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Racconti Erotici Etero

L’amante perfetta

By 25 Marzo 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

‘maledetto bastardo! Non l’hai lasciata!’
Era furiosa. Gli occhi di fuori ed i lunghi capelli biondi scompigliati la facevano assomigliare ad un animale selvaggio.
Gli aveva tirato letteralmente in faccia le foto che lo ritraevano con l’ultima sua conquista, una giovane impiegata, appena assunta, che lui si era portato a letto, come suo solito.
Il servizio era completo e documentava dall’inizio alla fine tutto il tempo che aveva passato con quella bella ragazza dai capelli scuri.
Loro due in macchina, loro due seduti al ristorante, loro due che entravano in quel piccolo albergo di campagna, lei affacciata alla finestra a seno nudo, con i riccioli scuri che le ricoprivano parzialmente le tette e poi lui che compariva alle sue spalle, sempre davanti alla finestra e la tirava dentro.
Ci mancavano solo le foto mentre scopavano, ma, per fortuna, quel maledetto ficcanaso di investigatore, non era riuscito ad entrare nella camera.
Quando la moglie aveva scoperto la storia, due settimane prima, era stato costretto a giurare che l’avrebbe lasciata.
Sua moglie aveva minacciato di rovinarlo, e, visto che i soldi li aveva lei, poteva farlo realmente, a partire dal suo posto nell’impresa, che era importante, ma dipendeva sempre dal consiglio di amministrazione, la cui maggioranza era in mano a sua moglie ed alla sua potente famiglia.
Naturalmente aveva fatto finta di lasciarla ed aveva continuato a frequentarla di nascosto, stando molto più attento.
Era sicuro, quel giorno, di aver seminato l’investigatore e, dopo un mucchio di giri, le aveva telefonato da un bar ed era andato a prenderla.
Ora sua moglie stava continuando a gridare cose terribili contro di lui.
Si era fermata improvvisamente, come se le si fossero scaricate le batterie.
‘chiamala!’
‘cosa?’
‘chiamala, ora davanti a me e gli dici che non vuoi più vederla!’
‘ma dai, lo farò con calma domani a voce …’
‘domani c’è un consiglio di amministrazione straordinario, per ratificare la tua estromissione da ogni incarico, ma prima devo passare dall’avvocato.’
‘va bene, va bene, la chiamo subito, ma non fare pazzie.’
‘OK. Metti il viva voce però, voglio sentire tutto.’
Era stata una conversazione spiacevole ed umiliante, con lui che controbatteva alle obiezioni della ragazza, mentre la moglie lo guardava trionfante.
Quando, alla fine, aveva riattaccato, era veramente abbattuto.
‘non penserai mica di cavartela così?
Questa volta te la farò pagare sul serio. Vedrai che, alla fine, ti sarà passata la voglia di gironzolare per l’ufficio per andare a trovare qualche giovane gallinella da scopare.
Ora quella lì, come si chiama? ‘ Eliana …’
‘Elisa’, corresse lui.
‘va bene, quella Elisa dovrai rimpiazzarla con un’altra.’
‘cosa?’
‘sì, hai capito bene, ti dovrai fare una nuova amante, ma sarò io a sceglierla.’
‘sei impazzita?’
‘niente affatto, ora io ti dico il nome e tu hai una settimana di tempo per portartela a letto. Se non ci riesci sei fuori. Fuori da questa casa, fuori dal tuo lavoro, fuori dai coglioni!’
‘dai, Marina, ma è assurdo.’
‘non è assurdo, è semplicemente l’unica possibilità che hai per restare in sella.
Naturalmente ho già pensato alla persona adatta ‘ tu hai un’ottima segretaria …’
‘cosa? La Filippetti? Ma ha più di cinquant’anni.’
‘è una donna matura, il che non guasta.’
‘matura? è una zitella, probabilmente è pure vergine.’
‘potrebbe essere un elemento interessante, difficilmente riscontrabile nelle puttanelle che ti porti a letto.’
‘ma è una cozza, bassa e con le gambe corte.’
‘più o meno pesa quanto la tua ultima conquista, lo stesso materiale, disposto però in maniera diversa, diciamo in trenta centimetri di altezza in meno.
Hai una settimana esatta di tempo per conquistarla e scopartela.
Entro mercoledì prossimo dovrai invitarla qui, a casa e ci dovrai andare a letto.
