Skip to main content
Racconti Erotici EteroRacconti Erotici Lesbo

LAURETTA cap. 5 Gianni e proposta di condivisione

By 14 Ottobre 2019Dicembre 16th, 2019No Comments

Rimasta sola salii in camera a riordinare il letto e aprire le finestre; aleggiava nella stanza quel profumo misto di aromi difficilmente identificabili; andai a lavare accuratamente lo strapon e quindi scesi in sala ad aspettare il ritorno di Gianni.

Arrivò dopo circa un’ora; subito non disse nulla, poi, dopo che ebbe gironzolato di qua e di la per la sala fingendo di guardare i titoli dei libri della nostra piccola biblioteca, spostato uno o due soprammobili, si sedette sul divano facendomi segno di sedermi accanto a lui. “Racconta” Disse semplicemente, ma prima che cominciassi a parlare prese ad annusare l’aria attorno a me. Malgrado avessi fatto la doccia rimaneva traccia di quell’odore. “Cos’è?” Chiese ancora.

Se della mia relazione con la ragazzina, al mio uomo fino ad allora avevo raccontato soltanto per sommi capi, era giunto il momento di raccontargli tutto. Cominciai dalla nostra visita alla ginecologa, alle prescrizioni fatte, alla necessità che dimenticasse il brutto episodio della sera di capodanno, all’approccio incauto di quel ragazzo, alla sua fuga, tutto.

Aveva bisogno di sesso, di essere scopata da un uomo capace e delicato che cancellasse quel brutto ricordo della sera di capodanno, di questo Gianni era d’accordo infatti annuì convinto. Gli raccontai quindi di come quando lui era assente lei venisse a sfogare con me la sua voglia; alla sua alzata di sopraciglia riconobbi che anch’io avessi bisogno di sfogare la mia, non che con lui il sesso mi mancasse ma necessitavo di un libidinoso diversivo e con Lauretta la avevo trovato. E oggi . . .

Gli raccontai di come l’avevo penetrata con quello strapon, di come lei avesse goduto, di come io stessa avessi goduto. . . Riconosco che nel mio mio fervore di raccontare, in modo da giustificare in qualche modo il mio comportamento, avessi indugiato più del dovuto nei particolari, il fatto è che notai come, non pensando di essere visto, Gianni un paio di volte portò la mano a spostare e sistemare il suo membro che la costrizione dei pantaloni impediva di distendersi in modo naturale.

Interruppi il mio parlare e portai la mano al suo grembo. “Ti ho eccitato?” chiesi stringendolo attraverso la stoffa, la sua rigidità provocò in me una scossa che ebbe l’effetto di inumidire le mie labbra più intime. Fu sincero: “Non soltanto tu mi hai eccitato, ma mi ha eccitato la tua piccola amica.” Chiesi il perché e Gianni fu ancora più sincero: “Ti ho immaginata nuda insieme a lei mentre la facevi godere.”

Scostò la mia mano, disfece la cinta dei pantaloni e tirò la cerniera che chiudeva la patta lasciando che la mia mano s’insinuasse nell’apertura. Il suo cazzo era uscito di lato degli slip; fu per me come ritrovare un amico, un amico liscio, duro che anche se avevo goduto, terribilmente appetibile, da baciare. La pressione della sua mano sulla mia nuca mi fece chinare su di esso ma prima di imboccarlo dissi: “Continua pure ad immaginare!”

Non voglio ancora parlare di un atto che ho già narrato mille volte, un atto senza il quale per me è impensabile fare all’amore. Prima di essere scopata voglio sentire che l’uomo e mio, possederlo, sapere che sono padrona della sua virilità, del suo piacere e il modo migliore è prendere in bocca il suo cazzo, scorrere su di esso, assaporarlo, plasmare i suoi testicoli, contarli e contarli ancora, prenderli in bocca come caramelle . . .

Gianni mi prese in parola, immaginò, ma immaginò ad alta voce me e la piccola porcella intenti a darci piacere, il suo immaginare era talmente realistico che mi contagiò inducendomi a stimolare ulteriormente la sua immaginazione facendo scorrere in modo appassionato e voluttuoso le labbra lungo il suo cazzo, cazzo che per me non ha uguali al mondo, ma poi la suo mente andò oltre quello che avevo detto.

Disse di come lui immaginava di sorprenderci allacciate e nude, di come lui si denudava per unirsi a me nel colmare di piacere la ragazzina, offrendole quello che bramava e di cui lo strapon che andava nella sua giovane fica era solo un surrogato.

