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La ragazza da sogno, il principe azzurro (C_Ca)

By 20 Gennaio 2022No Comments

Guarda che posto di merda, e abbiamo combattuto tutta la notte per ritornarci.

Sono sdraiata sul tappeto del salotto. Davanti a me c’è una manciata di matite colorate sparpagliate sul pavimento, un libro di fiabe scarabocchiato aperto, la copertina rivolta verso l’alto. Una musica bellissima accompagna il suono di una macchina da scrivere, un balletto, in un raggio di sole vedo la polvere danzare. Quando la musica si ferma sento la puntina del giradischi imitare il fuoco della stufa a legna lì vicino. Delle gambe sotto il tavolino vicino alla finestra, calzerotti di lana colorata. Una pausa della macchina da scrivere e un piede si alza da terra per grattare il polpaccio.

Mi sono svegliata ancora con il sogno di quando ero bambina davanti agli occhi. Ho spento il televisore prima che il film arrivasse alla fine e sono andata alla finestra. 4:30 Lo sportello di un’auto si è chiuso in strada, quasi contemporaneamente lo stereo della macchina si è acceso a tutto volume. La ragazza che sta qui a fianco stava facendo una doccia, sentivo l’acqua scorrere attraverso la parete della camera.

Ma che cazzo di musica ascolta il tipo di questa qui?

– Ciao, cerchi compagnia? Senti il mio programma:
Punto 1 facciamo due chiacchere qui
Punto 2 andiamo al ristorante
Punto 3 se l’atmosfera è quella giusta,
ci appartiamo per cose più serie
Punto 4 potremmo anche fare sesso anale, si devi sapere che mi piace molto nel culo –

Punto 5 mi mordo i polsi fino a restare dissanguata

– Non so tesoro, facciamo un passo alla volta –

Sono andata in cucina solo per restare impalata davanti alla luce del frigorifero: un panetto di burro iniziato, un sacchetto di zucchero quasi finito, due mele, una bottiglia di succo di frutta al mirtillo. Tengo sempre tutte le provviste in frigo, anche quelle che andrebbero lasciate fuori. E’ l’unico modo per difendermi dalle formiche, sono implacabili con questo caldo.

Quasi quasi rispondo al cazzetto di prima e gli faccio un pompino nel cesso di qualche pizzeria. Così ho risolto il problema. Magari lui è anche contento e Lunedi torna dai suoi colleghi a vantarsi, immaginandosi di stare in un episodio dei Soprano.

Sono tornata a dormire sperando di ritrovare il sogno che avevo interrotto, ma la nostalgia di casa non mi ha dato tregua fino a quando non ha fatto giorno.

– Ciao, andiamo a scopare? C. A. –
– Come corri. Prima conosciamoci un po’ meglio…dimmi almeno come ti chiami? C_Ca –
– Capitan America, perché dobbiamo conoscerci meglio? E più divertente se non sappiamo niente l’uno dell’altra. Tanto a cosa servirebbe? Anche se uscissimo per andare in un locale non farei altro che pensare a scoparti. C. A. –
– Ah! Ah! Ma sei davvero Capitan America e cosa ci fai da queste parti? C_Ca –
– Sto cercando qualcuno per andare al carnevale di New Orleans… C. A. –
– Davvero? E devi andare fino a là per il carnevale? C_Ca –
– No, scherzavo…Hai mai fatto caso come raramente quello che diciamo abbia qualcosa a che fare con quello a cui stiamo pensando? C. A.–

Pazzesco come non riesca mai a ricordarmi il sesso. Non so spiegarmelo. E’ come quando sono in un locale: il chiasso è assordante, se qualcuno mi parla devo concentrarmi per capire cosa mi sta dicendo. Poi usciamo all’esterno, il rumore sparisce con la porta che si chiude alle nostre spalle. A quel punto però nessuno ha più niente da dire. Restano solo il ronzio dei citofoni dai portoni e il riverbero caldo dell’asfalto. Mi rimangono impressi solo i dettagli più insignificanti: l’odore che c’era in ascensore, le persone ferme ad aspettare il primo autobus, il profumo di pane appena sfornato che si alza dalle serrande lasciate a metà. Quando sto scopando invece mi sembra di essere altrove.

