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Racconti Erotici Etero

L’aquila e il cardellino

By 8 Maggio 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

La sveglia, puntuale e fastidiosa, l’aveva risvegliata dal torpore mattutino, riportandola tristemente alla sua vita di ogni giorno.

Le era sempre piaciuto starsene a letto ancora un pò, godersi la silenziosa pace di una città ancora dormiente, protendere tutti le sue terminazioni nervose olfattive al dolce aroma di caffè che proveniva dalla cucina, pensare, con orgoglio e soddisfazione alla sua giornata, e perchè no, alla sua vita.

Si chiedeva perchè, cercando una spiegazione che risiedesse al di fuori della sua persona, d’un tratto era cambiata. Tornava con la mente a qualche mese prima, quando, improvvisamente, si sentì vulnerabile, debole, estremamente fragile. Ebbe la spiacevole sensazione che non avrebbe mai potuto farcela da sola, nonostante la sua proverbiale indipendenza. Sentì il bisogno di un ancora, un porto sicuro in cui attraccare nei momenti di bufera. La sua ancora era li, il suo compagno. O almeno così pensava Laura.
Rammaricata dall’indipendenza perduta, si lasciava consolare dalle braccia calde e rassicuranti della sua dolce metà. Si addormentava, protetta e tranquilla, sul suo petto e si risvegliava accanto a lui, un cavaliere che ha protetto la principessa per tutta la notte dalle pericolose fiamme del drago.
Andò avanti… così, come lei (credeva) aveva scelto liberamente.
La dolce culla la abbracciava, la proteggeva, la stringeva a se… la stringeva… la stringeva… la stringeva… sempre più forte, talmente forte da impedirle di allontanarsi. Il caldo abbraccio andava trasformandosi in una soffocante morsa. Le braccia, rassicuranti, si erano trasformate in tentacoli, il cui unico scopo era bloccarla al corpo della piovra ed respingere, lontano da Laura, tutto quello che al viscido animale non piaceva.
Adesso era sola, in mezzo all’oceano, silenzioso e buio, soffocata dai tentacoli che si avvolgevano intorno al suo corpo come spire di un serpente.

Con questa immagine, Laura si sveglio al suono della sveglia, sudata ed ansimante. Si tolse le coperte di dosso, sentiva troppo caldo, le sue mani erano diventate sudate e roventi, sul petto un peso come un macigno, aprì di corsa le finestre, provando a respirare più profondamente che poteva per compensare quella fastidiosa ed improvvisa dispnea.
Si impose la calma… e secondo dopo secondo riuscì a recuperarla. Si guardò intorno, come se l’ambiente a lei familiare avesse improvvisamente qualcosa da dirle. Si diresse in bagno, e si guardò allo specchio: il viso segnato da una notte insonne, gli occhi lucidi e le labbra semiaperte che tentavano di recuperare l’ossigeno perduto. Non era Laura quella che vedeva allo specchio, non poteva essere lei. Si rifiutava di pensarlo.
Si sentiva un aquila, chiusa dentro una gabbietta per cardellini, che, a poco a poco andava perdendo la sua naturale indole predatoria, i muscoli, obbligati in quella cella, andavano atrofizzandosi, e lo sguardo, prima sveglio e preciso, si annebbiava. Sarebbe diventata un cardellino anche lei.. o sarebbe morta.
Si sciacquò il viso con acqua gelida, e si specchiò di nuovo.
“Fanculo!” Urlò.
… o avrebbe distrutto la gabbietta e sarebbe tornata libera a volare, riacciuffando con gli artigli la sua vita.

“Addio”, scrisse in un post-it alla piovra, lasciandolo accando il comodino. No, non gli avrebbe dato alcuna spiegazione, anche se l’avesse scongiurata.

Tornò al suo lavoro, felice come non mai, ai suoi amici, tanto odiati dall’essere tantacolare, sentendosi di nuovo libera e viva, dopo un lunghissimo medioevo. Le mancava qualcosa però, qualcosa che, in effetti, le era sempre mancato, ma non aveva mai avuto il coraggio di confessarlo a se stessa. Sarebbe stato l’ultimo passo, per tornare la Laura di sempre.
Lui, l’unico uomo che aveva amato, e che ricambiava il suo amore, allontanato, vilemente, in nome di una fedeltà mal riposta.

Lo stesso giorno prenotò il volo, il giorno seguente, partì, nonostante fosse cosciente che, dopo il suo comportamento, non meritava certo d’essere accolta a braccia aperte. Vivere significa anche rischiare, soprattutto quando le prospettive di riuscita non sono poi così alte. Prese un taxi, e senza pensarci troppo su, si recò dove Lui lavorava.
Bussò alla porta del suo ufficio, ed entrò.
“Attenda un attimo” le disse sovrapensiero, senza degnarla di uno sguardo. Il cuore di Laura batteva all’impazzata, per la prima volta si chiese se fosse stato poco opportuno tornare da lui. Opportuno, giusto, corretto… aggettivi che l’avevano costretta in passato, ma che adesso, si era decisa ad accantonare.
“Cosa posso fare per….” si interruppe, quando vide chi aspettava d’essere ascoltata, sull’uscio della porta. “Cosa ci fai qui?” chiese sottovoce.
“Quello che avrei dovuto fare molto tempo fa”, rispose decisa. “Voglio Te!”.
Gli sguardi fissi, vitrei, dell’uno degli occhi dell’altro, inespressivi. Silenzio… assordante silenzio. Sentiva solo il battito del suo cuore nelle tempio ed il respiro profondo.
Lui si alzò, e con passo lento si avvicinò a Laura. Immobile per un attimo, poi, le afferrò il collo con una mano.
Per un attimo ebbe la certezza che non avrebbe mai più potuto recuperare quello che aveva fatto. Averlo abbandonato malamente non meritava una dolce reazione.