Avrei voluto dirgli di smettere ma in bocca avevo il suo cazzo, quel cazzo che il mio uomo diceva di voler donare alla porcella, e anch’io mi sorpresi ad immaginare vedendo come dal di fuori le nostre nudità allacciate in un trio affascinante e osceno dove facevamo a gara nel baciare, nel leccare, nel penetrare il giovane corpo che si contorceva offrendosi fra mille sospiri e gemiti.

“Prendi piccola troia prendi, prendi. . .” Il cazzo sul quale scorrevo si fece più rigido, la cappella più gonfia. . . Gianni si fermò, si tese e con lunghi rantoli scaricò nella mia bocca getti copiosi che la riempirono colando lungo la verga sussultante, inseguita dalle mie labbra che non l’abbandonarono finché il suo piacere non ebbe termine.

Mi sollevai guardandolo piena di vergogna, non per il bocchino; in fatto di sesso non mi vergogno mai di quello che faccio o che permetto mi si faccia, ma piuttosto per quello che avevo immaginato così realisticamente e che anche Gianni aveva immaginato a giudicare dalla sua esclamazione. Lo sperma che avevo trangugiato e di cui era pregna la mia bocca era destinato a Lauretta come se fosse stata lei a provocarlo e in realtà era stato così.

Il mio uomo rosso in viso distolse lo sguardo; avvicinai le labbra al suo orecchio: “Scordatela, non avverrà mai, puoi solo continuare ad immaginarlo.” sibilai. Lui mi guardò, “Si? Pensaci e vedrai che per la piccola è la cosa migliore.” fu la sua risposta.

Nei giorni seguenti ci pensai adducendo mille ragioni per convincermi che non poteva essere. Sarebbe stato troppo coinvolgere Gianni in questa mia depravazione, se fin’ora nulla era trapelato nel paese era perché il mio uomo era stato sempre assente, la gente vedeva il furgone partire e tornare la sera, quindi le visite della ragazza non potevano destare sospetti; ma se i paesani avessero capito, vedendo il furgone nel cortile, che la ragazzina veniva in casa e ci rimaneva mentre Gianni era presente?

In realtà era la gelosia a farmi pensare in quel modo, Lauretta era mia e volevo tenermela per me sola, godermela finché potevo, finché avrebbe trovato un ragazzo adatto e sensibile, dividerla con il mio uomo, non so perché mi faceva inorridire ma allo stesso tempo il pensiero mi eccitava.

Poi ci fu la mia assenza durata all’incirca un mese e di cui non voglio dire cosa abbia fatto in giro per il mondo con quella lettrice diventata mia amica. Quando ritornai, della neve era rimasta soltanto qualche traccia nelle zone d’ombra, il clima era diventato quasi primaverile, per la verità un po di neve e sopratutto di pioggia era caduta fin quasi alla fine di aprile.

Passeggiando per il paese a braccetto con il mio uomo incontrammo Lauretta; rimasi stupita quando dopo i baci che mi stampò sulle guance, scambiò con Gianni un saluto, se non amichevole, certamente cordiale che mi fece pensare.

A casa mi disse che durante la mia assenza, quando per caso Lauretta e lui si incrociavano, la ragazza abbassava gli occhi o cambiava strada, poi, poco per volta aveva cominciato a rispondere al suo saluto; una volta al supermercato scambiarono addirittura qualche parola, ma mi assicurò che anche se le piaceva e la desiderava, non aveva mai tentato nessun tipo di approccio. Io gli credetti perché ero sicura, come lo sono tutt’ora della sua lealtà. 

Poi vi fu l’evento che segnò la svolta decisiva nella nostra relazione; fu quando Lauretta passando davanti casa nostra, vide Gianni e io intenti a fare lavori di giardinaggio, si fermò a chiacchierare accettando infine l’invito ad entrare in casa per un caffe.

Chiedemmo se avesse un innamorato “Niente di serio” fu la sua risposta, chiacchierammo ancora poi Gianni gettandomi un’occhiata si alzò dicendo che aveva da completare dei lavori prima che calasse il buio. Fermò Lauretta che si stava alzando per accomiatarsi “Rimani, sono sicuro che tu e Lisa avete molto da dirvi . . .” aggiunse, e senza farsi accorgere dalla porcellina sussurrò al mio orecchio “Rimarrò fuori un paio di ore, perché non ne approfittate?” 