– Sono eccitata, hai voglia di stuzzicarmi un po’? C_Ca –
– Sei arrapata? Hai la fica fradicia bella mia. Ti cola. Perché non andiamo a divertirci? Mi dici dove sei e ti raggiungo. Spiegami che strada devo fare, perché non so se trovo tutto quello che ci serve in un solo distributore di preservativi. Dovrò fare più tappe lungo il percorso. C. A. –

E verrai da me danzando come il principe Igor? Ma che cazzo sto dicendo?

– Si mi sono bagnata, verrai da me danzando? C_Ca –
– …perché danzando? Non lo so, non so niente di balletti. Sono più per la musica anni ’80.
Ti piace la musica classica? C. A. –
– Niente stavo pensando al Principe Igor…è un’opera bellissima. C_Ca –
– Ma si certo sono proprio io il principe del cazzo. Come faccio per incontrarti? Non dovrò rapirti come nei romanzi d’amore dell’800? Dimmi in quale torre ti tengono rinchiusa e arrivo. Però non arrivo danzando, vengo con il mio Patrol. C. A.-
– Per il momento il nostro incontro potremo solo immaginarlo. Liberami mio eroe. C_Ca –

Faccio spesso un sogno ricorrente. Sono sul Patrol, una strada in mezzo al deserto. Devo mettere gasolio, mi fermo in una stazione di servizio, una di quelle anni ’50 come si vedono spesso nei film. Una ragazza con una tuta da meccanico grigia si avvicina per mettere il pieno. Ha un cappello da baseball rosso sgualcito. Non guarda mai verso di me. Tutto avviene al rallentatore. Sul petto ha uno stemma Mobil, la cerniera aperta fino in fondo. Il vento mi lascia intravedere il suo corpo nudo sotto la tuta. Mette la pistola nel serbatoio e inizio a sentire la pompa che scatta a ogni litro. Riesco a scorgere una parte del viso, il mento ha una strana asimmetria che lo rende irresistibile. I capelli neri raccolti sotto il cappellino da baseball. Resto a guardarla mentre si asciuga le mani in uno straccio sporco di grasso. Poi mi volto dall’altro lato, una donna nuda sta camminando verso di me. Sui 40, i capelli castani sciolti, lunghissimi, ondeggiano al ritmo dei suoi passi decisi. Sopracciglia alla Greta Garbo. Un neo sulla destra del viso triangolare. Dopo aver ricambiato il suo sguardo verde smeraldo capisco che non mi sarà mai più possibile non pensare al sesso. Grattaceli implodono sotto le cariche di esplosivo. Un’orgia perversa si innesca nella mia mente come una reazione a catena. Mi fissa sorridendo mentre si avvicina, in mano stringe una borsa di pelle bianca e nera. Una volta di fronte al finestrino mi dice: “Ti ho portato questo.” E tira fuori dalla borsa un litro di latte a lunga conservazione della centrale del latte di Torino. Resto a guardare la T maiuscola gialla con sopra tre stelle. L’immagine della fattoria e sotto la scritta INTERO. Quando alzo lo sguardo mi trovo in riva al mare. Una spiaggia tropicale, la sabbia bianca finissima. Sono seduto su una sedia a sdraio sulla riva. Le onde si susseguono verdi nei primi metri, blu scurissime a largo. Un Tornado di nuvole grigie si avvicina alla mia sinistra. Tengo per mano una donna bellissima con occhiali da sole neri, seduta su una sdraio di fianco alla mia. Si chiama Marina. Una radio trasmette una canzone degli A Flock of Seagulls, The more you live the more you love. Vorrei parlarle, ma appena apro la bocca lei dice: “Say Super”. A questo punto mi sveglio sempre.

