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Racconti Erotici Etero

Le mille donne

By 3 Aprile 2010Dicembre 16th, 2019No Comments

Sono la 16esima di altrettanti nipoti.
Sono tanti vero?
Sono la più piccola, probabilmente la più coccolata’ Rosalia di qua, Rosalia di la’ ho 19 anni e vivo con i miei. Nel frattempo studio, ho appena finito le superiori, e spesso mi occupo dei nonni. Non ho fratelli o sorelle per questo sono sempre stata legata alla mia famiglia, quella materna in particolare, quella dei 16 nipoti insomma.
Di tutti i miei cugini davvero pochi sono rimasti in paese, gli altri sono a lavorare al nord e a volte ritornano. Passano a trovare i nonni in estate e salutano anche me che, praticamente, quasi ci vivo con loro.
Come Beatrice, mia cugina grande, la prima nipote. Ha 38 anni e lavora come chirurgo a Brescia. Convive con un uomo, un certo Stefano, di 43 anni. I nonni non sono contenti della convivenza, vorrebbero che la nipote si sposasse ma la adorano e quando va a trovarli la ospitano ben volentieri.
E ospitano anche Stefano, si.
L’ultima volta, a giugno, era venuta con lui e lo ospitarono di buon grado.
Stefano mi apparve subito come un uomo interessante, di quelli che sembrano capire all’istante cosa pensi e a precederti’ davvero non sapevo come facesse!
Mi capitò di fermarmi spesso a chiacchierare con lui davanti ad un caffè, a volte in presenza di Beatrice, a volte senza di lei.
Ma fu in assenza di mia cugina che scoprii le cose più interessanti.
Stefano era molto curioso ma al contempo discreto: se veniva a conoscenza di qualcosa comprendeva e taceva.
Gli chiesi come avesse conosciuto Beatrice e lui iniziò a raccontare’ l’incontro casuale in ospedale, il caffè, la prima cena’ si soffermò sui particolari come se mi conoscesse da tempo, non temendo un uso contro lui di tutte le informazioni che mi diede.
Mi chiese di me’ se avessi il ragazzo o meno. Gli risposi di no, che lo avevo avuto in passato, una bella storia adolescenziale che aveva lasciato il tempo che trovava.
Questi discorsi gli diedero il la’ iniziò a raccontarmi della sua adolescenza in una grande città, delle prime amicizie, delle prime cotte, della prima ragazza con cui ha scoperto il sesso. Mi confidò di ricordare ancora l’odore suo intimo.
Gli chiesi quante donne avesse avuto, donne importanti o meno e lui non seppe ben rispondermi’ donne non importanti tante, forse troppe’ importanti’ le contò’ cinque’ cinque e poi Beatrice.
Un totale di sei’ e ognuna aveva lasciato in lui qualcosa, disse.
I discorsi poi deviavano verso argomenti meno invasivi timorosa come ero di offenderlo.
Però la curiosità mi divorava e iniziai a riflettere sulle mille domande che avrei potuto porgli.
Nel frattempo il caffè divenne un rito quotidiano per tutti i 15 giorni della loro vacanza estiva a casa dei nonni.
Beatrice era sempre a spasso in visita da amici e parenti che vedeva rarissimamente mentre Stefano si soffermava con me per la consuetudine pomeridiana di caffè e confidenze.
Mi leggeva la curiosità in volto, mi guardava ‘negli occhietti’, come diceva lui, e già sapeva che volevo porgli una domanda’ o più di una.
Gli chiesi della prima donna importante.
Marina, quando aveva 24 anni e un po’ di storielle alle spalle, molte di solo sesso. Lei era una bella ragazza, sua coetanea, universitaria, timida fuori ma calda dentro. Mi raccontò che con lei il sesso non era mai una noia, a lei stava bene ogni posto’ più era strano e inconsulto e maggiormente ne godeva.
Le piaceva essere spiata.
Spesso si spogliava davanti alla finestra perché potesse vederla un vicino, un porco di circa 50 anni, e lei ne godeva da matti. Una volta addirittura in estate si spogliò e si distese sul letto. Iniziò a toccarsi le grandi labbra sottili e turgide, a far scivolare le dita su e giù nel solco delle piccole labbra fino a dedicarsi solo al clitoride. Gemeva mesta mentre i suoi lamenti si spandevano fuori dalla finestra aperta. Il porco del vicino la guardava e si toccava il pacco’ giorni dopo la trascinò nello stanzino del porticato del suo palazzo e la violentò.
Lei ne fu felice e glielo raccontò anche! Restarono insieme un anno circa e poi lei lo lasciò’ per il vicino.
Scoppiai in una grossa risata e lui rise con me’ ‘Sono cose che capitano!’ mi disse.
E le altre?
Si, sapevo di poter risultare intromissiva ma il suo modo di fare e quella gentilezza nel rispondere e nel soddisfare le mie curiosità mi diedero il coraggio di chiedere.
