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Racconti Erotici EteroTrio

LE CONFESSIONI DI THEA – 3 Mattina dopo gli esami

By 13 Maggio 2017Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando trovo Thea con la chat aperta cerco sempre di farmi raccontare un episodio capitatole, invogliato ed incuriosito da tutte le immagini che mi ha mostrato. Approfittando della sua pazienza e dolcezza resto anche ore a leggere e farle domande, mi ha soprannominato il suo prete confessore. Sentite quello che mi ha detto l’altra sera… ve lo riporto pari pari.

—— Vecchiobambino —— : buonasera ragazzi che fate di bello?

—— Thea —— : ciaoooo, ci annoiamo davanti alla televisione come al solito. Neppure Topcrime trasmette qualcosa di passabile!
 
—— Vecchiobambino —— : e se ne approfittassimo per proseguire il discorso dell’altra sera? Non dovrei chiedertelo perchè poi non sono riuscito a dormire tutta la notte da quanto ero eccitato, ma mi piacerebbe sapere se ci sono stati altri episodi simili con Cinzia.
 
—— Thea —— : certo, più di uno, Cinzia era un pò matta e riusciva sempre a sorprendermi. Forse per questo eravamo così amiche e le volevo tanto bene.
 
—— Vecchiobambino —— : hai voglia di raccontarmene almeno uno? L’altra volta mi hai fatto partecipe della tua prima volta, se non ti spiace e hai tempo per raccontare mi piacerebbe conoscere un episodio speciale.
  
—— Thea —— : speciale? se vuoi ti racconto quello che fece per festeggiare il mio ultimo esame dato all’università.

—— Vecchiobambino —— : pronto a leggere! Non è che poi ci sono anche delle foto?
 
—— Thea —— : il solito porcello! Adesso ringrazia del racconto. (da questo punto taglio tutte le mie domande ed interventi per non interrompervi nella lettura). La mattina del mio ultimo esame, odiavo quella materia e per questo l’avevo lasciato come ultimo, mi vestii con una gonna corta ma impeccabilmente seria, camicia di seta e giacca grigia: era maggio, in città faceva già caldo. Al collo un monile stupendo pendeva da una semplice catenina: una croce smaltata, grande, impreziosita da una corona di lapislazzuli, un regalo di Teo che era diventato il mio portafortuna.
Passato l’esame con qualche difficoltà, telefonai subito la mia felicità ai miei genitori, a Teo, a Cinzia.

—— Vengo subito a prenderti davanti a Palazzo Nuovo, aspettami in fondo alla scalinata!—— mi disse Cinzia.

Lei ormai lavorava, facendo pratica, presso uno studio di architettura lì vicino. Poverina la sfruttavano come una negra! Arrivò nel giro di cinque minuti, bella come sempre in un abito di cotone nero e una blusa, scarpe con tacco medio, e i capelli biondi, chiarissimi, raccolti in uno chignon. Un aspetto davvero professionale.

—— Andiamo a prenderci un aperitivo in un bar vicino al Po, dobbiamo pensare a come festeggiare —— mi disse.

Le risposi —— Adesso devo pensare alla tesi se voglio finire entro quest’ anno poi penseremo ai festeggiamenti, anche tu non puoi distrarti più di tanto, presto avrai l’esame di stato. ——

—— L’architetto ha chiuso bottega. Sono di nuovo la monellaccia. —— mi disse facendomi l’occhiolino e sciogliendosi i lunghi capelli.

 
Ci sedemmo ad un tavolo, davanti correvano lente le acque del fiume, faceva già caldo. Il bar era semivuoto. Non più di tre o quattro tavoli erano occupati. Una coppia di anziane signore con cagnolino al seguito, tre vecchietti in atteggiamento di perenne attesa, due sembravano operai della Sip e, là in fondo, un uomo solo. Cinzia me lo indicò. Avrà avuto poco più di una quarantina di anni, elegante, con abito grigio e cravatta, occhiali da sole. Beveva una minerale, doveva aver finito un caffè. Parlava al telefono. Ci sbirciava non insistentemente, ma con una certa assiduità. Si capiva che era attratto da noi.

—— Chissà se guarda te o guarda me? —— disse Cinzia.

—— Tutte e due, credo ——.

—— Così non vale, deve decidersi ——. Fece il suo tipico sorriso birichino. —— Adesso sta a vedere —— .

Si alzò. Fece un passo, poi si voltò.

—— Ah, vince chi glielo tocca per prima ——.

—— Cosa? ——.

—— Non fare la santerellina ——.

