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Racconti Erotici Etero

LA SIGNORA DALLE ROSE

By 28 Gennaio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

LA SIGNORA DALLE ROSE

La settimana scorsa mentre aspettavo mia figlia all’uscita della sua lezione di nuoto, ho rivisto la signora Dalle Rose e immediatamente sono affiorati alla mia mente mille pensieri ma soprattutto una grande nostalgia per i piacevoli ricordi che quella signora mi ha lasciato..

Sempre elegante, malgrado avesse ormai superato i sessant’anni, era rimasta una bella donna. Mi riconobbe subito, si, era ancora una bella donna, il viso conservava intatta la freschezza che aveva quando per diversi mesi ero stato suo amante assiduo.

Allora avevo vent’anni ed ero disegnatore presso una grande azienda torinese dove lei quarantunenne era impiegata. Lavoravamo entrambi in un enorme salone che comprendeva parecchi uffici separati semplicemente da bassi scaffali, ognuno dei quali sormontato da una vetrata col suo chassis di legno, credo che un simile ambiente oggi venga definito ‘open space’.

La vedevo tutti i giorni essendo le nostre postazioni di lavoro confinanti ma divise unicamente da questi scaffali, era con me gentilissima e nel salutarmi mi rivolgeva un sorriso che mi metteva qualche soggezione.

Era bella ed elegante ma oltre ad ammirare la sua figura sempre fasciata in tailleurs discreti benché aderenti, non avevo mai avuto verso di lei altri pensieri che non fossero di ammirazione e di rispetto, essendo fino ad allora interessato unicamente alle ragazze della mia età.

Seppi poi che era rimasta vedova quando aveva diciannove anni, dopo meno di un anno dal matrimonio con un suo coetaneo (allora ci si sposava giovani!).

Nella sua vita aveva avuto molti amanti ma un solo amore: suo marito Enrico perito tragicamente in un incidente raccapricciante. Lo scooter con il quale si recava al lavoro, mentre percorreva la tangenziale verso Avigliana era stato urtato all’altezza dell’uscita di corso Alemanno da una vettura.

Sbalzato di sella sarebbe rimasto pressoché illeso, non fosse sopraggiunto quel TIR che percorreva la strada nella stessa sua direzione. L’autista del mezzo pesante e carico non riuscì a frenare ne a sterzare tanto l’evento era stato fulmineo, travolse il poveretto riducendogli la testa e una spalla in una poltiglia sanguinolenta.

Portata sul luogo da un’amica, a Rosa (si chiama così: Rosa Dalle Rose) fu impedito di avvicinarsi a quel corpo martoriato, l’ambulanza subito accorsa la portò al pronto soccorso dell’ospedale in preda a choc.

Neanche nella camera mortuaria poté vedere il giovane marito perché la cassa era stata frettolosamente chiusa essendo impossibile ricomporre il corpo in modo da renderlo visibile. Seguì il funerale su una macchina, in stato di trance sotto l’effetto dei sedativi che le avevano somministrato.

Rimase in quello stato per diverse settimane, poi seguì una lunga depressione dalla quale uscì prostrata e incredula che il suo Enrico non ci fosse più. Non riusciva a capacitarsi che non l’avrebbe più rivisto e a poco a poco subentrò in lei una lucida follia nella quale immaginava che un giorno sarebbe ricomparso davanti a lei.

Trascorsero gli anni e malgrado non mancassero i corteggiatori, non volle risposarsi ne entrare in intimità con nessun giovanotto. Sarebbe rimasta casta per il resto della sua vita se un giorno, (erano trascorsi più di quattro anni dagli eventi appena riportati), non avesse incontrato quel ragazzo che secondo lei era tale e quale e aveva la stessa età che aveva il suo Enrico, Rosa aveva allora ventiquattro anni e al giovanotto non parve vero di portarsi a letto quella bellezza bruna.

Ma non era il ‘suo’ Enrico e dopo qualche giorno lo lasciò delusa e insoddisfatta. Dopo alcuni mesi ne incontrò un altro che dopo l’entusiasmo iniziale lasciò quasi subito, ne incontrò un altro, un altro ancora, e ancora, subendo una delusione dopo l’altra e mentre l’età dei suoi amanti era sempre la stessa, quella che aveva allora il suo Enrico, per Rosa gli anni trascorrevano.

