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Racconti Erotici Etero

La porta del piacere

By 17 Marzo 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

La porta del piacere
Mia moglie era stata la mia prima donna che avevo avuto ed anche amato. Era rotondetta come a me piacevano le donne.
L’avevo incontrata al lago, in un dancing dove mi ero recato pensando di rimorchiare qualche tedeschina e per molti anni era rimasta anche l’unica mia donna.
Prima del matrimonio, ci vedevamo solo al sabato e alla domenica, perché lavoravo fuori città. Impossibile scopare, per ragioni logistiche e restava solo da pomiciare. Lo facevamo alla sera, in macchina, nel parcheggio, mentre aspettavo di prendere il treno per Milano
Non le piaceva fare sesso. Purtroppo l’avevo scoperto solo quando era già troppo tardi, mentre io quella cosa li c’&egrave l’avevo in testa, 24 ore al giorno.
Capivo che lei aveva l’orgasmo, qualche volta rara volta, solo perche esclamava un piccolo “oh!”, senza nessun movimento, dopo preliminari infiniti.
Quando questo succedeva, con mia disperazione, due o tre volte al mese, quando gli infilavo l’uccello e gli scaricavo tutto il desiderio represso. Mi scaricavo ma restavo teso e incazzato, contro la donna che non capiva, o non voleva capire, quanto avevo bisogno di scopare. Non riuscivo a capire perché una cosa così bella non era gradita, ricercata e gustata. Mi sembrava di scopare un pezzo di legno.
Il risultato fu che il mio lavoro era diventato la mia droga sostitutiva, sul quale avevo concentrato tutte le mie energie. Viaggiavo molto e avevo aperto anche una filiale in Brasile che dovevo seguire periodicamente.
A parte qualche rara “uscita” molto rapida, fuori dal matrimonio, per togliermi la disperazione, non avevo mai voluto farmi un’amante, o forse non ne avevo avuto l’occasione. Le “uscite”, per un motivo o per l’altro, finivano sempre in una cosa rapida, che non mi lasciavano soddisfatto e non capivo perché. Forse era per il senso di colpa.
Dunque, ero sposato da più di 25 anni ed il nostro rapporto aveva raggiunto il punto più basso. I nostri figli avevano raggiunto un’età adulta che li aveva già resi autonomi.
Quando tornavo da un viaggio, magari di qualche settimana, l’unico che mi faceva festa era il cane.
Gli scontri con mia moglie erano continui ed ogni volta più pesanti. In questi casi la pena che mi veniva riservata, sempre più frequentemente, a parte il muso, consisteva nel rifiutare l’atto sessuale, accompagnato dall’indossare mutandoni comprimenti, da vecchia, difficili da levare, che partivano dalle ginocchia e arrivavano sotto le tette.
Con questa situazione ed il conseguente stato d’animo, mi ero recato in Brasile per una nuova visita di lavoro, cosa che facevo ogni 15 giorni. La penultima sera di mia permanenza andai al ristorante.
Lo Scavollo era un ristorante/pizzeria molto famoso in città ed era abbastanza vicino all’hotel dove alloggiavo.
Era molto noto anche perché, a dire della mia segretaria, oltre che a mangiare bene, era uno di quei locali brasiliani dove si andava anche per “occhieggiare”. In effetti non ne avevo mai utilizzato questa caratteristica perché le mie permanenze in città erano piuttosto brevi, intense e pesanti sia sotto il profilo professionale e fisico, con orari complicati. Controllare i brasiliani era alquanto difficile.
Nonostante fossi “affamato” e allupato, avevo sempre usato molta prudenza con il sesso, in quanto avevo una paura boia dell’AIDS, per questo stavo alla larga dalle prostitute, ma pensavo anche che avere un’amante era comunque un potenziale grande problema.
Quella sera andai a cenare ed era piuttosto tardi. Dopo aver ordinato la cena e una caipirinha cominciai a guardare gli altri presenti.