Iniziò a raccontarmi di ogni sua donna nei nostri pomeriggi come Samanta, che adorava le pinze sui seni a stringere forte i capezzoli e a indolenzirli. Godeva della sofferenza, si voltava e distesa sulle sue ginocchia si faceva sculacciare talmente forte da essere contenta solo quando guardandosi allo specchio poteva vedere impressi sulla pelle bianca i segni rossi delle mani.
O di Matilde, che amava le donne. Ricordava ancora quella volta in cui le aveva procurato un incontro con una ragazza bellissima, sua amica, di cui lei si era infatuata. Lei aveva organizzato tutto, la stanza pulitissima e le candele profumate che spandevano aromi nell’aria e la poltrona di fronte al letto per lui, unico spettatore. Come dimenticare quel giorno? Passarono ore a baciarsi e a leccarsi l’un l’altra, a darsi piacere con le mani e con la lingua, a strizzarsi i seni e a succhiarsi le labbra rosse e gonfie di voglia. Giocarono per ore e quando fu il momento Stefano le prese entrambe e le fece godere ancora.
I suoi racconti si fecero sempre più dettagliati e più forti e la mia curiosità aumentava a discapito dell’imbarazzo che diminuiva.
Iniziò a raccontarmi un po’ più di sé e delle sue avventure occasionali non mancando di chiedere il mio parere e le mie opinioni riguardo ad ognuna.
Erano tante donne’ davvero molte quelle di cui parlava’ donne diverse ma con un punto in comune tra di loro: ognuna aveva il suo particolare modo di essere puttana.
E mentre i discorsi si facevano sempre più intimi sorgeva in me la curiosità di sapere cosa lo avesse attratto di Beatrice, se mia cugina era puttana come le sue donne passate e poi la voglia’ la voglia di essere una di quelle mille donne.
Si, voler essere una delle mille donne perché in quei pomeriggi in cui si soffermava a raccontarmi ogni minimo dettaglio io fremevo sulla sedia dall’eccitazione e mi sentivo sciogliere tra le gambe’ vedevo nei miei pensieri ogni ricordo che mi confidava e me ne sentivo protagonista’ nella mia mente vivevo quei momenti che non mi appartenevano e desideravo un’esperienza mia, che fosse solo mia davvero.
Desideravo perdermi a mia volta in uno di quei momenti con lui e sentire il mio corpo goderne davvero insieme alla mia mente che già da giorni coi racconti di Stefano vagava.
Ma chissà poi se lui avrebbe compreso’.
Iniziai a temere un’infatuazione per l’uomo di mia cugina, un uomo che non sarebbe restato con me a lungo se non pochi altri giorni. Poi sarebbe andato via con lei, scomparendo così com’era arrivato.
Però quando dico che lui riusciva a leggermi dentro non mi sbaglio e a ripensarci me ne stupisco tutt’ora perché uno di quei pomeriggi mi ritrovai improvvisamente spiazzata.
Si sedette per il suo solito caffè e iniziò a raccontarmi di Eleonora, una donna con cui aveva condiviso un paio di anni di relazione’ mi raccontò della volta in cui lei lo provocò davanti ad un suo amico invitato per pranzo e di come fosse finita per scoparli tutti e due.
Inevitabilmente le mie mani scivolarono tra le gambe e, contando sulla limitata visuale che offriva il tavolo, cominciai a toccarmi lievemente mentre Stefano continuava a raccontarmi di quell’amplesso.
Descriveva con dovizia di particolari come lei cercasse di prendere i cazzi di entrambi gli uomini in bocca, di come avesse dato ad uno il culo e all’altro la figa e viceversa e di come l’avessero fottuta per ore senza darle sosta’ dei suoi gridolini, delle sue urla di piacere e in fine di come entrambi le avessero sborrato addosso’ della sborra che colava dal viso sul collo, degli schizzi sulle sue tette che scivolavano mollicci sulla pancia fino a fermarsi nell’ombelico.
Il mio dito era penetrato attraverso le mutandine ed era da minuti che movevo il clitoride con gesti veloci sentendo poche scosse di un tenue ma eccitante godimento. Nonostante io cercassi di celare l’eccitazione di quei minuti evidentemente il mio volto lasciò trasparire più di quanto credessi visto lo sguardo voglioso che Stefano mi rivolgeva.
Quando finì di raccontare mi chiese se ero riuscita a godere dopo tanto toccarmi e, colta dall’imbarazzo, divenni rossa in viso e tolsi le mani dal mio sesso umido. Nell’aria si diffuse la scia di odore intimo di cui erano impregnate le mie dita, cosa che mi imbarazzò ancora di più.
Lui si alzò e con passo calmo venne dietro di me e mi chiese di nuovo se io avessi goduto.
Io gli risposi di no scuotendo il capo a volto basso dalla vergogna.
Improvvisamente mi sembrò che ogni mio pensiero e desiderio fosse leggibile chiaro e limpido sul mio volto.
Mi fece alzare dalla sedia e poggiare le mani sul tavolo. Mi sollevò la gonna trovando ancora le mutandine scansate e le labbra turgide e arrossate, la figa oscenamente bagnata, gli slip inumiditi.
Passò la mano di taglio tra lo spacco strofinandola più volte, osservandomi sussultare ad ogni suo passaggio e poi si calò con la testa tra le mie gambe iniziando a leccarmi.
