e le intenzioni del ragazzo, tuttavia, come sperato e in fondo atteso da lui, non si era mossa. Jonathan poteva, e forse doveva, spingersi sicuramente più in là.
La sua mano scese sulla scollatura della ragazza soffermandosi sullo sterno, poi bruscamente fece scivolare l’indice nell’ampio incavo tra i seni. Jonathan era dispiaciuto di non potersi affidare ad altro che alle sue sensazioni tattili: avrebbe gradito vedere il suo dito sparire là in mezzo, ma si dovette accontentare della percezione dell’enormità delle tette, che si richiusero rapidamente al passaggio del dito, trasmettendogli la sensazione di quanto dovesse essere piccolo a confronto. Arrestò la sua discesa quando sfiorò con la punta della falange il ferretto inferiore del reggiseno.
Rimase fermo là in mezzo e si voltò a guardare Virginia: lei non lo degnava di uno sguardo e anche l’espressione del viso non sembrava tradire alcuna emozione, non discostandosi dall’usuale espressione anonima della ragazza.
‘Dovrebbe fare l’attrice’, pensò divertito.
Decise di non perdere altro tempo e rapidamente estrasse il dito e portò interamente la mano sotto il top, potendo saggiare meglio la fattura del reggiseno: non gli sembrava avesse le coppe rigide, riusciva a sentirne anche alcuni ricami di pizzo ai bordi. Rimase in po’ con la mano aperta sulla coppa, cercando di prenderla tutta, con pochi risultati.
‘E dire che non ho le mani piccole, chissà quanta carne c’&egrave dentro’, si disse stupito.
Spinto dalla curiosità decise di completare l’opera. Con qualche difficoltà riuscì a introdurre le dita sotto il lembo superiore del reggiseno e lentamente si spinse verso l’ignoto. Le dita scendevano lentamente, sentiva la pelle liscia della ragazza accarezzargli piacevolmente i polpastrelli. Si stupì di non aver ancora incontrato l’areola, temette di perdersi in mezzo a tutta quella carne. Poi, con sollievo, sentì l’incresparsi sotto le dita dell’areola di Virginia e, con soddisfazione, arrivò a toccare il capezzolo con la punta delle dita.
Cercò di capirne le dimensioni, ma l’impresa gli risultò difficile.
‘Chissà se sono chiari o scuri’, pensò con un pizzico di malizia.
La mano continuò a scendere fino a posarsi interamente sul seno. Nonostante lo sforzo non riusciva ad afferrare interamente la mammella. Stringendo un po’ sentiva che altrove la carne schizzava fuori dalla sua mano.
‘Una mano non basta!’, pensò. Era curioso e sconvolto allo stesso tempo.
Adesso la curiosità si era trasformata in leggera eccitazione, nonostante fino ad allora Jonathan avesse faticato ad ammetterlo a se stesso. Dovette arrendersi quando gli fu necessario, con la mano rimasta libera, aggiustarsi alla meno peggio l’erezione costretta nelle mutande.
‘Ma vedi questa ragazzina che effetto mi fa!’ si disse con piena consapevolezza, senza esserne chiaramente dispiaciuto più di tanto.
La temperatura esterna doveva essere scesa ulteriormente, erano passate le undici, ma sotto il telo da mare l’aria si era ormai riscaldata: sia per la presenza di due corpi vicini, sia per fatto che la sua mano fosse ormai arrivata al punto che desiderava, il ragazzo sentiva che il telo era diventato superfluo ma chiaramente decise di non liberarsene. Pensò che anche Virginia dovesse cominciare a sentire caldo, sebbene non gli permettesse di avvedersene.
Mario e Valentina, la sua fidanzata, si sedettero su due sedie di plastica di fronte a loro, raggiunti poco dopo da Giovanni e Antonio. Cominciarono a chiacchierare del più e del meno, dato che non si vedevano da molto. La situazione, più che rappresentare un impedimento, eccitò ulteriormente Jonathan: lo stuzzicava l’idea che gli amici fossero ignari a meno di un metro da lui, mentre continuava a palpeggiare il seno gigante dell’amica.
‘Jonathan, Jonathan! Chissà che porcate stai facendo là sotto con quelle mani!’, disse Valentina con aria canzonatoria, più per prenderlo in giro che per effettiva convinzione in quello che stava dicendo.
Il ragazzo intuì chiaramente le intenzioni bonarie dell’amica e rispose con un largo sorriso, senza destare sospetti negli amici:
‘Come no! Ti senti su un set di un film di terza categoria, mia cara! Semplicemente se le tiro fuori mi si congelano’.
