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Racconti Erotici Etero

Le tette di burro della zia

By 25 Gennaio 2008Dicembre 16th, 2019No Comments

Prima parte

1

Era una di quelle giornate noiose. Una delle più schifose che abbia mai vissuto.
O per meglio dire: sembrava proprio il giorno più orribile della mia vita. Ma non fu così, Dio sia ringraziato.
Dicevo. La giornata era cominciata male. Stefania mi aveva mollato proprio quella mattina e, per il resto, non sapevo proprio dove sbattere la testa. Avevo 24 anni e stavo con i miei. Non avevo lavorato un solo giorno della mia vita e le prospettive facevano schifo.
Avevo interrotto gli studi circa un mese prima. Molto probabilmente la scelta di frequentare l’università non era stata quella giusta. Avevo fatto un paio di anni e gli esami che ero riuscito a dare era andati davvero male. Forse avevo sbagliato indirizzo. Eppure pensavo che l’archeologia e i beni culturali in generali mi appassionassero sul serio. Invece. &egrave proprio vero che a volte &egrave difficile capire anche se stessi.
Comunque, ho appena detto che la mia ragazza mi aveva mollato. Ciò non era proprio vero. Ci eravamo lasciati di comune accordo. In fondo l’avevo capito da tempo che lei era solo una troia come poche. In realtà mi sono sempre piaciute le ragazze molto porche e Stefania era proprio una di quelle. Forse ci siamo lasciati perché nessuno dei due voleva una storia seria.
Sì, &egrave stato proprio per quel motivo. Certo che però era una bella fregna. 22 anni, capelli corti e la mania dei jeans erano un suo simbolo, una scelta di vita. Aveva (e ha, mica &egrave morta) un viso ovale e un corpo certo non perfetto ma assolutamente in forma. Ansi, in ‘forme’. Quante volte mi sono perso tra le sue tettone. Una bella quarta di seno da spagnola. Che cazzo di mammelle gonfie.
Mi ricordo benissimo di quella volta che andammo al cinema a vedere il codice da Vinci. Un film di merda, certo, ma della pellicola non m’importava proprio nulla. Stefania aveva una maglietta troppo scollata(certo, era una troia coi fiocchi, lei) e ogni tanto mi prendeva la mano e se la portava sulla tetta destra invitandomi ad impastargliela tutta. Uscimmo dal cinema senza nemmeno aspettare la fine del film e andammo al mio appartamento.
Mentre eravamo nell’ascensore volli baciarla con tutto me stesso. Ogni volta che le nostre lingue s’intrecciarono, lei aveva il vizio di succhiare la mia, neanche fosse stato il mio cazzo duro. Mi spompinò la lingua fino a quando l’ascensore non si fermò. Poi uscimmo, sempre avvinghiati. Sicuramente la vicina era corsa a vedere chi poteva essere arrivato. Era una pettegola in piena regola e credo proprio che ci stesse guardando dallo spioncino. Anche lei una bella tettona, però più matura. Quarantasei anni da favola. Ma di questa vacca parleremo più avanti.
Io e Stefania entrammo nel mio appartamento e, appena la porta fu chiusa, lei scivolò verso la patta dei miei jeans. Sorrideva la troiona, vedendo che era bella gonfia.
Il mio cazzo non &egrave un mostro di misure ma a lei piaceva davvero. Era della sua portata e riusciva ad ingoiarlo fino alla radice anche se con qualche sforzo di troppo. &egrave lungo più o meno 17 centimetri. L’asta &egrave bella grossa, la cappella grassoccia e di una sinuosa forma.
Come abbassò la lampo, il cazzo le finì dritto sulla faccia. La punta era tutta piena di secrezioni e alcuni schizzi la sporcarono il viso facendola mugolare di piacere.
Scappellò l’uccello e prese a succhiare con vigore. Continuava a godere a voce alta e credo proprio che quel giorno la vicina abbia sentito proprio tutto quello che c’era da sentire.
‘Ingoialo tutto, Stefania, riempiti quella bocca di cazzo, forza!’, le gridavo io, afferrandola per la nuca e spingendole il cazzone in gola.
‘Uooorkk!’ faceva lei, ogni qual volta la cappella le arrivava nell’esofago.
‘UOOORK! UOOOORFFF! OOORRRRKKK!’
‘Toh, toh, toh! Mangia l’asta!’, dicevo.
‘Anche i coglioni, Massimo…dammi i coglioni…’, gridava la troia.
Tenni fermo l’uccello con la mano sinistra e con l’altra le davo da mangiare le palle. Sentivo che erano piene di sborra. Ma lo erano già da prima. Da quando eravamo al cinema. Non potevo durare a lungo ancora.
Intanto lei succhiava e baciava i coglioni e poi mugolava sempre. Aveva la bocca piena dei miei testicoli e ciucciava così forte che sembrava un’aspirapolvere.
‘Succhiami per bene, Stefania…succhialo con forza questo cazzo!’, le dissi, ricacciandole il cazzo in bocca. Cominciai a scoparle la faccia come fosse stata il suo culo e continuavo a dirle le cose più porche. Tanto a lei piaceva da morire.
‘Così, brava! Più veloce, pompinara! Fammi sentire quelle labbra, ingoialo tutto!’
‘Uooorf! Uorf! Wooorkkk! Ooorrrk!’, mugolò lei.
Ma non potevo venire così in fretta. Non volevo. La sollevai con forza e, prendendola per mano, la condussi nella camera da letto.
Non ricordo nemmeno di averla spogliata. Un attimo dopo era lì, nuda, con il cazzo duro tra le mammelle gonfie.
Ero sdraiato sul letto a cosce aperte e lei stava sul bordo del medesimo con le tettone strette nella morsa di entrambe le mani. L’uccello scorreva a velocità straordinaria e mi chiedevo come mai non le avevo ancora riempito di sperma quella faccia da troia.
‘Ti piace sentirlo fra le mie tette, eh? Senti che sode, porco!’
Eccome se le sentivo. Era un suono incredibilmente eccitante.
SBLOSH! SBLASH! SBLOSH! SBLATT! SBLOTT!
Ogni tanto aprivo gli occhi per gustarmi lo spettacolo e quello che vedevo mi spingeva a chiuderli in fretta perché altrimenti avrei sborrato di sicuro.
E sareste venuti anche voi nel vedere quelle mammelle che avvolgevano il cazzo in quel modo. La cappella scompariva tra quei budini di carne, poi riappariva per pochi istanti e poi scompariva ancora.
E poi sempre quei SBLOSH, SBLATT, SBLOTT, SBLASH!
Non ebbi neppure il fiato per dirle che stavo sborrando, che l’avrei inzaccherata di sperma le tette e la faccia. Ricordo solo quella crescente esplosione di piacere che culminò in una decina di schizzi veramente potenti.
Tenni gli occhi chiusi e la sentii parlare a voce troppo alta.
‘Cazzo quanto sborri! SLOOOORFFF! AMMMMM! SLOOOOOORP! &egrave un fiume di sperma, amore!’
Diceva e intantoto continuava a leccare e succhiare e io non ero più lì ma almeno tre metri più in su. Toccavo il cielo.

Fine prima parte

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