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Racconti Erotici Etero

la nuova colf

By 3 Novembre 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

LA NUOVA COLF_di Jhonny Tyler

Sento la porta della mia stanza che si apre di scatto e mia madre che entra. Deve essere presto, le 7:30 all’incirca, visto che è ancora a casa; e deve esserci qualche incombensa in vista che mi vuole comunicare. Le solite cose, penso, vai alla posta, telefona a tizio, compra quello e via discorrendo. Gioie e dolori di essere un universitario. Mi copro la testa con il cuscino per non sentire, ma sento lo stesso: ‘Guarda che oggi arriva la nuova ragazza delle pulizie. Fatti trovare sveglio e mostrale le casa. Ciao.’.
Oddio, è vero oggi arriva un’altra colf, me ne ero completamente dimenticato. Sarà un’altra solita vecchia rompicoglioni; speriamo almeno che non sia una chiaccherona rumorosa che usa tutto il tempo quel cazzo di aspirapolvere. Speriamo.
Mi rigiro per cinque minuti nel letto e mi alzo. Guardo l’orologio e vedo che sono le otto meno dieci; se volete la mia pelle ditelo. Mi dirigo come uno zombie verso il bagno e mi metto a fissare meditabondo la tazza del cesso. Lo faccio ogni mattina: devo aspettare un po’ di tempo perché la mia erezione si sopisca. E ci vogliono circa cinque minuti, cazzo. ‘Cambio l’acqua al pesce’, mi lavo mani, faccia e denti, e mi dirigo verso la cucina per fare colazione. Mentre preparo le fette con burro e marmellata mi tornano in mente le parole di madre che dicono ‘la nuova ragazza’.
Perché avrà detto ‘la nuova ragazza’? Si sarà sbagliata, voleva dire la ‘nuova racchia’, forse.
Certo che se fosse una ragazza giovane, magari carina, sarebbe tutta un’altra storia; l’ho sempre trovata una cosa molto eccitante avere una colf sexy che gironzola per casa tua con il piumino in mano, che va spolverando qua e là chinandosi a novanta con una stretta e corta gonnellina che lascia intravedere un bel paio di mutandine. Retaggio da film sexy anni 70. Lasciamo stare, anchè perché immaginare risveglia il toro nelle mutande, e non è un bene, visto che il citofono stà già gracchiando.
Deve essere lei, la vecchia racchia che tra un po’ porrà fine ai miei sogni proibiti riportandomi alla triste realtà.
‘Chi è? ‘ domando.
‘Sono Daniela’ dice una voce giovanile.
Una voce giovanile. Sembra la voce di una ragazza, cazzo. Ricomincio a fantasticare.
Apro il cancello premendo un tasto del citofono, e corro alla finestra del salone che dà sul giardino d’ingresso della mia villetta. Scosto la tenda per guardare chi si presenterà alla mia porta, e non riesco a credere ai miei occhi: una ragazza sui venticinque anni, a prima vista alta circa un metro e settanta, slanciata, seppur il fisico non sia magrissimo, ma con le rotondità al punto giusto.
Ha dei capelli castano scuro liscissimi che le accarezzano le spalle, e soprattutto due seni che sembrano due borracce.
Sono già ipnotizzato dal movimento che fanno. Su e giù. Su e giù. Su e giù.
Mi riprendo; non posso presentarmi così. Corro verso il bagno e mi aggiusto i capelli alla meno peggio, guardo se ho i denti macchiati e se mi puzzano le ascelle. Il campanello stà già suonando.
Non per vantarmi, ma anche così faccio la mia figura.
Preparo il mio sorriso migliore, ed apro la porta.
Quando apro, lei ha quel un sorriso tipico da presentazione, ma dopo avermi guardato, ancora prima di tendere la mano, quel sorriso si spegne e comincia a fissare il pavimento imbarazzata.
Che cazzo sarà successo? Sono così bello da mettere le persone a disagio? O sono così brutto da non poter essere guardato? Sono confuso, aggrotto le sopracciglia e le dico: ‘Ciao, io sono Carlo.’.
Lei mi tende la mano e mi dice: ‘Ciao, io sono Daniela.’.
Non ho mai visto nessuno così imbarazzato. Ma che cazzo avrà? E poi continua a guardare in basso.
In basso.
Merda, sono in mutande. Nella concitazione ho dimenticato i pantaloni, può capitare.
Borbotto qualcosa, le chiedo scusa e mi allontano di corsa verso la mia camera.
Richiudo la porta alle mie spalle e penso che come inizio fa schifo. Schifo.
Mi infilo i pantoloni di una tuta ed esco di corsa dirigendomi all’ingresso. Daniela è ancora sulla soglia della porta che non sa che fare. Almeno quando arrivo mi guarda negli occhi.
‘Scusa per prima’ mi affretto a dirle ‘Ma di prima mattina non sono molto lucido. ‘.
Lei scoppia a ridere e mi dice di non preoccuparmi: ‘E’ stato divertente.!’.
Meno male, non se l’è presa. Sembra davvero simpatica, e poi ha delle labbra stupende. La faccio finalmente accomodore mettendomi di lato alla porta e richiudendola alle sue spalle. Quando voglio sono un vero signore. E con l’occasione gli guardo il culo, che non guasta mai.
‘Che bella casa che avete’è molto luminosa”
Vorrei risponderle: ‘E tu lo sai che hai due tette e un culo ancora più belli e luminosi?! ‘. Sono proprio un viscido erotomane. No. Sono solo un maschio.
Passo dieci minuti a mostrarle la casa e dove teniamo tutte le cose che possono servirle. Non riesco a staccargli gli occhi di dosso, penso se ne sia accorta, oramai. Il culo. Le borracce.
Ma non sembra dispiacerle, anzi continua a fissarmi ogni volta che può, e a sorridermi.
Certo, sono con una maglietta con su scritto ‘che dio ce la mandi buona e magari senza mutande’, porto un pantalone di tuta nero vecchio di qualche anno, e comunque potrei essere più presentabile. Ma, non per vantarmi, anche così faccio la mia figura.

