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Racconti Erotici Etero

Le storie di nonno Peppe

By 5 Luglio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

” Cari figlioli, vi
voglio raccontare una delle tante avventure, con le donne, che ho vissuto negli
d’oro della mia gioventù, che, purtroppo, non c’&egrave più.

Avevo da poco
compiuto diciotto anni ed ero imbarcato su una nave passeggeri, come mozzo, che
faceva la traversata dell’oceano, diretta negli Stati Uniti, con partenza dal
porto di Napoli.

” Quella volta
avevamo imbarcato settecentocinquanta passeggeri.

‘ Eravamo a circa metà strada, quanto una
tempesta di una violenza spaventosa ci investì in pieno; ad un certo punto una
terrificante ondata ci prese sul fianco destro; fu un attimo: la nave si
rovesciò e io mi ritrovai in acqua!

” Attorno a me
sentivo le urla disperate degli occupanti della nave, che lottavano contro il
mare in tempesta; poi vidi, poco lontano da me, due donne, completamente nude,
che gridavano disperatamente aiuto! Per la verità, nemmeno io ero tanto
vestito, poiché, al momento del naufragio, stavo dormendo e indossavo solo le
mutante.

” Con quattro
vigorose bracciate, raggiungo le poverette, le afferro saldamente, e comincio a
nuotare per allontanarmi dallo spaventoso gorgo della nave che affondava e
tutto risucchiava e trascinava negli abissi del mare.

” Fatto qualche
centinaio di metri, vedo una grossa tavola che galleggiava sulle onde, la
raggiungo, vi isso sopra le due donne, che erano quasi svenute, poi salgo
anch’io e mi distendo, sfinito, e mi addormento.

” Quando mi sveglio,
vedo i volti delle due donne che mi guardavano ansiose e mi accarezzavano il
viso, preoccupate per me.

” Erano tutte due
giovanissime: una poteva avere 15-16 anni, l’altra sui 30-35, ed erano tutte
due nude.

” Mi accorsi allora
che anch’io ero totalmente nudo, poich&egrave le mutante dovevo averle perse nel
momento che lottavo contro la furia del mare, o, forse, erano state proprio le
due naufraghe, nella foga di aggrapparsi a me, che me le avevano strappate di
dosso.

” Comunque sia, era
la prima volta, in vita mia, che vedevo una donna completamente nuda, anzi due!

Il seguito di
questa avventura ve lo racconterò nel prossimo capitolo.

””” Le storie di
nonno Peppe’Capitolo 2

‘ Come già vi ho
detto, nel precedente capitolo di questo mio racconto, le due donne,
completamente nude, mi guardavano, preoccupate, forse pensavano che stessi male,
per cui quando videro che mi misi a sedere, emisero un sospiro di sollievo, ma,
subito dopo, scoppiarono a piangere, dicendo che non volevano morire e,
aggrappandosi a me, come se io fossi un angora di salvezza, mi pregarono di
aiutarle ad uscire da quella terribile situazione.

” Il contatto di
quei corpi di femmine, bellissime tutte e due, nonostante la gravità del
momento che stavamo vivendo, mi produsse una potente erezione; il mio uccello
si eresse in tutto la sua possanza, scappellandosi, facendomi provare un
irresistibile desiderio di stringere quei corpi stupendi, caldi, vibrandi di
femmine.

” La ragazza, cio&egrave
la più giovane, vedendo la mia verga, che aveva raggiunto la lunghezza di circa
venti centimetri, e che vibrava, arcuandosi all’insù, con uno sguardo misto di
curiosità e di timore, domandò, all’altra donna: mamma che cos’&egrave quel coso che
ha tra le gambe questo signore.

” Capì, in quel
momento, che le due donne erano madre e figlia.

” La madre, allora
rispose alla figlia:- vedi, Lucilla, quello &egrave il sesso dei maschi e si chiama
pene, ma volgarmente viene chiamato anche cazzo.

” Succede che quando
un uomo giovane, come questo signore, vede una donna nuda, come in questo
momento lo siamo noi, gli si drizza, come sta accadendo adesso, e gli viene un
fortissimo desiderio di metterlo dentro il nostro sesso, che si chiama vagina,
poi fa su e giù, su e giù, su e giù, fino a quando, sia il maschio che la
femmina, non sentono un grande piacere, allora il pene scarica dentro la vagina
il seme della vita, che si chiama sperma, ed &egrave cosi che poi nascono, dopo nove
mesi, i bambini.-

” La ragazza
ascoltò, con molto interesse, quello che la madre gli diceva, poi le domandò:

” -Mamma, ma quando
i maschi ci infilano il loro pene dentro quella che noi ci abbiamo tra le
gambe, che come dici tu, si chiama vagina, fa male?

” E adesso, a questo
signore, gli rimarrà sempre così lungo e grosso?-

” Allora, sorridendo
dolcemente, la madre rispose a sua figlia:

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Bambina mia, non c’&egrave cosa più bella per una donna che quella
di prendere dentro di se il cazzo di un uomo; la prima volta che lo fa sente un
pochino di dolore, ma poi subentra subito un grande piacere che cresce, cresce,
fino a farle sentire un piacere enorme, senza fine, che la fa sentire felice e
appagata.

” -style=”mso-spacerun: yes”>”’ Per quanto riguarda invece la tua seconda
domanda, ti rispondo che al signore gli resterà lungo e duro fino a quando non
lo avrà messo dentro ad una delle due vagine che ha in questo momento davanti a
se e vi avrà scaricato il suo sperma; quando avrà fatto questo, gli ritornerà
piccolo e moscio per un po’ di tempo.-

” Adesso ti faccio
vedere io come si fa.

” Detto questo, la
signora mi venne vicino e mi disse:

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Signore, io sono la baronessa Matilde di Torrevecchia e la
ragazza, mia figlia, &egrave la baronessina Irena di Torrevecchia e tu come ti
chiami?

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Signora baronessa, io mi chiamo Giuseppe Scognamillo e
lavoravo come mozzo sulla nave che &egrave affondata.