Passata la trentina, nei suoi capelli neri cominciarono ad apparire delle striature grigie, Rosa non se ne curò limitandosi a tagliarli corti come si usava allora, infine li fece tingere di un biondo platinato, ma nella sua inconscia follia continuava a cercare il suo amore nei giovanotti illudendosi sempre di aver ritrovato l’unico uomo che avesse mai amato. Con il trascorrere degli anni, il suo assiduo accompagnarsi con ragazzi sempre giovani non passò inosservato e cominciò a spargersi la voce fra le malelingue, che Rosa Dalle Rose fosse una ‘nave scuola’ dove ragazzi pressoché imberbi imparavano i rudimenti del sesso.

A trentotto anni partorì una bambina da uno dei suoi amanti, Rosa non sapeva quale, ne gli importava saperlo considerandola nella sua dolce follia, figlia del suo defunto marito tant’&egrave che la chiamò Enrica, la affidò a sua madre in campagna, andandola a trovare ogni fine settimana e durante le festività.

Le voci circolanti circa questa signora producevano in me un certo disagio, più di una volta mi ero chiesto se la sua gentilezza nei miei riguardi non nascondesse un interesse diverso. Le cose erano a questo punto, poi un bel giorno il suo capo ufficio chiese al mio capo il prestito di una persona che aiutasse la signora nel controllo che l’ufficio faceva prima della chiusura estiva, anzi, prima della fine della settimana ed essendo io l’ultimo arrivato, questa incombenza fu affibbiata a me.

Mi trasferii quindi dall’altra parte degli scaffali dov’era la signora. Il mio compito consisteva nel mettere un segno di spunta su un elenco mentre Rosa (ora la chiamerò così) sfogliando i vari dossiers mi dettava i numeri di protocollo.

Tutto sommato era un lavoro piacevole benché abbastanza noioso alleggerito dalle battute scherzose che la signora ed io ci scambiavamo e dalle pause per il caffé. Dopo la prima giornata si era instaurata tra di noi una certa confidenza, trascorse così il Giovedì; il Venerdì fu più frenetico dovendo l’elenco aggiornato essere sul tavolo del capo ufficio di Rosa il Lunedì successivo e la signora per nulla al mondo avrebbe rinunciato a trascorrere il week end con sua figlia..

Uscimmo che erano passate le 19, il parcheggio davanti all’azienda era pressoché deserto; nell’aria aleggiava quel profumo particolare che caratterizza le serate estive e che a me giovincello dava un poco alla testa. Prima di dirigermi verso il mio ‘Vespino’ aspettai che la signora salisse in macchina, gli feci un cenno di saluto dopo che ebbe chiuso la portiera e mi allontanai.

Il rumore dei ripetuti avviamenti evidentemente a vuoto mi indusse prima a fermarmi, poi a tornare indietro.

– Non vuole saperne di partire! Disse con quell’espressione di incredulità tipica delle donne alle prese con un problema tecnico per loro incomprensibile.

Mi offrii di provare io, provai più volte in tutte le maniere che pensavo idonee a raggiungere lo scopo, infine gli proposi di farla partire a ‘spinta’, la spinsi facendo acquistare alla vettura una certa velocità mentre lei ingranata la ‘seconda’ rilasciava di colpo la frizione. Niente! Riprovammo ancora, niente, e ancora, nessun risultato. Alla fine proposi di accompagnare a casa la signora col mio Vespino assicurandola che l’indomani la vettura, che probabilmente non partiva a causa dell’ingolfamento del motore, si sarebbe sicuramente avviata.

Accettò. Spingemmo la vetturetta in un posto che fosse ben visibile, Rosa la chiuse a chiave e salì sul sellino dietro di me. Appena avviati, si strinse raccomandandomi di andare piano. La piacevole pressione dei suoi seni contro la mia schiena mi fece tornare in mente le chiacchiere che circolavano sulla sua persona mettendomi addosso una certa emozione.

Non abitava lontano, mi fece fermare all’altezza del n” di corso Sebastopoli, una volta scesa, mi propose di salire da lei, per bere qualcosa disse insistendo. Pensai fosse scortese non accettare ma già in ascensore mi pentii tornandomi in mente le chiacchiere che circolavano; entrai in casa sua con una agitazione fatta di curiosità e di timore.

Il suo appartamento era lindo e ordinato e profumava del suo profumo particolare e discreto che, benché leggero acuì in me il disagio che già avevo. Mi propose di togliermi la giacca e di sedermi sul divano mentre lei preparava una bibita.

Scomparve nel cucinino tornando dopo alcuni minuti con un vassoio dov’erano posti alcuni panini e due bicchieri con della coca, posò il tutto su un tavolino. Prima di sedersi accanto a me si tolse la giacca del tailleur mostrando una camicia candida senza maniche, chiusa al collo da una fettuccina nera simile a quelle che a volte si vedono nei films westerns al collo di certi cow boys nei giorni di festa.