Passo la prima ora a pensare a cosa dire per attaccare bottone, per rendermi interessante, simpatico. Ma niente. Riesco a concentrarmi solo sulle sue borrace, fasciate strette strette da quel top celeste che le mette ancora più in risalto, come se madre natura non fosse già stata abbastanza generosa, e sul quel morbido, tosto e sodo culo, avvolto da un comunissimo paio di jeans, che sembra dirmi ‘toccami!’, ‘dammi delle gran sculacciate!’, ‘si!’.
Sto sbroccando. Il fatto è che non ho mai vissuto una situazione così eccitante in vita mia. Ho la possibilità che il mio sogno erotico si realizzi, e non riesco a pensare ad altro. Quando mi ricollego alla realtà, mi accorgo che ho la tv accesa su una televendita di pentole.
Offrirle qualcosa potrebbe essere un inizio.
Mi alzo dal divano del salotto e mi dirigo verso il rumore che proviene dalla camera da letto dei miei. Quando entro lo spettacolo che mi si presenta sembra essermi stato preparato da una divinità lussuriosa che intende mettere alla prova la capacità di resistenza di un essere umano, la capacità di non saltare addosso ad un altro essere di sesso opposto, quella capacità che ci distingue dagli animali, insomma.
Alla fine supero quello prova, ma è stato un test veramente difficile.
Daniela è messa a quattro zampe sul letto dei miei vecchi, con una mano che gli serve da appoggio sul materasso e l’altra che stringe un piumino per spolverare che lei è intenta a passare sulla spalliera dove poggiano i cuscini. Sul momento non si accorge della mia presenza.
Allora ricomincio a fantasticare, e me la immagino vestita soltanto di un paio di stivali, un gilet e un cappello, tutto in stile cowgirl, e io dietro di lei che la afferro per i fianchi e la cavalco come un forsennato. Sento anche una colonna sonora tipo ‘arriva la cavalleria!’.
Ad un certo punto lei si gira e mi fa: ‘Scusa, non ti avevo sentito, volevi dirmi qualcosa?’.
Speriamo non mi abbia visto che la fissavo con la faccia da deficiente.
‘Si, volevo chiederti se ti andava qualcosa da mangiare, o da bere. ‘
Lei non si ricompone, e rimanendo sempre a quattro zampe guarda verso l’alto valutando la mia offerta. Io intanto sono a braccia conserte appoggiato alla porta. Chi mi credo di essere, Marlon Brando? Abbandono quella posa da film e mi gratto in po’ la testa.
‘Hai succo d’arancia? ‘
‘Mi chiamano ‘l’uomo del monte’. ‘
Scoppiamo a ridere e ci dirigiamo verso la cucina.

