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Racconti Erotici Etero

Lost in New York

By 24 Novembre 2012Dicembre 16th, 2019No Comments

Osservai la piccola nuvola di fumo grigio uscire dalle mie labbra appena allargate e protese in avanti per espirare, mentre le mie ciglia venivano solleticate e le palpebre si socchiudevano per proteggere gli occhi.
Avvicinai di nuovo la sigaretta alle mie labbra asciutte, e prima di appoggiarla sopra, le inumidii appena con la punta della lingua, per poi prendere un altra boccata di fumo, sentendolo scendere aspro e malsano nei polmoni.
Chiusi gli occhi, mentre quel pallido sole di marzo lasciava cadere i suoi raggi sulla mia pelle. Era un sabato mattina qualunque e sentivo la vita scorrere sotto di me. Ero una di quelle poche fortunate che aveva un attico con terrazza nel centro di New York, e salivo lassù appena ne avevo occasione.
Mi passai una mano nei capelli, buttando lentamente fuori il fumo inspirato qualche secondo prima.
I rumori della città mi impedivano di prendere sonno, nonostante la notte passata in bianco e la stanchezza dilaniante. Mi faceva male la testa e lo stomaco sembrava serrato da una morsa d’acciaio che non faceva scendere -né per fortuna salire- alcun che.
La terrazza era ampia e ben organizzata, con divanetti beige e marroni, ricoperti da morbidi cuscini; un tavolino di mogano scuro troneggiava nel mezzo, e in fondo, in un angolo, c’era tutto l’occorrente per fare drink e cocktail.
Era un posto perfetto per le feste.
Se solo fossi stata una tipa da feste. Tutto quello a cui pensavo ora era la mia vecchia vita, quando avevo ancora una famiglia, e un ragazzo rispettabile.

Lentamente mi sveglio.
Apro appena gli occhi, sentendo tutta la stanchezza tipica del primissimo mattino.
Mi gira vagamente la testa e sento che non sono rilassata e riposata come dovrei essere dopo un sonno ristoratore.
Sono ancora fra le braccia di Jay.
Come mi aveva promesso, quella notte non mi ha lasciata un attimo, c’era lui a proteggermi, ed il sonno era stato assolutamente senza incubi.Lui stava probabilmente ancora dormendo, non avrei saputo dire con precisione. Fatto sta che avevo voglia di lui, da morire.
Feci scendere lentamente una mano oltre il limite consentito, sentendo che qualcuno già sveglio lo era di sicuro. Sorrisi, mordendomi il labbro inferiore, e sciolsi l’abbraccio, staccandomi da lui.
Mi alzai, e lui si sistemò di schiena.
Andai in bagno al volo a lavarmi i denti. Lui era al caldo sotto le coperte, e l’effetto del dentifricio fresco nella mia bocca a contatto con il suo membro caldo gli avrebbe fatto provare qualcosa di diverso.
Salii sul letto dal fondo, facendo scorrere le mie mani sulle sue gambe, verso l’interno, facendo una leggera pressione per fargliele aprire, e io potermi sistemare in mezzo.
Salii ancora, strusciandomi contro di lui, il mio seno sul suo corpo che si stava lentamente svegliando, mi allungai su di lui fino a raggiungere le sue labbra, sulle quali mi fermai un attimo per un breve ma dolce bacio.
Ripercorsi a ritroso il suo corpo, prendendo l’elastico dei boxer fra le dita e sfilandoglieli, portando il suo pene alla luce in tutto il suo splendore.
Mi passai la lingua sulle labbra, bagnandole bene, spostandomi i capelli di lato. Dischiusi appena le labbra, avvicinandomi al suo membro, respirandogli sopra, sfiorandolo appena.
Mi spostai alla base, e con la lingua iniziai a leccare piano verso l’alto. Girai di lato la testa, facendo finta di volerlo mordere, sfiorando la pelle con i denti. Mi sollevai, facendo colare un po’ di saliva sul glande, distribuendola per tutta la lunghezza con la mano, iniziando a massaggiarlo per tutta la lunghezza. per bene, per aumentare il livello di erezione.

