Cielo d’indaco sgombro di filacciose nubi, scarni alberi a distesa infinita, sbracciando rami neri come sonnambuli. Alberi tetri, spettrali, con tronchi pallidi come cenere di sigaro. Silenzio supremo e perfettamente europeo. Imposte chiuse, botteghe serrate. Un lume rosso, qua e là, segnale d’appuntamenti. Ispide le facciate, quasi scostanti; immacolate, tranne per le macchie d’ombra gettate dagli alberi. Passando dall’orangerie, mi viene a mente un’altra Parigi, la Parigi di Maugham, di Gauguin, la Parigi di george moore. Penso al terribile spagnolo che ha fatto trasalire il mondo con le sue acrobazie di stile in stile. Penso a spengler, ai suoi terribili pronunciamientos, e mi chiedo se lo stile, lo stile alla maniera grande, non sia finito. Dico che la mia mente è occupata da questi pensieri, ma non è vero; solo più tardi, dopo che ho traversato la senna, dopo che mi son lasciato alle spalle il carnevale delle luci, permetto alla mia mente di baloccarsi con questi pensieri. Per il momento non so pensare a nulla: tranne che sono una creature senziente, trafitta dal miracolo di queste acqua che riflettono un mondo dimenticato. Lungo fiume, gli alberi si piegano pesanti sopra lo specchio terso; quando il vento si leverà e li riempirà di fruscii, verseranno qualche lacrima, e avranno un brivido quando l’acqua rapida scorrendo s’intorbida. Tutto questo mi soffoca. Nessuno a cui comunicare anche solo in parte quel che provo’
Il guaio di irene è che, invece della fica, ha una valigia. E vuole lettere lunghe, da stipare in quella valigia. Lunghissime. Ma llonga sì, che ce l’aveva, la fica. Lo so perché ci ha mandato un po’ di pelo, di là sotto. Llona, un culo che fiutava il piacere nel vento. Faceva la puttana per mare e per terra, e a volt anche nelle cabine telefoniche e nei gabinetti. Stava a Tottenham court road con le vesti alzate, si faceva ditalini. Adoperava candele, fuochi di bengala e maniglie di porta. Non c’era cazzo sulla terra che le bastasse’ non uno. Gli uomini le entravano in corpo e si striminzivano. Voleva cazzi ad espansione, razzi ad autoaccensione, olio bollente fatto di cera e creosoto. Era capace di tagliarti il cazzo e di tenerselo dentro in eterno, se la lasciavi fare. Una fica su un milione. Una fica da laboratorio, e non c’era cartina di tornasole che ne prendesse il colore. Era anche bugiarda, questa llona. Lettere lunghe, sterminate. Una valigia senza cinghie. Una toppa senza chiave. Aveva bocca tedesca, orecchi francesi, culo russo. Fica internazionale. Quando sventolava la bandiera, era rossa giu fino in fondo, fino in gola. Entravi da boulevard jules ferry e uscivi da porte de la villette. Ti cacavi l’animella sulle carrette; carrette rosse a due ruote, naturalmente. Alla confluuenza dell’ourcq con la marna, dove l’acqua scorre pigra tra gli argini e si ferma come vetro sotto i ponti. Llona sta stesa laggiù ed il canale è pieno di vetro e di schegge; le mimose piangono e c’è una scoreggia umida, nebbiosa, sui vetri della finestra. Una fica su un milione, llona! Tutta fica, e un culo di vetro su cui si può leggere la storia del medioevo.
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Bhe...è difficile che si ricevi un commento, Questo sito non è tantissimo frequentato da gente attiva :)
Una serie di racconti sempre più eccitanti, alla fine Gianni ha raggiunto il suo scopo
Mi sa che alla prossima Gianni raggiunge l'obbiettivo
Un vero cuck, lei senza problemi gli racconta, d'altronde lui glielo aveva permesso al telefono