‘Anche se so che non è una domanda da fare a una donna, volevo chiederti, quanti anni hai?’
Adesso siamo seduti uno di fronte all’altra al tavolo della mia cucina, e penso di andare bene.
La faccio ridere, sono brillante ma anche un po’ misterioso; purtroppo a intervalli regolari lo sguardo mi cade sulle sue tette che fanno capolino dalla scollatura del top, e si affacciano oltre il piano del tavolo. Penso che oramai se ne sia accorta.
‘Trentadue. Tu quanti me ne davi?’
Trentadue? Io pensavo venticinque al massimo. Spalanco occhi e bocca e le dico: ‘Trentadue? Io credevo ventidue’ventitre al massimo.’. E l’occhio mi cade sulla scollatura.
‘Se, magari! Sono trentadue suonati!’
Il fatto che sia più matura di quanto credessi mi eccita ancora di più.
‘Perché magari? Sei nel pieno del tuo splendore, e quindi potresti averne anche cinquanta, non importa.’
Grazie signori, ritirerò il premio di miglior adulatore dell’anno al più presto.
‘Ma che galante..e tu invece quanti ne hai?’
Si prospettano due strade davanti a me: dire una cazzata nella speranza che le piacciano i ragazzi della sua età, e quindi aumentare un po’ le mie primavere, oppure dirle la verità e basta. Per ora vado bene così, e meglio non correre rischi; dico la verità.
‘Ne ho ventitre.’ E in questo momento ce l’ho di marmo.
‘Si, lo immaginavo’vabbè adesso è meglio che torno a lavoro, sono già venti minuti che chiaccheriamo.’
Si alza dalla sedia, prende un elastico che aveva legato al polso, e lega i capelli in una coda. Nel modo di alzare le braccia per raccogliere i capelli fa spiccare in avanti le due tettone, che adesso più che due borracce sembrano due missili. Tutto questo sotto i miei occhi increduli. Se non se n’è accorta adesso che gliele stavo fissando, è cieca. Rischio di fare una figura di merda. Dovrei riuscire a controllarmi, ma è più forte di me, le devo fissare.
Quando finisce di sistemarsi i capelli si guarda le tette e mi dice: ‘Sono macchiata? Ho qualcosa che non và?’
Ci siamo. E’ arrivata al limite, e stà cercando di farmi capire che non devo più guardargliele. Almeno credo.
Faccio la faccia stupita e le dico: ‘No, è che c’è una mia amica che ha questo top uguale al tuo e”. E che? Ora che cazzo le invento?
‘E cosa? Me le stavi guardando, non è vero? Confessa. Ti visto prima che mi spiavi, nella camera dei tuoi. E anche ora me le hai guardate tutto il tempo. Confessa.’
Non so che dire. Sono paralizzato per la vergogna.
‘No, ma che pensi? Davvero, questa mia amica ha il top”
‘Non mentire. Ci sono abituata, gli uomini hanno un debole per le mie tette. ‘
Vabbè, dico la verità e basta: ‘Scusa, non volevo sembrarti un maniaco, ma è che sono così’così”.
‘Grosse, volevi dire? Invitanti, forse?’
Mi leggi nel pensiero, dea dalla tette capaci di mettere nei guai.
‘Si, proprio così”
Daniela alza leggermente il sopracciglio destro, e annuisce con un leggero sorriso stampato sul volto. Ha le braccia conserte proprio sotto le tette. E io, vaffanculo, gliele guardo ancora una volta.
‘Ah, è così allora. E se lo dicessi a tua madre? Potrei dirle che mi hai molestato. O peggio per te, potrei dirlo al mio ragazzo, Che ne pensi, subdolo guardone?’
Qualunque cosa farà sono nella merda fino al collo. Ma tutto sommato preferirei la prima ipotesi.
Controbatto con l’atteggiamento di uno dimesso e veramente dispiaciuto: ‘Senti, Daniela, forse mi
hai” e qui vengo interrotto da lei che dice: ‘Tanto per comminciare dammi del lei. Non ti ho mai detto che potevi darmi del tu. E secondo le tue scuse puoi tenertele. Adesso se hai finito di guardarmi le tette, vado a finire il mio lavoro.’.
Ma che cosa mi ero messo in testa? Mi sono comportato da maniaco sessuale. Daniela si volta e si avvia verso un’altra zona della casa. E io, vaffanculo, le guardo pure le chiappe.