A due tavoli dal mio, di fronte, c’era un’altro tavolo con una signora bionda, carina, sui quaranta/quarantacinque, 1,70m, che stava mangiando da sola. Sembrava una di quelle signore molto serie, attenta al suo piatto, e doveva essere conosciuta nel locale perché il cameriere la trattava con un certo riguardo. Aveva un maglione azzurro con il collo alto, coperto da una cascata di capelli biondi, lunghi fino alle spalle. Le forme che si intravvedevano sotto il maglione erano promettenti.
Mentre stavo sorseggiando la caipirinha, i nostri sguardi si incrociarono e io, forse a seguito della caipirinha, alzai il bicchiere per un brindisi. Lei mi fece un bel sorriso di rimando, alzando il suo bicchiere e io la invitai, con un gesto, al mio tavolo. Ero certo che non sarebbe venuta.
Quando si alzò per venire al mio tavolo vidi che indossava una gonna beige, che le arrivava appena sopra il ginocchio, sopra delle belle gambe che calzavano delle scarpe con tacchi a spillo.
Si chiamava Irene ed era una simpatica brasiliana con genitori di origini polacche ed il biondo dei capelli era originale. Lavorava per il comune della città e si occupava di addestramento del personale, parlava molto bene l’inglese, era una divorziata da tempo, senza figli e viveva in una casa della periferia, con tre cani bastardini.
Ai tempi della dittatura era stata una hippy, amava la natura, gli piaceva il vino, la buona cucina, le letture e, cosa interessante, praticava il nudismo in una spiaggia riservata, che non conoscevo.
Ci raccontammo le nostre vite e le solite cose. Io, che ero sposato e infelice, lei che era stata lasciata dall’ultimo amico argentino, che non si era degnato di dirle ciao e da due anni era senza uomo, perché non aveva trovato un tipo che le piaceva.
La conversazione fu molto piacevole. Irene, nonostante la sua età, aveva la risata squillante di una ragazza giovane.
Ci scambiammo i telefoni e, dopo un’altra caipirinha, ognuno fu a dormire dopo aver fissato un appuntamento per la sera seguente, il Venerdì, non dopo di aver deciso di andare a mangiare in un locale che aveva un’orchestra che suonava musiche italiane, dove si poteva anche ballare.
Essendo senza auto lei sarebbe passata a prendermi alle 20.00.
L’idea di questo appuntamento mi eccitava, lei era di classe, gentile, elegante, seria, ma nello stesso tempo molto simpatica.
Passai una notte ed un giorno piuttosto eccitato ed ansioso, pensando a quello che stavo facendo, a quello che poteva succedere alla sera. Stavo percependo che si stava rompendo un argine psicologico che avevo costruito nei miei anni di matrimonio, ma ero tranquillo perché il giorno dopo sarei comunque tornato in Italia. Inoltre la donna era una donna matura, autosufficiente e non mi sembrava una prostituta.
Alle 20.00, molto puntuale, passò di fronte al mio appartamento. Aveva una Lada grigia, una macchina russa, un SUV del medio evo, che all’interno puzzava di benzina. Quando salii in macchina vidi che lei era vestita in maniera molto classica, con camicetta bianca e gonna nera, calze scure.
Mentre guidava la studiai ben bene, era una bella donna.
Quando arrivammo al ristorante, lei parcheggiò e io scesi. Guidava bene. Corsi ad aprile la portiera, Quando scese dalla macchina, mi venne un colpo. La Lada aveva i sedili molto alti, scomodi da salirci sopra, ma molto più scomodi da scendere per chi aveva la gonna. Quando le aprii la porta, in un gesto di galanteria, lei scese mostrandomi delle belle gambe affusolate ricoperte da calze con reggicalze, anche se lei tentò maldestramente di coprire il tutto. Mia moglie non le aveva mai usate, le considerava cose da puttana.
Il ristorante si chiamava Toscana. Una orchestrina suonava canzoni italiane anni 60/70. La conversazione era molto piacevole e le luci suffuse. Ordinai una bottiglia di vino rosso cileno. Mi ero ripromesso di non bere perché volevo stare il più lucido possibile.
Quando vidi che qualcuno cominciava a ballare, un lento, le chiesi se volesse ballare e lei accettò.