Io farò in modo di controllare che il vostro rapporto sia consumato fino in fondo.’
Era andata via sbattendo la porta, lasciandolo in compagnia delle foto che lo ritraevano con Elisa.
Filomena Filippetti. Già il nome diceva tutto.
Non aveva mai pensato a lei come ad una donna.
Era precisa, puntuale, efficiente, sempre al suo posto, dopo tanti anni di lavoro.
Una specie di cane fedele, affezionato al suo padrone, disposto a fare qualsiasi cosa per lui, ma dubitava fortemente che il sesso potesse rientrare nelle sue prerogative.
La mattina dopo andò in ufficio molto presto e mise una rosa sulla scrivania della Filippetti.
Quando lei arrivò, una mezzora più tardi, guardò con molta curiosità quell’inaspettato omaggio floreale.
‘Filomena, glie l’ho regalata io.’
Era la prima volta, in tanti anni, che la chiamava per nome.
‘ho pensato che, dopo tutto questo tempo che lavora per me, un piccolo omaggio era doveroso.
A proposito, da quanto è la mia segretaria?
‘più di dodici anni.’
Era arrossita leggermente. Dodici anni, quando l’aveva vista la prima volta era ancora abbastanza giovane. Cercò di ricordare come potesse essere allora.
Non l’aveva mai osservata con attenzione, lui guardava con cura le donne, ma solo quelle che valeva la pena e, la Filippetti, sicuramente, non rientrava tra queste.
Ora, invece, avrebbe dovuto cominciare ad osservarla e studiarla, se voleva salvare la sua posizione.
Si alzò e si spostò vicino alla porta che separava la sua stanza dall’anticamera dove lei aveva la sua scrivania.
Una donna piccola e grassottella, dall’aria insignificante.
Le sua corte dita si muovevano agilmente sulla tastiera mentre scrivevano una lettera, di cui lui le aveva appena dato la bozza.
Teneva il viso incollato al monitor e digitava velocemente, a tastiera cieca, dando l’impressione di disinteressarsi di tutto quello che le stava intorno.
Un viso stanco, senza un filo di trucco, appena ingentilito da un paio di occhiali da lettura colorati. I capelli castano chiari erano di una lunghezza indecisa: troppo lunghi per considerarli un caschetto e troppo corti per essere lunghi.
Sbirciò sotto la scrivania. La gonna che le lasciava scoperte appena le ginocchia, mostrava delle gambe corte ed un po’ grosse, ma tutto sommato, abbastanza dritte, per fortuna.
Certo, con delle scarpe migliori di quei tozzi mocassini quasi senza tacco, e, magari, delle calze più fine e più scure, si sarebbero potuti avere dei miglioramenti ma il confronto con Elisa od un’altra qualsiasi delle sue precedenti conquiste, era improponibile.
Cominciò a ragionare. Lui era abituato ad analizzare le situazioni e trovare alla svelta la migliore soluzione. Era pagato, e molto bene, proprio per fare questo, tutti i giorni, nel suo lavoro.
Ora aveva una settimana di tempo per conquistare una donna poco attraente. Sulla carta, visto che gli era sempre riuscito molto facile, farlo nei confronti di persone molto più giovani e graziose, sembrava un gioco da ragazzi occuparsi di una cinquantenne bruttina ed insignificante.
Ma c’era un elemento che lo preoccupava: le giovani impiegate che si scopava regolarmente, erano delle ragazze ambiziose che speravano di far carriera e subivano in maniera particolare il fascino dell’uomo maturo e con una posizione importante, mentre la Filippetti non aveva nessuna aspirazione, era contenta di fare bene il suo lavoro e quasi sicuramente, non andava al di là della devozione nei confronti del suo capo.
Poi c’era il suo problema.
Elisa e tutte quelle che l’avevano preceduta erano delle gnocche da paura, gli bastava uno sguardo e già aveva l’impressione che gli stesse diventando duro.
Con la signorina Filomena Filippetti, temeva che non sarebbe stata proprio la stessa cosa.
Quel giorno la fece trattenere fino ad oltre le due del pomeriggio, per scrivere delle relazioni, che in realtà non gli servivano affatto con tale urgenza.
Lei era molto metodica, tutti i giorni, all’una spaccata, andava a mangiare a mensa.
La poverina non avrebbe mai avuto il coraggio di protestare. Le vedeva sbirciare disperata l’orologio, mentre continuava a scrivere furiosamente pagine su pagine.