Passo un’ora a guardare il soffitto, disteso sul mio letto. Sapere che lei è da qualche parte in casa me lo mantiene comunque bello tosto. Prendo una decisione e l’affronto a viso aperto. Come ha detto lei gli uomini hanno un debole per le sue tette. La cerco in tutta la casa ma non la trovo; eppure la sua borsa è ancora all’ingresso.
Mistero.
Resta un unico posto dove guardare, il giardino, ed è proprio lì che mi dirigo.
Bingo. Daniela è su una sdraio prendisole in perizoma e reggiseno. So che ha un perizoma perché è messa a pancia sotto. Mi avvicino alla sdraio; sono perplesso.
‘Ma che cazzo fa?’ Forse non era il caso di uscirsene così, ma sono pur sempre il padrone di casa. Almeno mi sono ricordato di darle del lei. Lei ha un paio di occhiali da sole, quindi non so se mi guarda quando mi risponde: ‘Scusa per prima, forse sono stata un po’ dura. Facciamo finta che non è successo niente, ok? ‘.
Più facile del previsto. Mi sento come se un peso di diverse centinaia di chili mi avesse abbandonato. Rispondo: ‘Ah bene, l’ultima cosa che voglio è litigare con lei fin dal primo giorno. Mettiamoci una pietra sopra, ok?’. Lei non dice niente per qualche secondo, poi senza cambiare posizione mi sussurra con voce da porca: ‘Vuoi toccarmele, vero?’.
Ma che dice? Che stà facendo? Io non rispondo, la guardo confuso, e lei riattacca:
‘Quanti soldi hai?’
Credo di aver capito dove vuole arrivare. Non ci penso due volte e le dico:
‘Adesso avrò una cinquantina di euro”
‘Vai a prenderli e infilali nella mia borsa. Poi và nella tua stanza e aspettami.
Potrebbe essere un sogno. Capisco che non lo è dal dolore che mi provoca il membro gonfio da scoppiare nelle mutande. Corro dentro casa e faccio tutto quello che mi ha detto.

