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Racconti Erotici Etero

Lei . .

By 13 Maggio 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Penso di essere una persona fortunata, riuscendo a trasformare un hobby in un lavoro. Da qualche mese ho aperto uno studio fotografico nel centro della città, una zona tranquilla popolata da notai, avvocati e qualche medico. Mi piace, sopratutto per la piazzetta con alberi e panchine dall’altra parte della strada, un ottimo posto per le pause pranzo o per staccare la spina in attesa dei clienti, o della voglia di lavorare.
Fin dall’inizio ho deciso di dare al mio studio fotografico una certa personalità, non volendo ritrovarmi a fare solo matrimoni e battesimi, ho quindi puntato fin da subito sulla cura della vetrina.
Mi ero deciso di creare una composizione molto particolare e al contempo semplice, in cui gli attori fossero solamente il bianco, il nero, il rosso, il giallo e il blu. Ogni settimana avrei cambiato una foto e ogni settimana avrebbe avuto lo scopo di trovare la foto per la settimana successiva, questo era il mio biglietto da visita e in un certo modo il mio impegno verso l’arte.
L’interno &egrave studiato in modo d’avere due zone d’esposizione ai lati, la parte destra con parquet in rovere chiaro e pareti in ocra, mentre la parte sinistra rovere scuro con le pareti in terra di Siena bruciata. Sul lato chiaro espongo scatti di paesaggi, matrimoni o feste. Sul lato scuro cerco di scuotere il comune senso del pudore, anche se &egrave sempre più difficile, mostrando un nudo di donna composto da scatti di soggetti diversi. Rubo ad ogni modella un particolare, creando un’armonia unica nelle forme, in mutazione come le donne e la mia fantasia. Metto in bella mostra il mio amore per il corpo femminile e la mia perversione.
I primi giorni diverse persone si fermarono a guardare la vetrina, vuoi la novità, vuoi perch&egrave forse le foto erano di loro gusto, ma diverse persone si fermavano a guardare il mio lavoro. Ero molto soddisfatto di questo primo risultato, poi il confronto con le persone che entravano e chiedevano, s’informavano, si coinvolgevano da soli nelle mie foto. E chi ha il coraggio di chiamarlo lavoro questo?
Lei fu una delle prime ad entrare, all’inizio quasi intimorita, dava uno sguardo veloce ed usciva. Non si fermava mai molto, ma la vedevo spesso passare davanti al negozio, fiera sui suoi tacchi e le gambe slanciate, il suo sguardo furbo si posava solo per un istante sulle foto finch&egrave non vide che ogni tanto qualcosa cambiava e mi regalava il piacere di guardare quel capolavoro intento a cercare il particolare che era cambiato.
Durante la settimana era sempre col tacco, ogni tanto pantaloni, ma il più delle volte gonne o vestiti. Mai niente di volgare, ma mai banale. La gonna era sempre quella virgola più corta, mostrando la tonicità delle gambe ad ogni falcata. Raramente l’ho vista con le calze, più di frequente con le parigine. Mai magliette, ma sempre camicette che le permettevano di giocare con la trasparenza, il bottone slacciato, la vaporosità. Ogni tanto una giacca, talvolta come unico indumento a mio avviso, o un giacchetto in base alle stagioni. Spalle sempre coperte ma mai nascoste. Sa usare i capelli come fossero un accessorio, raccolti in una coda per valorizzare il collo, o sciolti per valorizzare il viso, per dare la giusta cornice all’universo di emozioni che quegli occhi racchiudono.
Eravamo un appuntamento fisso, le mie foto e i suoi occhi.
Durante un book fotografico, nello studio ricavato sul retro del negozio, la giovane e speranzosa ragazza, mi chiese se poteva avere alcuni scatti di nudo, probabilmente come biglietto da visita aggiuntivo in una qualche audizione. Gli scatti furono molto dozzinali, le pose da lei scelte furono le stesse che io le sconsigliai, ma il cliente ha sempre ragione e sarebbero state le solite tette al vento e la classica bocca a culo di gallina. La ragazza aveva però dei fantastici occhi azzurri, decisi di coglierne l’essenza con un primo piano, il resto lo avrebbe fatto la post produzione, esaltando il colore dell’iride e valorizzando la sensualità innata degli occhi femminili.
Da li a qualche giorno sarebbe stata sulla vetrina del mio negozio, ma mai mi sarei aspettato che ricevesse un così alto gradimento. Si fermarono in diversi, rapiti più per il forte contrasto cromatico che per il soggetto, probabilmente qualcuno non si &egrave nemmeno reso conto che fosse un occhio, poi arrivò Lei. Mi misi sulla porta godendomi lo spettacolo del suo sguardo che, in un battito d’occhi, si posò dal nulla sulla mia vetrina. Si fermò a guardare la novità e potei vedere nei suoi occhi l’emozione, sembrava che percepisse la sensualità di quello sguardo con la stessa forza con cui la percepivo io, le mani strinsero la borsetta con più energia, mentre l’altra passò sui capelli.
Tutto iniziò così, nella più classica delle situazioni:
-Ciao!
Fu tutto a rallentatore nella mia mente, il suo sguardo che lentamente si sposta su di me, i suoi occhi dentro i miei, le sua labbra che si aprono in un sorriso e io che mi chiedevo da quale paradiso potesse essere sceso un angelo così maledettamente diabolico.
-Ciao! sono tue le foto?-
-Ma scherzi? le scarico da Instagram! – maledetto il mio vizio di fare battute pessime’.
-ahahaha dai!-
-Allora se ti piacciono sono le mie!
-e se non mi piacessero?- lo sguardo si chiude leggermente
-Sarebbero sempre mie, ma sarei meno felice di dirlo in giro! –
La sua risata mi piacque fin da subito, squillante, genuina, contagiosa! Balsamo per l’umore.
-Sai che dentro ce ne sono anche delle altre?- Mi avvicinai di un passo fingendo di non volermi far sentire – Sai &egrave uno studio fotografico! shhh- già adoravo quella risata!
-Purtroppo sono di fretta…a che ora chiudi di sera?
-di solito alle 19:30, ma stasera non andrò a casa fino a quando non passerai tu!-
-Allora alle 19:45 sarò qui! – e così com’era venuta, così se ne andò. Potei solo guardare quelle curve allontanarsi da me, non prima che un inaspettato sguardo mi venisse regalato poco prima di girare l’angolo.
La giornata passò lenta, scandita dal mio guardare in modo insistente ed ossessivo ogni orologio a portata di sguardo. Un inferno.
Decisi di sedermi su una delle poltrone nello studio, sfogliando un libro di foto sugli uccelli presenti nelle pinete attorno alla città. Se il fotografo sapesse che quelle stesse zone, sono da tempo luogo d’incontro per coppie scambiste, gay e prostitute, avrebbe avuto di sicuro un occhio di riguardo per il sottotitolo, evitando di sicuro quel ‘Gli uccelli della nostra pineta’.
-Si può? – disse aprendo la porta e facendo entrare una vampata d’autunno
-Certamente! Ciao!
Decisi d’illustrarle i miei lavori, un po per vanto, un po per sua insistenza. Notai che era particolarmente rapita dalle foto con un forte contrasto cromatico, faceva domande sul perch&egrave, sul come, sul quando, su tutto. Era piacevole sentire la sua voce ed interessante il confronto con le sue idee. Si era ambientata quasi subito lanciando borsa e giacca sul divanetto, una veste meno formale a quella cui ero abituato.
Per l’occasione avevo spento le luci sul lato scuro del mio studio, lasciando di proposito illuminata la sola parte chiara, tante volte avevo pensato di fare una presentazione in quel modo e quella fu la prima volta che la sperimentai.
-Ora hai visto la parte chiara, limpida e pura del mio lavoro. Ma se ti giri un secondo vorrei mostrarti quello che più di mio e personale si più trovare in questo studio.
Con un rapido e studiato gioco d’interruttori, frutto di una dura pratica nel pomeriggio, spensi tutte le luci e accesi solo quelle sul lato sinistro. Il suo volto si aprì allo stupore, i suoi occhi brillarono per un istante e le sue mani corsero sui fianchi vinte dalla gravità.
Restai in silenzio per diversi minuti, le diedi il tempo di guardare ed elaborare, fece alcuni passi indietro, poi si avvicinò di nuovo e mi guardò come per darmi l’ok.
-Lascia che ti spieghi questo lavoro. Alla base c’&egrave il bisogno della perfetta armonia del corpo femminile. L’armonia assoluta nelle forme, nei movimenti e nei sensi. Non trovando tutto questo in una singola persona, rubo le piccole perfezioni di ogni donna e le unisco fino a creare la figura che per me, in quel preciso istante, rappresenta l’armonia perfetta.
-Quante foto sono?
-In tutto sono trenta foto, ognuna lavorata per armonizzarsi con le altre, senza toglierle nulla dell’essenza originale.
Restò in silenzio ancora un lungo tempo, guardava ogni foto, ogni particolare. Era un piacere vederla alzata sulle punte o china per cogliere un particolare.
-Quante donne sono?
-Trenta
-Trenta donne per trenta foto? sei esigente ragazzo!- e ancora quella risata’
-Accontentarsi non porta alla perfezione – dissi un po indurito per la sua affermazione
-Touche! Ma qui mi sembra di vedere una corda!
-Ti consiglio di guardare con maggior attenzione il capezzolo destro, la spalla destra, le caviglie e l’interno coscia sinistro –
-Ma…&egrave quello che credo che sia?- un velo di rossore velò le guance
-Tu cosa credi che sia?-
-Sul capezzolo sembra cera-
-Lo &egrave! –
-Anche nell’interno coscia, sembra essere cera- ora stringeva i pugni con più fermezza
-Esatto! ottimo spirito d’osservazione!
-La caviglia…bhe &egrave la corda
-La spalla invece non ci arriva mai nessuno
-Sembra…un morso..
Restai un po meravigliato…di solito nessuno pensa al morso. Vedevo i suoi occhi brillare, il suo petto si muoveva con un ritmo più accelerato. Se lo scopo di un artista &egrave emozionare, quel giorno avevo fatto bene il mo lavoro.
-Vuoi qualcosa da bere?
-dovrei tornare …a casa’- ma non staccava gli occhi da quelle foto
-Le foto saranno qui anche domani, insieme a me e al vino – ma il suo sguardo non accennava a staccarsi dalla parete. Poi un flash, forse un ricordo o un pensiero e la frenesia di uscire s’impossessarono di lei
-Hai ragione. Scusa si sta facendo tardi. Devo scappare!
E come sempre…così com’era venuta…così se ne andò, ma da quel giorno iniziò a fermarsi sempre dopo il lavoro, curiosa quando una nuova foto veniva aggiunta. Era sempre più piacevole averla attorno.
Il lavoro andava bene e dovetti anche restare chiuso alcuni giorni per fare una serie di servizi fuori città, tra cui una festa a tema bdsm fetish molto famosa da quelle parti. Non era la prima volta che partecipavo, ma era una delle prime volte che venni assunto come fotografo. Fu un esperienza molto stimolante e passai diversi giorni a mettere ordine nelle centinaia e centinaia di foto che avevo scattato.
Alla riapertura del negozio cambiai alcune foto negli allestimenti interni, sopratutto per quanto riguardava il nudo femminile. Su 30 foto ne cambiai 20, fu la prima rivoluzione di quel progetto.
-Bentornato! – la sentii dire sull’uscio
-Ciao! si ho avuto molto lavoro fuori città!
-Stasera mi faresti vedere qualche foto che hai scattato? dai! – potevo dire di no?
-ahaha volentieri, spero che però non rimarrai scandalizzata
-non &egrave facile scandalizzarmi cosa credi!
-&egrave una sfida?
-la perderesti! a stasera! – il tutto accompagnato da una lingua e un sorriso a occhi stretti…bella.