‘Veramente io mi preoccuperei, se non ci fosse Jonathan accanto alla mia ragazza. Lui non sfiorerebbe nemmeno una spogliarellista in un night’, aggiunse Fabio, occupando l’ultima sedia libera accanto gli amici.
In effetti Jonathan aveva la fama di un bravo ragazzo, che non infastidiva le donzelle. Era una persona seria, che studiava tutto il giorno, ed era raro vederlo a fare il cascamorto con qualcuna.
Jonathan ebbe un brivido: l’idea di chiacchierare coi suoi amici mentre appagava il suo senso tattile lo intrigava, ma non si aspettava certo che Fabio, il ‘legittimo proprietario’ di tutto quel ben di Dio, fosse a meno di un metro mentre lui giocava, senza averne titolo alcuno, col seno della sua ragazza. La situazione però, più che preoccuparlo, contribuì maggiormente a stuzzicarlo. Decise quindi di continuare come se nulla fosse mentre parlava con gli amici.
Il rischio era evidente: Fabio avrebbe potuto in qualsiasi momento chinarsi sulla ragazza per baciarla e facilmente avrebbe scoperto cosa stesse succedendo. Ma era proprio il rischio ad eccitarlo.
La sua mano si muoveva desiderosa sotto il reggiseno: la punta delle dita titillava il capezzolo, poi si muoveva attorno sull’areola, lentamente, sfiorandola.
‘Giovanni, come va il tuo secondo anno a ingegneria? Sempre a passo con gli esami scommetto’.
Decise di impegnarsi per estrarle il seno dall’indumento intimo per potersi muovere più liberamente. Afferrò a piena mano la grossa mammella e non senza difficoltà la tirò verso l’alto, quindi la lasciò e con le dita cercò, con risultati appena apprezzabili ma comunque efficaci, di abbassare un po’ il reggiseno, finché con grande soddisfazione sentì la mammella liberarsi dalla costrizione. Dovette a questo punto solamente abbassare parte del top, era chiaramente l’operazione più semplice e la eseguì senza problemi.
‘Indietro di un paio in effetti, quest’inverno mi sono ‘divertito’ un po’ troppo’.
Adesso poteva giocare davvero bene. Il palmo della mano afferrava, per quanto fosse possibile, il seno e lo stringeva, con decisione ma senza impeto.
‘Domani chi vuole andare a mare? E’ sabato’.
Avrebbe voluto portare il palmo della mano sotto il seno, per poterlo soppesare e accorgersi meglio di quanto fosse enorme. Tuttavia passando da sopra le spalle di Virginia l’operazione era di difficile realizzazione. Decise allora di spostare la mano dalla clavicola della ragazza e di passare sotto il braccio, in modo di raggiungere lateralmente la grossa mammella ormai libera.
‘Io forse non posso’.
La sua mano la cinse, passando sotto il seno. Strinse il palmo a mo’ di coppa e la pose a sostegno inferiore del seno.
‘Io studio’.
Sollevò la mano e fu molto soddisfatto di sentire che ciò che sosteneva era molto pesante.
‘Per me ok’.
Non appena ebbe sollevato più possibile, lasciò improvvisamente la mammella e sentì la montagna di carne schiaffeggiargli la mano, durante la caduta.
‘La cena era davvero buona, dove le hai prese le pizze?’
Riportò la mano alla base del seno e mosse velocemente le dita, dando piccoli colpi alla mammella della ragazza. ‘Chissà come tremerà tutta; deve essere uno spettacolo’, pensava.
‘Ha aperto da poco, proprio a duecento metri da qui, dopo la salita’.
Spostava le mani dalla base del seno al capezzolo, prendendolo tra due dita e tirandolo un po’. Virginia non faceva una piega.
‘Non trovi ci sia troppo freddo per la stagione?’
Jonathan continuò a lungo a giocare con la mammella, soppesandola e stringendola. Poi tornò a giocare col capezzolo e a perlustrare con le dita la morbida pelle della ragazza.

‘Amò, quando vuoi andare dillo. E’ quasi mezzanotte e io comincio a essere un po’ stanco’.
Fabio si era evidentemente alzato sbucando alle loro spalle e la sua voce li fece sobbalzare.
‘Beh, io mi sto rilassando davvero qui, rimaniamo un altro po”, rispose Virginia facendo gli occhi dolci.
Jonathan fu notevolmente compiaciuto: la ragazza aveva mostrato di apprezzare le attenzioni e aveva ancora un po’ di tempo per divertirsi.
‘Ok, torno a fare baldoria allora. Cosimo! Alza un po’ quella musica che mi sto addormentando’, concluse Fabio allontanandosi.