Ero decisamente impacciato, ascoltavo senza capire le parole che la signora diceva circa il lavoro appena terminato ringraziandomi ancora. Terminato di mangiare il panino, finendo il mio bicchiere pensavo dentro di me che dovevo trovare il modo di accomiatarmi perché, inutile nasconderlo, Rosa mi attirava ed ero combattuto fra il desiderio di fuggire e quello di rimanere lasciando che gli eventi si evolvessero come temevo e forse, desideravo avvenissero allo stesso tempo. Fremetti al contatto della mano che la signora quasi casualmente posò sulla mia gamba mentre divenuta seria pose la domanda:

– Forse avresti preferito che al mio posto ci fosse una ragazza, vero?

– Cosa? Avevo sussultato ma avevo capito benissimo!

Ripeté la domanda, lo fece appressandosi maggiormente e nel farlo posò l’avambraccio sul mio collo accarezzando con le dita il mio orecchio.

– Preferiresti che al mio posto ci fosse una bella ragazza, &egrave così?

Questa volta lo aveva sussurrato contro il mio orecchio, il sentire il suo alito caldo, forse il contatto delle sue labbra mi mise in subbuglio.

– Cosa dice! Lei &egrave molto bella!

– Allora ti piaccio? Deglutii prima di rispondere.

– Si, molto!

– Davvero?

Nel pronunciare l’ultima parola una sua mano aveva preso la mia e l’aveva premuta su un seno mentre l’altra mano era salita lungo la mia coscia sfiorandomi l’inguine. Col cuore in subbuglio mossi la mano, il seno che osai esplorare era compatto e sodo, mi parve di percepire il turgore del capezzolo. Passando all’altro suo seno sentii la sua bocca aprirsi sul mio orecchio mentre la sua mano palpava attraverso la stoffa il pene che stranamente si induriva molto più lentamente di quando lo stesso gesto veniva compiuto dalle ragazze con le quali mi accompagnavo.

Percepii la tensione dei calzoni allentarsi mentre lei dopo aver abbassato la cerniera insinuava la mano cercando l’apertura dei boxers. Forse gli avvenimenti si erano svolti troppo in fretta, forse fu la mia emozione a tradirmi, il fatto &egrave che appena sentii il calore della sua mano avvolgere il mio pene capii che non avrei resistito e quando lo estrasse semirigido capii con disperazione che stavo per venire.

Un getto chiaro colpì il suo avambraccio, il secondo finì sul suo grembo bagnando la gonna del tailleur, altri ne seguirono imbrattando il davanti dei miei calzoni.

– Caro, caro . . . Diceva la signora mentre muovendo la mano completava la mia eiaculazione.

– Rosa . . . mi dispiace, mi dispiace . . . scusa, scusa . . .

– Non &egrave niente, non preoccuparti! Senza accorgerci eravamo passati al ‘tu’.la signora ridendo continuava a far andare la mano su un membro che si stava ammosciando vergognosamente.

– Togli i calzoni, devono subito essere puliti altrimenti rimarrà la macchia!

Eseguii meccanicamente imprecando dentro di me perché non riuscivo a liberare le gambe a causa delle scarpe, dovetti toglierle prima di riuscirvi.

Chiesi del bagno, vi entrai per lavare e poi asciugare il pene mentre nella mia mente lo coprivo di insulti per la magra figura che mi aveva fatto fare. Quando uscii vidi che Rosa si era tolta la gonna e stava passando la spugna bagnata dove questa era imbrattata di sperma, l’aveva stesa sull’asse da stiro che aveva aperto e dove giacevano i miei calzoni che avevano già subito lo stesso trattamento.

– Meglio non passare il ferro altrimenti rimane l’alone, devono asciugarsi da soli, questo vuol dire che dovrai rimanere ancora un poco.

Mi ero nuovamente seduto e stavo ammirando due gambe lunghe e belle come un sogno che terminavano sotto la camicia bianca le cui falde arrotondate non coprivano completamente il sedere rotondo ma non prominente. Portava delle mutandine nere di un tipo particolari, diverse da quelle che indossavano le ragazze che conoscevo. Credo che si chiamino ‘culottes’, avvolgevano completamente il sedere mettendone in risalto la compattezza della forma, non erano sgambate ma facevano il giro della sommità delle cosce ed erano bordate da un nastro di pizzo anch’esso nero.