Ormai l’ansia era sparita da un pezzo, ma ero curioso di vedere la sua reazione davanti alle nuove foto e al nuovo soggetto. In giornata già diversi clienti avevano mostrato un velato diniego, frutto del bigottismo innato di questa città, ma &egrave lo scopo di quest’installazione, turbare la morale comune.
Avevo chiuso il negozio e tirato le tende, in modo che le luci interne risaltassero maggiormente, con lo scopo di ricreare la situazione della prima volta. La sentii bussare e la feci entrare, d’istinto prese il mio braccio con le mani aggrappandosi, sentivo il suo corpo sulla mia spalla, il suo respiro.
-Ma sei pazzo al buio?
-Non ho pagato le bollette…mi spiace! ahha
-Scemo accendi!
La portai in mezzo alla stanza, lasciandola al centro, rivolta verso la parete. Io mi spostai, accesi le luci e vidi il suo stupore misto ad una leggera e celata eccitazione. Gli occhi brillavano davanti al corpo di una donna con mani e gambe legate e il corpo percorso da mille corde diverse. Gli occhi erano solcati dalle lacrime, ma pieni di una lussuria mai vista prima. Ero rimasto pietrificato io stesso quando vidi gli scatti. Ogni foto era una storia diversa, fatta di corde, di nastri, di cera, di fruste. Ogni foto la rapiva…la eccitava.
La vidi isolarsi un po alla volta, sola con i suoi pensieri e la sua eccitazione. Si muoveva rapita verso una foto, poi un’altra, le mani che percorrevano i segni di quelle corde, come a volerne sentire l’essenza.
Mi avvicinai a lei lentamente, non feci nessun rumore, rapito anch’io dalla bellezza di quell’arte, rapito dalle sue mani che si muovevano distrattamente sul ventre, poi su una coscia, su un seno.
Lei percepiva la mia presenza, le ero alle spalle. Si fermò. Immobile. Mani sui fianchi. Sguardo nel vuoto. Respiro accelerato. Non una parola da parte di entrambi.
Portai le mie mani sulle sue, la sfiorai leggermente seguendo la forma del suo braccio. Vibrava sotto le mie mani. Salii piano, poco per volta. In modo quasi distratto e calcolato arrivai sulle sue spalle lasciate scoperte dalla camicetta, forse troppo sbottonata.
Un sospiro più profondo degli altri, mentre una mano si spostava lungo i suoi fianchi, disegnandone le forme, mentre l’altra le stava spostando i capelli di lato, liberando il collo da ogni nascondiglio.
Appoggiai leggermente le labbra sull sua pelle e un brivido percorse entrambi i corpi. Si sposto in avanti e si girò, guardandomi con gli occhi carichi di lussuria. Le labbra leggermente aperte ad aiutare nella respirazione resa ormai difficoltosa dalla voglia.
Un balzo e mi fu addosso, in preda ad un eccitazione irrefrenabile, ma fu fermata dalle mie mani. In un gesto fulmineo gliele presi entrambe e con decisione le feci fare i pochi passi che ci separavano dal muro. Gli occhi incredubi, la lingua che leggermente umetta le labbra, il respiro che si fa più accellerato, i capezzoli che reclamano attenzione. Un attimo e la sua schiena trovò il muro, la guardai un istante poi come in un Walter, la girai con il volto verso il muro. La lasciai con le mani appoggiate al muro mentre le mie percorrevano il suo collo, glielo cinsero con studiata decisione un gesto e gli occhi si poterono guardare ancora. Vidi le labbra schiudersi, la lingua guizzare fuori in cerca della mia, mi negai. Iniziai a massaggiare con decisione la parte frontale del collo, mentre le mie labbra assaggiavano la sua pelle. Lentamente portai l’altra mano sul suo fianco, leggera a sfiorare la pelle da sopra la stoffa, ma come pensavo non vi era traccia del reggiseno. Una scarica di eccitazione mi fece aumentare la forza dei miei baci e i suoi sospiri marcarono il piacere che questo gli donava.
Arrivai al fianco, sentivo le gambe sotto le mie mani, le sentivo tremare ad ogni tocco, fino a quando non arrivai alla pelle, gemette cercando ancora invano le mie labbra.
Risalì l’interno coscia e abbassandomi leggermente iniziai a baciare quel limbo di piacere alla base del collo, seguivo le sue forme, sentivo la natica sotto la mia mano, sentivo il calore…alzai l gonna e arrivai all’elastico del perizoma. D’istinto inarcò la schiena ed assecondò il movimento per facilitarmi ad abbassarle, dando lei stessa il colpo finale coi piedi e lanciandole in un angolo remoto della stanza.
La girai nuovamente, vedevo gli occhi persi dal piacere e il suo odore riempiva le mie narici. In un impeto le strappai i bottoni della camicia, me ne sarei pentito qualche ora dopo, ma in quel momento la visione del suo seno muoversi a ritmo del nostro piacere, mi distrasse dalle conseguenze di quell’insano gesto’
-Non fare un passo o un gesto – Scandii lentamente e con voce misurata queste parole, non ammettevo repliche.
Chiusi a chiave il negozio, spensi tutte le luci tranne una, quella sopra di lei. Le ombre, le luci, giocavano con le sue forme creando un opera d’arte sull’opera.
Mi tolsi la camicia fissandola negli occhi, aprì leggermente le gambe senza mai distogliere il mio sguardo. Slacciai la cintura e il primo bottone, mi avvicinai finch&egrave non ebbi le sue labbra ad un respiro dalle mie, il suo corpo fremeva sotto al mio. La baciai con una passione tale da mozzarmi il respiro, le sue mani percorrevano la mia schiena, sentivo le unghie segnarmi la pelle, mentre le mie mani percorrevano il suo corpo. Mi staccai e scesi lentamente sul suo collo, gemeva ormai in preda alla voglia più irrefrenabile, mentre le mie labbra assaporavano ogni centimetro del suo corpo, divorando i suoi capezzoli, torturandoli incitato dai suoi gemiti e dalle sue mani che martoriavano il mio capo. Scesi ancora, sfiorando al sua pelle, assaggiandola di tanto in tanto, riempendomi i sensi di lei. M’inginocchiai prendendo la sua gamba e iniziando a baciarla e a far correre le mie mani sul polpaccio, salendo verso la coscia, mentre le labbra ricoprivano di baci dove poco prima passavano le dita. Mi fermai a vedere la perfezione, una leggera striscia di pelo, il piacere che imperlava le grandi labbra ormai dischiuse, appoggiai le labbra sul suo clitoride, un bacio fugace seguito da un sospiro. Le mani percorsero le sue gambe, rapendo le sue natiche mentre la mia bocca si dissetava di lei. Colpi leggeri a disegnare il contorto delle labbra, ora veloci a stimolare il clitoride, ora profondi per dissetarmi del suo piacere mentre i suoi lamenti sono sempre più marcati. Ora chiede di continuare, ora di prenderla, ora ansima in preda al piacere. Il suo corpo fremeva ad ogni mio bacio, fino a riempirmi le labbra del suo nettare e il suo corpo percorso dagli spasmi dell’orgasmo. Le sue mani sulla testa premevano sempre di più, gridando sempre di più. Mi alzai guardandola negli occhi. La baciai facendole sentire il suo sapore, la sua dolcezza, la sua lussuria. Le sue mani sul mio corpo, non stacca le labbra dalle mie, ma le sue mani mi liberano prima dei pantaloni e poi dei boxer.
Non c’&egrave bisogno di altro. Non ci staccammo un istante mentre lei, con una gamba appoggiata ad una sedia mi permise di entrare in lei, aggrappandosi al mio corpo. Lentamente assaporai ogni istante di quel calore, le sue mani mi strinsero forte a se, scesero verso i lombi a voler forzare il ritmo. L’accontentai con un colpo di reni, vidi i suoi occhi perdersi, si blocco un’istante per poi riprendere a baciarmi con più foga, ansimando e assecondando i miei colpi.
Era splendido sentirla godere, era magico. Mi stesi sul pavimento e lei mi sali sopra, la luce dall’alto nascondeva i suoi occhi, che luccicavano dal piacere. Puntò le mani sul mio petto, mentre le mie mani l’afferravano saldamente per i fianchi. Fu una cavalcata furiosa, le sue grida di piacere, i suoi orgasmi echeggiarono per la stanza e per la strada. Era un orgasmo continuo, ripeteva all’ossessione che non capiva più niente, frasi sconnesse talvolta, urla di piacere per l’ennesimo orgasmo altre.
Si accasciò sul mio petto, ansimante, tremante. Bastavano le contrazione del mio cazzo per farla sobbalzare, mentre le mie mani percorrevano il suo corpo sfiorandolo e provocandole nuovi brividi.
Quando si alzò, rimasi incantato, il suo corpo tremava ancora, imperlato dal piacere e dal sudore. Mi guardò con uno sguardo che mai dimenticherò, un sorriso mentre i suoi occhi si spostarono in basso. S’inginocchiò facendolo scomparire tra le labbra, senza mai perdere il contatto coi miei occhi. Mi massaggiava e assaporava. Sentivo il piacere montare in me, le sue mani stringevano le mie sempre più forte, fino a quando non capitolai dentro le sue labbra. Gridai dal piacere,vedevo il mio sperma uscire dalle sue labbra , vedevo i suoi occhi pieni di soddisfazione. Non le diedi il tempo di fare nessun gesto, la baciai con foga sentendo il mio sapore, sentendo le sue mani sul mio viso. Non mi sarei staccato mai. Vorrei non fosse finito mai quel momento.
Ci accasciammo al suolo entrambi esausti. Non c’era bisogno di dire niente, non c’erano le forze per parlare. Mi persi nei suoi occhi. Eravamo entrambi stesi sul pavimento. Un groviglio di gambe e braccia, di sensi mescolati, di pensieri. Fumavamo la nostra sigaretta, disegnando arabeschi di fumo davanti alla lampada, una tela per i nostri pensieri ingarbugliati.
Si rivestì lentamente, mentre io mi beavo di quel corpo che sinuosamente s’infilava nella gonna, il seno sparire bottone dopo bottone, i capelli tornare a incorniciare il viso decisamente più arrossato di qualche ora prima. Mi sorrideva, arrossiva maggiormente se mai fosse stato possibile, mi fissava con quegli occhi da gatta che mi stavano facendo morire. Si chinò per sistemarsi le scarpe, ovviamente accentuando il gesto in modo plateale, dandomi le spalle mi donò la visione delle sue gambe chilometriche e toniche, si lisciò le scarpe per qualche istante facendomi intravvedere la mancanza del perizoma, lasciato distrattamente appoggiato al muro. Accennai ad alzarmi, ma in un gesto felino, posò il suo piede sul petto, fermandomi.
-Non osare alzarti o non andiamo più da nessuna parte
Allargò leggermente la gamba e il mio sguardo vagò dalla caviglia, salendo lentamente verso il il ginocchio e le cosce, il muscolo si contrasse leggermente aprendosi di qualche centimetro, alzai lo sguardo verso il suo, carico di lussuria mi fissava sorridendomi. Una mano si lisciò i capelli, mentre l’altra percorso le forme del suo seno, scese verso il fianco raggiungendo l’orlo della gonna. Mi fissava, mentre lentamente mostrava la peluria imperlata di piacere e di voglia. Il tacco del piede premeva sul petto, ma non era lei a spingere, la mia voglia di abbeverarmi da quella calda e succosa fonte premeva su quel tacco.
-Vuoi lasciarmi così? – indicando la poderosa erezione che mi aveva provocato quel gioco
Non parlò. Si mise sopra di me, mostrandomi l’interno coscia e le grandi labbra. Due passi indietro e lentamente si chinò su di me.
-Non muoverti.
