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Racconti Erotici Etero

L’impossibile

By 7 Ottobre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Con l’arrapamento cronico che avevamo, a quel tempo, le iscritte sulla lista ‘unscrewable’, le ‘inscopabili’, erano pochissime, e se il periodo di magra si prolungava troppo andava a finire che dall’elenco scompariva ogni nome.
Eravamo proprio in uno di quei momenti, nei quali, dicevamo, l’avremmo infilato anche in un’ chilo di vitella!
‘Pi’, come lo chiamavamo confidenzialmente dopo aver tradotto ‘pisello’ in inglese (‘pea’) e tenuto conto della pronuncia, era irrequieto, smanioso, impaziente, e insoddisfatto malgrado le frequenti attenzioni’ manuali!
Claudio ed io cercavamo di’ distrarci con una birra fresca, seduti sotto gli alberi che circondavano il chiosco-bar, proprio di fronte casa mia.
In quel momento uscì dal portone la sora Lella, la mamma del portinaio. Un donnone monumentale, che certamente aveva superato i cinquanta, alta più o meno quanto me (che sono un metro e ottanta) e tutto in generosa proporzione. Ci passò davanti, mi salutò con un cordialissimo sorriso sul bel faccione colorito, e si allontanò, verso il mercato, muovendo marcatemente le due grosse chiappe che sembravano essere l’una indipendente dall’altra: si alzavano e abbassavano, nel camminare, tirando su e giù il leggero vestito di cotone.
Claudio mi guardò, sornione.
‘Te la faresti quella, Piero?’
‘Ma che cavolo dici, &egrave ‘na montagna e potrebbe essere mia nonna, solo che mia nonna &egrave ancora una bella donna, snella e simpatica”
‘Non te la faresti neanche adesso che stai a stecchetto?’
‘Guarda, Claudio, quella la scolpisco come unscrewable; la scolpisco così non la posso cancellare più. E tieni presente che oggi &egrave la sola nell’elenco delle inscopabili. Mi sembra una montagna di ciccia!’
‘Però.. quelle chiappane mobili hanno qualcosa di prensile’ non dicono niente a ‘pì”?
‘Niente da fare’ non si muove’!’
In effetti la sora Lella mi lasciava insensibile.
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Fu due giorni dopo.
Mi avviai a piedi per andare verso il centro. Poi ci ripensai e mi arrestai alla fermata del bus. Meglio non camminare con questo caldo. C’era molta gente. Per fortuna la porta venne a fermarsi proprio davanti a me. Era già stracolmo e non fu facile inerpicarsi, riuscire a entrare, spingendo senza troppa cortesia’
Le porte si richiusero, il bus ripartì con uno strattone, ma eravamo così stretti che quasi non ce ne accorgemmo’ ‘quasi’ perché ero stretto tra la signora di dietro e il donnone davanti, senza possibilità di reggermi ai sostegni’
Il sederone della passeggera che era dinanzi a me era ben premuto sulla mia patta. Due emisferi massicci che seguendo il sobbalzare del bus sul manto stradale non perfetto mi stavano vigorosamente massaggiando. Per l’esattezza, stavano massaggiando ‘pì’ che s’era improvvisamente trovato quasi incastrato in quella specie di valle interchiappale che non stava ferma un momento.
La donna era alta quanto me e larga quasi il doppio!
‘Pì’ non stette a badare tutto ciò. Era piacevole quel culone stropicciante, e mi suggerì di spingere ‘ anche per vedere la reazione della proprietaria di quel gagliardo mappamondo di carne.
Tutto bene, anzi piacevole, ma dovevo stare attento perché la lunga astinenza, la leggera stoffa che faceva sentire ogni particolare, e tutto il resto, avrebbero potuto provocare una conclusione del tutto da evitare.
Altra fermata, poca gente che scendeva, altra che tentava salire. Una spinta veramente forte.
Culone che si sporgeva’ ‘pì’ che gli andava incontro’
Finalmente stavamo per giungere in piazza, al capolinea. Li scendevamo tutti.