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Allora la baronessa mi disse: caro Giuseppe la nostra
situazione &egrave grave e dobbiamo cercare in tutti i modi possibili di uscirne, ma
certo non la possiamo affrontare al meglio se tu continui a rimanere in questo
stato e, così dicendo, accarezzo dolcemente il mio uccello, che a quel contatto
si indurì ancora di più! Poi, guardandomi con i suoi dolcissimi e meravigliosi
occhi azzurri, con i seni, bellissimi e pieni, che gli si inturgidivano a
vistosamente, con i capezzoli circondati da un’aureola dorata, ormai
prepotentemente rivolti all’insù, aggiunse: sai ho vissuto abbastanza per
capire che un uomo giovane e vigoroso come e te, messo in una situazione come
quella che stiamo vivendo in questo momento: due donne, sane e giovani, e perché
non dirlo, abbastanza carine, completamente nude vicino lui, anch’egli nudo,
non può non sentire dentro di se il desiderio della carne; non può non sentire
scatenarsi dentro di lui la voglia irresistibile di possederle; di infilare
dentro i loro sessi il suo vigoroso bastone e scaricare dentro i loro grembi
tutta la sua virilità, inondando i loro uteri con il suo sperma, fino a quando
non avrà completamente saziato la sua sete di sesso ed essersi completamente
appagato. Sarebbe una vera crudeltà non soddisfare il suo primordiale istinto di
maschio!

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Sarò, adesso io, ad appagare, per prima, il tuo giusto e
naturale desiderio, così anche mia figlia potràyes”>’ vedere e capire che cosa significa, quando un uomo e una donna,
fanno l’amore e poi, se lo vorrà, potrà donarti il piacere del suo corpo e
scoprire così il grande mistero dell’amore carnale e provare, finalmente, l’immenso
piacere che da esso una femmina può trarre, e l’appagamento e la pace che
questo può dare.

tab-stops:list 27.0pt’>-””””

” E così dicendo, mi
abbracciò stretto e, inarcandosi, mi offrì il suo corpo vibrante di sesso.

” La strinsi a me
con forza, la feci sdraiare sulla tavola e, immediatamente, la penetrai, quasi
con violenza, strappandole un gemito di piacere e di dolore allo stesso tempo.

” Il nostro amplesso
durò a lungo; il mio membro entrava ed usciva dalla sua vagina come una
inarrestabile valanga; lei rispondeva con foga ad i miei assalti, emettendo
gemiti di dolore e di piacere, fino a quando, dopo tre sconvolgenti orgasmi,
non giacemmo, appagati e sazi, su quella tavola, in mezzo all’infinito mare,
con il mio cazzo, in un stato di semi erezione, ancora infilato dentro la sua
fica, e lei che, avvinghiata al mio corpo con le gambe e le braccia, cercava in
tutti i modi di tenerlo ancora dentro di lei.

” E la
baronessina,voi vi domanderete, cosa faceva mentre io e suo madre facevamo
sesso con tanta foga e irruenza?

Questo lo scoprirete leggendo il terzo capitolo delle Storie
di nonno Peppe.

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Le storie di nonno Peppe ‘ Capitolo 3

di nino pasquale
Normal
di nino pasquale
2
327
2008-07-09T10:03:00Z
2008-07-09T10:03:00Z
3
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9496
SPA RCD
79
18
11661
9.2812

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yes”>”””””””””””””””””””” Le storie di nonno
Peppe ‘ Capitolo 3

Allora,
cari ragazzi, continuo a raccontarvi la mia avventura su quella specie di
zattera, sperduta in mezzo al mare.

” Dopo aver fatto l’amore
con la baronessa Matilde, mi sentivo un po’ più rilassato; guardai il mio
orologio da polso (ancora miracolosamente intatto) e vidi che erano le sette
del mattino, poi cominciai a guardarmi attorno e, improvvisamente, il cuore mi
si aprì alla speranza: tutto intorno a noi, il mare era pieno di relitti di
ogni genere.

” Vi era una
infinità di assi di legno, tanti barili, rotoli di corde, ed alcune casse di
legno, che galleggiavano tutto intorno a noi.

” Capì subito che
tutto quel ben di Dio poteva rappresentare la nostra salvezza e decisi,
immediatamente, il da farsi!

” Per prima cosa
raccolsi due assi di legno, che potevano essere utilizzati come remi, poi
spiegai alle due donne come dovevano fare per remare e guidare la nostra
zattera, dopo di che mi calai in acqua e, mentre le due donne mi venivano
dietro, usando gli improvvisati remi, io cominciai a raccogliere le tavole che
stavano in acqua e raggrupparle vicino alla nostra imbarcazione di fortuna,
raccolsi una diecina di rotoli di corda, di vari spessori, e le issai sopra il
nostro mezzo galleggiante,’

spinsi, poi, i quattro barili vicini alla nostra tavola
della salvezza, quindi, fu la volta di tre casse, che galleggiavano poco
distante.

” Dopo di che,
utilizzando uno dei rotoli di corda, che avevo già messo sopra la nostra
tavola, imbracai tutto, legandolo saldamente al nostro mezzo galleggiante.

” Quindi, risalì a
‘bordo’ (si fa per dire) della nostra ‘nave’ (si rifà per dire) e issai subito
su le tre casse di legno.

” Riuscì subito, dopo
non pochi sforzi, ad aprire una delle tre casse e, miracolo dei miracoli, il
suo contenuto mi fece gettare un urlo di gioia: conteneva una completa
attrezzatura da carpentiere!

” Vi erano martelli,
seghe, tenaglie, pinze, filo di ferro, una grande quantità di chiodi, di tutte
le misure e, incredibile ma vero, circa 50 scatole di fiammiferi, perfettamente
asciutti, e un lume a petrolio, in perfette condizioni, con un serbatoio di
circa un litro, completamente pieno!

” Mi resi subito
conto del da farsi per utilizzare al meglio ciò che la fortuna ci aveva voluto
regalare: ampliare la nostra, precaria imbarcazione, che era costituito da una
tavola di circa 4 metri di lunghezza per 2,50 di larghezza, con uno spessore di
circa 4 centimetri.

” Mi armai di martelli,
seghe, e tenaglie e, dando istruzioni alle due donne, su come potevano
aiutarmi, mi misi alacremente al lavoro.

” Dopo due, dure,
ore di lavoro, utilizzando dieci, delle circa 40 tavole che avevo raccolte, la
nostra ‘nave’ misurava 5 metri di lunghezza per 4 di larghezza.

” Fatto questo,
eravamo ormai arrivati a mezzogiorno, issai a bordo i quattro barili e
cominciai ad aprirli e, alleluia delle alleluia, due di essi contenevano acqua
potabile! Una riserva di acqua che ci sarebbe bastata per almeno due mesi!