Sentivo i suoi fianchi massaggiarmi, il piacere che le contrazioni mi stavano donando erano paradisiache. Afferrai le sue caviglie, limitandomi a massaggiare quelle gambe. Iniziò ad ansimare. I movimenti erano sempre più ampi e profondi. Nei suoi occhi vedevo il piacere montare in lei, dalla camicia i capezzoli chiedevano attenzioni, volevano lingua, saliva e denti. I nostri gemiti si unirono in uno solo, pochi colpi e poi il calore del suo orgasmo fu troppo per me. Capitolai con un lungo e profondo grido di piacere, mentre lei strabuzzava gli occhi, persi uno dentro l’altro. Con un gesto fulmineo mi tolsi da lei e prendendola per le natiche la feci cadere sul mio viso. Rivoli di sperma e succo si mischiarono nella mia bocca, mi abbeverai di quel nettare così dolce e mi beai dello stupore nei suoi occhi.
Si alzò mal ferma sulle gambe, i capelli ancora arruffati e l’aria accaldata di chi non era pronta per godere ancora. Mi guardò ancora un po incredula, si chinò e appoggiò le sue labbra sulle mie, condivisi con lei quel nettare cibandomi di quelle labbra. Un ultimo bacio più tenero, un ultimo sguardo
-Grazie davvero. A domani!
Il suono dei suoi passi, la porta che si chiuse e io mi addormentai.
Da quella sera cambiò tutto, fu inevitabile che la mia fame di lei aumentasse. La sua richiesta di essere fotografata mi stimolava. Volevo ritrarla nella sua massima espressione di piacere, volevo valorizzare quel corpo come nessuno avrebbe mai fatto. La mia mente era presa da un nuovo progetto e il mio lavoro ne veniva contaminato di continuo, ritrovandomi foto delle gambe in controluce della sposa, book fotografici dove il nudo artistico era sempre più nudo e per un periodo due labbra rosse grondanti piacere, erano in bella mostra sulla mia vetrina. L’ottusità comune giustificava quel liquido come latte, ma era solo il frutto del duro lavoro della modella. Forse un po oca, ma dal talento innegabile per l’arte bolognese.
Era passata poco più di una settimana da quella sera, ma non fu l’ultima volta che ci vedemmo. Durante la settimana ogni mattina passava a regalarmi un sorriso e il buongiorno, mai un gesto fuori posto, mai un accenno di carezza, a lei bastava uno sguardo a me osservare quel corpo percorso dalla voglia. Ogni sera prima di tornare a casa, passava dal negozio. Già la sera seguente tentò di replicare ma avevo ben altri piani in serbo. Ci scambiammo qualche bacio, molte carezze, ma sempre attento a non andare oltre, cercando sempre di tenerla sul filo del rasoio. Mi ricordò subito la promessa fatta e la rassicurai, ogni sera dovevo rassicurarla. Era difficile lasciarla uscire dal negozio senza aver assaggiato il suo sapore, o essermi perso nei suoi occhi, o aver goduto del suo calore.
Il venerdì sera c’incontrammo per caso, ovviamente, al bar dietro l’angolo. Tutte facce note, avvocati, notai, segretarie, bene o male ci si conosceva. La vidi arrivare in tutto il suo splendore, fasciata da un tailleur nero, una camicia bianca e l’accessorio che mi ha da sempre stregato. La cravatta. Mentre il lattaio cercava di spiegarmi che per certe foto era meglio mostrare anche la mozzarella e non solo il latte, segui i suoi movimenti, la rapidità con cui si muoveva sui tacchi era imbarazzante, l’agilità tra i tavoli, gli sguardi che riusciva a rapire, seguivo il tutto al rallentatore.
Riuscì a carpire alcune frasi del suo discorso e finalmente capii che era fidanzata, la cosa non mi meravigliava, una bellezza come la sua &egrave difficile che resti senza compagno per troppo tempo. I programmi per il fine settimana erano semplici, sarebbero andati ad un evento molto popolare la sera dopo, una degustazione di vini. Mentre la domenica sarebbero stati ad un matrimonio, sospetto che quello fu uno dei motivi che mi portano a credere ai miracoli.
La sera seguente convinsi alcuni amici a seguirmi a quella degustazione, la curiosità e la voglia di giocare erano troppa per lasciarmi sfuggire l’occasione e l’evento era l’ideale per usare come scusa la casualità, se mai fosse stata necessaria una scusa. Entrammo nell’androne dell’antico palazzo, nel chiostro interno era stato preparato un rinfresco, mentre sotto il porticato erano presenti tavolini e sgabelli. L’acustica pessima non permetteva l’uso della musica dal vivo, ma gli organizzatori non lo sapevano e ci misero un violinista in mezzo al prato. Lo vidi dopo pochi minuti riporre il violino e degustare dell’ottimo prosecco.
Le sue gambe uscivano sensuali dallo spacco della lunga gonna bianca, un paio di sandali impreziosivano il piede delicato, le spalle coperte da una giacca coprivano anche una camicetta, il cui ultimo bottone lasciava una vista di preferenza a chi avrebbe saputo coglierla. Rideva, si divertiva, sicuramente era spensierata, ma l’espressione di stupore nel vedermi fu impagabile. Gli occhi brillarono ed un accenno di brindisi fu un tacito saluto.
Fu un gioco di sguardi, di gambe leggermente aperte, di una mano che ne sfiora distrattamente un’altra, durante un momento di fila al bar sfiorai il suo braccio, scendendo verso il fianco. Chinò la testa di lato, scoprendo il collo. L’avrei presa li, davanti a tutti, l’avrei baciata, posseduta, li in piedi in quell’istante che sembrava durare una vita. Le passai a lato andando verso un corridoio buio, dietro l’angolo una lunga e stretta scalinata finiva nel buio. Sentivo i suoi passi dietro i miei, feci la prima rampa di scale e mi fermai nel piccolo pianerottolo. I suoi passi si fermarono, era buio, la sua figura in controluce era una sinfonia d’emozioni, sentivo il suo profumo, il battito del suo cuore. Presi le sue mani, cercai il viso e baciai con passione quelle calde labbra, mi staccò quasi subito
-ho poco tempo
Non la lasciai finire, la girai e piegai alzandole la gonna. Non aveva intimo, fu troppo anche per me. Affondai la faccia e inizia a dissetarmi da quel nettare, le mia lingua si ricordò dove andare, le mie labbra come baciare e il mio naso si riempì di lei ancora una volta. Ansimava, ma a denti stretti. Mi alzai e la baciai mentre con due dita le stimolavo il clitoride. La sentivo vibrare, gemeva nella mia bocca e la schiena inarcata spingeva il suo seno sul mio petto, stava per venire. Mi staccai da lei e feci un passo indietro.
-Ti suona il cellulare – facendole notare il rumore della vibrazione venire dalla borsetta.
-Chissenefrega -ringhiò pretendendo il suo piacere
Se avesse potuto vedere il mio viso, avrebbe visto un ghigno.
-Rispondi, noi ci vediamo lunedì.
-No …spetta…ma’-
Stavo già scendendo le scale mentre lei cercava di capire cosa fosse successo
-Si pronto? …si …si ero al bagno..arrivo’
I miei amici, come capita in queste occasioni, avevano già attaccato bottone con alcune ragazze, ci salutammo velocemente deciso a tornare a casa. Le lancia uno sguardo e la vidi sbranarmi in un mix di voglia e rabbia, si bevve tutto il bicchiere di prosecco. Uno sguardo ed ero uscito, una doccia fredda mi aspettava a casa.
Il giorno dopo avevo un matrimonio, foto a casa dello sposo, caff&egrave, foto a casa della sposa e caff&egrave. Arrivato in chiesa quasi ebbi un mancamento, lei era tra gli invitati. Lo stupore questa volta era di entrambi, ma l’eccitazione si poteva tagliare con un coltello. Durante la messa non potei esimermi da qualche foto rubata e lei si prestava a regalarmi sguardi che mi scioglievano. Il caos del matrimonio e il mio lavoro ci fecero perdere di vista, la rividi ad ormai cena iniziata, mentre ero indaffarato a smontare l’attrezzatura e mangia un boccone, la vidi passarmi vicino dirigendosi verso un giardino interno. Il vestito rosso la fasciava come un guanto esaltando le sue forme, ne ero rapito. Venni rapito da una mano che mi spinse verso il muro, le sue labbra subito sulle mie, le sue mani attorno al collo.
-Mi stai seguendo per caso? – mi chiese sorridendo
-Sciocca &egrave lavoro’
-Baciare l’amica dello sposo &egrave lavoro?- come adoravo quella risata…
-No ‘.fotografarla lo &egrave
Arrossì leggermente
-Sciocco, fotografa gli sposi! Non voglio foto del mio culo sul loro album!
-Prometto che resteranno nel mio album personale
Ridemmo entrambi, poi la vidi guardarsi attorno e con un gesto veloce si mise le mani sotto la gonna, armeggiò un po e si tolse il perizoma, stranamente rosso.
-Bomboniera! torno al tavolo
Un ultimo bacio e ricominciò il mio lavoro, fatto di giri attorno ai tavoli, di foto rubate, di interminabili foto di gruppo. Un’agonia. Odio i matrimoni. La guardavo mentre accavallava le gambe, mentre si chinava a prendere qualcosa, mentre si sistemava sulla sedia…sapeva che la guardavo, questa era il suo show per me.
Verso il tardo pomeriggio le celebrazioni finirono, il sole tramontava ed era tempo per le ultime foto, molti erano andati via, altri cercavano di restare in piedi e altri invece avevano subito il fascino del vino. Il sole scendeva all’orizzonte, un bagliore ancora filtrava e la colpiva, lei appoggiata al muro di spalle risplendeva. Le feci diversi scatti, lei se ne accorse, si girò, alzo leggermente il vestito, senza che io smettessi di fotografare. La striscia di pelo imperlata dalla voglia ora luccicava, baciata da quel fortunato raggio di sole. La guardai fissa negli occhi mentre, con cura e discrezione, immersi il naso nel suo odore catturato dal perizoma. L’avrei presa li, subito.
Quella mattina avevo dei clienti in negozio, non mi ero minimamente accorto della sua presenza alla vetrina, ma quando entrò il suo profumo fu come il caff&egrave al mattino. Mi destai immediatamente dal torpore della conversazione con la noiosa coppietta, tanto carina ma dalla vitalità di un pesce morto, ma sopratutto indecisa se avere foto a colori o bianco e nero. Li liquidai col solito trucco del prezzo, nessuno vuole spendere il giusto per delle foto…tipico.
Accompagnai i clienti alla porta, sfiorando il suo profumo, sfiorando il suo sguardo carico di stupore e lussuria, aveva visto la nuova foto della settimana. Non appena chiusi la porta sentì la sua borsa cadere a terra, mi girai e le sue labbra s’incollarono alle mie.
-Buongiorno anche a te!
Riprendemmo fiato entrambi, ma era durissima restare lucidi.
-Buongiorno! – col suo sorriso splendente -quella foto.. sono io?
-Quella rossa? l’ho messa stamattina, ti piace? – feci il vago…
-Quella foto, sono io? -il suo sguardo mi trafiggeva.
La foto in questione era un particolare di una delle molte foto fatte al matrimonio, una di queste coglieva il particolare delle grandi labbra spuntare dal vestito rosso. Ad uno sguardo distratto sembravano semplici pieghe, sopratutto per il gioco di contrasti e colore, ma lei le mie foto le ha sempre guardate…era il mio regalo per lei.
-Si sei tu!
-Sei un pazzo! – ancora quella risata…
-Perché?
-Perché sei un pazzo. Chiudi tutto e restiamo tutto il giorno qui dentro – Mi si avvicinò slacciandosi i primi bottoni della camicetta
Le presi le mani tra le mie, le portai alla bocca e restai un attimo a pensare. L’attrezzatura era pronta, dovevo solo montare le ultime cose e terminare il set, avrei potuto farlo in serata.
-A cosa pensi?
Si. Era giunto il momento
-Stasera non ci vedremo, ho del lavoro da fare. Ma domani tu sarai ammalata e io sarò chiuso. Voglio che vieni con 5 cambi d’intimo, quello che ti serve per truccarti e il necessario per una doccia.
Mi guardava con aria stranita
-Che dobbiamo fare?
-Domani sarai la mia modella.