La donna dalle grosse natiche avanzava lentamente, troppo lentamente, sembrava non volerlo lasciare il buon ‘pì” si voltò un po’, con un grosso sorriso!
Era la sora Lella!
Rimase imperturbabile.
‘Ciao Piero! Visto quanta gente? Si sta come le sardine’ Ciao.’
Scese con incredibile agilità e si allontano sculettando.
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Avevo deciso di studiare sabato mattino, profittando che i miei andavano al mare e la colf era di giornata libera. In frigo c’era da mangiare a piacimento. Appena uscirono, m’infilai sotto la doccia, dopo avrei fatto colazione, e quindi sui libri.
Avevo appena finito, non m’ero ancora asciugato bene, avevo indossato l’accappatoio. Udii picchiare alla porta, andai ad aprire, in ciabatte. Il rubicondo e cordiale viso della sora Lella mi fece un largo sorriso.
‘Me fai entra’?’
Mi scostai per farla entrare.
‘Senti, bello, l’altro giorno te sei spassato strusciando er passero tra le chiappe che quasi me sfonnavi er vestito’ certo che ce lo devi da avé robusto, eh?’
Ammiccò significativamente.
Io ero ammutolito e imbarazzato.
La sora Lella allungò la mano e mi sfiorò il volto, con una carezza lieve.
‘E mica te la devi prendere, Pieri’, se sa’, sei giovane’ però’ sei ancora bagnato’ famme sentì”
Infilò la mano sotto l’accappatoio e afferrò delicatamente ‘pì” a quel tocco, quel disgraziato, si sentì lusingato e cominciò rapidamente a lievitare’
Sora Lella lo tenne ben stretto.
‘Vié qua, piccoletto bello, che Lella te asciuga bene’ dappertutto”
Conosceva bene la casa, la disposizione dei vani. Si avviò verso la mia camera da letto.
La seguivo come un automa’
Mi aprì l’accappatoio, me lo tolse del tutto, riprese in mano ‘pì’.
‘Anvedi come cresce sto coso’ &egrave proprio bello”
Lo guardò sorridendo.
‘Te volevi infilà tra le chiappe de Lella, eh? Birbante’ mettete comodo”
Mi spinse sul letto, rimasi seduto, con ‘pì’ svettante.
Lei s’inginocchiò con sorprendente facilità chinò la testa e lo baciò golosamente, lo carezzò con la lingua, lo tamburellò’ lo accolse nella sua calda bocca, e cominciò a ciucciarlo con perizia’ Era veramente brava, piacevole’
Fu spontaneo allungare una mano e afferrarle una delle robuste tettone. Era più soda di quanto immaginassi’
‘Vuoi la zinna, eh’ ragazzì?… eccola”
Con gesto rapido tolse la vestaglia e slacciò il reggiseno. Ne uscì una grossa rosea mammella, con un bel capezzolone lungo e scuro, e c’erano tante venuzze azzurre sulla carne bianca.
La ghermii. Certo era alquanto pendente, sia per la dimensione che per l’età non giovanissima. Comune era piacevolissimo palpeggiarla, strizzarle il capezzolo.
Sora Lella si levò in piedi, lasciando ‘pì’ che stava proprio per’
Era immensa. Grosse le tette, abbastanza pronunciata la pancetta, ma quello che mi colpì fu quando, toltesi le mutande, apparve un foltissimo cespuglio riccio e nero, e fui sorpreso dalle cosce, grosse, certo, come tutto era grosso in lei, ma proporzionate al resto.
‘Dai, Piero, sdraiate bene’ Adesso te faccio vede io dove va a finì sta nerchia benedetta, sto bordone de carne’.’
Mi fece sdraiare per lungo, si issò sul letto, a gambe aperte, poggiando sulle ginocchia.
Uno sguardo. Le cosce divaricate mostravano il suo sesso. Scure le grandi labbra, e pelose. Roseo il resto e mi sembrò anche privo di pieghe e slabbrature.
‘Tu sta fermo!’