Mi fermai, afferrando il suo membro alla base, passando la lingua intorno alla corona del glande, lavorandoci su, stuzzicando con la punta della lingua quel piccolo filetto di carne che si trova nella parte sottostante della cappella, accarezzandolo appena con i denti.
Mi chinai su di lui, accogliendolo nella mia bocca. Rimasi così per qualche secondo, poi scesi per la lunghezza, facendolo entrare completamente, sentendolo pulsare e crescere nella mia bocca.
Risalgo, concentrandomi di nuovo solamente sull’estremità, lavorando su quella, per poi tornare a simulare una penetrazione con la mia bocca, muovendomi sempre più velocemente, aiutata da un energico movimento della mia mano.
Lo faccio uscire dalle mie labbra, continuando a muovere la mano, e inizio ad alternare succhiotti profondi e lunghi a dolci baci appena accennati.
Lo riaccolgo di nuovo dentro di me, scendendo fino in fondo e succhiando mentre lentamente salgo di nuovo verso l’alto, creando quasi un vuoto d’aria nella mia bocca. Mi aiuto con la mano, mentre lavoro sulla sua erezione, che non tarderà ad esplodere. Lo faccio uscire dalla mia bocca, continuando a muovere la mano, lasciando colare un altro po’ di saliva per lubrificarlo meglio.
Quando sento che sta per venire, lo vedo da come pulsa, dagli spasmi del suo corpo, lo accolgo di nuovo nella mia bocca, fino in fondo, fermando ogni movimento quando inizia a venire e inizio a sentire gli schizzi in fondo alla gola.
Lo spingo con la mia lingua contro il palato, in modo da non sentire troppo l’aspro dello sperma, e poterlo ingoiare tutto senza problemi. Appena finisce, lo ripulisco, sentendo la mia bocca più calda e viscosa rispetto a prima. Una volta terminato il mio lavoro, mi sollevo di nuovo, staccandomi da lui e sentendomi al suo fianco, dandogli le spalle.