Gli occhi si riempirono di paura, poi eccitazione, poi paura e poi piacere per la carezza che le stavo facendo.
-Accetti?
Si attaccò al collo e mi bacio con una serie d’incalzanti – Si Si Si Si si si ssi siSIii!
Fu una giornata difficile, la mente viaggiava, l’eccitazione mi assaliva. Durante la serata preparai le ultime cose, avevo installato una serie di macchine fotografiche ai lati e sul soffitto, avrei potuto cogliere una serie di particolari che sarebbero sfuggiti anche a me, il tutto comandato da un telecomando, un click e tutte scattavano, in aggiunta a quella che avrei usato io. Era la prima volta che realizzavo un sistema simile, l’avevo pensato per questo scopo e finalmente ebbi l’occasione…e che occasione.
La notte passò insonne, nemmeno l’erba migliore riuscì a farmi dormire quella sera, il che mi ha anche un po innervosito.
Arrivai al negozio un po teso, raramente mi emozionavo per un book, ma quel giorno era diverso. Tutto sarebbe stato diverso.
Sentii bussare e lei entrò col suo passo svelto e i suoi occhiali a nascondere il volto, uno stereotipo molto diffuso per farsi notare.
Parlammo molto, subito. Lei aveva dei timori ed era comprensibile, paura sopratutto di essere riconosciuta se avessi messo le foto online, di quello che le avrei fatto, insomma una serie di dubbi. La rassicurai, cercai di fugare ogni dubbio fino al
-Voglio solo regalarti la tua esperienza più emozionante fin’ora provata. Ti ho aspettata per così tanto tempo’
Andammo nella stanza che usavo come studio fotografico, lei poteva vedere le macchine fotografiche, le luci, alcuni fili. Non poteva vedere sotto i teloni, ma avevo lasciato in bella mostra una maschera nera sul letto.
-Ora ti chiedo di vestirti e truccarti, hai tutto il tempo che vuoi e non ti farò fretta. Io sarò di la nel negozio, quando hai finito basta che suoni questo campanello. Ho aperto una bottiglia di prosecco, li ci sono i bicchieri. Per qualsiasi cosa, suona!
Passò circa mezz’ora prima di sentire il campanello. Una media accettabile, ho dovuto aspettare anche 2h per quelle più lagnose.
Il trucco era leggero, come suo solito. I capelli erano raccolti in una coda di cavallo che le cadeva a lato. Semplice ma efficace. Aveva indossato un body nero, con una maglia a trame fine sul ventre e sulla schiena, mentre alcuni pizzi rossi ornavano i bordi dello slip e del reggiseno. La sua pelle olivastra risaltava e l’olio che le avevo lasciato esaltava la lucentezza.
-Sei un sogno’- a bocca aperta
-..tu il mio incubo
-Rilassati! Ora faremo una serie di scatti, non appena ti senti a tuo agio puoi iniziare a provare con pose meno caste, se vuoi spogliarti ne sei libera, se vuoi cambiarti basta che lo dici e ci fermiamo. Tu detti il passo, nessuno ci corre dietro!
I primi scatti furono veramente pessimi, era molto impacciata, ma capita a molte la prima volta. Iniziai a parlare di cose futili, il corpo si distrae e si scioglie, la tensione svanisce e arriva la naturalezza. Porto i discorsi sull’avventura al pianerottolo, il suo sguardo cambia. I suoi movimenti sono più sinuosi, le pose meno plastiche.
-Quel giorno non avevi il perizoma’
Mi guardava mentre piegata in avanti mostrava le sue gambe in tutta la lunghezza
-Avevo scopato da poco con il mio ragazzo – un sorriso apparse sul suo volto. Non smisi di fotografare.
-Eppure non ti ho vista andare ad nessuna parte mentre ero li
-Quando sei arrivato, mi stavo togliendo il suo sapore dalla bocca con il vino – fu dura continuare a scattare e non perdermi in quella risata
Dopo alcuni minuti mi chiese di cambiarsi, ma ci mise pochi minuti ed uscì con uno slip nero in pizzo, con un reggiseno in coordinato, le trasparenze erano le mie preferite..
-Continuiamo, sentiti libera di giocare e di fare quello che ti senti!
Andammo avanti alcuni minuti con foto, normali. Poi qualcosa cambiò.
-Possiamo mettere su un po di musica? – il tono della voce caldo’
-Tutta la musica che vuoi, hai portato qualcosa o faccio io?
-C’&egrave una penna con dei pezzi sul bancone, lasciala andare!
CI misi pochi minuti e tornai, con lei che seguendo il ritmo della musica aveva iniziato a flettersi sulle ginocchia, a ballare, a sedurre la fotocamera.
Ora a gambe aperte mostra un labbro, ora accavalla le gambe sulla poltrona, ora s’inginocchia accarezzandosi i glutei. E io rapito non smettevo di scattare. I suoi occhi mi rapivano, le sue mani mi ammaliavano. Era elettrizzante l’aria che si respirava.
Nel giro di una mezz’ora si spogliò, regalandomi rare perle d’erotismo. Un capezzolo intravisto, il clitoride e le piccole labbra nascoste da 2 dita, i capezzoli bagnati dal suo piacere. Le prime gocce che lentamente imperlavano il pelo. Lo sguardo che si faceva più magnetico. La lingua che frenetica massaggiava le labbra’
Ero in preda ad un erezione, ma non facevo nulla per nasconderla. Mi avvicinai di qualche passo, mi mise il piede sulla spalla donandomi una prospettiva unica.
-Direi che ti sei scaldata!
-Ho voglia…dammelo
-Tu hai sempre voglia, non mi freghi..
-Dammelo ‘- spalancando le gambe e iniziando a massaggiarsi..
-Cosa vorresti? – stava montando la lussuria, non smisi un istante di fare foto.
Si passò le dita sulle labbra, poi se le infilò dentro con colpi studiati e lenti. Gli occhi si chiusero un istante, un sospiro.
-Tu – leccandosi il piacere dalle dita
-Godi per me ‘
Iniziò a giocare col clitoride, gli occhi chiusi, la bocca aperta, raggiunse l’orgasmo in breve, brevissimo tempo. Il rumore delle sue dita che entravano in quel pertugio bagnato, venivano in parte coperte dalla musica, ma l’odore che si respirava…era sesso puro.
Immortalai ogni istante del suo orgasmo, ogni spasmo, ogni muscolo.
-Bene, ora che hai familiarizzato con la macchina, possiamo iniziare.
-Iniziare? non abbiamo finito?
-No cara mia, abbiamo appena iniziato. Vatti a dare una rinfrescata e torna qui. Se vuoi c’&egrave una doccia di la, sentiti libera di usarla se vuoi!
Era un po frastornata, forse si aspettava qualcosa di diverso, forse pensava che alla fine avremmo anche scopato. Tornò quasi subito, più distesa.
-Cosa devo fare?
-Mettiti la mascherina e stenditi sul materassino. Sappi che ti metterò delle cinghie ai polsi, ma sono più per scenografia che per costrizione, non le troverai scomode, ma ne capirai il senso. Ti ho promesso di farti provare qualcosa di unico, di mai provato. Fidati di me.
Non disse una parola, si mise la maschera, sistemò i capelli e si stese. Legarla fu per me emozionante. Sentire il cuoio sulla sua pelle, la catena, il suo sguardo eccitato e spaventato mi appagavano.
Feci una serie di scatti, dei dettagli ora che la palle non era ancora arrossata. Scatti preziosi.
-Ora metterò una benda sui tuoi occhi. sarà appoggiata, quindi non ti darà fastidio.
Mi guardò con pietà.
-Iniziamo.
Presi una piuma e inizia a percorrere le sue braccia. Colpi leggeri. Il suo corpo si muoveva come scosso dalla corrente. Segnai il suo fianco, la coppa del suo seno avvicinandomi ai capezzoli, senza mai sfiorarli. Arrivai al ventre e ormai le scosse erano continue, gemeva leggermente. Passai alle gambe, ne percorsi e disegnai le forme, arrivando a sfiorarle le grandi labbra, senza mai andare oltre. Vedevo la sua figa contrarsi leggermente, piccoli spasmi.
Presi l’olio per il corpo e iniziai a farlo cadere, piano a filo sul suo corpo, i capezzoli, il clitoride, il ventre, le gambe. Poi mi regalai la sua pelle, la massaggiai, spalmai l’olio sui capezzoli, giocandoci e facendola gemere, poi passai al ventre, alle gambe, alle cosce. Spalmai con decisione l’olio sulle grandi labbra, a mano aperta massaggiai anche l’interno, scendendo leggermente e lubrificando anche il buco posteriore. Mi mordevo le labbra, ma la sue pelle mi faceva impazzire..
Dopo un rapido passaggio al bagno per lavarmi, tornai armato di candela.
-Ora sentirai qualcosa di nuovo, farà male. Ma ti piacerà. Non subito. Ma ti piacerà.
-Cosa mi fai? – tremava leggermente la voce
-Nulla che una doccia non laverà via
La prima goccia cadde sul capezzolo. Mi fermai a vedere il corpo fremere come scosso da una scarica improvvisa. La macchine fotografavano all’impazzata. Altre gocce, una sopra l’altra a coprire il capezzolo. La sentivo, non urlava, non voleva darmi questa soddisfazione. Tratteneva il fiato, poi gemeva. Lasciai cadere alcune gocce sul petto fino ad arrivare all’altro capezzolo. Ripetei l’operazione e lei ancora non emise un gemito di dolore. Mi stavo eccitando sempre di più’Presi un’altra candela e impostai lo scatto programmato. Una candela sul ventre, una sui capezzoli. Disegnavo piccoli cerchi, la cera colpiva punti imprevedibili, il corpo si muoveva, si contraeva e finalmente un gemito di dolore e di piacere uscì da quelle labbra.
Le due candele si rincorrevano in una danza, il suo corpo seguiva e partecipava a questo ballo fatto di scosse, di vibrazioni, di piacere e di dolore che si uniscono per creare un quadro. Mi fermai. Tutto si fermò. Anche il suo respiro. Con una spazzola tolsi la cera dalle zone maggiormente coperte, colpi veloci, non si sentonof nemmeno.
Lasciai sciogliere la cera qualche istante.
-Non ‘.pen’.pensavooo..che fosse’- un urlo…di dolore, piacere, stupore…un urlo di tutto.
Entrambe le candele versarono un paio di cucchiai di cera bollente sui due capezzoli e sul seno. Vidi le piccole labbra aprirsi, quasi schiudersi.
-Ti piace?
-non lo so cazzo..non lo so!
Aspettai un minuto e ricoprii il ventre e un fianco. Un’ altro urlo, questa volta di piacere e dolore.
-Cazzo fa male!
-Ma?
-Non smettere’
-Non sei tu a dare ordini.
Questa volta colpi le grandi labbra, il clitoride e l’interno coscia, fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Mi fermai, la vidi contorcersi mentre la cera si raffreddava e la pelle iniziava a tirare. Piccole scariche di piacere e di dolore si susseguivano. Il suo corpo era tempestato da spasmi.
Presi la spazzola e tolsi via la cera, la graffiai leggermente
-Cazzo!
-ops!
-Sono sensibile!
-Lo so- il mio tono non ammetteva repliche.
Presi la piuma e iniziai a stimolare le zone che erano state inondate di cera bollente. La maggior sensibilità la faceva gemere, sopratutto quando iniziai a stimolare il clitoride. Gemette più forte e più forte ancora.
-Ti prego..
-Cosa?
-Non ce la faccio più…fammi godere.
-Come si chiede?
-Stronzo
Svuotai il serbatoio della candela, rimasta accesa per circa 10 minuti ormai, sul clitoride.
Urlò, mentre con la cera ancora calda iniziai a stimolarle il clitoride. Mi bruciai anche io.
-SSi…s.iiiii …non smettereee ..
Tolsi le dita e versai la cera dell’altra candela e subito le mie dita vi s’immersero.