” Aprì, poi, gli
altri due barili: uno conteneva olio di oliva e l’altro, invece, carne
affumicata e carne di maliale sotto sale.

” Passai, quindi,
alle altre due casse che avevo recuperate; qui trovammo proprio la manna che
viene dal cielo: pacchi di gallette, alimenti di vario tipo, quali carne in
scatola, tonno in scatola, sardine sotto sale, salmoni affumicati, conserve di
pomodoro, pacchi di sale, barattoli di sottaceto, di sottolio, pacchi di pasta
di vario tipo e, come se non bastasse, in delle due casse, trovammo due
padelle, di diverse misure, e due pentole, sempre di misure diverse, e poi, sei
piatti, forchette, cucchiai, coltelli ecc. E, dulcis in fundo, circa tre
chilogrammi di caff&egrave e quattro pacchi da un chilogrammo l’uno di zucchero, e
tante altre cose che qui non sto a raccontare.

” Preso visione di
quell’autentico miracolo della provvidenza divina che stava davanti ai nostri
occhi, invitai le due donne ad incinocchiarsi’
assieme a me e ad elevare una preghiera di ringraziamento al Sommo Dio
del mare, per la benevolenza che ci aveva dimostrato nel venirci in aiuto, con
tanta magnificenza, in quella tragica circostanza.

” Fatto questo, mi
rivolsi alla baronessa e gli dissi: – Signora baronessa, le dispiacerebbe
organizzare qualcosa da mangiare, poiché io ho tanta fame, e, penso, che anche
lei e sua figlia dovete averne. Spero che mi vorrà perdonare se mi permetto di
chiedergli questo, ma il fatto &egrave che io di queste cose proprio non ne capisco
niente. ‘

” Lei mi rispose
così.

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Caro Giuseppe, qui non ci sono più né baronesse né
baronessine, ma solo tre persone che dovranno lottare duramente per uscire vive
dalla terribile situazione in cui si trovano, perciò qui ci sono solo Giuseppe,
Matilde e Irene e perciò, se tu sei d’accordo, da questo momento, noi, femmine,
ci occuperemo di tutte quelle cose che sono tipicamente femminile, e tu, che
sei il nostro maschio, ti occuperai di tutto il resto, dicendoci, ogni volta
che lo vorrai, cosa dobbiamo fare per aiutarti a tirarci fuori da questa brutta
situazione.

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Di qualsiasi cosa tu abbia bisogno, non avrai che da
chiederlo; noi due saremo sempre pronte ad ubbidirti.

” Poi si rivolse
alla figlia e le domandò: – sei d’accordo figlia mia? ‘

” Al che la figlia
rispose: – Certo che sono d’accordo, mamma: qualsiasi cosa mi chiederà di fare,
ripeto, qualsiasi cosa, il nostro caro salvatore, Giuseppe, io sarò felice di
farla subito!

” Detto questo, le
due donne si misero all’opera e, in meno di mezz’ora, era pronto un bel
pranzetto, che tutti e tre mangiammo con tanto appetito.

” Finito di
mangiare, Matilde disse alla figlia di provvedere a ripulire dove avevamo
mangiato, perché lei era tanto stanca e avrebbe voluto dormire un po’.

” Detto questo alla
figlia, andò a sdraiarsi dietro i barili e le casse, che io avevo sistemato in
angolo della nostra zattera, e piombò in un sonno profondo.

” Irene, dopo aver
fatto pulizia, venne a sedersi vicino a me, che a mia volta mi ero seduto e
stavo guardando il mare, e, mettendo una gamba sopra le mie, si appoggiò a me,
mettendomi il braccio sopra le spalle.

” Il contatto delle
sue due, meravigliose, pocce sulla mia pelle mi produssero una forte
eccitazione e la verga mi si drizzò, scappellandosi e diventando durissima.

” Le passai, allora,
il braccio attorno alla vita e, stringendola a me, le dissi:

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Piccola mia, non hai paura che il maschio che &egrave in me abbia il
sopravvento sull’uomo e quindi ti monto addosso e ti infilo il mio sesso,
bisognoso di femmina, nella tua micetta, così come mi hai visto fare con tua
madre? ‘


Al che lei mi rispose:

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Non solo non ho paura, mi ti devo dire che non vedo l’ora che
tu lo faccia, perché anch’io voglio provare il piacere e l’ebrezza di sentire
dentro il mio grembo il bastone assetato di femmina di un uomo, fino a quando,
facendo su e giù, su e giù, come hai fatto con mia madre, non mi esplodi
dentro, scaricando il tuo seme bollente dentro di me e godendo del piacere che
può darti il mio corpo di femmina.

” E così dicendo,
allungo una mano e, con voce timida e sottomessa, mi disse:

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Lo posso toccare, accarezzare e baciarlo, prima che mi doni il
piacere che il sesso di un maschio può donare ad una donna?


Il sangue mi pulsava forte nelle vene; il cuore mi batteva all’impazzata;
sentivo un desiderio feroce di prendere quello statuario corpo femminile e
violarne il grembo con il mio uccello assetato di sesso, che mi pulsava tra le
cosce e che al contatto con la pelle liscia, morbida, vellutata di Irene, si
inturgidiva e si inalberava sempre di più, fino a dolermi, come se mi volesse
esplodere da un momento all’altro.


Allora, mentre le palpavo, traendone un grande piacere, i seni, splendidi
e turgidi e le baciavo la bocca, gli occhi, il naso, le arecchie e il collo,
snello ed elegantemente femminile, le risposi, con voce soffocata dal
desiderio:

tab-stops:list 27.0pt’>-””””
Certo che puoi toccare e baciare il mio sesso, piccola,
meravigliosa Irene: mi darai un gran piacere e godimento se lo farai; ma dimmi,
se tua madre si sveglia e vede quello che stiamo facendo, non si arrabbierà?


La ragazza non mi rispose perché in quel momento era tutta presa ad
accarezzare e a baciare, con appassionato trasporto, l’oggetto del suo
desiderio (che era ovviamente il mio, libidinosamente eretto e duro uccello) lo
leccava e lo baciava, avidamente, sul glande, che si gonfiava e si induriva
sempre di più al contatto delle sue morbide labbra e della sua calda e
dolcissima lingua; se lo infilava nella sua boccuccia, che quasi non riusciva a
contenerlo, dandomi brividi di piacere e aumentando a dismisura il mio
desiderio di penetrarla, di violare quel piccolo santuario immacolato che lei
aveva tra le cosce.