Adesso sono nella mia stanza che aspetto da almeno quindici minuti. Il tempo sembra non passare mai; comincio ad avere il sospetto che se né sia andata con i miei soldi tanto per farmela pagare.
Ma questa è una giornata stupefacente, e continua ad esserlo.
Daniela entra nella mia stanza così come si è alzata dalla sdraio, in mutande e reggiseno.
Da non credere come gli ballonzolano le tette ad ogni passo.
Io sono seduto sul mio letto ed ho la bocca semiaperta.; deglutisco come se avessi litri d’acqua in bocca. La seguo con lo sguardo mentre si muove per la mia stanza. Prima socchiude leggermente la serranda, poi prende la sedia della mia scrivania e l’avvicina al mio letto; adesso è seduta di fronte a me. Stranamente la sto guardando negli occhi. Ma dura poco, infatti comincio a fissarle le tette come se fossero le cose più belle e uniche al mondo. C’è un silenzio irreale. Viene spezzato da lei che mi sussurra: ‘Toccale”.
Glile afferrò immediatamente e comincio a palpeggiarle senza ritegno. Lei getta la testa all’indietro e comincia a sospirare affonnosamente. Io le chiedo: ‘Posso baciarle?’.
Daniela, rossa in viso, annuisce. Abbasso le bretelline sulle spalle e io scosto la parte del reggiseno merlettato bianco che gli copriva ancora il seno; le tette sembrano saltargli fuori con un balzo: mai viste, né tantomeno toccate, due così. Sono grandi, ancor più di quanto sembrava, ma sono consistenti, sode. Gliele afferro e mi chino verso di loro. Comincio a baciarle, leccarle e mordicchiarle; hanno un sapore buonissimo e sono calde di sole. Incrocio il suo sguardo e vedo che ha due occhi di fuoco, allora oso: ‘Mi fai impazzire’ quanto vuoi per scopare?’.
Mi arriva un ceffone rumorosissimo: ‘Dammi del lei!’. Poi Daniela, ancora vistosamente eccitata e con voce suadente mi dice: ‘Non sono una puttana’ devi essere educato’ e gentile’ altrimenti quel cazzetto eccitato può dire addio ad un po’ di coccole…’.
Nel frattempo me lo ha tirato fuori e ha cominciato a massaggiarmelo. Ho già dimenticato il dolore del ceffone di prima. Sono eccitato come una bestia. Con una voce che non sembra la mia le dico: ‘Ok’scusi’le va di farlo?’. Non capisco più niente.
Bam, arriva un altro ceffone con la mano libera.
‘Allora non hai capito’ si fa quando lo dico io’ e non sarà oggi.’
Pazienza, è già un sogno quelo che stà succedendo ora. Daniela intanto lo mena sempre più in fretta, e io tra poco non resisterò più; il pene mi pulsa impazzito sotto la rapida stimolazione della sua mano, sino a quando lei interrompe e mi dice: ‘Alzati e chiudi gli occhi.’.
Eseguo immediatamente: adesso il mio lucertolone sarà all’altezza delle sue tette.
Sento le sue tette che me lo avvolgono e lei che le comincia a fare sobbalzare su giù, su e giù, su e giù. Apro gli occhi, guardo verso il basso e vedo il mio cazzo che appare e scompare con una periodicità regolare. Daniela, intanto, con la testa rivolta in alto verso di me mi chiede:
‘Ti piace, non è vero? Sei solo un ragazzino porco!’ Ha aumentato freneticamente il ritmo e io stò impazzendo dal piacere. Comincio ad assecondare i suoi movimenti, finchè non arriviamo ad ottenere un ritmo forsennato. Caccio un urlo di piacere e le dico: ‘Guardi che stò venendo!’.
La situazione è veramente grottesca.
Lei mi urla: ‘E vieni, maiale!’
Dalla mia gola escono dei gridolini che sembrano a metà strada tra piacere e dolore.
Daniela me lo ha preso in mano e mi stà facendo una sega puntando la punta del mio cazzo contro le sue tette. Ed è proprio lì che sfogo tutto quello che avevo dentro, sulle sue tettone, che adesso sono oscenamente imbrattate del mio sperma, che gli colo sino alla pancia e al perizoma.
Piano piano lei rallenta il ritmo della mano, sino a quando molla il mio membro e mi dice:
‘Eri proprio arrapato come un maiale, eh?’
Non ho la forza di rispondere. Mi accascio sfinito sul letto, a pancia all’aria, con i pantaloni ancora a metà coscia. Daniela si alza dalla sedia e si dirige in bagno.
Prima di uscire dalla mia stanza mi dice: ‘Per la prossima volta prepara cento euro’ facciamo qualcosa di speciale.’
Annuisco senza guardarla. Ho un sorriso da scemo estasiato, ma non mi importa.
Non per vantarmi, ma anche così faccio la mia figura.

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