Quando fummo nella pista lei si appoggiò a me e io la strinsi. Ballammo per un paio d’ore, alternando balli lenti o moderni. Dopo i primi balli cominciai ad accarezzarla dolcemente lungo la schiena, sul collo e a baciarla sulle orecchie. Aveva un buon profumo. Quest’azione mi eccitava, lei sospirava e si accostava sempre più a me. Le accarezzavo anche le natiche, con nonchalanche, che sentivo molto sode, ogni tanto le strofinavo i seni, quando le luci erano molto soffuse e il mio cazzo era sempre più duro, cosa che non mancavo di fargli sentire.
Verso le 23.00 le chiesi se voleva venire con me, ma lei dichiarò che preferiva ballare ancora un po’.
Nonostante tutto non ero sicuro che avrei scopato per quella sera.
Continuammo a ballare e ci scambiammo anche qualche bacio, sempre più caldo. Dopo mezzanotte l’orchestra suonava solo lenti.
Alle due di notte, mi accorsi che avevamo raggiunto un punto di eccitazione insostenibile, anche se, dato il luogo, non avevamo fatto cose particolari. Le proposi di lasciare il locale e lei accettò. Dopo aver pagato tornammo alla sua macchina. Quando fummo dentro l’abbracciai e la baciai. Lei aprì la bocca e le nostre lingue si incrociarono. Mentre la baciavo, cominciai ad accarezzarle i capelli, le orecchie, il collo e i fianchi e le cosce. Le tirai fuori la camicetta dalla gonna, infilai la mano e sentii, sotto il reggiseno, il suo seno caldo.
Percepii che le piaceva, dai sospiri sempre più profondi, e a questo punto cominciai a sbottonare la camicetta, anche se tenevo un occhio a quello che succedeva fuori dalla macchina. Aveva un reggiseno di pizzo nero, molto sexi. Cominciai a baciarla sulla gola, mentre lei mi accarezzava nei capelli, e con l’altra mano la accarezzavo all’interno delle cosce.
A questo punto, con entrambe le mani le slacciai il reggiseno e due tette meravigliose mi apparvero bianche e dure. Doveva essere eccitata anche lei perché i capezzoli erano duri e dritti con un’aureola scura e grande.
Presi in bocca un capezzolo e cominciai a succhiarlo e leccarlo, percepii chiaramente che le sue cosce si stavano aprendo, compatibilmente con la gonna.
Le mordicchiai il capezzolo, dopo averci giocato un po’ e poi passai la mano in mezzo alle sue cosce. Lei le aprì completamente e io arrivai alla passera, che cominciai ad accarezzare, ero arrapatissimo. Aveva il reggicalze, che avevo già intravisto, ma sotto aveva anche una cosa che non avevo ancora mai visto dal vivo, un tanga nero di pizzo.
Lei, mentre continuavamo a baciarci, mi mise la mano sulla patta dei pantaloni e mi strinse l’uccello, che io prontamente misi a sua disposizione.
Le chiesi se voleva venire con me e lei mi rispose “si, perché soffrire ancora”.
Ci sistemammo e ci dirigemmo al mio hotel. Mentre lei guidava, io continuavo ad accarezzarla in ogni punto raggiungibile del suo corpo. Irene mi raccontò che erano due anni che non aveva un uomo e io mi sentii ancora, se possibile, più eccitato.
Dopo aver parcheggiato nel garage dell’hotel, presi la mia chiave e salimmo in camera.
Era la prima volta, nella mia vita da sposato, che arrivavo a scopare dopo una cena, dopo un ballo e dopo tutti i preliminari.
Quando entrammo in camera cominciammo a baciarci nuovamente ed appassionatamente. Misi la sveglia per le 7.30 perché dovevo prendere il volo delle 9.00 per San Paolo.
Lei chiese di andare in bagno un attimo. Sentii scorrere l’acqua del bidet.