Entrò nel bar, come se andasse alla toilette. L’uomo la seguì per un istante con lo sguardo, poi mi fissò. Poi si rimise a consultare un taccuino. Poi mi sbirciò di nuovo. Poi parlò al telefono. Sembrava indaffarato, ma i suoi occhi non cessavano di rivolgersi nella mia direzione. Ed ecco Cinzia ricomparire. Con indifferenza si diresse a un altro tavolo libero. Si sedette e accavallò le gambe. Ora, i tavoli occupati da lei, dallo sconosciuto e da me, formavano un triangolo sul grande spiazzo davanti al bar. L’uomo non poteva più inquadrarci entrambe con un’unica occhiata. Infatti cambiò leggermente la posizione della sedia e si accomodò la cravatta. Sembrava perplesso, sicuramente un po’ spiazzato dalla nuova situazione. Guardò Cinzia, guardò me. Stava riflettendo. Le rotelline nel suo cervello lavoravano alacremente. Non capiva. Un occhiata là, un occhiata qua, democraticamente. Cominciavo a divertirmi. Cinzia mi fece un segno, mimando il gesto di far risaltare le tette, invitandomi a darmi un tono. Accavallai le gambe anche io, mostrando qualche decimetro quadrato di epidermide in più. Ora lui era incerto, si sentiva trasformato in preda. Guardò e abbozzò un sorriso. Poi si rivolse a Cinzia, che si tolse gli occhiali scuri e, con perfetta disinvoltura, si accomodò meglio sulla sedia, divaricò leggermente le gambe, sfiorando, quasi inavvertitamente, una coscia con la mano, poi le accavallò di nuovo. Allora l’uomo si decise. Raccolse con calma le sue cose, si alzò e si avvicinò al tavolo di Cinzia. Lei riuscì a farmi segno, non vista, di vittoria.
Dopo un breve preambolo, l’uomo si accomodò. Era rivolto verso il fiume e dava le spalle ai pochi clienti. Tra loro e me, tre tavoli vuoti. Cinzia si spostò e gli si mise accanto, coprendolo parzialmente alla mia vista. A un certo punto, entrambi si rivolsero nella mia direzione scoppiando a ridere. Lei sembrava perfettamente a suo agio, gli disse qualcosa all’orecchio. Cinzia, che ora mi dava le spalle, lo avvolgeva come un pitone nelle sue spirali, quando ad un certo punto si scostò un pò. Lo fece per farmi vedere che teneva  il membro di lui, semiritto, nella mano sinistra, mentre, con la destra, gli accarezzava la nuca.  Vedevo quell’uccello scuro, assurdamente affacciato dallo spacco dei pantaloni, sfiorato dal lembo della cravatta, docile e remissivo tra le mani della mia amica. Fu un attimo, poi Cinzia con sapiente grazia lo ripose tra le pieghe dell’abito dal taglio classico e austero, disse ancora qualcosa all’orecchio dell’uomo, condivise la sua risata, gli schioccò un bacio sulla guancia, si alzò e venne verso di me. Si accomodò sulla sedia e rivolse ancora un cenno di saluto allo sconosciuto, che ora, col telefono all’orecchio, se ne stava andando, agitando la mano per accomiatarsi.

—— Ho vinto io —— disse, ridendosela allegramente. —— Ma un pò ho barato —–.

Infilò una mano nella borsa e ne trasse qualcosa di appallottolato. Le sue mutandine.

—— Le ho tolte prima di sedermi e gliela ho sbattuta in faccia. Tu eri troppo composta. La prossima volta devi darti una mossa —— .

Eravamo lì, stupidamente allegre, unite da una spensierata intimità.

—— Ora devi rimetterti le mutandine —— le dissi, ma lei con il suo sorriso più malizioso mi disse quasi baciandomi

—— Sei proprio sicura che sia questo che vuoi? —— .

Già, aveva ancora ragione, ma una volta tornate a casa toccò a me vincere! Ciao Vecchiobambino, buonanotte, ti saluta anche Teo che si è giusto svegliato ed ha letto le ultime mie frasi. Mi sa che dovro’ dargli qualche spiegazione questa sera!
 
—— Vecchiobambino —— : buonanotte, spero di non averti dato dei problemi!
 
—— Thea —— : tranquillo, nulla che non si possa risolvere con una bella lotta sotto le lenzuola! Smackkkkkk! La prossima volta ti racconto qualcosa di forte, ciaooo!!!

E come sempre mi pianta in asso… fa sempre così. Ma l’ha promesso… la prossima volta deve darmi qualcosa di più, non solo questi giochetti. Al solito appena la sò, vi trascriverò la

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