Piena di gratitudine lo guardai uscire, dopo che ebbe chiuso la porta andai a sedermi vicino alla mia giovane amante. “Mi sei mancata sai?”, “Anche tu.” non fu necessario aggiungere altro, avvicinai il viso, lei mi venne incontro con il suo, ritrovai la morbidezza delle sue labbra che subito si aprirono, si spalancarono. . . la sua lingua accarezzò la mia, la avvolse attirandola, esplorandola, accarezzò l’interno delle mie labbra, il mio palato. Ci baciammo lungamente esprimendo la nostra voglia repressa, mangiandoci, succhiandoci le lingue, leccandoci le labbra, esplorandoci con mani avide . . .

Quando infine le nostre bocche si staccarono, ero senza fiato, la ragazza respirava con affanno, sentii la mia fica contrarsi, le mie mutandine bagnarsi per il desiderio. “Vai nel bagno” dissi facendola alzare, lei mi guardò sorpresa sapendo quello che quella frase aveva sempre significato; abbozzò parole che non manifestavano resistenza per quello che sapeva avremmo fatto, ma solo sorpresa “E . . . lui?”, “Lui lo sa e non ci disturberà!” ribattei.

Entrai insieme a lei e freneticamente mi sbarazzai delle scarpe, mi tolsi la salopette da lavoro, feci scendere le mutandine che mostravano l’umidore del mio desiderio, Lauretta me le tolse di mano e le annuso guardandomi con occhi tutt’altro che innocenti. Mi accovacciai sul bidè facendo salire l’acqua, schiaffeggiandomi la fica che ancora colava il suo liquore, mentre la mia porcella si toglieva jeans e mutandine.

Le cedetti il posto guardandola mentre si sciacquava la passerina e il culetto. Non aspettai che si asciugasse, la trassi a me impaziente e abbracciate salimmo le scale incuranti della freschezza che sentivamo nei culi bagnati e nudi, nelle nostre passere al vento, nelle nostre cosce rigate dalle gocce che colavano.

Giunte in camera ci togliemmo il rimanente dei nostri vestiti, aprii il letto . . . appena salita Lauretta mi venne sopra strofinando le tettine sui miei seni, il pancino contro il mio ventre, porgendomi la lingua perché la succhiassi, cosa che feci mentre le mie mani accarezzavano la sua schiena scendendo al culetto ancora bagnato per stringerlo strofinandola sopra di me.

Ma subito lei si girò abbracciando le mie cosce, incuneando la sua testa fra di esse, la bocca larga sulla mia fica, la lingua a percorrerla mentre aprendo le adorabile sue coscette ai due lati del mio capo mi dava la fichetta da baciare e con un piccolo movimento, il suo buchetto da stuzzicare.

Nel vortice della passione non vi sono azioni oscene e le nostre non lo furono, dal momento che ci procuravano così tanto piacere. Peccato che quel nostro godimento durasse poco, ma fu intenso e travolgente. Avemmo insieme l’orgasmo; Lauretta mi bevette felice di questa mia manifestazione di piacere mentre io leccavo perdutamente la sua piccola fica facendo andare un dito nel suo culetto cosa che la mia porcellina gradì in modo particolare contorcendosi con gridolini estasiati.

Dopo rimanemmo fianco a fianco, la sua testolina sulla mia spalla a farci le coccole, dicendoci le parole dolci ma anche audaci che gli amanti sogliono scambiarsi. Ci coprimmo con il lenzuolo e null’altro per poterci ancora accarezzare liberamente, poi ci venne nuovamente voglia e ancora ci baciammo lungamente, ci accarezzammo, non riuscii a trattenermi dal leccare il suo culetto. . .

Dopo più di un’ora scendemmo sazie, finimmo di rivestirci promettendoci di trovarci ancora. Accompagnai Lauretta per un tratto di strada, lei passando davanti al mio compagno divenne rossa in viso non osando guardarlo ne rispondere al suo saluto per niente ironico.

Quando ritornai ringraziai Gianni, lui per tutta risposta mi prese per il gomito e mi trascinò in casa poi su per le scale. In camera mi spogliò senza complimenti, si spogliò e mi scopò selvaggiamente poi mi voltò e me lo mise nel culo facendomi gemere, venendo poi nelle mie interiora, cosa che ho sempre gradito.

Solo più tardi si accorse che al centro del letto le lenzuola erano umide; dovetti spiegargliene la ragione “Dovevate averne di fretta” fu in suo commento “. . . e di voglia!” ribattei, scoppiammo entrambi a ridere. Quando si fece serio aggiunse: “Credo che sia pronta anche per me. . .”, “Non ci devi neanche pensare!” Lui mi dette una pacca sul sedere sogghignando “Dici? Vedrai. . .”.

Continua-

 

Sono graditi ogni tipo di commento, ma non rispondo alle emails contenenti volgarità o insulti.

schwarzdame@hotmail.it

Leave a Reply