Quando rientrò era senza gonna e la camicetta era tutta aperta. Io sono un iperteso, ma in quel momento la mia pressione doveva essere a 300 e stavo rischiando un colpo apoplettico:
Calze scure, reggicalze di pizzo nero, tanga di pizzo nero solo per coprire il pube, reggiseno di pizzo nero. Tutto quello che avevo sognato sin da ragazzo e che non avevo mai potuto toccare, era davanti ai miei occhi.
Gli andai in contro e, entrando nel bagno le accarezzai con una mano il pube e con l’altra la schiena.
Dopo tutti questi eventi in una sola serata ero preoccupato di venire ancora prima di andare in buca. Lavai il mio amico e ritornai in camera.
Stava sorseggiando una limonata e io mi avvicinai, bevemmo assieme dallo stesso bicchiere e poi ricominciammo a baciarci.
Lei cominciò a sfilarsi la camicia ma io le chiesi di lasciar fare a me. Era una vita che aspettavo di spogliare una donna vestita così. Le sfilai la camicia, stando dietro di lei, accarezzandole le braccia e la schiena. Quando le accarezzai la schiena, lei ebbe dei brividi e il mio occhio cadde sul suo culo. Due chiappe sode, bianche e rotonde ed in mezzo ad esse il filo del tanga. Glielo avrei strappato a morsi ma, con molto sforzo, tornai in alto. Le aprii il gancio del reggiseno e con le mani, accarezzandola, le feci cadere le spalline. Le passai le mani, continuando ad accarezzarla, sotto le ascelle, per fermarle a coppa sui seni, baciandola sul collo tra i capelli. Come profumava di buono quella donna!
Le strinsi i capezzoli e avvicinandomi a lei le feci sentire l’erezione che mi attanagliava. A questo punto lei si voltò verso di me e cominciò a spogliarmi. Io continuavo a muovere le mani sul suo corpo meraviglioso e ben tornito. La sua pelle era molto liscia, non flaccida ed i seni erano duri.
Quando mi sfilò via la maglietta mi baciò i capezzoli. Mai una donna mi aveva fatto questo, mi sentivo scoppiare, ma non fu niente in paragone a quello che fece quando i miei pantaloni furono a terra, con le mie mutande; esclamò ohh, con un piccolo risolino, si sedette nel letto e cominciò a leccarmelo, partendo dai testicoli.
Ebbi un flash, pensai, ai preti che dicevano che a farsi le seghe si diventa ciechi e a mia moglie, che diceva che non &egrave bello e non gli piaceva fare questa cosa, ma cancellai immediatamente il pensiero.
Dopo qualche secondo pensai che non potevo perdere l’occasione di avere un corpo tanto bello tra le mie braccia e le chiesi di stendersi sul letto. Che visione con il tanga, le calze ed il reggicalze.
Se a questo punto avesse detto di no, le avrei usato violenza, pensai che stavo regredendo dall’uomo alla bestia, ma come era piacevole.
Il letto non era matrimoniale, quando avevo prenotato non avevo previsto questa eventualità.
Mi inginocchiai sul pavimento e cominciai a baciarla e ad accarezzarla dappertutto. Ora lei apriva le cosce completamente spalancandole, che visione. Le sfilai, ed era la prima volta che lo facevo su una donna, il tanga.
Che mi venisse un colpo! Non avevo visto molti peli sul pube ma, nella foga, non ci avevo fatto caso. La passerina era completamente depilata, a parte un piccolo ciuffo biondo sulla sommità e la comparai con quella pelosissima di mia moglie. Ero in un altro mondo, mi sentivo come Cristoforo Colombo nella nuova terra. Anche tra le gambe la pelle era liscia al tatto. Che sensazione nova! Mi avvicinai con la bocca. Sapeva di sapone, di pulito e di muschio. Quando stavo con la testa in mezzo alle sue gambe, Irene piegò le ginocchia mostrandomi un buchetto di culo rosa, profumato e senza peli, mentre lei mi accarezzava e baciava l’uccello.
Avere una donna attiva, per la prima volta nella vita, che mi accarezzava, baciava, succhiava e sopratutto, che si dava, non per soldi, mi lasciava sconvolto ed eccitatissimo. Anche lei doveva essere eccitata perché, oltre che a muovere i muscoli del bacino, ad ogni carezza o leccata, aveva la passerina completamente bagnata, del resto erano sei o sette ore che stavamo pomiciando.