Rispose invece la madre, che nel frattempo si era svegliata, dicendo:

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Caro Giuseppe, perché mai mi dovrei arrabbiare? Per mia figlia
&egrave giunto il momento di scoprire i misteri dell’amore carnale; di provare il
piacere che prova una donna nell’accogliere nel suo grembo il sesso, pieno di
libidine, di un maschio desideroso di soddisfare il suo desiderio di femmina;
di sentire il duro bastone di un vero maschio, quale tu sei, che, quasi con violenza,
le fruga nei più intimi recessi delle sue viscere, fino ad esplodervi dentro e
scaricarvi il suo caldo, bollente sperma; vivete, dunque, con la mia
benedizione, questo ineffabile momento di piacere, e che il grido di dolore,
che lei emetterà, nel momento che perderà la sua illibatezza di vergine,
accresca ancora di più il tuo il tuo giusto e naturale piacere.-


Nel sentire queste parole, i miei primordiali istinti di maschio ebbero
definitivamente il sopravvento: la rovesciai, rudemente, a schiena in giù e,
mentre lei apriva istintivamente le coscie, inarcandosi in una muta, quasi
oscena, offerta al mio ormai incontenibile desiderio del suo corpo, caldo e
vibrante, stringendola fortemente a me, appoggiai il mio glande fra le labbra,
umide, calde, accoglienti della sua vagina, poi, strappandole un vergineo grido
di dolore, con un colpo di reni, la penetrai fino in fondo; fino a sentire i
miei testicoli, schiacciarsi fra le labbra, ormai erette e turgide, del suo
sesso.


Rimanemmo avvinghiati nel nostro caldo e desioso amplesso per circa mezz’ora,
durante la quale la pistonai con ruvida violenza, strappandole grida di dolore
miste a gemiti di piacere.


Lei rispondeva gagliardamente ai i mie ripetuti assalti, spingendo il
suo bacino verso l’alto, in perfetto sincronismo con i miei, violenti colpi,
aumentando, così, la profondità della penetrazione; sentivo il mio glande
frugare fra le pieghe della profondità della sua vagina; sentivo i gemiti di
dolore e di piacere che lei emetteva; sentivo lo sciacquio che produceva il mio
uccello, mentre entrava ed usciva dalla sua carne, ormai violata, e questo
aumentava sempre di più la mia eccitazione di maschio che possiede la sua
femmina.


Poi, dopo quattro, esaltanti, orgasmi, finalmente trovammo quel
piacevole senso di appagamento, che si prova dopo rapporto sessuale, fortemente
voluto, sia dal maschio che dalla femmina, e giacemmo, ancora strettamente
avvinghiati, soprattutto lei a me, come se avesse avuto paura che io potessi
dissolvermi nell’aria, mi teneva stretto a se con le gambe, per evitare (me lo
disse in un sussurro all’orecchio) che il mio membro, ormai in semi erezioni,
uscisse fuori dalla sua calda e morbida micetta.

Il seguito di questo racconto
lo leggerete nel quarto Capitolo de i Racconti di nonno Peppe.

”””””””””””””””””””””
Le storie di nonno Peppe ‘ Capitolo 4

Cari ragazzi, in questo quarto capitolo continuo a raccontarvi la mia
avventura in mezzo al mare.

Mentre
eravamo ancora strettamente avvinghiati l’uno a l’altra, con il mio sesso che,
nonostante i quattro ripetuti orgasmi, si manteneva, seppur in uno stato di semi
erezione, dentro la sua calda e pulsante vagina, e ancora sentivamo brividi di
arcaico piacere serpeggiare lungo i nostri corpi, sentì una mano accarezzarmi
dolcemente la schiena; sentìì, poi, due capezzoli, sodi e duri, che mi
premevano dietro le spalle; poi sentì il femmineo sesso di Matilde (poiché era
lei che si stava unendo a noi, per godere del senso di sublime piacere che
provavano i nostri corpi, uniti in quel viluppo di piacere) che si strofinava
sul mio gluteo destro, mentre mi baciava, con passione, il collo, le guance, le
orecchie, con una carica di libidine femminea, che sente, urgente, il desiderio
del maschio dentro il suo, lussurioso e assetato grembo.

” A quel contatto,
una nuova, potente scarica di eccitazione percorse tutte le mie membra,
provocando una nuova, ulteriore poderosa erezione del mio uccello, che tornò a
riempire la vagina, ormai slabbrata, della piccola Irene, la quale, avvertendo
dentro di se questa nuova ondata di desiderio carnale, che era tornata a
pulsare dentro le mie vene, baciandomi appassionatamente, mi strinse, quasi
forsennatamente, a se, inarcandosi verso l’alto, per accogliere, il più
profondamente possibile dentro di se, il mio, nuovamente durissimo membro.

” A questo punto,
Matilde, con dolce fermezza, disse alla figlia:

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Figlia mia, non essere troppo egoista; hai già avuta la tua
prima e sicuramente abbondante razione di sesso, da un vero ed autentico
maschione, quale &egrave il nostro Giuseppe.

” Lascia che adesso
sia io a placare del tutto la sua, inarrestabile sete di femmina.-

” Detto questo, mi
staccò dall’amplesso della figlia e, nel fare ciò, il mio uccello, durissimo,
si sfilò

dal morbido e caldo sesso di Irene e, ancora umido e
gocciolante degli umori vaginali della ragazza, che aveva una espressione di
dispiacere, quasi simile a quella di una bambina alla quale viene portato via
il suo giocattolo preferito, dopo averla stretto a me, in un abbraccio che le
fece quasi mancare il respiro, lo infilai, quasi con violenza, nella vagina
calda e accogliente, e colma di desiderio, di Matilde.style=”mso-spacerun: yes”>””

” Il nostro amplesso
durò quasi mezz’ora, poiché, dopo i quattro, consegutivi avuti con la piccola,
splendida Irene, certo meno esperto della madre, nel dare piacere ad un
maschio, ma certo non meno esaltante nel donarmi la sua innocente verginità,
dovetti pistonare a lungo la mia cara e vogliosa Matilde, la quale rispose ai
miei durissimi assalti, con appassionato e totale trasporto, stringendosi
fortemente a me; schiacciandomi i suoi dolcissimi e morbidi seni, resi turgidi
ed eretti dall’eccitazione che la pervadeva, sotto il mio petto ispido e
villoso; avvinghiandomi con le gambe e spingendo in alto il bacino, per poter
avere una penetrazione il più profonda possibile.