-voglio godere…ti pregooooo!!!!-
Venne urlando, venne con brividi, venne con per almeno 5 minuti. Io l’osservavo contorcersi, nel suo piacere. Ogni tanto sfioravo il clitoride con la piuma e l’orgasmo riprendeva vigore. La tenni in balia del piacere usando la piuma per altri 10 minuti, poi con la spazzola tolsi tutta la cera, cerca di essere delicato ma la sensibilità era tale che venne ancora, gemendo e gridando tutto il suo piacere.
Il suo respiro era accelerato, il suo petto si muoveva in maniera spasmodica, le macchine non smisero di fotografare, ogni gemito era immortalato, ogni spasmo rubato.
Una volta che pulita, la slegai. Ma non le tolsi la maschera ne la benda. Passa il suo corpo con l’olio per il corpo, sentendola vibrare ad ogni passata.
-Non smetto di tremare
-&egrave il piacere’
-cosa mi hai fatto??
Le passai un dito sul clitoride
-Se mi sfiori…godo!
Entrai dentro di lei, la volevo. Infrangei la regola più importante, ma quella volta non aveva senso.
La feci mia, le tolsi la maschera e mi dimenticai delle macchine fotografiche.
Il suo sguardo era pieno di stanchezza e di piacere, il trucco rovinato da qualche lacrima, le labbra gonfie dalla voglia e pronte a ridarmi ogni bacio, la lingua ad assaporarmi …gli occhi a rapirmi.
Mi salì sopra, mi cavalcò come fece nel negozio, ma questa volta vedevo il bisogno di godere, le grandi labbra erano gonfie e il clitoride sembrava dovesse esplodere e così fece …la sentì contrarsi, quasi a stritolarmi. Gli occhi strabuzzati, un grido di piacere che terminarono in un sorriso di beatitudine, mentre io sotto di lei capitolavo con la mia dose di grida.
Non so quanto restammo li, fermi esausti a prendere fiato, forse una vita forse due.
Non parlammo non dicemmo niente. Forse ci addormentammo o forse fu un sogno.
Facemmo la doccia insieme, ma nessuno dei due voleva andare oltre alle carezze e ai baci, le lavai i capelli, la insaponai, l’asciugai e la misi dentro al suo accappatoio.
-non so cosa dire..
-L’emozioni non si possono spiegare. no? – e le sorrisi. Parlare talvolta &egrave superfluo.

Il giorno dopo lo studio rimase chiuso. Le mandai un messaggio dicendole che alla sera ci sarebbe stata un’esposizione in anteprima dedicata a lei.
Preparai le luci come avevo imparato, installai le nuove foto e aspettai sorseggiando la mia birra. Avrebbe apprezzato? chi lo sa’
Quando arrivò la feci accomodare, la misi davanti al muro e una volta accese le luci mi godetti lo spettacolo del suo stupore. Un emozione che non mi abbandonerà mai credo.
-Ma..
Lo stupore di riconoscersi in una foto, poi in un’altra e un’altra ancora..
-Ma…sono io!
-Si
-No ma in tutte! in tutte sono io! – guardava con emozione ogni singola foto, come se toccarla le facesse rivivere qualche emozione..
-Ho capito che la perfezione per me, sei tu. Semplicemente tu. Prima di conoscerti avevo bisogno di 30 modelle per rappresentare la perfezione del corpo femminile, adesso ho capito che aspettavo solo te.
Qualche mese &egrave ormai passato, ma sembrano anni per la rivoluzione che la mia vita ha subito. Il negozio &egrave sempre li e per ora gli affari vanno a gonfie vele. L’installazione a Lei dedicata &egrave ancora li, in bella mostra. Per alcuni giorni un avvocato passava tutte le mattina. Entrava con la sua ventiquattrore, si guardava in giro e se non c’era nessuno prendeva una sedia, la metteva in mezzo alla stanza e stava 20 minuti buoni a fissarla. Lo vedevo attento, studiava ogni foto con perizia, ogni tanto si avvicinava e altre volte si allontanava, per cambiare la prospettiva. Poi sparì. Non seppi mai cosa stesse cercando, ma pensai che lo avesse trovato.
Dopo quella sera le cose sono cambiate, per entrambi. Da parte sua c’era la voglia di sperimentare, dalla mia una fame d’emozioni come mai prima d’ora. Non ne avevo mai abbastanza.
Accadde che un giorno, vuoi il fato, vuoi la vita o vuoi semplicemente la fortuna, riservino delle sorprese. Così quel giorno ce lo si ricorda per forza, non dimentico il cliente noioso che voleva uno sconto di 5 maledetti euro su una foto, come non dimentico l’orrenda camicia che indossavo…ne il perch&egrave. Insomma quel giorno quando la porta si aprì, il primo pensiero fu esattamente ‘Sono fottuto’. Rasato, spalle larghe, barba rasata, un occhiale a goccia, Lui fece la sua entrata nella Mia vita così’
Gli dedicai un sorriso un po tirato, forse. Liquidai il cliente, concedendogli lo sconto pur di levarmelo di torno e potermi prendere il rullo di pacconi che, da li a breve, quelle mani mi avrebbero riservato. Da quel giorno tengo sempre in ordine il kit del primo soccorso. Così, per scrupolo.
-Buongiorno! – squillai nel modo meno naturale possibile
-Buongiorno! – Nessuno sguardo da serial killer. Nessuna voce da pazzia omicida imminente. Solo un buongiorno caldo e amichevole. Quella volta mi andò di culo.
Le solite frasi di circostanza ‘Si accomodi’, ‘se ha bisogno chieda’ ‘&egrave inutile che guardi le macchine fotografiche tanto ti conviene comprarle al mediaworld’ e tornai al mio lavoro. Un occhio sul registro, un occhio a Lui. Lo vedevo rapito dalla composizione fotografica dedicata alla Sua donna. Come tutti si avvicinava a cogliere un dettaglio e si allontanava per bearsi dell’insieme. Come feci a suo tempo io’
Mi rivolse tantissime domande, sul perch&egrave della composizione, sul soggetto, sul messaggio che volevo comunicare. Mi stupì molto la sua curiosità, ma ancora di più la sua disarmante sincerità nel farmi i complimenti o critiche.
-Ma ancora non mi &egrave chiaro cosa tu voglia comunicare. Qual’&egrave lo scopo di queste foto in realtà. Che si tratti di un nudo di donna &egrave lapalissiano, ma mi rifiuto di credere che sia tutto fine a se stesso.
-Vedi…Ho sempre avuto una convinzione, l’artista e lo spettatore vedono due opere diverse, perch&egrave diverse sono le aspettative, diverse sono le esperienze, diverso quello che si cerca. Io posso provare ad instillarti un pensiero, un emozone, un sentimento se sono fortunato. Questo &egrave il mio compito. Il mio lavoro. Lo scopo della mia arte. Tu, spettatore, devi fare il resto. Devi alimentare quel pensiero o quello che sarà, fino a capire quello che ti voglio dire. Ma lo devi capire tu, non posso spiegarti un emozione. Se ne fossi capire…scriverei – e tirai un grosso sospiro..
Ricordo che quella conversazione fu una delle più brillanti dopo diverso tempo. Rimasi affascinato da quell’uomo e dal suo punto di vista. Capii per quelle due anime si erano trovate.
Mi ritrovai in una situazione paradossale, Lui veniva a farmi visita un paio di volta la settimana , Lei la vedevo ogni giorno. Passava, uno sguardo, un gesto ed era subito una buona giornata. Ogni tanto dopo il lavoro si fermava per un calice di vino e per parlare di fantasie, di emozioni, di ricordi.
-E se ti facessi altre foto?
-Vuoi cambiare il muro?
-Perch&egrave no? reinventarsi &egrave lo scopo dell’arte stessa.
Mi passò la mano sulla coscia, dal ginocchio salendo verso il cavallo dei pantaloni. Le dita affusolate sulla stoffa, un brivido lungo la schiena.
-Alzati e inginocchiati
Le dita si fermarono. Lo sguardo fisso sul mio. Un velo di lussuria appannava il suo sguardo.
S’inginocchiò tra le mie gambe, sicura che quella fosse la mia richiesta. La feci allontanare di qualche passo. Accennò ad una flebile protesta
-Alzati la gonna e mettiti a carponi.
Il velo di lussuria si fece più fitto.
-Guarda fissa il muro.
Presi il mio frustino di pelle morbida, mi avvicinai a lei beandomi delle sue forme. Le gambe toniche, leggermente tese ed unite. I gomiti appoggiati al suolo mettevano in risalto la sua perfezione. Con la punta della frusta sfioravo le sue gambe. I muscoli si contraevano. La schiena vibrava. Sali leggermente e lentamente. Sfiorai ogni centimetro della sua pelle.
Un colpo secco. Non forte, ne violento. Deciso. Un urlo più di stupore che di dolore.
Sfiorai la zona arrossata, ne segnai i contorni, disegnai piccoli cerchi al suo interno. Una vibrazione continua, uno spasmo sena fine. Spinsi il tessuto del perizoma contro le sue labbra, lo feci aderire al clitoride spingendo e strappandole un gemito più profondo degli altri. Un leggero movimento del bacino, un accenno per prolungare quel contatto di qualche sospiro. Percorrevo le sue gambe dal tallone coperto dai sandali, fino all’interno coscia, sfiorando il tessuto e terminando la passata con un colpo di frusta deciso, sempre controllato. Aumentavo il ritmo delle passate, la loro velocità e l’intensità della frustata. Ogni gemito, ogni sussulto, ogni sospiro erano per me. Le feci abbassare e poi togliere il perizoma. Un forte odore di voglia pervase i miei sensi. M’inebriai per un istante di quel profumo, l’odore di una donna e del piacere che verrà. Ne feci una pallina, che con delicatezza spinsi all’interno della sua figa. I sospiri aumentavano, la stoffa creava un leggero attrito, ma veniva subito inumidita dal bisogno di godere. Vedevo quel candido buco contrarsi ritmicamente, ad ogni spasmo, ad ogni affondo del mio dito tra le sue grandi labbra, a nascondere quell’indumento dallo sguardo del mondo.
La frusta ora segnava i contorni delle grandi labbra, piccole frustate andavano a stimolare il clitoride. Gemiti sempre più forti, spasmi sempre più prolungati.
-ti prego’- quasi fosse una supplica
Passai il cuoio sulla pelle un’ultima volta. Un ultimo colpo sul clitoride. Sulle grandi labbra. Sulle natiche.
-Alzati
Il respiro accelerato e i capezzoli tesi allo spasmo erano una poesia per i sensi. Le sue mani passavo veloce sul corpo, sulle cosce, sulle natiche arrossate. Chiudeva gli occhi, chissà dove vagava la sua mente.
Mi allontanai di qualche passo, dirigendomi verso la porta. Presi la sua borsa in mano e guardandola fissa negli occhi
-A domani
-cosa??!
-Ho detto. A domani – Rafforzando il tutto con l’apertura della porta. L’ora tarda, le luci soffuse all’interno. Risultavamo alquanto anonimi.
Vedevo la rabbia prendere il posto della lussuria. Si avvicinò a grandi passi, subito non ci fece casa. A pochi passi da me il tessuto dentro di lei le solleticava le pareti interne. Ua stimolazione continua. La presi per un braccio portandola sull’uscio. L’appoggiai all’uscio e in un movimento fluido portai la mia mano sotto la sua gonna, mentre l’altra la teneva bloccata allo stipite con fermezza.
-Godi
Tirai con un movimento continuo il filo del perizoma che restava fuori. Gli occhi si riempirono di stupore, un accenno di gemito strozzato sul nascere per non destare attenzione. Lanciai il perizoma all’interno del negozio e lo sostituì subito con due dita ad uncino.
-Ho detto Godi – non staccavo il mio sguardo dal suo. La sua mano sulla mia spalla. Le mie dita che entravano ed uscivano ad un ritmo frenetico, un affondo più intenso. Le mie dita che si muovono dentro di lei. Gli occhi spalancati. Non un gemito. Il ritmo delle mie dita sempre più veloce. I brividi sempre più intensi. Gli occhi sempre più sbarrati. Poi l’orgasmo. Devastante. Intenso. Infinito.