Mi voleva, diceva di volermi, di volere che io fossi una delle sue donne. Incredibilmente gli sentii proporre ciò che desideravo da diversi giorni e che avevo relegato tra le mie più insperate fantasie.
Però al contempo realizzai che sarei stata solo una tacca, l’ultima di un lungo elenco e lui stesso mi disse che dopo non sarebbe accaduto mai più nulla tra di noi.
Mi accorsi che non mi interessava.
Desiderosa com’ero di voler godere di quest’uomo dissi di si, sarei stata una delle tante ma mi sarebbe comunque piaciuto’ a questo pensiero tutto passò in secondo piano e mentre la sua lingua mi dava soddisfazione addentrandosi nel mio pertugio più stretto iniziai a toccarmi il clitoride con le dita in cerca degli orgasmi che desideravo da quando aveva iniziato il suo racconto.
Con una mano mi fermò e mi disse che avrei goduto come lui voleva.
Sentii la zip dei suoi pantaloni aprirsi, la stoffa dei boxer scansati e un rigonfiamento che spingeva tra le mie natiche.
Mi voltai di poco per intravedere il suo cazzo, un membro duro, non troppo lungo ma abbastanza largo, scappellato, col glande lucido e rosso di voglia, le vene in rilievo su un’asta chiara e leggermente ricurva.
E mentre le sue mani cercavano i miei seni nella maglietta di cotone, il suo sesso cercava di farsi strada in me. Lo sentii strisciare lungo il solco per poi puntarsi, il glande entrare piano, qualche brivido e poi l’asta che scivolava in me come un coltello nel burro. Sentii un brivido improvviso allo strisciare del cazzo contro le pareti della mia figa e mentre si teneva fermo dentro me lo pregai di scoparmi’ di farmi sentire puttana come con le sue donne. Iniziò a pompare piano fino a riuscire a scivolare del tutto più velocemente. Mi sentivo aperta in due da quel grosso cazzo che mi prendeva e mi godeva come più preferiva. L’idea di esserne succube, di essere un mero oggetto sessuale per il suo e il mio piacere non faceva altro che aumentare la mia eccitazione insieme ai nostri respiri che si facevano sempre più concitati.
Mi fece abbassare col seno sul tavolo e col mio culo in mostra iniziò a massaggiarmi il buchino. Si leccò un dito e lo infilò dentro. Poi ne infilò un secondo e iniziò a scoparmi con le dita, ritmicamente penetrava figa e culo. Iniziarono a venirmi forti tremiti mentre contenevo a fatica i gemiti e i sussulti per ogni suo colpo. Il tavolo iniziò a far rumore sempre più e sempre più frequentemente seguendo le spinte che mi dava Stefano. Nel frattempo io godevo, quel grosso cazzo che mi faceva sentire spaccata in due mi regalava continui orgasmi, a volte semplici, a volte multipli, che si diffondevano come ondate di piacere, un salire e discendere dalle montagne russe del godimento.
Dopo tanto spingere crollò sulle mie spalle col fiatone. Uscì da me col membro ancora in tiro e si andò a sedere sulla sedia alle mie spalle. Mi tirò a sé per un braccio e mi fece impalare su di lui. Nonostante non fosse un cazzo di notevole lunghezza, la posizione me lo fece sentire dentro tutto, fino in fondo.
Mi chiese di scoparlo, di mostrargli quanto fossi puttana, quanto potevo esserlo, come e più di quelle donne di cui mi parlava e io iniziai a cavalcarlo, alzandomi tutta e lasciandomi cadere in un solo colpo su di lui. Continuai più volte aiutata dalle sue mani che mi sollevavano per poi lasciarmi cadere e penetrare dal suo sesso caldo e bagnato dei miei umori. Mi ripetè più volte che non avremmo scopato mai più, che come una puttana mi ero fatta fottere dall’uomo di sua cugina, che ero eccitata come una cagna in calore e che godeva nel rompere la mia fighetta di ragazzina.
D’improvviso sentii dei sussulti dentro, sentii il suo cazzo pronto ad esplodere in me.
Mi fece alzare e mi venne addosso, sulla pancia. Il suo getto caldo d’improvviso mi svegliò dal torpore causato dal godimento. Mi spalmò la sua sborra addosso con la punta del pene che pian piano iniziò a perdere erezione e mi chiese di pulirlo. Glielo leccai voracemente, assaporai quel gusto strano, quel misto agrodolce e salato dei miei umori e della sua sborra e poi ci rivestimmo.

Pochi giorni dopo andarono via.
Salutai entrambi mentre caricavano le valige sul taxi.
Beatrice mi invitò ad andarla a trovare, Stefano mi fece gli auguri per il prossimo futuro.
Da questa estate ad ora sono passati un paio di mesi ed è arrivato un invito, quello del matrimonio di mia cugina e il suo uomo.
Sono felice per loro.
Inoltre Beatrice nell’invito mi chiede di farle da damigella’ credo accetterò volentieri.

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