” Lei ebbe tre
orgasmi, prima che io, dopo degli ultimi, poderosi colpi, che le squassavano il
corpo, ma la facevano gemere di un piacere profondo, mentre con voce resa rotta
e roca dalla passione, continuava ad incitarmi a penetrarla sempre più
profondamente, spingendomi dentro di lei quasi brutalmente, fino a sentire i
miei testicoli penetrare fra le morbide e calde labbra del suo sesso,

raggiunsi finalmente l’apice del piacere, scaricandole
dentro l’utero, gli ultimi residui del mio bollente sperma, raggiungendo
finalmente quello stato di suprema pace, che prova un maschio dopo aver placato
fino in fondo la sua sete di sesso, abbandonandomi completamente sul corpo
della mia amante, che mi stringeva a se e mi baciava appassionatamente.

” Fu a questo punto
che mi accorsi che altre mani, oltre quelle di Matilde, mi carezzavano dolcemente
il corpo, massaggiando, con molta dolcezza, il mio sesso, che era ancora
infilato dentro a quello della mia dolce Matilde, schiacciata sotto il peso del
mio corpo ormai inerte; altre labbra mi davano teneri baci; un altro femmineo
sesso era appoggiato sulla mia coscia, e vi si strofinava, traendone un
voluttuoso piacere, inondandomi dei suoi umori vaginali, che scorrevano,
copiosi, sulla mia pelle: era la piccola, soave e cara Irene, che, solo allora
mi sono accorto che, durante il voluttuoso e profondo amplesso, che c’era stato
tra me e Matilde, si era unita a noi, in un viluppo inestricabile di corpi
eccitati dal desiderio del sesso, godendo assiemeyes”>’ a noi quel meraviglioso memento di supremo piacere.

” Matilde fu la
prima a ritornare nella dimensione normale dei viventi; scivolo con delicatezza
da sotto al mio corpo e disse alla figlia di prendere un pentola e di riempirla
d’acqua, per lavarmi i genitali, e tutto attorno ad essi, ancora sporchi, sia
del mio seme, sia degli umori vaginali delle due femmine, che avevo montate una
dopo l’altra, sia del sangue virginale di Irene.

” La figlia ubbidì
prontamente, e lei lavò con molta cura in miei genitali, dando continui, teneri
bacetti al glande del mio uccello (cosa, questa, che fece,ripetutamente, anche
Irene) ormai in una situazione di completa quieta e riposo.

” Dopo di che,
ripetette la stessa operazione con la figlia, che era sporca in mezzo alle
cosce del sangue della sua ‘prima volta’, unito al mio sperma e ai suoi umori
vaginali.

” Infine, con molta
cura, si lavò lei stessa, aiutata anche dalla figlia.

” Arrivati a questo
punto, si era ormai fatta quasi notte, dissi alle due donne che era ormai ora
di mettersi a dormire, perché il giorno successivo ci sarebbe stato da lavorare
molto, poiché, dissi loro, avevo intenzione di trasformare la nostra zattera in
una ‘casa’ galleggiante!

” Cosi, creandoci
alla meno peggio, un riparo, con i barili, le casse ed alcune tavole, ci
sdraiammo sul tavolato, io in mezzo e le due donne, strettamente abbracciate a
me, con i loro sessi schiacciati ‘sulle
mie cosce, piombammo in un sonno profondo.

Nel prossimo capitolo vi racconterò il seguito di questa
straordinaria avventura.

‘style=”mso-spacerun: yes”>”””””

”””’

Dormimmo
profondamente tutto la notte, né avrebbe potuto essere diversamente, visto che durante
tutta la notte appena trascorsa, avevamo appagato divinamente, oserei dire
quasi in modo animalesco, i nostri più sfrenati istinti sessuali.

Io fui il primo a risvegliarmi, verso le
sette, meno qualcosa, del mattino; le due donne dormivano, una coricata sul
fianco destro (era Matilde che teneva la gamba sinistra sulle mie cosce, mentre
col braccio sinistro mi teneva stretto a se, schiacciando le sue meravigliose
pocce sul mio lato sinistro) mentre Irene, coricata sul fianco sinistro, teneva
la gamba destra, pure essa, sulle mie cosce, sotto quella della madre, con le
calde e morbide labbra del suo sesso pressate sulla mia coscia destra, mentre
la sua morbida manina teneva stretto il mio scettro, che era già in uno stato
di possente erezione.

Il caldo, meraviglioso contatto con quelle
stupente creature; la visione delle loro statuarie, marmoree forme; il
meraviglioso odore di femmina che emanava da quelle veneree creature, fecero si
che, per un attimo, fui tentato di riprendere, col rinnovato vigore del
risveglio mattutino, la cavalcata che,
sui loro stupenti corpi femminei, avevo già sfrenatamente fatta per buona parte
della notte, ma poi, pensando alla giornata di lavoro che mi aspettava quel
giorno, per rendere il nostro natante di fortuna più accogliente e più idoneo a
consentirci di vivere il meglio possibile i giorni, che ahim&egrave, non sapevo
ancora quanti, che ancora sarebbe durato il nostro peregrinare in mezzo allo
sconfinato oceano, con un grande sforzo di volontà, mi trattenni e, con molta
delicatezza, per non svegliare le mie compagne di avventura, mi divincolai dai
i loro abbracci e mi allontanai da quelle paradisiache tentazioni, pensando che
una buona pisciata avrebbe risolto il problema della possente erezione in cui
si trovava il mio gagliardo bastone.

Allora mi girai verso il mare e, seppur con
qualche difficoltà a causa della erezione, riuscì a urinare, ma l’erezione
rimase così come era prima.