Quando fu certo che ormai la mensa interna aveva chiuso si alzò ed andò da lei.
‘Filomena, mi deve scusare, ma sono stato scortese e maleducato con lei.’
Si era fermata ed aveva alzato gli occhi dal monitor.
‘e perché mai, dottore?’
‘sono le due e dieci e la mensa ha chiuso, lei ora rischia di saltare il pranzo.’
‘non importa, se il lavoro è importante, io mi trattengo volentieri.’
Non era vero, la Filippetti era un’ottima forchetta, l’aveva vista delle volte, a mensa, spazzolare tutto con grande rapidità. Era sicuro che, in cuor suo, lo stava maledicendo e doveva anche avere una fame terribile.
‘a questo punto, per rimediare, verrà a pranzo con me, e non dica di no: è un ordine.’
Lei aveva ubbidito prontamente e cinque minuti dopo erano in macchina, diretti ad un piccolo ristorante, tranquillo ed appartato, che si trovava nelle vicinanze.
Ci aveva condotto spesso le sue conquiste, perché, pur essendo vicino all’ufficio, non era assolutamente frequentato dai suoi colleghi.
A tavola la Filippetti gli riservò parecchie sorprese, era meno timida di quello che potesse aspettarsi dal suo aspetto, specialmente dopo una porzione di fettuccine ed una bistecca di ragguardevoli dimensioni e, soprattutto, dopo quattro bicchieri di vino rosso.
Ridevano e chiacchieravano tranquillamente come se fossero stati vecchi amici, da un mucchio di anni.
Solo alla fine del pranzo, dopo il tiramisu e l’amaro, si ricordò che avrebbe dovuto andarci al letto, al massimo entro una settimana e, per un attimo gli si bloccò la digestione.
Durante il viaggio di ritorno si accorse che era accaldata ed aveva aperto i primi due bottoni della camicetta, cosa inusuale per lei, che teneva sempre chiuso anche quello del colletto.
Il giorno dopo era venuta in ufficio leggermente truccata e con un vestito un po’ aderente.
Tutto sommato, si presentava un po’ meglio.
A questo punto gli venne un’idea.
‘Filomena, venga un attimo, per favore.’
Il vestito che indossava era corto, almeno per il suo standard ed aveva pure messo delle scarpe con un po’ di tacco.
‘Filomena, si ricorda che il mese prossimo c’è il convegno annuale?’
‘certo che me lo ricordo, il suo intervento è già a posto, manca solo da sistemare la presentazione con Power Point, ma appena mi fornirà le slide aggiornate, glie la sistemo, non si preoccupi, può partire tranquillo.’
‘ecco proprio di questo vorrei parlarle. Mi farebbe piacere che venisse anche lei, perché potrebbe darmi una mano, e poi penso che sarebbe anche un piccolo premio per il suo impegno e la sua dedizione, in tutti questi anni.
Quest’anno il convegno si svolge a Taormina, ha mai visto Taormina? è molto bella.’
‘beh, no, cioè sì ‘ ecco, non ho mai visto Taormina …’
‘e non le piacerebbe venire?’
‘sì, certo che mi piacerebbe, ma …’
‘e allora dica di sì, oppure ha già degli impegni per quei giorni?’
‘impegni? No, no. Va bene, però ‘ come faccio?’
‘che vuol dire come fa? Faccia la domanda di missione, io glie la firmo e poi si fa preparare il biglietto aereo.’
‘no, pensavo che l’albergo sarà molto elegante, pieno di bella gente ed io ‘ come faccio?’
‘Filomena, ma sta scherzando, lei è una donna molto attraente, non credo che le manchi proprio nulla. Riguardo all’eleganza penso che, visto che si tratta di un impegno di lavoro, lei non sia tenuta a contribuire di tasca sua. Oggi pomeriggio, dopo il lavoro, l’accompagnerò in un grande negozio, di un mio carissimo amico, e potrà scegliere tutti i vestiti necessari per i giorni del convegno.’
Passò quel pomeriggio ed i due successivi, tra negozi di abbigliamento e di scarpe, parrucchieri e centri estetici. Nel tentativo di rendere accettabile la sua futura amante.
