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Racconti Erotici Etero

La scala

By 10 Dicembre 2007Dicembre 16th, 2019No Comments

La scala

– La devi smettere di guardarmi con quegli occhi da allupato.
Patrizia mi diceva quelle parole sorridendo, nella sua voce c’era un tocco di sana malizia. Malizia che solo una donna di 32 anni, sposata, poteva lasciare trapelare.
Bella e solare, con tutti i suoi attributi al posto giusto, Patrizia non era certo una di quelle che passava inosservata,
Bionda, capelli lisci lunghi sino alle spalle, occhi azzurri e tanta voglia di vivere.
Erano settimane che le davo da dire in modo non consono alla mia posizione di proprietario, ma ormai lei era entrata nel mio sangue.
Il tempo ci aveva reso più intimi e i nostri discorsi diventavano sempre più intriganti.
I puntini in sospeso diventavano sempre più corposi e le frasi lasciate a metà come le battute più erotiche aumentavano col passare dei giorni.
Avevo notato che il suo modo di vestire stava cambiando insieme al resto.
Inizialmente sempre calzoni e maglioni a copertura di ogni immaginazione.
Ultimamente invece portava gonne al ginocchio e camicette che lasciavano intravedere o perlomeno immaginare quanto ben di Dio vi fosse sotto.
Nei discorsi che furtivamente ci scambiavamo tra un lavoro e una riunione, le avevo detto di quanto io fossi innamorato di quel modo di vestire e il fatto che lei improvvisamente si vestisse come piaceva a me;, aveva dato adito al mio ego di uomo di essere interessante per lei.
– Non posso fare a meno di guardarti così: sei troppo sexy oggi, bisogna che ti salto addosso prima o poi, se no impazzisco.
A quella mia risposta, avevo visto un lampo nei suoi occhi che mi aveva fatto aumentare i battiti del cuore, era come se mi avesse parlato in quel silenzio enfatizzato del mio ufficio.
Un sorriso solo un dolce sorriso, ma il suo corpo parlava per lei mentre si avviava nel sotterraneo a prendere i plichi che le avevo chiesto.
Guardavo quel sedere che muoveva la gonna nera, il suo ancheggiare era droga per un drogato, acqua per un assetato, sesso per un sessuomane quale io sono.
Non potevo resistere oltre, ormai la mia libido aveva sbordato dagli argini.
La vidi entrar nel sottoscala e notai che per la prima volta aveva lasciato la porta aperta.
Un segno del desino,? Una malizia estrema?
Mi alzai e seguendo la logica del mio basso ventre mi diressi alla porta.
Guardai dentro e la vidi sulla scala che cercava di prendere i documenti: nell’allungarsi, la gonna si era inevitabilmente sollevata verso il cielo e io con estremo piacere avevo visto le sue autoreggenti finire sulla carne fresca.
Era impossibile resistere oltre, piano, socchiusi la porta alle mie spalle e mi portai sotto la scala.
Un sospiro soffuso, lo stesso rumore di una foglia che tocca terra, nel momento in cui la mia mano decisa si appoggiava tra le sue gambe e toccava i suoi slip.
Senza dubbi cominciai a stringere forte sul suo Monte di Venere.
Le prime sensazioni furono che il Monte di Venere fosse molto pronunciato, che fosse depilata o avessi un pelo insignificante e subito dopo che fosse bagnata fradicia.
Sembrava non respirasse.
– Ti voglio.
La feci scendere di uno scalino per potere accarezzare i seni.
La mia mano era scesa sui miei calzoni e slacciato la cintura i calzoni inermi scivolarono sul pavimento come gli slip.
La feci scendere di un altro gradino e così facendo il mio cazzo accarezzo la calda pelle del suo sedere.
Le mie mani erano tornate sulle sue tette e percepivo chiaramente il battito del cuore accelerato.
I capezzoli duri erano un altro segnale del suo coinvolgimento.
Spostai quel piccolo pezzo di stoffa bagnato dai suoi umori e la feci piegare verso il basso obbligandola a farmi entrare dentro il suo caldo pertugio.
La posizione era scomoda ma nello stesso tempo altamente erotica, lei non si era mai voltata, eseguiva le mie richieste silenziose dettate da movimenti corporei.
Le sue labbra polpose si allargarono facilmente alla mia penetrazione e il calore che mi avvolse nell’entrare in lei, fu anfrenalina pura.
Sentivo il sangue scorrere veloce mentre la facevo scivolare sino al contatto estremo delle mie palle sul suo bacino.
Una delizia sentire la sua pelle rimbalzare sui miei attacchi.
Una mano era salita sulle sue labbra e giocava con i suoi denti che feroci la mordevano.
Ogni spinta era un affondare di denti.
I suoi gemiti smorzati si confondevano con le mie parole sospirate alle sue orecchie.
– Mi fai morire.
La tenevo per le anche e la spingevo senza pietà contro il mio cazzo violaceo, la cappella scoperta faceva da apripista in una strada ben lubrificata.
Ormai eravamo un corpo unico e il possedimento era completo, continuavo a farla salire e poi farla ricadere a corpo morto per farle sentire quanto fosse alto il mio desiderio e quanto fosse pronto per lei, la camicetta alzata aveva messo in libertà i suoi seni ancora belli sodi.
Lasciai le natiche e salendo afferrai le tette e cominciai a torturare i capezzoli
Anche l’altra mano che prima giocava con la sua bocca era scesa sui seni.
Li strinsi forte mentre sentivo che il mio sperma chiedeva libertà.
Il suo sedere mi inebriava la vista mentre il mio cazzo tumefatto dalle sue spinte verso il basso cominciava a eruttare tutto il suo piacere dentro il suo corpo meraviglioso.
Strinsi ancora più forte i seni facendola urlare sommessamente di dolore e piacere.
Ebbi la netta sensazione che quello fosse il momento giusto per venirle dentro, sentivo che anche lei era pronta a godere.
Lasciai i seni per mettere le mani sulle spalle e spingerla con forza sul mio cazzo, poi, chiusi gli occhi e assaporai il mio piacere.
I brividi di Patrizia si mescolarono con i miei come i suoi gemiti.
– Sei un demonio e un maniaco del sesso.
Quelle parole furono come una promozione sul campo, la baciai per la prima volta con quella lussuria che solo gli amanti possono avere e sorridendo le dissi;
– Hai appena cominciato a conoscermi’aspetta di avermi provato tutto per capire quanto demonio sono’
Senza aspettare una sua risposta, misi la lingua al posto del cazzo e cominciai a asciugare tutto di lei e mettendole un dito in bocca cominciai a fare un movimento ben chiaro su quello che avrei voluto da lei appena mi sarebbero tornate le forze’

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