Prese il glande, con infinita delicatezza, con dolcezza, e lo portò all’ingresso di quella che ritenevo essere una vasta caverna di carne.
Si impalò lentamente, molto lentamente, con le tette che ballonzolavano appena. E sentii che era più stretta di quanto credessi, mi fasciava l’asta voluttuosamente, sembrava ciucciarla con l’interno della sua calda e vibrante vagina. Posò le sue natiche sulle mise gambe’. Mi guardò’ aveva il volto perfino bello, le labbra socchiuse, lo sguardo estatico come vedesse qualcosa incantevole’ Fece un lunghissimo sospiro.
‘Quant’&egrave bella la carne giovane, Pierì, e chi se la ricordava”
Si muoveva lentamente, gemendo’
Allungai le mani, le afferrai le tette, pizzicai i capezzoli’
Sentii contrarsi la vagina’ aumentare il suo movimento’
‘Chi me lo doveva di’, Piero, che alla mia età me sarei fatta ‘na scopata del genere’ si’ siiii’. che sarei venuta come ‘na’. come ‘na’. ecchime tesoro mio’ ecchime’. ecchiiiiiiiiiiiiiiiiiime!’
Fu scossa da un orgasmo indescrivibile. Era bellissimo vedere come quella massa di carne, quelle tette, i fianchi, le natiche, tutto vibrava, fremeva, e’. poi si abbandonò su me, afferrandomi il volto, baciandomi avidamente’
Fu in quel momento che le mie seminali ruppero ogni freno e sentii che riversavo in lei una incredibile quantità di liquido caldo e vischioso’
Sollevò il capo.
‘Che bello, lupetto mio, che bello’ me stai a riempì’ a riempì’ da quanto tempo, dio mio, da quanto’ ma mai era tanto e così bello’um..’
E ricominciò a baciarmi avidamente.
Era immensa, eppure non ne sentivo il peso.
Dopo un po’ riprese a guardarmi.
Si rovesciò da un lato, a fianco a me. Era difficile non cadere dal lettino.
Allungò la mano, prese ‘pì’ e si accorse che stava rifiorendo.
Lo carezzò.
Adesso, manganellone mio, Lella te fa sentì come so’ le sue chiappe senza vestito’ Alzate, Pierì”
Mi alzai, a fianco al letto’
Si mise carponi, col sederone rivolto verso me. Dalla vagina colava il risultato del nostro incontro. Con le mani discostò le natiche, e con un dito sparse abbondantemente il solco della linfa che seguitava a gocciare da lei.
C’era un buchetto rosa e scuro, ora cosparso di seme.
‘Mettilo li vicino, Piero, appizzalo bene, la punta proprio lì!’
Il glande si poggiò sullo sfintere.
‘Tu, figlietto bello, nun ce crederai, ma lella er culo nun l’ha dato mai a nessuno’ Senza saperlo.. l’ha conservato per te’ daje ‘na spinta decisa, forte’ sfondame”
Spinsi forte, sentii una certa resistenza, poi lo sfintere parve allentarsi.
‘Adesso, regazzì, spigni forte’ così’ ecco’ ammappaete quant’&egrave grosso, e che &egrave un palo? E’ bello, però’ daje”
Le afferrai le tette e mi detti da fare, cominciai a stantuffare sempre più velocemente, Lella mi prese una mano e se la portò tra le gambe. Riccioli bagnati, clitoride impazzito.
Io stavo per giungere a una piacevolissima e voluttuosa conclusione’
‘Aho, Piero, robba da nun crede’ sto a venì puro io’ oddio’ signore mio’ ma sto ragazzo me fa morì’ e chi lo credeva che’.. aaaaaaaaah!’
Non riusciva a controllare i suoi movimenti, si agitò, godette da matta e poi si gettò lunga sul letto, con ‘pì’ ancora dentro di sé.
Giacqui su lei, in lei, in quel bellissimo e mastodontico culone.
Era accaduto l’impossibile.
M’ero fatta la sora Lella. E da tutte le parti.
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