Alla fine il risultato, fu sorprendente. Certo non sarebbe mai stata una top model, ma con i capelli tagliati un po’ più corti e di un colore meno sbiadito, con il viso ripulito da svariati trattamenti di bellezza, un trucco accurato, un vestito sufficientemente scollato da mettere in mostra le tette che, tutto sommato, non erano affatto male e, dulcis in fundo, una paio di scarpe che la slanciavano, la signorina Filomena Filippetti, aveva assunto un aspetto decisamente più gradevole..
Chissà, forse così sarebbe anche riuscito a scoparsela, ed evitare ulteriori ritorsioni di sua moglie.
Ormai passavano insieme quasi tutto il loro tempo, sembravano molto affiatati ed avevano preso a darsi del tu.
La fece lavorare anche la domenica, dicendole che aveva deciso di rivedere completamente il suo intervento al convegno, e che avrebbero lavorato a casa sua.
Passarono tutto il giorno nel suo studio, fianco a fianco, lavorando su due computer differenti.
Lei, per quell’invito, aveva scelto, tra tutti i nuovi vestiti, uno molto elegante, ma non particolarmente succinto, probabilmente perché non voleva dare nell’occhio con sua moglie.
A pranzo le due donne si osservarono a lungo.
Lui notò un certo imbarazzo nel comportamento di sua moglie, mentre la Filippetti sembrava stranamente molto sicura di sé.
La sera a cena, dopo che la segretaria se ne fu andata, affrontò il discorso.
‘ma che ha fatto la Filippetti, mi sembrava strana?’
‘strana? Non capisco, mi sembra sempre la solita.’
‘ma dai, non l’avevo mai vista così in tiro, sembrava quasi ringiovanita.’
‘beh, si sarà un po’ agghindata, visto che era invitata a pranzo a casa del suo capo.’
‘non non dico questo, mi sembrava un’altra donna, aveva una strana luce negli occhi …’
‘oh, insomma, tu hai detto che la devo sedurre, probabilmente si sarà accorta delle mie attenzioni e si è un po’ ringalluzzita, tutto qui.’
‘mi è sembrata un po’ troppo ‘ ringalluzzita. Cosa mi stai combinando?’
‘ora basta, mercoledì la porterò di nuovo qui e farò quello che devo fare, credo che ti possa bastare.’
Il giorno prima della data fatidica, la portò di nuovo in quel ristorantino.
Lei si era messa un vestito nero molto aderente e lui dovette ammettere che non le stava affatto male.
Verso la fine del pranzo ci fu un piccolo incidente: lei gli rovesciò sulla camicia una coppa piena di macedonia.
Aveva avuto l’impressione che lo avesse fatto quasi apposta, ma poi diede la colpa al vino rosso, di cui anche questa volta aveva abbondato.
‘oddio! Scusami tanto, guarda che ho combinato. Se passiamo un attimo a casa mia, ti sistemo la camicia.’
Non era mai stato a casa della sua segretaria, era curioso di vederla.
Lo fece entrare in un appartamento piccolo ed ordinatissimo, luminoso ed arredato con mobili moderni.
Chissà perché aveva immaginato che la casa di Filomena fosse una specie di antro polveroso, con i mobili scuri, tetri e pieni di vecchie chincaglierie, e, alle pareti, le foto virate seppia dei suoi antenati.
L’aveva lasciato seduto sul divano, con la cravatta in mano ed a torso nudo, metre lei era andata in bagno a smacchiare la sua camicia.
Tornò dopo un minuto.
‘Enrico …’
Lo aveva chiamato per nome, era la prima volta.
Stava dritta in piedi, di fronte a lui, con la camicia in mano.
Lanciò abilmente la camicia sulla poltrona di fronte, poi si mise le mani dietro la schiena.
Lui sentì appena il rumore della lampo che si apriva e subito dopo vide, con sua grande sorpresa, il vestito che scendeva a terra, fino a coprirle i piedi.
Lei fece un passo avanti e rimase immobile.
‘Enrico, in tutti questi anni ho visto passare tante donne più giovani e più belle di me, senza che tu mi degnassi di uno sguardo.
All’inizio ero addirittura innamorata di te, e non hai idea di quanto abbia sofferto.
Ora che sto diventando vecchia, improvvisamente, sembri aver scoperto un grande interesse per me.
All’inizio ho pensato ad uno scherzo crudele, o magari a qualche scommessa tra uomini, ma sono troppi giorni che mi giri intorno, che hai mille attenzioni per me, che passi tutto il tuo tempo con me, che sembra che io sia l’unica persona con cui hai piacere di stare.