– E adesso? Sempre, arrapata? C. A.–
– Si, sempre. Che ci posso fare? Sono nata così sono una macchina del sesso. C_Ca –
– Ma perché non andiamo a divertirci? Ho sempre voglia di scopare, come un animale in calore, capisci? C. A. –
– Voglio sapere se puoi scoparmi a pecorina. C_Ca –
– Guarda che da me si sentono già le sirene spiegate, ci sono i B 52 in fase di decollo insieme al mio cazzo. C. A. –
– Mi sono bagnata, sotto. C_Ca –
– Vai a fuoco bella mia. Tu non devi fare il mio numero, devi fare il 115. Mi ci vorrebbe una tuta di amianto, come quella che aveva John Wayne in quel film dove fa il pompiere nei pozzi petroliferi. C. A. –
– Devo sapere se vuoi fare sesso anale. Ho 19 anni ho fatto le mie esperienze, ma tu sei molto più maturo ne avrai fatte di certo più di me…C_Ca –
– Veramente non sono molto pratico con la marcia indietro. Puoi darmi tu qualche ripetizione di guida. Procurati un cartello con la scritta curve pericolose, bella mia. C. A. –
– Voglio farti un pompino con l’ingoio,
sto aspettando di farmi montare da te stallone. C_Ca –
– Mettiti un vestito bianco, leggero quasi trasparente. Deve avere le spalle scoperte. Corto, sopra il ginocchio. Sotto non mettere niente, niente mutandine, niente calze. Scarpe nere aperte, smalto nero. Rossetto rosso sangue. C. A. –

Sono in macchina con Capitan America, ha i capelli grigi scompigliati. Lunghi sul viso rasati a due altezze diverse sulle tempie. Occhiali da sole con una montatura nera sottile, un giubbotto di pelle nero anche se fa un caldo infernale. Guanti da motociclista con una scritta sull’indice: Guardian. La sagoma rossa di un uomo con le mani sui fianchi e le gambe divaricate sul polsino. Una manetta sado-maso sulla destra, jeans lerci e anfibi consumati. Vorrei fargli un pompino mentre sta guidando, ma lui non mi guarda neanche. Continua a guidare senza parlare grattando continuamente le marce, passa dalla terza alla quinta, poi scala in seconda. Fuori dal finestrino si susseguono una serie di cartelli con la scritta curve pericolose e gli omini stilizzati dei segnali stradali che fanno sesso nelle posizioni più strane. Mi metto una mano sulla fica, sono fradicia, infilo dentro due dita. Lui rallenta di colpo per parcheggiare, ma va a sbattere violentemente contro una macchina ferma mentre fa retromarcia. Ingrana la prima e tampona una station wagon sfondandole il paraurti. Si volta per uscire dal parcheggio a marcia indietro e intanto mi dice: “L’hai portata con te? Devi sempre portarla con te”. E va a sbattere in piena velocità contro un palo. Mi volto a guardare, i vetri in frantumi sono ancora sospesi a mezz’aria, puntano verso di me. “Il capitano Acab ti sta facendo segno con il braccio di scagliare il tuo arpione contro Moby Dick”, dice.
Rispondo: “Facciamo attenzione, dobbiamo fare molta più attenzione”. Mi sveglio a metà della frase.

– Hai notato che per radio non trasmettono più niente di decente? Le stazioni che riesco ancora ad ascoltare sono quelle dove mettono solo musica anni ‘80. Senza parlare tra un pezzo e l’altro. C. A. –

Sembri uscito da un cartone animato

The more you live the more you love The more you love the more you go away.

Marina è seduta di fianco a me. Ci teniamo per mano. Lei la ritrae. Vedo qualcosa che scivola a terra cadendo dalla mia che come al solito è in un guanto nero da motociclista. Una moneta da cinquanta centesimi. Continua a roteare nell’aria prima di finire nella sabbia. Vorrei dirle: “So sempre dove ti trovi, anche quando sei a chilometri di distanza”. Invece apro la bocca per dire: “Hold it”. Ovviamente non ci riesco.

“Say Super”

– Ti aspetto davanti all’albergo. C_Ca –
– Ok. C. A. –
– Sono ferma in un parcheggio, l’unico posto che ho trovato. Vedo un cartellone con la scritta Lac et Soleil. C_Ca –
– Aspettami lì tanto qui non c’è posto. C. A. –
– Ok, ho una Fiesta beige C_Ca –
– Io ho una Punto rossa C. A. –

Ho messo la borsa in macchina e sono rimasta ad aspettare vicino alla strada. Dopo qualche minuto, un fuoristrada giallo e nero sporchissimo e ammaccato si è fermato davanti a me. Sulla fiancata un adesivo con il numero 12.