Ad un certo punto, mentre la stavo leccando, partendo dal culo fino al monte di venere e viceversa, Irene mi disse che non c’&egrave la faceva più e che voleva il cazzo dentro.
L’accontentai immediatamente. Appoggiai, con il suo aiuto il mio uccello alla sua fica e cominciai a spingere. Le sue gambe si alzarono e si attorcigliarono alla mia schiena tirandomi verso di lei. Il mio uccello entrò con un po’ di fatica, ma il mio ed il suo desiderio erano così grandi che dopo qualche secondo era tutto dentro, fino in fondo alla sua passera. Irene cominciò a sospirare profondamente, le sue unghie si piantarono sulla mia schiena, mentre io cominciavo a pompare. Il suo bacino si muoveva ritmicamente, assieme al mio, in un incontro bestiale. Quando, dopo qualche secondo lei venne, emettendo un grido roco, io scaricai in lei, con un piacere immenso, 25 anni di repressione, con un grido di libertà.
Continuammo ad abbracciarci e a baciarci mentre la camera odorava di sperma.
Il mio cazzo restò duro, la novità gli faceva molto bene e continuammo con un sessantanove bestiale. Cominciai nuovamente a leccargli la passera, che adesso era tutta bagnata, anche dal mio sperma, mentre lei mi spompinava e quando fui sul suo clitoride lo succhiai alternando dolci leccate. Il suo culo era diventato bagnato con gli umori che erano usciti dai nostri sessi. Cominciai a lavorarlo di lingua, le piaceva, perché lei alzò le ginocchia per renderlo più accessibile. Quando la lingua raggiunse il massimo di profondità possibile, umettandolo per bene, ci infilai il pollice, ritornando con la bocca sul clitoride. Lei si inarcò, emettendo un grido e stringendo ripetutamente l’ano molto forte, il che mi fece capire che lei era venuta una’altra volta e mi fece un’altra sorpresa. Mentre le stavo ditalinandole il culo e slappando la passera, sentii un dito entrare nel mio culo e a muoversi internamente. A nulla valse stringere le chiappe. Era la seconda volta che qualcuno mi infilava il dito nel culo. La prima volta, per motivi di prostata, il disgraziato aveva avuto il coraggio di dirmi “si rilassi” e anche se non fu una sorpresa, non mi piacque.
Questa volta la sorpresa fu totale, tanto &egrave che le morsi la passera, sia perché era inaspettato, sia perché dopo qualche secondo, con un grande piacere intenso, venni nuovamente, sulla sua faccia.
Ero sconvolto e distrutto, per quello che avevo vissuto in quelle ore, per le energie erogate e per il piacere avuto. Anche Irene era senza energia, giaceva con le gambe completamente aperte, sudata e profumata di sperma. Ansando, mi voltai verso di lei e appoggiammo le nostre bocche una sull’altra. Cominciai a sussurrare parole dolci, ringraziandola del piacere che mi aveva dato. Lei non aveva idea della porta che aveva aperto in me. Quando ricominciai ad accarezzarla ero ancora fuori di me, mi sentivo in un’altro mondo ma la sveglia mi riportò alla realtà e al futuro.
Dovevo partire, proprio adesso che avevo trovato una persona interessante, come mi dispiaceva.
Prendemmo la doccia assieme e, dopo esserci rivestiti, fummo a prendere la colazione dove fissammo l’appuntamento per il prossimo mese, in occasione della mia nuova visita.
Questa volta sarebbe stato un week-end intero.
Quando tornammo in camera ed eravamo abbracciati per l’arrivederci, ebbi un raptus. La spinsi nel letto, le sollevai la gonna, spostai il tanga e le diedi una slinguata fino a quando inarcò la schiena, rantolando.
Le dissi che la prossima volta non le avrei risparmiato nessun buco e lei, con un bacio, mi rispose che era una cosa che stava aspettando, con molto desiderio, da due anni.

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