Riapro gli occhi, e mi ritrovo ancora sul mio terrazzo, la sigaretta ormai spenta nel posacenere sulla mia pancia, fumata dal vento.
Questi ricordi sono così vividi che ancora mi fanno male.
Lui era il mio passato, la mia vita di prima.
E ora tutto era cambiato. La Madison al mattino presto era una meraviglia. Sembrava quasi di non essere a New York, ma in una qualsiasi altra città del mondo, senza la classica confusione della Grande Mela.
Mi sembrava dura la vita senza Jay, dovevo ripartire da me ed ero da sola a farlo.
Il bello di quella città era che ti potevi perdere tranquillamente, sperando magari, in qualche modo, di ritrovarti. Era per quello che ero lì, per ritrovare me stessa dopo quello che era successo.
Ero sempre stata una di quelle classiche brave ragazze. Una di quelle che sono sempre fedeli, sempre legate alla stessa persona, che mai farebbero del male a nessuno.
Ero.
Avevo scoperto fin troppo presto che le persone cambiano, io per prima.
Un attico in pieno centro a New York di certo non si pagava da solo, e avevo trovato lavoro in un piccolo locale a Chelsea, nascosto in un edificio dall’aria squisitamente barocca, chiamato “The Damned Club”.
Era super esclusivo e nessuno sapeva dove si trovasse, soltanto chi veniva invitato a parteciparvi.
Lavoravo lì tre volte a settimana e guadagnavo abbastanza per permettermi di fare la vita che volessi senza troppi problemi.
Quella sera, il locale avrebbe ospitato una festa privata, organizzata dal figlio del ricco magnate dell’impresa edile che aveva praticamente ottenuto ogni appalto in città.
Erano clienti estremamente facoltosi, e se io e le altre ragazze fossimo state in grado di accontentarli per bene, di certo non ce ne saremmo pentite.
Ero perfettamente e completamente depilata per quella sera, i miei lunghi capelli mori raccolti in una morbida coda alta dietro la testa, e avevo indossato il completino da cameriera che ci avevano consegnato quelli dello staff a inizio serata.
Appena i nostri rispettabili ospiti avevano iniziato ad arrivare, alcune delle ragazze già non si vedevano più in giro per il grande salone centrale dell’edificio. Quella sera non ero particolarmente in vena, ma era il mio lavoro e ci era pure andata bene.
Giovani new yorchesi, vestiti bene e con questi sorrisi eccessivamente accondiscendenti, e lo sguardo che si posava ovunque tranne che sui nostri occhi.
Si avvicinò a me un ragazzo, c’era qualcosa di misterioso e affascinante nel suo sguardo e mi sembrava di averlo già visto da qualche parte anche se non potevo giurarci.
– Sei la più bella stasera.
disse guardandomi fisso negli occhi, tenendo il suo sguardo solo nel mio sguardo, nonostante ci fosse parecchio altro da vedere.
Lo ringraziai, accennando un sorriso, e lui in cambio mi porse uno dei due calici di champagne che teneva in mano.
Se dovevo farlo, tanto valeva lasciarsi un po’ andare. Mi leccai le labbra con la punta della lingua, prendendo poi un sorso dal bicchiere, non riuscendo a togliere gli occhi dai suoi.
Sapevo cosa voleva, erano tutti lì solo per quello.
– Potrei avere l’onore di vedere la tua stanza?
mi chiese con quel tono profondo e affabile.
– Certamente.
gli risposi milleflua, prendendo una piccola chiave argentea dal mio reggiseno, voltandomi e uscendo dal salone, dopo aver appoggiato il bicchiere semi pieno su un tavolo.
Appena fuori dalla sala lo sentii afferrarmi il polso, tirandomi a sè e sbattendomi contro il muro, portando una mano sul mio collo, prima di avvicinarsi ad esso e lasciarvi una serie di piccoli baci.
– Dio, cosa sei…
mi sussurra ansimando appena, la sua decisione e la sua eccitazione sono una combinazione letale per me.
Le sue mani accarezzano le mie cosce, salendo lungo i miei fianchi, facendomi alzare le braccia che sposto sopra la testa, facendole aderire al muro, mentre le sue labbra tornano a torturare la mia pelle, spingendo il suo corpo contro il mio.
Riesco a percepire perfettamente il suo cazzo duro premere contro la mia intimità già eccitata.
Abbassa il mio reggiseno, scendendo a mordicchiare e leccare i miei capezzoli turgidi, mentre io faccio scendere lentamente un braccio e con una mano inizio ad accarezzare quel membro duro e gonfio.
Con la stessa decisione di prima mi fa voltare di spalle, spostando le mani sul mio ventre, facendomi sentire il cazzo fra le natiche, e sfregandolo appena, mentre le sue mani salgono sul mio corpo, stringendo il mio seno con forza, facendomi eccitare ancora di più.
– Sei la mia piccola troia?
chiede sussurrando al mio orecchio, anche se la sua frase sembra più un ordine che una domanda.
– Sono tutto quello che vuoi che io sia.
Lui era il cliente li, e il cliente ha sempre ragione.
– Sei la mia piccola troia?
mi chiede ancora, facendosi più insistente. Le sue mani lasciano il mio corpo, e lo sento sbottonarsi lentamente i pantaloni, abbassando la cerniera.
– Si.
rispondo semplicemente, chinandomi appena un po’ in avanti, appoggiata al muro, spingendo il mio sedere contro il suo membro eretto.
– Brava piccola.
Mi prende i fianchi, tirandomi appena indietro, divarico le gambe e mi appoggio al muro, quasi in apnea.
Lo sento sollevare la gonna microscopica della divisa, lasciando le mie natiche scoperte, mi lascia una leggera pacca sul sedere che mi fa sussultare, sono un fascio di nervi in tensione.
Sposta il mio perizoma di lato, passando un dito sul mio sedere, appoggiando il pollice sul buchetto e strusciando la punta del suo pene nudo contro la mia intimità, aperta al suo volere.
– Brava.
ripete, facendo salire una mano lungo la mia schiena, prendendo l’elastico che teneva la coda e sciogliendomi i capelli, che ricadono morbidi sulla schiena.
E poi, questione di un attimo, mi penetra completamente con un colpo secco, spingendo contemporaneamente il suo dito e il suo pene dentro di me, in entrambi i buchi.
Un gemito di sofferenza esce dalle mie labbra contratte, lui inizia a muoversi dentro la mia figa bagnata, a grandi colpi, i suoi testicoli sbattono contro il mio corpo con forza, e lentamente muove appena quel dito intorno a cui il mio corpo si stringe e pulsa. Sposta la mano libera davanti, appoggiando due dita sul clitoride e muovendole a ritmo con i suoi movimenti, facendomi impazzire.
Le ginocchia mi tremano, mi aggrappo al muro come posso per non cadere.
Le sue mani si spostano poi sui miei fianchi, muovendomi avanti e indietro lungo quel cazzo meraviglioso, con un ritmo sempre più crescente.
Si muove veloce, le sue mani salgono a stringere il mio seno, che palpa con decisione, continuando a penetrarmi velocemente..

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