So sempre dove ti trovi, anche quando sei a chilometri di distanza.

“Non avevi detto una punto?”
“Che spiritosa, esperta di pompini, ma anche una discreta cabarettista. Al confronto Liza Minelli non è nessuno. Sono passato di qui poco fa ti avevo già vista. Hai una Ford Fiesta nera, perché mi hai detto una Ford Fiesta beige? Volevi filartela?”
In macchina ho lasciato le gambe leggermente aperte in modo che il vestito si sollevasse lasciando vedere la passera. Lui ha superato l’Hotel Marina e ha imboccato la statale.
“Non dovevamo andare in albergo? Ho una gran voglia di sentirlo fino in fondo nel culo.”
“Ci andiamo, voglio farti vedere un posto, la mia oasi. Ci vado quando voglio rilassarmi. Mi siedo nel bosco e mi metto a leggere le poesie di Edgar Allan Poe, è bellissimo andarci in autunno. Gli alberi cambiano colore, tutto diventa rosso e arancione. Ti travolge i sensi. La mia preferita è Ulalume. Hai presente? Una specie di Amore e Psyche letteraria. Allan Poe visita la tomba della moglie. Un anno dopo si avvicina Halloween, è turbato per il pensiero della moglie e sogna di riabbracciarla. Psyche lo accompagna, camminano lungo un viale sotto la luce della Luna e di Lucifero. Quando però arrivano alla fine del viale trovano un sepolcro sbarrato. Che è scritto dolce sorella? Lei risponde: Ulalume! Ulalume! Quest’ è la tomba della tua perduta Ulalume. Ci sono confini che non ci è concesso superare. Lei è morta, lui sta solo sognando. La disperazione per la perdita in compenso non gli ha fatto perdere la ragione. Li guida Lucifero, Venere, la stella del tradimento e della bellezza. In poche parole, sta rimpiangendo di essersi innamorato. La bellezza della moglie lo ha tratto in inganno solo per farlo soffrire”.

Avrei voluto che fermasse la macchina per scoparmi subito. Due eserciti si affrontavano nella mia testa, urla di guerra, armi scintillanti levate al cielo offuscato dal fumo degli incendi.

“Mi ricorda la storia di Orfeo ed Euridice”.

Siamo scesi dalla macchina in un parcheggio di fronte ad una chiesa romanica. Un prato attraversato da diverse strade sterrate. Non si vedeva nessuno nel raggio di chilometri nonostante fosse una splendida giornata estiva. Si è avvicinato per mettermi un collare di cuoio. Mi ha sfilato il vestito come se niente fosse poi mi ha ammanettata con le mani dietro la schiena. Una catena mi è passata in mezzo alle gambe per andarsi ad agganciare al collare, l’altra estremità era attaccata alle manette. Ha fatto passare una cinghia di cuoio nello stesso anello del collare e ha iniziato a trascinarmi verso il bosco. Camminando sentivo la catena premuta sulla fica. Ormai ero completamente fradicia. Ci siamo fermati vicino ad una staccionata, sotto un grosso castagno in fiore. Ha tirato il cinghietto facendomi sedere sui talloni. La catena scorreva sulla fica, non sono riuscita a trattenere un gemito. Si è sbottonato i jeans lerci e mi ha infilato il cazzo già duro in bocca. Da una tasca dei jeans ha tirato fuori un sigaro sottile e si è messo a fumare senza parlare. Mentre succhiavo il cazzo, sentivo un forte profumo di tabacco e menta intorno a me. Cercavo di muovere velocemente la testa, e intanto facevo tendere la catena tra le gambe alzando le braccia dietro la schiena. Sono venuta prima che finisse il sigaro. Lui lo ha spento sulla staccionata e ha iniziato a masturbarsi nella mia bocca. Prima di venire mi ha afferrato il mento con il pollice e l’indice facendomi aprire la bocca e ci è venuto dentro. Ho fissato lo sperma schizzare sulla lingua, mi è tornata in mente la canzone che stavamo ascoltando in macchina:
“Close your eyes make a wish. You’re the boy that can enjoy invisibility”.
Il sole filtrava attraverso i rami del castagno portandomi lontano.
“Più avanti c’è l’oratorio, è completamente fatiscente, i muri sono pericolanti e non c’è più il tetto. Le pareti sono coperte di muffa verde smeraldo. Quando c’è la luce giusta sembra che prenda vita. Volti di donna, corpi intrecciati. Alcune indossano copricapi bizzarri, altre sembrano uscite da un harem, altre ancora mi fissano come se fossero in grado di indovinare i miei pensieri. Vuoi vederlo?”
“Ok”.