Non avevo mai visto niente di più sexy e questa visione mi &egrave rimasta impressa in modo indelebile. Sentendosi osservata, la signora si volse verso di me con un sorriso radioso che aumentò la mia vergogna.

– Non so cosa mi sia successo Rosa, mi dispiace! Esclamai confuso, lei si chinò su di me passando la mano nei miei capelli.

– Non ti devi vergognare, quello che &egrave successo é come se mi avessi fatto un complimento. Ti voglio far vedere una cosa!

Mi prese per la mano facendomi alzare, la seguii lungo un breve corridoio, aprì la porta di fronte al bagno facendomi entrare in una stanza che capii essere la sua camera da letto. Come il resto della casa, anche questa rispecchiava la sua persona ordinata e pulita, mi fece sedere sul letto e aprì uno dei cassetti situati sotto gli specchi dell’armadio a quattro ante, traendone un album di quelli che i fotografi regalano agli sposi ai quali hanno fatto il servizio fotografico.

Lo aprì sul mio grembo e girando le pagine prese ad illustrarmi il contenuto delle foto. Le solite fotografie di uno sposalizio, che guardavo per pura cortesia finché Rosa smise di far andare le pagine.

– Ecco, questo &egrave Enrico, ti assomiglia non trovi? Chiese all’improvviso.

Era la foto di una sposa raggiante come lo sono le spose, col suo abito bianco e i chicchi di riso che costellavano i capelli corvini di puntini chiari, accanto a lei un giovanotto che gli arrivava a metà della testa ma che negli occhi brillava la sua fierezza per aver impalmato una ragazza così bella.

Non gli somigliavo per niente! Forse la statura era la stessa, forse anche la magrezza, ma per il resto niente! Lui era di un biondo delicato, io sono castano scuro, anzi, ero, perché ora i miei capelli sono macchiati di grigio, non gli somigliavo neanche nella forma del viso, nel colore degli occhi, niente!

– Vedi? Sei come lui! Insisté la signora.

Nel dirlo aveva posato la mano sul mio pene palpandolo apertamente attraverso la stoffa dei boxers, ma a differenza di prima, sentii che iniziava ad indurirsi e ad allungarsi in una erezione che sapevo non si sarebbe fermata.

– Sapevo che eri come Lui. Esclamò con aria di trionfo stringendo il pene, poi repentinamente premette sul mio petto facendomi allungare, quindi si chinò sul mio viso, sentii il suo alito fresco mentre sfiorava le mie labbra con le sue. Non mi baciò ma iniziò a lambirmele e appena le dischiusi sentii la punta della sua lingua accarezzarne l’interno facendone il giro senza lasciarsi catturare e suggere come avrei voluto fare.

Non mi baciò ne si lasciò baciare come di solito baciavo le ragazze, ma aspettò che ricambiassi. Protesi la lingua lambendo le sue labbra, accarezzando la sua lingua con la mia che lei catturava brevemente e brevemente suggeva per poi offrirmi la sua affinché facessi altrettanto. Il nostro fu un gioco straordinariamente erotico che Rosa seppe far durare abbastanza da mettermi addosso e credo anche addosso a lei, un desiderio pazzesco. Quando Rosa lasciò il mio membro, era talmente rigido e lo sentivo talmente teso che esultai ormai sicuro che avrei riscattato la figuraccia di prima.

Non dicemmo nulla, Rosa con gesti precisi sbottonò la mia camicia, l’aprì, quindi respinse la mia canottiera denudandomi il petto che accarezzò guardandomi con tenerezza infinita. Scese dal letto e afferrato i miei boxers li sfilò d’un solo gesto poi sollevato il mio pene lo accarezzò percorrendolo con mani esperte.

– Lo sapevo che eri come ‘Lui’, lo sapevo!

Lo disse con aria di trionfo mentre sollevato sui gomiti la guardavo deporre baci infuocati lungo tutta l’asta soffermandosi sotto il glande, lo lambì con rapidi guizzi della sua lingua che provocarono nel pene un sobbalzo che deliziò la signora che con esclamazioni di gioiosa meraviglia lo lambì ancora provocando altre contrazioni, altri sobbalzi quindi proseguì lungo l’asta, giù fino ai testicoli, sollevò la testa e mi sorrise compiaciuta.

Vidi i gesti che fece nel togliersi le mutandine (pardon, le culottes), poi nuovamente le sue labbra furono sulla mia verga ma questa volta aprì larga la bocca facendola scivolare sopra di essa per tutta la lunghezza, dal basso verso l’alto più volte, bagnandola di saliva.