Le misi la borsa in mano e con un piccolo gesto l’allontanai di qualche passo. Chiusi la porta. Tirai le tende. Spensi le luci e pensai tutta la notte. La vidi qualche minuto dopo guardare dentro, non mi vide. Gli occhi le brillavano. Le gambe non la reggevano. Il suo odore rimase in mia compagnia tutta la notte.
Il mattino dopo mi misi sulla porta ad aspettare il suo passaggio. Da lontano mi notò. Non volle degnarmi di uno sguardo, fino a quando non notò che in mano tenevo il suo perizoma. La fissai negli occhi mentre m’inebriavo dei ricordi. Un sorriso apparve sul suo volto, uno sguardo intenso e un piccolo morso sulla lingua a darmi il consueto buongiorno.
Il nuovo set di foto sulla vetrina, ne comprendeva una molto particolare. Era un dettaglio di una corda legata attorno ad un collo. Il bianco e nero donava una perversa purezza a quella composizione. Lui ne fu subito rapito e con altrettanta velocità partirono una serie di domande, le stesse a cui sono abituato oramai. Prima la conferma che quello che stava guardando, fosse quello che aveva inteso lui. Poi la curiosità di sapere chi fosse. Mi sorprese quando volle sapere quale messaggio volessi esprimere. Di solito mi chiedono se sono malato. Non male.
Fu così che parlammo molto della fotografia erotica. Lo vedevo rapito, coinvolto. S’illuminò quando parlammo del bdsm e le volte sucessive volle approfondire il discorso sempre di più. Gli parlai così delle modelle, del loro bisogno di dominazione e del mio bisogno di dominare il loro piacere, la ricerca di quest’ultimo attraverso il dolore, fino a trasformare le lacrime in sospiri. La dominazione per raggiungere la libertà sessuale, libera da ogni preconcetto o morale.
Passò un pomeriggio, avevo una mezza voglia di chiudere il negozio. Poca gente e meno voglia a dirla tutta. Mi venne a far visita forse per noia, forse perch&egrave ormai potevamo considerarci amici o forse perch&egrave aveva domande che ancora non sapeva di volermi fare.
-Stavo per chiudere. Entra dentro che ci beviamo una birra!
-Non si nega mai una birra!
E iniziammo una nuova chiacchierata, frivolezze, esperienze. Il solito insomma, fino alla sua richiesta di voler vedere qualche foto inedita.
-Me ne hai parlato così tanto che, ormai non batsa più immaginare – come a volersi giustificare
-Sai che &egrave un atto di fede il mio? – ed in effetti mai avevo mostrato quelle foto ad altri. Ma le dinamiche son strane e talvolta fidarsi viene così…facile.
-Lo capisco, ma saprò non deluderti!
Tirai le serrande, presi un paio di sedie e collegai il portatile al proiettore. Una tenda copriva le vetrinette e le foto dei matrimoni, diventando il nostro schermo.
Avviai la sequenza di foto. Un capezzolo ricoperto di cera. Uno spillo infilato in un capezzolo. Un ghiacciolo tra le grandi labbra. Una corda attorno a dei polsi. Gli occhi ribaltati dal piacere. Fruste. Segni. Abrasioni.
Lo vedevo malfermo sulla sedia. Si muoveva in continuazione. Un uomo eccitato che se ne vergogna forse.
-Tutto bene?
-non lo so. Ci sono scene forti. Ho visto una natica rigata da una goccia di sangue. Ma altre sono piene di passione. Si sente il dolore, si sente il piacere..&egrave coinvolgente.
-Sono felice che ti piacciano. Ora cambio genere!
Sullo schermo forme maschili subivano gli stessi trattamenti. Cappelle ricoperte di cera. Collari. Pettorali definiti segnati dalle fruste. Una corda che fasciava l’asta, lasciando libera solo la cappella luccicante.
-Ti danno fastidio?
non mi rispose subito. Forse stava cercando di capirlo.
-No. Ma non so perch&egrave.
-Lo so io il perch&egrave.
Lo guardai notando per la prima volta i suoi lineamenti. Un volto piacevole, uno sguardo profondo. Le mani non stavano ferme e si poteva vedere crescere qualcosa sotto quella zip.
Mi alzai e m’inginocchiai tra le sue gambe.
-Cosa’
-buono ‘
Armeggiai con la cintura e la cerniera dei pantaloni. Inarcò leggermente il busto e mi permise di abbassare boxer e pantaloni, con un po di fatica.
Svettava davanti a me un cazzo di tutto rispetto. Già in perfetta erezione. Senza un pelo. Palle gonfie. Lo guardavo fisso negli occhi mentre posavo le mani sulle sue cosce. Passavo le dita sulla pelle. Vibrava anche lui, vibrava anche il suo cazzo.
Mi alzai sulle ginocchia per portarmi con le labbra sopra la cappella. Distolse lo sguardo da me, ma con una mano presi il mento girandolo verso di me. Lo fissai intensamente mentre la lingua si appoggiò alla sua cappella. Un sapore di maschio. Caldo. Buono. Un sospiro.
Iniziai con piccoli colpi di lingua a stimolarlo. Mi piaceva. Ogni tanto avvolgevo le labbra all’asta e la lingua giocava con il prepuzio. Poi l’eccitazione mi prese. Affondai la bocca cercando di sfamarmi. Affondi lenti e pronfondi, sentivo le vede scorrermi sulle labbra e sulla lingua. I sospiri aumentarono con l’aumentare dei miei affondi. Il suo profumo m’inebriava. Sentivo sotto le mani i muscoli delle sue cosce tendersi. Ripresi il controllo e lo guardai fisso. Era una maschera di piacere. Mi guardava e mi sorrise appena. Affondai la bocca senza distogliere il mio sguardo, lento ed inesorabile fino a quando il naso non toccò il pube. Muovevo leggermente la bocca, lo sentivo nella gola. Pulsava. Mi alzai di poco e poi ripresi ad affondare. Una. Due. Tre volte. Sentii le sue mani sulla nuca. Gliele presi e le strinsi alle mie posandole sulle ginocchia. Aumentai il ritmo fino a quando il fiato non manco. Un piccolo colpo di tosse. Mi alzai il giusto per prendere fiato. Un’altor affondo. Lo sentivo sempre più grosso. Ansimava sempre più velocemente. Lo sfilai lento dalla mia gola, sentendo le pulsazioni del suo cazzo sempre più forti.
Svettava davanti a me. Lucido e luccicante. Pulsante. I suoi occhi erano increduli e supplicanti. I miei affamati.
Mi buttai su di lui stringendo le sue mani, lui strinse le mie e continuò a stringerle mentre la sua cappella massaggiava la mia gola, mentre la mia lingua assaggiava ogni centimetro di quel palo. Aumentai il ritmo sempre. Quasi soffocavo dalla forza con cui affondavo. Stringevo le labbra per sentirne la consistenza. Un sapore dolcissimo e nuovo si poggiò sulla mia lingua. Era ad un passo. Pochi affondi rapidi e profondi. Le sue mani stringevano sempre di più fino a quando un fiotto di dolce sperma non si posò sul mio palato pochi. Subito altri e altri ancora. Non mi fermai un istante. Il suo bacino si alzò quasi a scoparmi la gola. Scaricò un ultimo interminabile fiotto, che raccolsi insieme agli altri.
Mi alzai, ingoiando parte del suo sperma. Mi avvinai lento alle sue labbra, si ritrasse istintivamente ma non si negò al mio bacio. Alla mia lingua dentro la sua bocca. Gli riversai in bocca lo sperma rimasto.
Un ultimo bacio…le sue mani che si massaggiavano lo scroto ormai svuotato e lo sguardo perso nel vuoto. Lo guardai dall’alto, iniziando ad armeggiare con la mia cintura.
-non credo di riuscirci’
-Lo hai mai fatto prima?
-No’
-E allora non puoi saperlo!
Si ritrovò davanti il mio cazzo, gonfio, duro. Prima ci posò gli occhi. Poi la mano ad accennare una piccola sega. Stringeva. Saggiava la consistenza.
Pensavo che l’approccio sarebbe durato più a lungo, ma la curiosità vinse. Mi guardò un’ultima volta, un velo di rossore sulle gote. Vergogna? Eccitazione? non fu importante.
Sentivo la sua lingua, morbida, calda. Scorreva sull’asta. Sentivo le labbra appoggiate che scorrevano lentamente, dal pube alla cappella. Piccoli colpi di lingua. Un po di saliva. Si aiutava con la mano, leggera e ferma. Non dissi niente, non volevo godermi il momento più del dovuto o prolungarlo oltre la naturale evoluzione. Lo sentì ansimare leggermente, preso dal suo primo pompino. Provò ad affondare, ma forse esagerò visti i colpi di tosse. Non si perse d’animo. La sua lingua massaggiò con più decisione, le labbra strinsero, la mano e il polso fecero il resto. Fu un crescendo costante, una stimolazione sempre più intensa.
-Attento..- cercai di dire tra un gemito e l’altro
Lo sguardo che mi regalò fu di puro piacere, affondò la bocca cercando di sfamarsi, mentre la lingua mi massaggiava ogni parte della cappella, la mano pensava all’asta. Fu un attimo, iniziai a venire, il primo schizzo, poi il secondo e il ritmo della mano che aumenta, i miei gemiti lo seguono. Gli schizzi escono copiosi. Un colpo di tosse e vedo lo sperma uscire dagli angoli della sua bocca. Non smette di succhiarmi. Non smetto di venire. Attimi interminabili. Poi l’ultimo flotto. Il massaggio delle sue labbra, lo schiocco della sua lingua. Mi guardò fisso negli occhi, inghiottì tutto. Leccandosi le labbra che andai immediatamente a baciare. Calde. Gonfie. Belle.
Ci stendemmo per terra sfiniti, ma appagati. Non dicemmo una parola, mi accesi una sigaretta, gliene porsi una per cortesia. Fumammo, mettendo ordine alle nostre idee, mentre il fumo si rincorreva tra le luci del proiettore. Immagini di uomini e donne legati insieme, di capezzoli turgidi e labbra gonfie, si susseguivano sulla parete. Ricordavo ogni foto, ogni momento. Ogni attimo. Nemmeno quel momento mi scorderò facilmente credo.
Ruppe lui il silenzio per primo
-Aveva ragione Lei. Sei un porco In quei momenti si rivive tutto come un in un flashback lungo una vita. Arrivano risposte a domande che ancora non si erano poste, come il perch&egrave non avesse mai avuto problemi ad organizzare all’ultimo minuto o il cellulare che non suonava mai. Insomma ci si sente dei polli ed &egrave normale pensare ad un inganno, se quello che sta succedendo non sia il piano di due menti malate. Ora mi taglieranno e mi congeleranno? Mi ricatteranno? Abuseranno di me? Tutti pensieri estremamente positivi.
Lo guardavo mentre si rivestiva ricambiando il mio sguardo. Rideva. Sogghignava. Dove avrà avuto il coltello? era forse lo sguardo di un folle? bisogna capire che in quel momento ero ancora coi calzoni calati e i postumi di un devastante orgasmo che ancora non mi aveva abbandonato. La lucidità era un miraggio.
S’inginocchiò davanti a me, senza mai distogliere lo sguardo accompagnato dal ghigno, lentamente e in modo snervante diede due lunghe e profonde leccate sulla mia cappella. Le ultime gocce. Poi ,meno snervante e più sbrigativo, si alzò tirandomi su pantaloni e boxer in un unico movimento. Fu quel bacio stampo sulle labbra che mi fece prendere una decisione, poi messa in atto tempi dopo, di consigliare un dopobarba meno alcolico.