Mi sono rivestita, abbiamo fatto ancora qualche metro sul sentiero. Un cartello su cui si leggeva la scritta: ATTENZIONE MURI PERICOLANTI era appeso ad una recinzione metallica. Siamo passati oltre la recinzione in un punto in cui la rete era stata piegata dalla vegetazione. Davanti a noi vedevo una grande costruzione di mattoni rossi. Una porta di legno con un’anta aperta. All’interno un arco sul punto di cedere attraversava l’edificio trasversalmente. Sul fondo una cella senza la porta. L’intonaco ancora rimasto attaccato alle pareti era completamente invaso da una muffa verde chiaro. Sono rimasta per un po’ a guardare le ombre dei rami che si proiettavano sulla muffa. Mi stava fissando pensando: “Li vedi?”. Gli ho risposto con un sorriso e mi sono incamminata verso una parete su cui la muffa era più fitta. Ho divaricato le gambe sollevando il vestito sopra il culo e ho alzato le braccia appoggiandomi al muro, non mi sono voltata. Quando ha iniziato a penetrarmi da dietro ho visto le pareti incendiarsi. Sentivo il calore sul mio corpo, le fiamme avvolgevano metà delle mie braccia senza procurarmi alcuna ustione. Mi sembrava che le mani avessero iniziato ad affondare nella parete. Ho chiuso gli occhi. Davanti a me la calotta polare stava andando in frantumi, sciogliendosi nel mare. La vedevo crollare al rallentatore sollevando onde altissime. Da una crepa nel muro riuscivo a scorgere la recinzione all’esterno mentre si incendiava sciogliendosi per il calore. Gocce di metallo fuso cadevano a terra esplodendo come fuochi d’artificio. Un orgasmo violento e cerebrale mi ha attraversato il corpo, una scarica di corrente elettrica. Quando ho riaperto gli occhi mi stava abbracciando tenendomi il viso sul collo.
Mi ha sussurrato:
“Ben tornata”.
Un fiume di farfalle blu si stava alzando dal centro dell’oratorio, sgorgando dal terreno. Saliva lentamente verso l’alto.

Sono di nuovo in albergo. Pieno pomeriggio, ma la luce è bassa nella camera. Le persiane sono accostate, lasciano passare il caldo estivo smorzando i suoni provenienti dall’esterno. Due ragazze sono ammanettate nude ad un palo da lap dance al centro della stanza. Mi avvicino per toccare i loro corpi e mi metto a masturbarle. Sento le dita scivolare dentro di loro.

My mother used to say
You’re the boy that can enjoy invisibility

Sento il loro orgasmo stringersi intorno alle dita. Mi allontano per cercare il bagno. Dentro non c’è luce, niente corrente. Due idraulici stanno cercando di sturare un lavandino. Indossano un caschetto giallo, uno di quelli con la lampada e si lamentano per il mal di schiena. Torno nella stanza, una delle ragazze è andata via. L’altra mi guarda sorridendo e mi dice qualcosa che non ricordo esattamente, un avvertimento credo.

Abbiamo recuperato la mia borsa dalla macchina e siamo saliti. Entrando in camera Capitan America mi ha chiesto: “Senti questo odore? Questo odore di sesso e sperma? Chissà quante persone hanno visto scopare, queste pareti. Coppie occasionali, gente in vacanza, amanti in fuga in cerca di un rifugio per scopare. Anche il lago qui fuori ha una storia. Negli anni ’80 era una meta di villeggiatura molto quotata nella zona. Di solito è calmo e mansueto come un animale in letargo. A volte però i suoi mulinelli non danno scampo. Afferrano le gambe di qualche turista che si è avventurato nelle sue acque per cercare un po’ di sollievo dal caldo, magari dopo una notte di sesso, e lo trattengono per sempre trascinandolo sul fondo. Forse proprio uno di quegli amanti in cerca di un rifugio per scopare. Quasi fosse geloso della loro passione”.