Mentre io stavo riflettendo su cosa fare
per tornare a far segnare le ‘sei e mezzo’ al mio ‘attrezzo’, la piccola Irene
si svegliò e, vedendo il mio turgido, duro, eretto e scappellato ‘arnese’,
rivolto all’insù, mi venne vicino, mi abbracciò strettamente, schiacciando le
sue morbide pocce sul mio petto, e cercando di alzarsi il più possibile per
riuscire ad arrivare all’altezza del mio pene (che le premeva il basso addome)
con la sua micetta par accoglierlo dentro il suo paradisiaco grembo, mi disse:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Amore
mio, il tuo bel pisellone non trova ancora pace! Vieni; fallo entrare dentro la
mia passerina, dove troverà la medicina, ma fagliene prendere tanto tanto, così
poi, finalmente sazio, potrà riposare in pace e dormire come un bambino che ha
avuto la sua poppata dalla mamma! –

Per un attimo non capì più niente; i miei
sensi ribollivano; la strinsi a me con forza quasi brutale,style=”mso-spacerun: yes”> che le fece emettere un gemito di dolore, ma
poi, con un sovrumano sforzo di volontà, mi sciolsi delicatamente dal suo
abbraccio e le dissi:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Mio
piccolo, dolce angelo dell’amore, vorrei tanto godere subito l’immenso piacere
che mi dona il tuo bellissimo corpicino di femmina, quando io vi entro dentro
con il mio sesso assetato di libidine e vi frugo fin nei suoi più intimi
recessi, fino a scoppiarvi dentro il mio seme della vita, ma adesso mi devo
privare di questa goduria, perché oggi ci aspetta una dura giornata di lavoro,
necessario per rendere questo relitto, che ci ospita, in mezzo allo sconfinato
mare, più accogliente e più confortevole.-

A questo punto intervenne Matilde, che nel
frattempo si era svegliata, e disse alla figlia:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Piccola
mia, il nostro caro Giuseppe ha ragione; frena i tuoi naturali istinti di
femmina in calore, la tua ansiosa sete di maschio; oggi c’&egrave da lavorare, ma
vedrai che poi, questa notte, il nostro potente maschione ci compenserà delle
privazioni alle quali ci sottoponiamo in questo momento, però, a te, Giuseppe,
voglio domandarti: come farai a trascorrere la giornata di lavoro di oggi,
tenendo il tuo appetitoso ‘albero della vita’ sempre duro e rivolto all’insù? E
noi, femmine del tuo arem, come faremo a resistere alla tentazione di saziare
il nostro ‘appetito’ del tuo dolce ‘frutto’,?

Al che io risposi, assumendo
l’atteggiamento serioso di un venerato, vecchio saggio:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Donna
di poca fede, aspetta e vedrai!-

Quindi, detto e fatto, riempì una grossa
pentola di acqua di mare e me la rovesciai sul pisello, che era ancora in
ebollizione.

L’effetto fu quasi immediato; la mia grossa
‘mazza’ cominciò a perdere consistenza e, seppur lentamente, tornò in posizione
di riposo.

Allora, le due donne, scoppiarono a ridere
come matte e, quasi all’unisono, dissero:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Però
se ci avessimo pensato noi non gli avremmo fatto prendere freddo, anzi, lo
avremmo ‘riscaldato’. ‘

Subito dopo questo scambio di battute
spiritose, facemmo una rapida colazione e, dopo aver dato alle due donne le
opportune istruzioni su come aiutarmi a fare quello che era nel mio progetto
(ovvero costruire, su quella piattaforma di legno che ci ospitava, una ‘stanza’
delle dimensioni di 4 metri di lunghezza e una larghezza di 2 metri e con una
altezza di 2, divisa in tre vani: cucina, camera e bagno, ciascuno dei quali
dotato di una finestra, e una porta d’ingresso all’insieme) mi armai di
martello, sega, tenaglie, pinze, scalpelli, chiodi. ecc., mi misi al lavoro.

Erano le otto del mattino quando iniziai.
Alle 8,30 della sera, con una breve pausa di mezz’ora per il pranzo, era tutto
finito!

La cucina, delle dimensioni di circa 1,5 x
2 metri, ospitava un rudimentale tavolo, con due panche per sedersi, poste una
di fronte all’altra ai lati del tavolo e un ‘angolo cottura’ opportunamente
attrezzato; la camera era semplicemente un tavolato di circa due metri di
lunghezza par un metro e settanta di larghezza,

rialzato
di circa 40 cm. dal pavimento a contatto con l’acqua; il bagno era costituito
da un sedile con il foro al centro, che scaricava direttamente sul mare.

Si erano fatte ormai le nove della sera; il
buio era ormai totale. Io, e le mie compagne di avventura, ci eravamo ritirati
nella cucina, che era illuminata da uno dei lumi a petrolio che avevo trovato
in uno dei bauli; le due donne erano impegnate a preparare la cena e io, stanco
ma soddisfatto dell’opera compiuta, mi ero seduto a tavolo e attendevo che la
cena fosse pronta.

Osservavo, quasi estasiato, le due
meravigliose creature che il destino mi aveva date come compagne di quella
fantastica avventura.

La loro nudità era qualcosa che polarizzò
completamente la mia attenzione; i miei occhi osservavano, quasi estasiati, le
loro perfette forme scultoree: quei bellissimi seni, che facevano su e giù ad
ogni loro movimento;

i
loro fianchi perfetti; il perfetto ovale dei loro sederi; lo splendore delle
loro cosce e delle loro gambe, lunghe e snelle, che terminavano con delle
caviglie piccole e sottili ma agili come quelle di una gazzella;

il
meraviglioso ciuffetto di pelo che, disegnando quasi un triangolo perfetto,
partiva dal basso addome e si insinuava fra le loro cosce, dove era celato il
più affascinante e paradisiaco mistero, che ogni uomo, degno di tal nome, vuole
a tutti i costi scoprire e violare!

Al cospetto di cotanta visione, il mio
uccello, che per tutta la giornata aveva ‘riposato’, si risvegliò
prepotentemente con una potente, incontenibile erezione, facendo emergere un glande
gonfio, turgido, rosso, paonazzo, pieno di libidine.

La mia mano destra, prese, quasi
automaticamente, a carezzare la mia verga che, al contatto, prese ad
inalberarsi ancora più prepotentemente, mentre i miei occhi fissavano, pieni di
ardente desiderio, le splendide nudità che mi stavano vicino.