-Ammetto che questo &egrave stato un colpo basso
-Sinceramente, sto cercando ancora di capire cosa sia successo’
Come se fosse il padrone di casa, mi fece accomodare su uno dei divanetti
-Vuoi qualcosa da bere? – mi chiese
-Si ho della birra in frigo. . . .offritela…offrimela…prendi quelle cazzo di birre ‘
DI solito ho sempre la situazione sotto controllo, so quali sono gli equilibri. Io caccio, loro si fanno cacciare. Io voglio, loro cedono. Non &egrave mai stato difficile il concetto alla base della mia vita. Ma questa volta non mi era assolutamente chiaro cosa, cazzo, fosse, successo.
-Lei mi ha parlato di te tempo fa. Prima eri la novità del quartiere, poi la curiosità, poi fonte di discussione sulle tue foto fino a’.- e proprio in quel momento il tabagista che era in lui ebbe il sopravvento.
-TI faccio compagnia. L’ultima sigaretta del condannato..- non che scherzassi poi tanto.
-Dicevo, fino a quando non &egrave entrata nel tuo negozio. La prima volta ha avuto il dubbio che tu la mangiassi con gli occhi, la seconda volta ne ha avuto la certezza – il tutto scandito dai tempi di una snervante fumata’.
-Pensavo di essere stato più discreto. . .
-Le donne non le freghi, ricordalo ahaha
-Potrei non essere pienamente d’accordo, ma non credo di essere nella posizione giusta per argomentare le mie motivazioni’
-Direi amico mio hahaha direi! In ogni modo tutto era partito come un gioco, stuzzicarti per vederti soffrire un po, ma quasi subito vidi che suscitavi un certo interesse in lei.
Ma quella sigaretta non finiva più?
-Ormai avrai capito che non siamo una coppia tradizionale, qualche sfizio ce lo togliamo. Ci piace giocare e siamo complici in questo gioco, ma tu hai giocato meglio e hai toccato corde che non pensavamo esistessero.
Quindi poteva essere un caso di coppia con il lui sottomesso alla moglie. Potevo uscirne vivo!
-Non ho mai lasciato la mia donna sola con un uomo. Ma Lei mi parlava delle tue foto, dei tuoi quadri, della tua arte con un tale trasporto che non me la sono sentita di fare il guastafeste.
Non lo era sottomesso, ma lo era diventato. Una via di scampo c’era ancora!
-Era sempre molto eccitata quando tornava dal tuo studio. La prima volta che le hai fato vedere i tuoi nudi, abbiamo fatto l’amore fino all’alba! Non che le cose andassero male prima, anzi puoi immaginare, ma certe fantasie non erano ancora entrate nel nostro letto.
Una sera mi disse che voleva osare di più con te, non era mai successo, ma ne parlammo e …bhe immagina com’&egrave andata a finire hahaaha
-Quindi non sei un marito represso e sottomesso alla moglie…ma sei un uomo che ha capito le esigenze della sua compagna e le ha assecondate!
Mi venne naturale ridere, di pancia, fragorosamente e in modo liberatorio. Non avevo capito un cazzo e davanti a me avevo le due persone più sconvolgenti che avessi mai visto!
Davanti alla tentazione non scappano o si spaventano, no la fanno propria e ne traggono il massimo.
-Perch&egrave ridi? ti fa ridere quello che ti dico?
-No no calmo! non fraintendere, ho appena capito che sono un ragazzo fortunato! Ma continua ti prego, ora sono curioso.
-Bhe non c’&egrave molto d’aggiungere, ho goduto dell’eccitazione che le provocavi, non ha mai lesinato in dettagli e particolari! Poi ha iniziato a stuzzicarmi, parlandomi della tua bisessualità. Dopo il vostro book fotografico, che mi ha letteralmente lasciato basito ed &egrave stato fonte d’intere nottate di fantasie sotto le lenzuola, mi ha parlato dei nudi maschili.
-Vedo che ti ha stuzzicato bene ahahaha
-Bhe non mi sono mai tirato indietro quando c’era da provare e lei mi ha sfidato!
Mi accesi un’altra sigaretta, questa volta fumandola con più rilassatezza.
-Ora cosa succede? – chiesi
-Ora possiamo fare tutto quello che ci pare..credo
Penso che sia iniziata così’.per la seconda volta.
Decidemmo di organizzare qualcosa di epico per Lei. Una prima volta, tutti insieme, col botto! …e lo fu.
Organizzammo tutto in una sera praticamente, quella sera. Eravamo come due ragazzini che non vedevano l’ora di scartare il loro regalo più bello! Da li a tre giorni sarebbe arrivato il materiale necessario e in una giornata avremo allestito il set. Il giorno dopo non si sarebbe lavorato, quindi avevamo tutto il tempo per recuperare le forze, o continuare i giochi.
Furono tre giorni lunghissimi, non smettemmo di sentirci un secondo. Lei sapeva del nostro incontro e voleva conoscere i dettagli, colsi quindi l”occasione per invitarli da me per un aperitivo, con la scusa di visionare, tutti e tre insieme, un fantomatico lavoro. Lo stesso che mi avrebbe tenuto occupato, stranamente, quei tre lunghissimi giorni!
Tante volte ripenso alle mie esperienze, talvolta distrattamente mentre guido, altre volte ripescando un preciso momento. Ricordo con piacere una manciata di avventure, ricordo la prima volta con due uomini, ricordo la coppia in montagna, riesco anche a ricordare qualcosa della dark room del locale di berlino, mistico. Quella sera &egrave uno tra i ricordi che, ad oggi, mi fa ancora venire i brividi..
Iniziai dal mattino presto a montare l’attrezzatura, non volevo perdere un solo fotogramma di quello che sarebbe accaduto. Configurai le fotocamere, verificai le inquadrature, montai le luci e ricominciai da capo per due volte. La paranoia era troppa!
Mi misi anche ai fornelli, preparando un po di stuzzichini salati e dolci, oltre ad una bella dose d’insalata di riso! Avremo avuto fame ad un certo punto!
Arrivò l’alba. Ero rilassato. Potevo godermi ogni istante di quello che sarebbe successo da li a breve. Sicuramente Lei si aspettava qualcosa da quella sera, ma non immaginava’ I patti con Lui erano chiari, ognuno fa quello che si sente di fare. I miei pochi limiti li sapeva, lui, i suoi, li avrebbe scoperti. Quando nel pomeriggio passò a portare i cambi che gli avevo chiesto, ci ritrovammo veramente in difficoltà. L’eccitazione era palpabile e cercavamo costantemente il contatto l’uno dell’altro. Mi appoggiai al muro, guardandolo, slacciandomi i pantaloni e facendo uscire il cazzo già duro. Si avvicinò piano, abbassando i suoi e lasciando uscire il suo fantastico attrezzo.
-Dobbiamo mantenere le forze’
-Lo so – si avvicina sempre di più
-Abbassati i pantaloni, visto che vuoi giocare’
Se li lascia cadere fino alle ginocchia, allargando le gambe leggermente e inarcando i fianchi il giusto per esaltare tutta la lunghezza dell’asta. Lo accompagnai con il volto verso il muro, allargandogli le gambe con un piede. M’inginocchiai davanti alle sue natiche, due mappamondi tondi e sodi. Passai una salvietta umidificata nel solco delle natiche, linda.
Schiacciai il mio corpo sul suo, sentiva il mio cazzo nel solco delle natiche. Un tocco leggero ma profondo il giusto.
-Vedo che sei pronto ad ogni evenienza
-Questa &egrave una sua richiesta, ma non ho dato garanzie eh
-Vediamo subito – M’inginocchiai allargando leggermente le natiche.
-Hei..calmo..
-Fidati – Affondai il viso iniziando a leccare il bordo del pertugio, che tanto avrei voluto prendere per primo. Piccoli colpi di lingua, alternati a lunghe e profonde leccate. Ogni tanto scendevo per prendermi cura delle palle, gonfie e pulsanti. Le leccavo, succhiavo, sfioravo, poi tornavo su con lunghe e profonde leccate. Gli allargai ulteriormente le natiche ed istintivamente Lui inarcò la schiena per meglio godersi la mia lingua. Iniziai a leccare con avidità, muovendo la mia lingua dentro di Lui e cogliendo ogni contrazione dei suoi muscoli. Il suo respiro accelerato era la conferma che gradiva e anche molto. Ma non era il tempo. Non ancora. Lo girai velocemente infilandomi la sua cappella in gola. Una serie di colpi veloci e profondi.
-Cazzo…che troia che sei!
Infilai una mano tra le sue natiche, appoggiando due dita al suo sfintere. Non entrai, ma esercitai solo una forte pressione sul muscolo. Il suo cazzo ebbe un sussulto nella mia gola.
-Io sarò troia, ma quello che gode come un maiale per due dita appoggiate al culo sei tu! – riprendendo fiato un po alla volta..
-Direi che &egrave ora che tu vada a casa, tra due ore dovete essere qua!
-Sei un bastardo’me la pagherai ahhaha
-Lo spero!
Uscì lasciandomi pieno di voglia, con il suo sapore sulle labbra e il suo odore nelle dita…due ore sarebbero state lunghissime. Terminai gli ultimi lavori e decisi che una doccia gelata avrebbe risolto ogni problema!
Luci soffuse, musica jazz, vino fresco, stuzzichini. Tutto pronto per il loro arrivo.
Il suo profumo arrivò prima del suo sorriso, ma entrambi furono un piacere per i sensi. Lui subito dietro, aveva gli occhi che brillavano. Non so quanto saremmo riusciti a resistere vestiti.
Ci salutammo con lunghi baci e carezze, indulgiando forse troppo su quest’ultime.
-Ragazzi, abbiamo delle foto da vedere! – cercando di riportare l’ordine!
-Non so voi, ma io ho una voglia matta di sentire com’&egrave stato il vostro incontro, le foto possono aspettare! ahhaha
Come immaginavo, si sarebbe arrivati al dolce molto velocemente, tutti eravamo su di giri. Gli sguardi tra di noi erano carichi di erotismo. Cercavamo il contatto con futili motivi. Non saremmo rimasti vestiti ancora per molto!
-Allora carissima, in questi giorni ti abbiamo organizzato uan sorpresa. Quindi ti chiedo di andare di la e vestirti con quello che troverai sulla sedia, io e Lui faremo altrettanto nella sala di posa. La strada la sai già ahhaha
Avevo scelto delle luci calde, volevo creare un po d’intimità. Il carrellino era attrezzato con tutti il necessario, mentre sul soffitto era legato il lampadario di candele, fratello dell’ultimo usato, ma con una fila di candele in più. Fremevo dalla voglia di provarlo!
Eravamo sul letto, entrambi nudi intenti ad una lenta sega reciproca. Ero tesissimo. Un bambino pronto a scartare il regalo! Lui fremeva forse più di me, sentivo le sue dita stringere, il suo cazzo vibrare e il suo respiro aumentare.
I capelli raccolti in una lunga coda, scendevano sulla schiena. Il completo era molto semplice. Si componeva di una gonna di pelle nera, molto aderente. Sotto nulla. La parte superiore era composta da un top elasticizzato, nero. Molto aderente anch’esso. Il contrasto era forte, entrambi i cazzi ebbero un sussulto e le dita li strinsero con più vigore. Nel mentre il suo volto era paralizzato in un’espressione di stupore. Il suo sguardo vagava sui nostri corpi, i nostri gesti, i nostri sguardi. Ogni tanto si sentiva lo scatto di una macchina fotografica.
Non ci fu più bisogno di parlare. Entrò nel letto, accarezzando i nostri corpi, baciando la mia mano sul suo cazzo, poi la sua mano sul mio. In breve fu in mezzo a noi, scambiandoci un lungo bacio con entrambi. I nostri sapori si mischiavano, i repsiri sempre più corti.
Si spogliò di tutto e alzando lo sguardo vide il lampadario, il suo amico lampadario. Lo accolse con un sorriso mordendosi un labbro.