Anche l’altro giorno a pranzo, a casa tua, non hai fatto altro che guardarmi.
Sembrerebbe che tu muoia dalla voglia di fare l’amore con me, anche se mi riesce strano immaginarlo, visti i precedenti.
Ora, se mi sono sbagliata, mi farai il favore di alzarti immediatamente da quel divano, rivestirti e lasciare questa casa.
Se invece ho ragione, non ti muovere da lì, perché significa che vogliamo entrambi la stessa cosa.
Le sua segretaria era rimasta con un piccolo reggiseno nero, estremamente succinto, che le copriva a malapena i capezzoli, un paio di autoreggenti scure e ‘ nient’altro.
Non si sarebbe mai aspettato di trovarsela, all’improvviso, con la fica all’aria pronta a saltargli addosso.
Lei aspettò solo pochi secondi, poi si diresse tranquillamente verso di lui e si sedette sul divano.
Con altrettanta tranquillità lo finì di spogliare e glie lo prese in mano.
Ci mise molto impegno e molta passione per farglielo drizzare e poi, quando le sembrò aver raggiunto la giusta consistenza, gli si mise a cavalcioni e se lo infilò dentro.
La sua fica era così bagnata e così aperta, che lo inghiottì con estrema facilità.
Subito dopo lei gli diede una bella strizzatina, che gli fece aumentare notevolmente il battito cardiaco, poi iniziò a muoversi con una agilità insospettabile, in una donna non più giovanissima.
Lui scoprì diverse cose, della sua segretaria, in quell’occasione.
Innanzitutto non era vergine, per fortuna.
Anche se doveva essere un po’ fuori allenamento, sembrava comunque sapere il fatto suo, anzi, scopava molto meglio della maggior parte delle sue innumerevoli amanti.
Tutte le sue paure riguardo al fatto che il suo coso, al cospetto della Filippucci, si sarebbe miseramente ammosciato, si rivelarono infondate, anzi ‘
Forse dipendeva dell’abilità di lei, ma apprezzò le grandi tette ed il sedere, che a prima vista poteva sembrare veramente troppo grande. Anche la sua pancia, un po’ prominente gli sembrò piacevole e stimolante, come pure le sue gambe non certo da sfilata in passerella.
Le carezzò a lungo le chiappe e le cosce, sicuramente troppo grosse, rispetto a quelle delle più giovani concorrenti, prima di ficcarglielo con gran gusto in mezzo alle natiche.
Finì in bellezza, con il miglior pompino che gli fosse mai capitato di farsi fare, anzi, dopo che lui era venuto, aveva continuato a succhiarglielo freneticamente e proprio quando non ne poteva più, se lo era ficcato di nuovo nella sua fica, per cercare l’ennesimo orgasmo.
Era riuscito a guadagnare l’uscita solo a notte fonda, soddisfatto, stanchissimo, ma anche un po’ preoccupato per l’esuberanza della sua nuova amante.
Mancava solo un giorno alla prova finale.
Sua moglie gli aveva fatto piazzare in camera da letto, nascosta sopra l’armadio, una piccola telecamera, che avrebbe ripreso la scena, per provare l’effettiva consumazione dell’atto che lei pensava di imporgli.
Erano andati a casa di lui nel primo pomeriggio.
Le aveva detto che sua moglie sarebbe tornata molto tardi e che, finito di lavorare, avrebbero avuto un po’ di tempo per loro.
‘nooo! Non esiste! Prima il piacere e poi il dovere.’ E l’aveva trascinato, tirandolo per la cravatta, in camera da letto.
Lui sperò che quello che avevano fatto la sera prima avesse placato un po’ i suoi appetiti, rimasti a lungo insoddisfatti, ma si sbagliava: evidentemente per la sorprendente Filippetti valeva il proverbio l’appetito vien mangiando, perché non gli diede un momento di tregua.
Sembrava voler recuperare, in una sola volta, tutti quei lunghi anni di astinenza.
Riuscì a farla desistere solo verso le undici, ricordandole che tra un po’ sarebbe tornata sua moglie.
Diede un’ultima occhiata alla telecamera sopra l’armadio, che aveva registrato tutto e rappresentava la sua salvezza.
Ora era in una botte di ferro, perché la sua dolce metà non l’avrebbe più rovinato e ‘ aveva anche un’amante perfetta: efficientissima, disponibile, volenterosa, appassionata e, per di più, approvata da sua moglie.

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