– Oh Rosa . . . Rosa . . . Sospiravo estasiato.

– Non dire nulla caro, non pensare a nulla!

La guardai salire con le ginocchia ai due lati del mio bacino quindi abbassarsi, muoversi . . . Oh il contatto del sesso di Rosa sopra il mio pene, sentire le labbra aperte come prima erano aperte le labbra della sua bocca ed erano calde, umide come la sua bocca, una sensazione straordinaria, divina e quando avanzò e ritrasse il bacino mi sforzai di non pensare che era la sua vulva che scorreva avanti e indietro bagnata come una bocca salivante.

– Rosa . . . Non mi riuscì di dire altro perché le sue mani furono sul mio petto, le sue dita iniziarono a giocare con i miei capezzoli, pizzicandoli in modo lieve ma sufficienti a procurarmi delle sensazioni che si trasmettevano tutte al mio pene soavemente sollecitato.

Sorrideva Rosa, i suoi occhi erano diventati sognanti, fissi come se non mi vedesse, anch’io accarezzavo i suoi seni attraverso la stoffa muovendo le dita alla ricerca dei capezzoli che sentii tendersi. Non durò a lungo, il suo sguardo ritornò normale, continuò a muovere le reni, ad ondulare il bacino avanti e indietro poi lo sollevò, la sua mano scese dietro di lei, sentii che raddrizzava il pene, lo muoveva, capii che la cosa calda e umida sotto la quale strofinava il glande era la sua fica e che alla cieca ne cercava l’apertura separandone le labbra, poi . . .

Era come un sogno tanto le sensazioni che provavo erano sublimi, sentii qualcosa di morbido, di umido avvolgere il mio glande e lentamente scendere lungo il membro, fermarsi, risalire, scendere ancora mentre la signora ad occhi chiusi, le mani sul mio petto sollevava e abbassava il bacino sospirando finché sentii le sue natiche respingere i miei testicoli, solo allora capii che ero dentro di lei, nel tepore del suo grembo.

– Ohhh Rosa . . . Rosa . . . Sospirai ancora incredulo.

– Non dire niente . . . non pensare a niente. Ripet&egrave ancora in un sussurro.

Aveva riaperto gli occhi e fissava i miei con sguardo luminoso, si sedette, si, si sedette col membro immerso nella vagina, roteò di qua e di là il bacino per sentirlo meglio.

– Va bene cosi?

– Oh si Rosa . . .si . . . si . . .

Si raddrizzò e con gesti lenti disfece il nastro nero che fungeva da cravatta quindi ad uno ad uno disfece i bottoni della camicia, l’aprì, se la tolse, abbassò le spalline del reggiseno nero, portò entrambe le mani dietro la schiena, lo schiocco che udii prima che cadesse l’ultimo suo indumento risuonò nel mio cuore come un colpo di frusta.

Era la prima volta che vedevo dal vero una donna nuda e Rosa era bellissima! In seguito ne ho viste parecchie, ma belle come la donna che mi guardava compiaciuta per il mio sguardo adorante non ne ho più viste, ero estasiato dalla vista dei suoi seni, non grandi come ci si sarebbe potuto aspettare in una donna matura, ma lisci, fermi e deliziosamente distanziati con al centro di aureole scure, dei capezzolini bruni che quando li fece strusciare contro il mio petto sentii graffianti e innaturalmente eretti.

La signora aveva cominciato a muoversi con ampie ondulazioni delle reni che facevano scorrere la vagina lungo il mio pene facendolo quasi fuoriuscire dalla sua calda guaina mentre il suo bacino avanzava e quando lo arretrava lo avvolgeva interamente in un abbraccio caldo e umido, ed era allora che muovendosi di qua e di là lo faceva oscillare nel suo grembo come se non si saziasse di sentirlo.

Ad ogni suo movimento, ad ogni sua ondulazione sospirava Rosa baciando il mio viso, lambendo le mie labbra, premendo i seni contro l’alto del mio petto lamentandosi per lo sfregamento dei capezzoli divenuti dolenti. Io ero al settimo cielo, non per il mio piacere ma per la gioia che provavo nel vedere il viso radioso di Rosa.

Osai portare le mani sui suoi fianchi seguendo i suoi movimenti, le feci risalire la sua schiena, scendere lungo il rilievo della colonna vertebrale, giù fino alle reni che ora muoveva ondulando, spingendo e ritraendo il bacino mentre la sua vagina scorreva lungo un membro la cui rigidità mi inorgogliva e deliziava Rosa.