Prese l’olio e iniziò a farlo colare sui nostri corpi, sul suo seno, il nostro ventre. Si buttò su di noi e inziammo a strusciarci l’uno con l’altro, spalmandoci l’olio con le mani, le gambe, il bacino, tutto il corpo. Furono momenti interminabili. Baci rubati. Carezze. Perfetto.
Preparai il lampadario, accendemmo le candele insieme, per Lui era la prima volta. Per Lei era l’attesa di un piacere devastante.
Iniziammo a leccarle i piedi, una gamba a per uno, piccoli baci, profondi massaggi. Lenti e snervanti fino all’interno coscia. Le prime gocce di cera iniziarono a cadere sui nostri corpi. I brividi iniziarono. Affondammo le nostre lingue sul suo clitordie, sulle grandi labbra, sulle piccole, rubandoci profondi baci e assaporando i suoi sapori.
-Mi fate morire cazzo! non smettete!
Mi abbassai andando a leccarle l’orifizio, lunghe e profonde leccate io, altrettanto profonde e lunghe Lui dentro la sua figa pulsante. Non tardò molto che le nostre sole lingue, la portarono al primo lunghissimo orgasmo.
Io rimasi a gustarmi il suo orgasmo, mentre Lui lentamente si spostava verso l’alto, porgendo, alla fine, il suo cazzo nella bocca infuocata di Lei. Una pioggia di cera non ci dava tregua, entrai in lei in un colpo solo, allungandomi fino alle sue labbra. Ci litigavamo la cappella di Lui, rubandola dalla lingua dell’altro, mentre la mia schiena era ricoperta di piccole gocce e i miei lombi infiammati dalla foga della scopata.
Ci demmo il cambio alcune volte, sempre aiutando Lei a succhiare e a godere. La prima fila di gocce era finita. La seconda era a metà e la stanza era piena dei nostri odori e grida di piacere.
La stavo scopando con foga, guardandola negli occhi. La vidi sorridere e sogghignare. Non capii fino a quando non sentii la cappella di Lui appoggiarsi sul mio orifizio, i suoi pettorali sulla schiena e il suo fiato nel collo.
-Ce ne hai messo di tempo! Cosa aspetti! – con la voce rotta dall’eccitazione
Lei mi guardò con stupore quasi
-Ti adoro! Inculalo dai!
Fortuna che la lubrificazione era abbondante, perch&egrave decise di entrare con foga. Mi tolse il respiro spingendomi dentro di lei ancora di più. Un urlo strozzato provenne da Lei seguito da un lungo – Siiiiiii cazzooo tuttooo
Gli feci eco io pochi istanti dopo, appena ripreso il respiro
-Cazzo che bello! Dai! Vediamo che sai fare! – lo sfidai, ma non credo sia stata una buona idea.
Non so per quanto tempo mi prese, mentre la pioggia di cera iniziava a scemare montava in noi il primo orgasmo!
Lei iniziò un devastante e profondo pompino. Non mi dava tregua. Lui iniziò un ritmo forsennato. Non stavo capendo più niente! All’improvviso eruttai una quantità di sperma bollente tale che lei non riuscì a tenerlo tutto! Lui non smetteva di pompare e io non smettevo di venire! Poi lui con un urlo uscì di colpo da dentro di me, togliendomi il respiro, e sfogando tutto il suo piacere sul viso di Lei, ormai una maschera di piacere!
Ci adagiammo sul letto ansimanti. Ormai le ultime gocce di cera colavano, ma erano niente.
Ogni tanto lei sussultava. Io non riuscivo a dire una parola e lui non era da meno. Passò così un tempo tendente all’infinito, dove riprendemmo possesso della nostra lucidità.
Fu il momento giusto per una pausa, una doccia e qualcosa da mangiare!
Davanti all’insalata commentammo quello che era appena successo, tutti sconvolti per l’esperienza, ma non ancora appagati!
Riprese le forze e il vigore, decisi che era il momento per l’ultima sorpresa della serata!
La portammo nella sala pose e la bendammo. Stesa sul letto legai gambe e piedi a delle cinghie apposta. Era immobilizzata. Accesi 1 candela del lampadario e ci mettemo ai lati del suo viso, entrambi strusciavamo le nostre cappelle sul suo viso. Lei cercava di rapirle con la lingua, mentre le prime gocce la fecero sobbalzare e contorcere, per quanto possibile.
Ci litigammo la sua bocca per diversi minuti, mentre lei chideva con sempre più suppliche, di avere qualcosa in figa. Aveva bisogno di attenzioni e a turno iniziammo a leccarla, toccarla a portarla ad un passo dall’orgasmo, per poi fermarsi!
-Vi odio! fatemi godere!
-Godrai quando lo decideremo noi!
-Siete degli stronzi!
Ma gli tappai la bocca con il mio cazzo, mentre lui la portò ancora una volta al limite dell’orgasmo, con un furioso lavoro di dita sul suo clitoride. Dal canto mio affondavo sempre più in profondità man mano che l’orgasmo montava. Era una ventosa.
Presi una manciata di elastici trovati per l’occasione, piccoli e ruvidi. L’ideale. Con perizia iniziai a farli stringere sul capezzolo. Erano perfetti. Lo stringevano senza scivolare, lo stimoalvano facendolo diventare ancora più turgido, con la conseguenza del sentire stringere ancora di più.
-Vi…vi…pregooooo cazo no no no fammi godereee
Dopo l’ennesimo orgasmo negato, era una furia. Si dimenava sempre di più le ondate erano sempre più violente e fermarsi in tempo era sempre più difficile!
Decidemmo di farle provare la serie d’orgasmi più devastanti che avesse provato!
Lui iniziò a scoparla con foga, colpi profondi e secchi mentre io mi dedicavo al clitoride, succhiandolo, leccandolo e ogni tanto dando pure due leccate alla verga, ormai ricoperta del piacere di 100 orgasmi negati!
Iniziò a gridare di piacere quasi subito, si dimenava con sempre maggiore forza mentre lui entrava sempre più in profondità.
Decisi di rendergli il favore e mi posizionai dietro di lui iniziando a leccare il vergine pertugio. Se ne accorse inarcando leggermente la schiena e facendo movimenti sempre più ampi. Era chiaro che voleva provare. Non esitai.
Mi appoggiai e lasciai che fosse il suo movimento a farlo entrare, con i suoi tempi e i suoi ritmi. Lei era in preda ad un orgasmo continuo.
-Togiela la benda che si goda lo spettacolo!
-Cosa state facendo maiali? ahhhhhh cazzo godo ancora vengoooo
In quel momento le fu chiaro che ero dentro al suo uomo e che lui stava godendo alla grande di quella penetrazione, tutti e tre stavamo traendo il massimo piacere da quel momento.
Perdemmo la concezione del tempo, persi nel nostro piacere, nei nostri spasmi e gemiti. Lei rimase legata per tutto il tempo, subiva il nostro piacere chiedendone sempre di più.
Dopo non so quanti secoli, lui venne dentro di lei con un grugnito e un urlo liberatorio, strinse lo sfintere fino a farmi quasi male, sentii l’intensità del loro piacere farmi quasi capitolare, ma resistetti ancora un po. Lui si tolse e si buttò sulla bocca di lei, che avida puliva ogni traccia del piacere dalla sua cappella, mentre io mi lanciai sulla sua figa raccogliendo tutti i liquidi che sgorgavano dalla sua fonte del piacere. Condivisi questi nuovi sapori con i miei compagni di letto, che avidi si abbeverarono di quel nettare frutto della nostra perversione. Misi la mia cappella sulle labbra di Lei, che con la lingua mi solleticava e cercava di rapire tutti i miei succhi con la sua innata maestria. Quando lui si abbassò per aiutarla nel lavoro, fu troppo, venni scaricando nelle loro bocche tutto il mio piacere. Le loro lingue si rubavano gocce di sperma, se lo litigavano, per poi passarselo, pulendo le ultime gocce e facendo sparire ogni traccia.
Guardai l’orologio, era notte fonda, forse più mattina che notte. Con le poche forze rimaste andammo sotto la doccia per a fare un’abbondante colazione. Dovevo preparare lo zabaione, a saperlo.
Restammo in silenzio, parlando con gli occhi, non c’era bisogno di dire niente. Fu tutto fantastico. Mentre io e Lui parlavamo di quello che era successo, delle impressioni che aveva avuto e del piacere provato, Lei si stese sul letto appisolandosi.
-Ti va di farle uno scherzo? -dissi
-Che hai in mente?
-Quanto dista casa vostra da qui?
-Circa 15 minuti a piedi…perch&egrave?
-Vestiti e prendi il suo cellulare, io raccolgo tutti i vestiti, teli e asciugamani che trovo!
Raccolsi tutto in un paio di borsoni, misi il cellulare sul letto ed uscimmo dal negozio pronti per tornare a casa!
Era ancora notte fonda, ma i primi lavoratori iniziavano a popolare le strade, mentre il buio si faceva sempre meno deciso e convinto.
Ci appartammo in un vicolo sulla strada di casa, la chiamai. Pochi squilli
-oh – rispose il sonno
-Ciao splendore!
-Ma dove sei? dove siete?! – era sveglia
-Ti stiamo aspettando a casa vostra, volevamo visionare un po di foto. Ci raggiungi?
-Arrivo!
Ci avrebbe messo un po a realizzare
-Ma perch&egrave non mi avete chiamata?
Silenzio
-ma dove sono i vestiti?! Pronto?!!
-ahahah scherzetto! i tuoi vestiti li abbiamo noi, dovrai raggiungerci a casa vostra, nuda!
-Ma sei stronzo??
-Si!
-No dai dov’&egrave Lui?
-Qui che se la ride mentre gli faccio una sega in un vicolo di Piazza ‘ ahahhaha
-Siete dei porci schifosi’ – ecco la voce della voglia…era già bagnata
-Si ti aspettiamo a casa ciao!
Ovviamente noi eravamo a debita distanza, ma sempre senza perderla mai di vista, non si sa mai chi s’incontra a quell’ora, purtroppo.
Uscì dal negozio quasi subito, una rapida occhiata e poi fulminea prese la via principale correndo a lunghe falcata verso casa. Si nascose dietro ad una pianta all’arrivo di uno spazzino, ma poi capì che era inutile cercare di nascondersi, bastava non mostrare il viso. Iniziò quindi a correre, ma meno convinta di prima, con meno paura e ansia. Un ragazzo con una valigia le stava venendo in contro, noi eravamo un po in ansia a dire il vero, ma lei con grazia e naturalezza girò il viso dalla parte opposta, lasciando che lo sconosciuto potesse guardarla. Era fantastica, aveva già trovato il modo di goderne. I nostri cazzi scoppiavano, decidemmo di farle la posta vicino a casa, nel parchetto c’era una tettoia con delle panchine, l’ideale! Arrivata vicino a casa ci facemmo trovare a cazzo duro sulle panchine. Non ci pensò un attimo e corse verso di noi. Subito iniziò a cavalcare Lui e posso garantire che era un lago, il rumore della sua figa bagnata che sbatteva sulle palle risuonava nel cortile, mentre il suo piacere era strozzato dalla mia cappella che cercava di entrare nella sua gola ogni cm di più. Fu una cosa veloce e fulminea, pochi minuti. Eravamo tutti estremamente eccitati, in poco le riversai l’ormai esigua quantità di sperma che era rimasta, direttamente nelle sue labbra, per poi baciarla con trasporto mentre Lui, con gli ultimi colpi le riversò dentro le ultime gocce di piacere, il tutto scandito dall’ennesimo orgasmo di Lei.
Eravamo distrutti. Albeggiava e sicuramente qualcuno aveva visto la nostra performance, qualche luce era accesa, ombre sospette, sicuramente qualcuno ci aveva dedicato un piacevole orgasmo.
-Mi avete distrutta! – furono le prima parole di un’affannata amazzone, che indossava la nudità con disarmante naturalezza.
Era stata una nottata impegnativa, piena di scoperte e piacere. Ci salutammo con la promessa che quella, sarebbe stata si la prima volta, ma non l’unica.

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