Chiuse gli occhi, consapevole di aver fatto una cazzata, ma altrettanto felice di averla fatta, quando sentì il suo respiro avvicinarsi e le sue labbra portarsi sulle sue. In un movimento rapido, quasi feroce, la baciò, mordendole le labbra ed infilando la lingua nella sua bocca.
In un attimo la afferrò per il polso, tirandola fuori dall’ufficio.
“Disdici tutti gli appuntamenti per oggi e per i prossimi giorni” intimò alla segretaria.
“Ma…” si affrettò a replicare questa, ma ormai i due erano troppo lontani per sentirla. La macchina sgommò, uscendo rapidamente dal parcheggio dell’azienda.

“Togliti gli slip” disse Lui.
Laura, con un malizioso sorriso obbedì, sfilandoli da sotto la gonna e porgendoglieli. Li afferrò, annusandoli, leccando la piccola stoffa, nel punto in cui essa si poggia sull’umida pelle.
Lei, nel fattempo, aveva già slacciato la cintura, e sfibbiato i suoi pantaloni, prendendo in mano l’amato membro, Quel membro, l’unico in grado di portarla all’orgasmo con la sola penetrazione, senza l’ausilio di una stimolazione clitoridea. Lo sentiva, caldo e pulsante, mirare alla sua bocca, nella quale scomparve, pochi attimi dopo. Le labbra serravano l’asta, muovendosi su e giù e la lingua carezzava il glande, con lentissimi movimenti. Lui ansimava, sentiva di nuovo, finalmente, quella boccuccia rovente stretta intorno al suo cazzo.
Con la mano destra, alzò la gonna di Laura,carezzando le bianche natiche, ed approfondandosi tra di esse, Raggiunse la figa, calda, fracidia, come non l’aveva mai sentita. Inzuppò le dita in essa, dentro e fuori, in un ritmo incalzante. Laura lo seguiva, accelerando i movimenti del capo.
D’un tratto la macchina accostò, Lui iniziò a strofinare i polpastrelli contro il clitoride e lei ad accompagnare la veloce stretta delle lebbra ad altrettanto rapidi guizzi di lingua. Pochi secondi, ed entrambi scoppiarono in un potente orgasmo, testimoniato da soffocati mugolii per lo sperma che le schizzava in gola ed un urlo liberatorio di lui, che, con l’altra mano, teneva ferma sul suo pube la mora testolina.
Avevano in parte appagato la loro voglia, si baciarono, assaporando i propri umori l’uno dalla bocca dell’altro e ripartirono.

170 all’ora, sfrecciava la macchina in autostrada, mentre Laura, dolcemente solleticava la nuca di Lui e lo osservava guidare. Giunserò a casa sua, chiusero la macchina nel garage, e scesero, rapidamente, ansiosi di potersi consumare dell’altrui corpo. Di nuovo le bocche si unirono, in un appassionatoe selvaggio bacio, rumoroso e violento. Le mani scorrevano sui loro corpi, liberandoli dei vestiti più in fretta possibile.
Lui la afferrò per i glutei, poggiandola li, nel garage, sul tavolo degli attrezzi, le aprì le gambe ed entrò dentro Laura, che si sentì sciogliere, come un coltello arroventato penetra dentro un morbido panetto di burro. Godeva, finalmente, godeva come non godeva da tempo, sentendo il suo cazzo che, prepotente, la sbatteva senza gentilezza, come adorava, sentiva quelle amate mani che carezzavano il suo corpo, soffermandosi sul seno, stringendolo e massaggiandolo.
L’orgasmo stava arrivando, il respiro si faceva più profondo e frequente, gli occhi lucidi, fissavano quelli di Lui… lui capì. Le afferrò il viso tra le mani, baciandola di nuovo, ansioso di sentirla ansimare dentro la sua bocca.
“Ti amo!” disse Laura con un filo di voce, liberandosi un attimo dalla sua lingua, prima di sentire le pareti vaginali iniziare a contrarsi ed il suo corpo scosso da un tremendo piacere, quasi doloroso. Non attese che l’orgasmo refluisse “Nel culo, ti prego, nel culo” lo supplicò.
Lui obbedì, girandola e piegandola sul tavolo con forza, mettendo in mostra il sodo culetto, che non gli aveva mai concesso, ed affondò dentro il suo intestino, reso malleabile dal piacere e sufficientemente lubrificato dagli umori di cui era avvolto il suo membro.
“Siii!” Urlarono insieme. Ma la piacevolissima penetrazione anale durò poco. Lo stretto buchetto aveva messo a durissima prova la sua resistenza, obbligandolo a venire quasi subito, riversandosi anima e corpo dentro di lei, in un rumoroso grunito.
Si accasciò, esausto sulla sua schiena, carezzandola e baciandola, come non faceva da tempo.
Laura, con gli occhi chiusi ed un sorriso sulle labbra, si godeva quel meraviglioso momento, sperando che non finisse mai, protendendo tutti i suoi sensi ad avvertire l’amato uomo, ancora ansimante, sopra di lei.
Dopo qualche minuto,la fece girare, mettendola di nuovo in braccio, a gambe incrociate dietro la sua schiena.
“Anch’io” finalmente le rispose, sorridendole.

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