Vide il modo in cui guardavo i suoi seni, si chinò offrendone uno alla mia bocca ma lo ritrasse appena presi a suggerne la punta come un neonato affamato.

– Non così!

Me lo offrì nuovamente ritirandolo e avvicinandolo finché capii che dovevo lambire il capezzolo, flagellarlo con la punta, farlo flettere, vibrare . . . Mi offrì l’altro seno e dopo il mio omaggio, me li porse a turno poi prese a strusciare i capezzoli sul mio viso,sul mio naso sospirando nel sentirli dolenti ed eccitati.

Si chinò facendo quasi fuoriuscire il pene, allora spinsi sulle reni immergendolo fino in fondo, ritirandolo per immergerlo ancora e ancora, felice di udire le esclamazioni della donna mentre io soffiavo per lo sforzo.

Le mie mani sulla sua schiena scesero carezzevoli fino alle sue anche aiutandola a scorrere sul membro che gli davo schiaffeggiando le sue natiche con l’alto delle mie cosce mentre mi immergevo con colpi bruschi, Rosa poggiando i seni sul mio viso schiacciato fra di essi portò le mani a prendere le mie per spostarle.

– Toccami caro . . . si, toccami, toccami . .

Oh il sedere di Rosa, il culo di Rosa, liscio, sodo, ora era spostando a piene mani quei globi rotondi che facevo scorrere avanti e indietro il suo bacino mentre continuavo a spingere il pene in una vagina grondante i cui umori scendendo bagnavano i miei testicoli.

– Toccami . . . toccami . . .

Insinuai le dita di entrambe le mani nelle sue natiche giù fin sullo scorrere del mio pene, poi con le dita bagnate osai accarezzare le increspature del suo ano, subito la sua mano fu su di esse bloccandole nell’inconsueta carezza.

– Così . . .

Mossi un dito sul caldo pertugio, lei si fermò poi fu la sua mano a costringermi a spingerlo violando il bel culo, fu ancora la sua mano a farmelo ritirare, spingerlo ancora e ancora aumentando la mia e la sua libidine.

– Hai capito adesso? Hai capito che mi piace? Alitò al mio orecchio.

Solo allora ebbi la consapevolezza che quella donna era mia, veramente mia! Una sensazione che mi riempì d’orgoglio e che fece aumentare di molto il mio piacere. Il percepire contro il dito attraverso la parete del suo grembo lo scorrere del pene mi mise una libidine straordinaria che mi fece capire che stavo per superare la soglia della mia resistenza.

– Rosa . . . Rosa, io . . .

– Ti voglio dentro . . . tutto dentro . . . non trattenerti! Urlò quasi.

Poi coprì la mia bocca con la sua bocca aperta, la sua lingua cercò la mia, l’attirò in lei, I suoi guaiti si mischiarono ai miei rantoli mentre con movimenti convulsi andavo e venivo, anche lei si mosse freneticamente. . .

Si bloccò al primo getto della mia eiaculazione poi si mosse lascivamente e strusciando i seni sul mio petto si distese su di me, le cosce sulle mie cosce ancheggiando lentamente mentre riceveva i ripetuti getti del mio godimento.

Rimanemmo a lungo in quella posizione, Rosa si mosse ancora, finché sentì dentro di lei il membro perdere consistenza, allora rotolò di fianco e coprendosi il pube con entrambe le mani scese dal letto e corse in bagno regalandomi la visione della sua figura aggraziata che vista di spalle sembrava quella di un’adolescente con le gambe slanciate e un culetto (lei lo chiamava così, il suo culetto) delizioso, adorabile.

Udii dell’acqua scorrere poi la sua voce chiamarmi, la raggiunsi in bagno, seduta sul bid&egrave, con la mano faceva salire l’acqua detergendosi la vulva. Mi fece un cenno col capo verso il lavandino, fu li, vicino a lei che feci le mie abluzioni in una intimità che mi inorgoglì non poco.

– Aspettami di là, vengo subito!

Uscii dal bagno dopo essermi asciugato sommariamente, passai in camera da letto a raccattare gli indumenti che cercai in mezzo a quelli di Rosa, quando entrai nella sala dove tutto era cominciato vidi che ero staro preceduto, Rosa stava guardando i miei calzoni che aveva sollevato davanti a se.

Era di schiena, oh il suo culetto! Cielo come può essere bello il culo di una donna, quello di Rosa poi . . . Posso paragonarlo solo a quello di una statua che ho visto in fotografia, la Venere Callipigia che scredo si trovi in un museo di Napoli, solo che questo era reale e di carne, mi mise voglia di inginocchiarmi e di baciarlo immergendo il viso fra le soffici guance di quelle natiche bellissime.