‘Piano, se no la vicina mi denuncia’, rispose prontamente Mario, con aria preoccupata.
Jonathan decise di sfruttare al meglio i minuti rimanenti. Un’idea gli balenò nella mente.
‘Mario! C’&egrave ancora un po’ di ghiaccio? La Coca &egrave fuori dal frigo da due ore e calda fa un po’ schifo’ rivolgendosi al padrone di casa.
‘Sì, stavo proprio per salirne un po’, te lo porto?’
‘Si grazie, portami anche la Coca Cola già che ci sei’, gli disse con un ampio sorriso.
Mario si avvicinò: in una mano il bicchiere di plastica con la bevanda, nell’altro un cestello con il ghiaccio. Jonathan ne prese tre cubetti, ma ne fece scivolare solo due nel bicchiere. L’amico si allontanò a posare il cestello.
Con la mano sinistra iniziò a sorseggiare la bibita, mentre con la destra, tenendo tra le dita il cubetto rimanente, scivolò nuovamente sotto il reggiseno di Virginia. La ragazza, che evidentemente non aveva fatto caso alle manovre dell’amico, a quel contatto ebbe un sobbalzo. Lui iniziò a muovere il cubetto al centro del seno, avvicinandosi velocemente all’areola, che riusciva a percepire sotto le dita; proseguì lentamente con movimenti concentrici avvicinandosi al capezzolo, finché non lo raggiunse. Sentì il respiro di lei farsi leggermente affannato, segno che non doveva essere indifferente a quel trattamento: continuò a strofinarle il ghiaccio sul capezzolo compiacendosi di notarne al tatto un deciso indurimento.
Virginia si voltò verso di lui, le gote adesso più arrossate; sembrava turbata, il suo respiro era adesso chiaramente affannato. Per la prima volta nella serata, forse nella sua vita, Jonathan riuscì a leggere un’espressione nei suoi occhi: era uno sguardo delicato, dolce a suo modo, sembrava dirgli ‘grazie’ per quelle attenzioni inaspettate.
Lasciò cadere a terra il cubetto ormai parzialmente sciolto e continuò a giocare con le dita sul freddo e rigido capezzolo della ragazza, quindi allargò nuovamente la mano sulla mammella e torno a stringerla e a giocarci. Alternava, come prima, tocchi dolci, quasi carezze, a movimenti più rapidi e meno delicati, come se stesse maneggiando un melone. Fece sobbalzare ancora un po’ il pesante seno, eccitandosi al pensiero del corrispettivo visivo di quella sensazione tattile.

‘Virginia!!! Dai, domani devo studiare, al contrario di te! E’ mezz’ora che vorrei andare e tu non vuoi uscire da sotto quel telo’. La voce leggermente spazientita di Fabio li riportò alla realtà.
Jonathan lasciò bruscamente la mammella destra della ragazza, rischiando di spostare il telo da mare, e la portò sullo schienale della panchina. Si accorse con sollievo che nonostante si fosse intuito da fuori un movimento sotto il telo nessuno aveva prestato troppa attenzione al fatto.
‘Va bene, va bene, andiamo! Stai tranquillo però. Un minuto che mi sgranchisco e mi alzo. Sono seduta da un’ora e ho le giunture bloccate’, rispose Virginia, mal celando il suo disappunto.
‘Se a 17 sei già con le giunture bloccate, figuriamoci a 40!’, rilanciò Jonathan ad alta voce, sottolineando con sarcasmo la risposta della ragazza.
Poi a bassa voce, in modo che gli altri non udissero, aggiunse con cattiveria:
‘Con sti meloni enormi che ti ritrovi mi sa che ben prima dei 40 sforzerai le giunture!’
E nel farlo le strinse con forza il seno destro a piena mano.
‘Stronzo!’ gli rispose, quasi sussurrando, Virginia. Ma nei suoi occhi il ragazzo poté notare una punta, e forse di più, di autocompiacimento.
La ragazza non perse naturalmente tempo a sgranchirsi, ma si impegnò, nella maniera più discreta possibile, a rimettere la pesante mammella nella coppa del reggiseno. Nel farlo dovette allargare molto il reggiseno tirandolo, ma ci riuscì rapidamente. Infine risistemò con cura il top a coprirle il capo intimo e fu in grado di alzarsi.
‘Sono pronta!’, squittì all’indirizzo di Fabio.
Questi, senza sapere che sarebbe risultato ironico alle orecchie della fidanzata, rispose:
‘Alla buon’ora! Ma poi non ti sei annoiata a star lì seduta a non fare nulla?’

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