A questo punto, Matilde, si accorse del mio
armeggiare sulla mazza, che mi si era eretta in tutto la sua possanza, e disse
alla figlia, con voce piena di intrigata complicità:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Irene
vai a fare un po’ di compagnia al nostro adorato maschione; non mi sembra
giusto che un uomo come lui, eccitato dalla presenza di due femmine nude vicino
a lui, debba toccarsi il suo sesso, mentre le due femmine, che scatenano i suoi
ardori maschili, non facciano niente per cercare di appagare la sua sete di
carne femminea; vai, dunque, la cena finisco di prepararla io.-

Irene non se lo fece ripetere due volte;
venne a sedersi vicino a me; mi abbracciò stretto stretto, schiacciandomi le
sue meravigliose pocce, il cui solo contatto mi inebriava: morbide e sode allo
stesso tempo, con la pelle liscia come morbida sete, con i capezzoli
prepotentemente rivolti all’insù.

La strinsi a me con forza, quasi
brutalmente, baciandola ardentemente sulla bocca, sugli occhi, sul collo, sulle
orecchie, quasi volessi mangiarla, mentre lei, con la mano destra, si era
impadronita del mio libidinoso uccello e lo masturbava con molta dolcezza,
producendomi goduriosi brividi di piacere.

Allora non resistetti più alla tentazione
di infilargli il mio possente bastona dentro quella boccuccia rosea e carnosa;
le presi la testa con la mano e la spinsi verso il mio turgidissimo glande,
puntandoglielo sulla bocca.

Lei non oppose nessuna resistenza e,
docilmente, se lo lasciò infilare in bocca.

Sentivo brividi di piacere percorrermi
tutto il corpo; ero quasi in estasi; quel corpo caldo, vibrante di passione,
quella pelle liscia e vellutata, quelle poccette, con i capezzoli resi duri
dalla eccitazione di quella femmina che voleva il maschio, schiacciate sulla
mia coscia destra, mi stavano trascinando in un abisso di libidinoso piacere.

Con la mano sinistra le spingevo, quasi
brutalmente, la testa contro il mio assetato uccello, schiacciando il mio
turgidissimo glande sulla sua gola; lei emettevayes”> gemiti soffocati di piacere, abbandonandosi completamente alla
volontà del suo maschio, tanto che mi sembrava di avere tra le mani un
disarticolato pupazzo di pezza.

Tenendola per i capelli, cominciai a
muovergli la testa avanti-indietro sul mio cazzo, ancor più eccitato dal rumore
che produceva il mio bastone nel entrare ed uscire dalla sua bocca.

Ero ormai prossimo ad esplodergli in gola
tutta la mia libidine; stavo quasi per raggiungere il punto di non ritorno ed
inondargli, quindi, la bocca con il mio bollente sperma, quando senti la voce
dolce e serena di Matilde, che mi sembrò, in quel magico momento, che mi
giungesse da un’altra dimensione, la dimensione della realtà terrena, che,
sciogliendoci con delicatezza dal nostro passionale viluppo, disse:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Irene,
piccola mia, non avere fretta di far godere il nostro caro, amato, Giuseppe e
di godere, a tua volta, del piacere che ti sa donare il suo duro e instancabile
albero della vita, altrimenti, stanotte, lo troveremo già stanco e affaticato;
adesso facciamo una buona mangiata e, soprattutto, facciamo mangiare il nostro
caro e adorato maschione, così si rimetterà in forze, anche con qualche buon
bicchiere di vino, così questa notte potrà farci vivere i più bei momenti di
piacere e di passione che una femmina può provare quando sente dentro di se il
membro, possente e prepotente, di un vero maschio, quale e il nostro adorato
uomo. ‘

Ciò detto, Matilde, fece sedere la figlia
di fronte a me, dall’altra parte del ‘tavolo’ e portò a tavola la cena.

Mangiammo con vero gusto e tanto appetito
quello che Matilde aveva preparato, dimostrando di essere una bravissima cuoca,
ma mentre mangiavamo, Irene, e ogni tanto, la madre, tutte e due con gli occhi
accesi dal desiderio di sesso che le pervadeva, da sotto il tavolo, con i loro
deliziosi piedini, si divertivano a stuzzicarmi l’uccello, emettendo gridolini
di soddisfazione e di piacere nel sentire che era tornato ad essere duro e
possente.

Nel vedere davanti a me quelle due
splendide creature, che anelavano di essere possedute dal maschio; quelle due
sublime nudità che non vedevano l’ora di essere brutalizzate dal sesso del
maschio dentro i loro femminei grembi, sentivo il sangue ribollirmi nelle vene;
sentivo il prepotente desiderio di saltare loro addosso e spegnere sulla loro
carne tutta la libidine che si era ancora una volta scatenata dentro di me, ma
resistetti alla tentazione di farlo subito, pensando alla notte di piacere che
avrei passato, tra poco, con quelle due splendite, statuarie creatura che un
destino, apparentemente avverso e seppur in una situazione drammatica, mi aveva
regalato, e perciò dissi a Matilde di prendermi la pipa e il tabacco (che avevo
travato in uno dei bauli) per farmi una rilassante fumata, dopo l’abbondante
cena che avevo gustato.

Lei si alzò prontamente per esaudire il mio
desiderio e io, nel frattempo, mi organizzai un piccolo, eccitante passatempo:
presi il delicato piedino di Irene, che continuava impertinente a giocare con
il mio durissimo pisello, e cominciai a strusciarmelo, delicatamente, sul
glande, traendone ondate di paradisiaco piacere, anche perché vedevo la mia
piccola Irene, con i seni eretti e resi turgidi dall’eccitazione, che si
toccava lascivamente la passerina, mentre mi guardava con uno sguardo implorante
che sembrava dicesse: ‘ti prego prendimi subito! Voglio sentire il tuo bastone
dentro il mio grembo; sentire il dolce dolore che mi dona quando, con brutale
forza, mi entra dentro per scaricare nel mio utero il bollente seme della
vita’.

Mentre io continuavo i miei giochini con il
dolce piedino di Irene, traendo, contemporaneamente, voluttuose boccate di fumo
dalla mia pipa, Matilde rimise in ordine la cucina e, quando ebbe finito, mi
alzai dal mio posto a tavola e, tenendo in braccio la piccola Irene, che si
teneva strettamente avvinghiata al mio collo, presi, con il braccio libero, per
la vita Matilde, che si strinse a me, carica di desiderio e di passione, e mi
avviai verso la ‘camera’, che sarebbe stata l’alcova dove avremmo trascorso la
nostra lunga notte di piacere.