Non osai, ma quel pensiero iniettò un flusso di sangue nel mio pene che riprese vita. Non si indurì subito, ma iniziò a risorgere e a sollevarsi.

– Non puoi ancora metterli, penso che questa notte . . .

Si era voltata, la vista della rinascita della mia virilità ondeggiante la fece sorridere, mi fece segno di sedermi sul divano, mentre eseguivo ebbi la visione che mi mozzò quasi il fiato.

– Questa notte dovrai trascorrerla qui da me, spero che non . . .

Si bloccò davanti alla mia espressione ebete, poi capì e scoppiò in una risata che fece tremolare i bei seni.

– E’ per questo? Disse indicando con un dito il suo pube

Deglutii, donne completamente rasate le avevo viste solo nelle pornostars delle pellicole che ogni giovanotto almeno una volta é andato a vedere in una sala specializzata. Mai avrei pensato che una donna come la Signora dalle Rose . . . rideva ancora mentre spiegava:

– L’ho fattto perché oltre ai capelli anche i peli della mia patatina cominciavano a diventare grigi e questo non potevo sopportarlo.

Divenne seria vedendo che la mia espressione non cambiava. Era come se fosse ancora più nuda, quella che chiamava la sua “patatina” era un gonfiore terribilmente seducente con al vertice una fenditura che si perdeva fra le cosce che la donna non si curava di chiudere, anzi sembrava compiacersi nell’esibirla al ragazzo la cui espressione era diventata adorante. Si fece vicinissima chinandosi su di me.

– Vedo che ti piace! Alitò al mio orecchio poi sentii la sua mano chiudersi su un pene divenuto di una rigidità che stava diventando insostenibile .

Girai il viso cercando la sua bocca che lei non negò ma la socchiuse accettando la carezza della mia lingua sulle sue labbra poi sulla sua lingua, se la lasciò lambire spingendola poi nella mia bocca, ritirandola per farsela ancora accarezzare. Non resistetti al desiderio di insinuare una mano fra le sue ginocchia e farla risalire fra le cosce rimaste socchiuse. Raggiunto la calda morbidezza del suo sesso Rosa serrò le gambe imprigionando la mano e fu con la mia mano chiusa fra le cosce che si spostò sedendosi accanto a me senza lasciare di stringere il mio pene.

Solo allora liberò la mano lasciando che le mie dita si muovessero nella valle umida del suo sesso, aprì le cosce . . . Cielo che sensazioni! Esplorai le carni lisce che quasi subito si inumidirono, si bagnarono, le mie dita intrise di succhi salirono alla cresta che ora spuntava dal suo pube, la sentii tesa, Appena cominciai a massaggiarla lei sussultò e con la mano allontanò la mia.

– Questa sera facciamo a modo mio! Chinò lo sguardo alla mano che lenta muoveva il mio pene facendolo oscillare di qua e di là..

– Hai un bel cazzo sai? Mi avevano detto che era così ma non volevo crederci . . .

– Chi . . . Cominciai, ma la bocca che Rosa posò sul mio petto mi fece tacere e adagiare contro lo schienale. La bocca ora aperta si spostò lentamente lasciando una scia di saliva che mi diede una sensazione di freschezza mettendomi i brividi, poi le sue labbra aperte sul mio capezzolo, i suoi denti che lo mordicchiavano . . . Mi sfuggì un sospiro.

– Sei sensibile come una ragazzina!

Passò a baciare poi a mordicchiare l’altro capezzolo, sospirai ancora, la mano stretta al mio pene aveva iniziato a scorrere lentamente trascinando la pelle in quella che non era masturbazione ma una carezza conturbante che mi fece tendere.

Accarezzai il capo biondo, forse sccennai a spostarlo. Rosa sollevò il capo e mi sorrise.

– Si caro, si . . .

Fu adagio, troppo per il desiderio del mio pene che in mano alla donna ebbe una contrazione. Rosa allora lo lasciò e si spostò inginocchiandosi ai miei piedi senza smettere di lambirmi. Appena ebbe raggiunto l’inizio del mio ventre la sua bocca incontrò il membro adagiato su di esso, mi tesi spalancando le ginocchia al contatto della lingua calda che danzava sulla parte più sensibile dell’intero mio corpo.

Una contrazione incontrollata provocò il sobbalzo del pene che sollevandosi incontrò la bocca aperta che ne incappucciò il glande. . . L’effetto che mi fece il vedere il mio pene, il mio cazzo nella bocca di Rosa non posso descriverlo, sollevò il capo guardandomi con una espressione . . .