Abbiamo passato il resto del pomeriggio a fare l’amore. Dopo si è addormentato con il viso sulla mia pancia tenendomi abbracciata per le gambe.

You never give your heart to a stranger

Marina lascia andare la mia mano.
So sempre dove ti trovi, anche quando sei a chilometri di distanza. La moneta inizia a roteare.

Hold it!

Questa volta il sogno non si ferma. Lei si alza in piedi di fronte a me. Bellissima, il suo volto quasi asimmetrico la rende simile ad una donna di Picasso. Si siede a cavalcioni sulle mie ginocchia lasciandosi scivolare dolcemente su di me. Appoggia la testa e le mani sul mio petto e si addormenta. Finalmente riesco a parlarti: “Molte persone non si rendono conto della fortuna che hanno. Riusciamo a capire il nostro destino solo quando si è già compiuto. A volte ci crediamo, a volte no. Le cose più belle nella vita accadono sempre contro ogni aspettativa”.

“Say Super”

Mi sono svegliato sul suo corpo. La sua pelle aveva un dolcissimo profumo di glicine. Era sveglia e mi fissava tenendo un braccio piegato sotto la testa. Mi sono allungato sopra di lei, cercando le sigarette nei jeans, la mano però è finita nella sua borsa, dentro c’era un plico di fogli. Li ho tirati fuori per vedere di cosa si trattasse.
“E questi?”
“Cosa? Non vedi?”.
Mi sono tirato su, sedendomi a gambe incrociate sul letto. Avvolti nella carta velina c’erano una ventina di disegni erotici. Donne dominate da un irrefrenabile desiderio. Rapporti orali. Auto d’epoca. Lesbiche. Doppie penetrazioni. Mi sono fermato a guardarne uno. Si vedeva un uomo nudo, in piedi con le gambe divaricate, sotto la pioggia. Soltanto le gambe, rigido, impalato al centro del disegno. Nel riflesso della pioggia che lo stava per sommergere teneva in braccio una donna, cercava di baciarla.
“L’hai fatto tu?”
“Si”

No, io faccio solo da tramite riesco solo a descrivere

“Come si intitola?”
“Ancora non lo so. Per ora lo chiamo: Con la testa tra le nuvole.”
“Mi piace, anche se gli avrei dato un altro titolo.”
“Per esempio?”
“Non so…mi piace come se ne sta sotto la pioggia: non si piega di fronte a nessuno. Guarda…intorno a lui va tutto a puttane. Piove a dirotto, lui però non si piega di fronte a nessuno, neanche di fronte alla realtà. Con la testa fra le nuvole?”
“Si”
“Assente”
“Assente?”
“…è un disegno giocato completamente sull’assenza. Con la testa fra le nuvole, lei non c’è nel disegno. Lui è solo. Sogna di baciarla, ma lei c’è solo nel riflesso della sua immaginazione. Non si piega di fronte a nessuno…artefice. L’artefice del suo destino. Artista…autore? Lei non c’è nel disegno perché si trova nella realtà. L’autrice del disegno che sogna il suo uomo ideale. Le nuvole sono il mondo delle idee. L’autrice sogna uno come lei, uno che vive di sogni e sta sempre con la testa fra le nuvole. Ora guarda come hai disegnato le gambe, come la loro ombra si riflette nella pioggia. Convergono in un vertice che però è rovesciato: un ideale sovversivo. L’amore? L’amore realizza i sogni…sovverte la realtà”.

Si è avvicinata come un felino che sta per scagliarsi sulla preda, il viso completamente rosso. Ridendo si è piegata verso di me per baciarmi. Quando sono stato sul punto di baciarla a mia volta, si è tirata indietro di scatto. Mi guardava mentre restavo con la faccia da ebete di uno che si aspetta un bacio.
Poi ha detto: “Anche tu”.

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