Appena entrati feci sdraiare le due donne,
entrambe supine, sul letto fatto di asse di legno; le guardai un attimo, con il
pisello duro e turgido che si inarcava in continuazione, ammirando, pieno di
una sconvolgente eccitazione le loro armoniose e splendide forme, rese ancora
più eccitanti dal fatto che entrambe mi guardavano implorando, con le cosce
lascivamente divaricate.

La scena era quasi irreale, alla fioca luce
del lume a petrolio che illuminava il locale con una luce calda e rosata; i
nostri corpi fremevano dal desiderio di donarsi reciprocamente il supremo
piacere del sesso; tutta la stanza era pervasa da quella eccitante frenesia
d’amore.

Mi avvicinai a Irene che tese subito le
braccia, ansiosa di stringersi, di avvinghiarsi al mio corpo per fondersi con
esso in un viluppo di piacere.

In quel momento intervenne la madre e disse
alla figlia:

tab-stops:list 36.0pt’>mso-bidi-font-size:12.0pt’>-
Vieni,
piccola mia, sdraiati sul mio corpo, così, oltre al calore del desiderio del
nostro amato maschione, potrai sentire anche il calore del mio corpo che brucia
dal desiderio di essere posseduto dal maschio, e così anch’io, sentendo i colpi
con i quali, con il suo possente bastone, lui infierirà nel tuo tenero grempo,
potrò godere insieme a voi e formare con voi un unico meraviglioso amplesso di
supremo piacere. ‘

Irene obbedì alla madre e si sdraiò sul suo
corpo, che giaceva supino con le gambe divaricate.

La mia eccitazione aveva ormai oltrepassato
ogni limite; mi sdraiai sulla ragazza e, stringendo in unico abbraccio le due
splendide creature, entrai, con forza, in un sol colpo, con il mio uccello, al
parossismo della erezione, fra le teneri e dolci labbra del sesso della
fanciulla, la quale, nonostante il piccolo grido di dolore, che le sfuggì dalla
bocca al momento della penetrazione, reagì inarcandosi e spingendo verso l’alto
il bacino, fino a schiacciare il suo pube sul mio, a tal punto che senti i miei
testicoli infilarsi dentro la sua vagina.

Cominciai a pistonarla con forza, con
ruvida durezza, strappandole continui gemiti di piacere e di dolore, ai quali
si univano i gemiti di piacere della madre, che aveva assunto una posizione,
tale, che uno dei glutei di Irene le batteva sulla vagina ad ogni colpo che io
le davo.

I gemiti di piacere e di dolore delle due
donne; l’eccitante rumore, tipo splash-splash, che si produceva mentre il mio
durissimo uccello svolazzava, su e giù, nel entrare ed uscire dalle teneri
carne della mia piccola, dolce Irene, mi davano un senso di potente eccitazione
che cresceva di momento in momento, fino a portarmi, dopo circa cinque minuti,
e dopo un ultima poderosa spinta, e mentre le mie due amanti si torcevano sotto
l’effetto di un potente, irerefrenabile orgasmo, a scaricare, nelle caldi
viscere di quella venerea creatura, un fiume del mio caldo e libidinoso
sperma.

Ma, nonostante la potente eiaculazione
appena avuta, il mio cazzo rimaneva ancora possentemente duro e desideroso di
altra carne femminea; lo sfilai allora dal dolce abbraccio della vagina di
Irene e, dopo avergli dato un tenero bacio sulla bocca, la feci scivolare
dolcemente a fianco della madre.

Vidi allora la micetta di Irene tutta
slabbrata, con le grandi labbra tutte arrossate e tumide; questa visione aumentò
ancora di più la mia insaziabile sete di sesso e rivolsi, per conseguenza,
tutta la mia attenzione alla non meno bella e meravigliosa Matilde, la quale,
con le cosce lascivamente aperte e uno sguardo carico di desiderio, aspettava,
trepidante, di sentire il sesso del maschio entrare dentro il suo e fargli
godere tutto il piacere che può provare una vera donna quando &egrave posseduta da un
potente, incontentabile maschio.

La penetrai con dolce furore, mentre lei,
stringendosi spasmodicamente sul mio villoso petto, si inarcava verso l’alto in
una muta offerta di tutta se stessa al mio irruente amplesso.

Lei rispondeva ai mie durissimi colpi di
reni, con i quali la trafiggevo in continuazione, inarcandosi in continuazione,
con il mio stesso ritmo, cosicché i nostri rispettivi pube si schiacciavano
continuamente l’uno contro l’altro, producendo un rumore sordo di
spiaccicamento che mi accitava sempre di più.

Intanto la piccola Irene si era adagiata
sui nostri corpi, che ormai formavano un viluppo inestricabile, assumendo una
posizione tale per cui la sua passerina era schiacciata e scivolava, su e giù,
sul mio polpaccio destro, mentre i suoi morbidi e turgidi seni erano pressati e
scivolavano sul mio gluteo destro; io non credo che possa esistere un forma di
eccitazione erotica (né io ho mai più provato qualcosa di più alto ed appagante
di quella che stavo vivendo in quel momento) più paradisiaca di quella vissuta
in quella memorabile notte.

Le mordevo in continuazione i capezzoli,
strappandole gemiti di dolore e di piacere, mentre mi diceva di mordere più
forte, di farle ancora più male!

Poi, dopo circa venti minuti di quella
epica e paradisiaica cavalcata, quando sentivo che stavo per arrivare al punto
di non ritorno ed esplodere dentro il caldo e bruciante sesso di colei che
stava languidamente distesa sotto il mio corpo, afferrai la testa di Irene e la
spinsi sopra quella di sua madre e, quasi in modo animalesco, la addentai al
base del collo, strappandole un sottomesso gemito di dolore, mentre con un
ultimo poderoso colpo, che fecero penetrare i miei testicoli fra le morbide
labbra del sesso della mia dolce amante, scaricai, come un fiume inarrestabile,
tutto il mio seme nel grembo della adorata Matilde.

Dopo di che, finalmente appagato, mentre
Matilde mi teneva stretta a se con le gambe e con le braccia e mi baciava
teneramente, con il mio sesso ancora dentro il suo, mi rilasciai e piombai a
dormire in un sonno profondo: il sonno dei giusti.

Nel prossimo capitolo la conclusione di
questo mio racconto, sperando che sia stato di vostro gradimento.

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