– Ohhhh . . . Gli occhi bellissimi mi fissavano, vidi la sua bocca scendere, ingoiarmi, risalire scendere ancora l’asta luccicante di saliva, fu allora che entrambe le sue mani salirono al mio petto . . .

– Mhhhh. . . Gemetti per le dita che pizzicarono i miei capezzoli, li fecero roteare tirandoli mentre la sua bocca mantenendo sollevato il membro scivolava su di esso su e giù, su e giù . . . Una miriadi di sensazioni pervasero il mio corpo, il calore della sua bocca, il suo alito sul mio ventre, la dolce tortura delle sue dita che di tanto in tanto portava alla mia bocca affinché li bagnassi per poi continuare la sua soave tortura, il piacere che mi dava quella bocca era una cosa troppo bella per chiamarlo pompino!

– Chiusi gli occhi lasciandomi cullare dal piacere che saliva, saliva . . . Quando sentii il pene nuovamente adagiato sul mio ventre riaprii gli occhi, Rosa stava percorrendo il membro con la bocca semiaperta, giù fino ai testicoli che prese a leccare, leccò poi l’intera asta fino al glande poi ancora giù risalendo ancora l’asta . . ..

– Rosa io . . . La donna percepì le contrazioni inconsulte del mio imminente orgasmo, prese a lambire il rigonfiamento del condotto sotto la cappella, picchiettandolo, dandogli dei succhiotti amorosi finché. . .

– Ahhh . . . ahhh . . . ahhhhh . . . Rosa ti amo ti amooooo ! ! !

Fu una ieaculazione inconsueta, particolare, lo sperma non schizzò ma sgorgò sul mio ventre, Rosa la sentì contro il labbro, le sue dita cessarono di torturarmi, una mano sollevò il membro, la sua bocca si appropriò del glande suggendolo dolcemente e gli occhi nei miei occhi ricevette in bocca il mio godimento fino all’ultima goccia.

Più tardi accoccolata contro di me porse le labbra al mio bacio, la sua bocca aveva il mio sapore, che trovai anche sulle labbra che leccai amorosamente.

– Non dire mai più quella parola! Mi rimproverò-

– Quale?

– L’hai detta anche a . . .

– A chi? Chiesi sorpreso.

– Lo sai benissimo| Si alzò e si allontano scomparendo nella sua camera da dove ritornò con in braccio delle lenzuola e una coperta leggera Dovetti alzarmi, quando ritornai dal bagno vidi che Rosa aveva improvvisato un giaciglio sul divano.

– Meglio se dormi qui, non voglio che tu mi veda appena alzata, sono un disastro!

Invece il mattino seguente era bella come sempre, aveva indossato dei jeans sopra una maglietta che fasciava il suo petto in modo incantevole. Mi spinse in bagno dicendomi di fare in fretta.

Ritrovammo la sua macchina sola soletta nel parcheggio deserto, Rosa disse che aveva qualcosa da dirmi, salii accanto a le.

– Quella parola non devi più dirmela! Disse severa.

– Cosa non devo piu dirti? Chiesi sinceramente sorpreso

– Che mi ami, se vuoi vedermi ancora non dirmelo più! Quella parola riservala a quando avrai una ragazza!

Arrossii fortemente, lei quasi a mitigare le sue parole allungò le mani al mio pene stringendolo attraverso la stoffa.

– Ecco, ieri sono stata con te per questo, solo per questo, capisci adesso? E per dare maggior peso alle sue parole mosse la mano, mi sorrise sentendo il pene indurirsi.

– Ma . . . mi hai detto che somiglio a . . .

– Gli somigli per quello che sto stringendo adesso, e poi . . . mi hanno detto che sei discreto!

– Chi te lo ha detto?

– Lo sai benissimo, non ricordi con chi sei stato il giorno di S. Giovanni? Chiese ancora scrutandomi.

Buio completo! Lei ritirò la mano e si chinò come a cercare qualcosa sotto il cruscotto quindi girò la chiave e il motore si accese al primo colpo.

– Come vedi ti ho anche ingannato, bastava pigiare l’interruttore nascosto e la macchina partiva, Adesso vai!

Scesi dalla vettura che subito si mosse. Mentre la guardavo allontanarsi mi vennero le lacrime agli occhi.

– Sono veramente un pivello! Mi dissi ma in realtà non ero arrabbiato, solo disilluso.

Questo racconto ha un seguito che esporrò . . se quanto scritto fino ad ora ha incontrato qualche gradimento..

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