Rieccomi qua: Se mi vedesse Athramad questa volta non avrei scampo: esilio perenne e senza appello. Milioni di volte l’ho sentito ripetere che quelli come noi devono fare attenzione. Siamo lycan, siamo la bestia nera che si nasconde nei boschi e se l’uomo si accorgesse della nostra presenza saremmo costretti a fuggire di nuovo prima di essere sterminati.
Già ci spostammo tre volte per l’avventatezza dei più giovani e la seconda fuga è stata un disastro: più di metà dei nostri è stata presa e la fine che ha fatto la posso solo immaginare…anche se non vorrei.
Da quel giorno per noi solo il cuore più cupo delle foreste, mai avvicinarsi agli insediamenti umani e io ero uno dei più accaniti sostenitori di questo comportamento finchè…
Ricordo ancora quell’alba maledetta. Mi ero svegliato prima degli altri, volevo starmene un po’ da solo sulle rive del lago senza che nessuno mi seguisse. Quel giorno non ho mai lasciato il sottobosco, nè mi son bagnato nelle acque del lago.
Giunto ai margini della radura la vidi bagnarsi nelle acque cristalline e se dovessi dire cosa succedeva intorno non lo saprei ricordare. Ricordo solo la sua nera chioma scenderle sul collo mentre emergeva dalle acque del lago, i suoi seni pieni e perfetti luccicanti dopo il bagno mattutino, la sua candida schiena uscire lentamente dall’acqua a preannunciare i suoi splendidi fianchi. Dubito che uno scultore sarebbe riuscito a riprodurre meglio il concetto di bellezza. Le gambe che portarono quella splendida figura a rivestirsi sulla riva erano le gambe di una dea: lunghe, splendidamente delineate, senza una sola imperfezione a rovinarne l’insieme.
Io stupido ci son cascato: una donna così può essere solo una sirena. Non la creatura mitologica metà donna e metà pesce, ma un canto soave che ti rapisce e ti attrae, obnubila la mente e fa ignorare il pericolo incombente finchè non è troppo tardi…spesso si ignora il rischio anche dopo il punto di non ritorno.
La guardavo camminare lungo il sentiero seguendola pochi metri più in là nascosto dal sottobosco. Quanto avrei voluto poter uscire allo scoperto, prenderla tra le braccia, sentire il suo profumo pervadere l’aria e amarla circondati da null’altro che la mia amata foresta.
Ma visioni come quella sono negate a noi che non siamo uomini nè animali, la possibilità di sfiorare anche solo per un istante quella pelle di seta è riservata a pochi eletti che possono percorrere le vie delle città senza timor alcuno.
Ma questa consapevolezza non mi bastava e da allora due volte la settimana torno qua, dove i due muri si fronteggiano: da una parte il muro di alberi e fiori che è l’anticamera della mia abitazione, dall’altra il muro di pietra e roccia che protegge gli uomini.
A un balzo da me si apre il sentiero che lei percorrerà tra breve, in perfetta corrispondenza della porta di accesso alle mura cittadine.
Puntuale come il sole all’alba si presenta ai miei occhi e si incammina verso il lago che l’avvolgerà nel suo abbraccio come un amante. Potessi morire ora e rinacere acqua sarebbe l’Assoluto.
La guardo spogliarsi e immagino come dev’essere il contatto con lei. Sogno di stringerla a me, baciarla come solo un amante appassionato sa fare, immagino di essere io a privarla delle sue vesti, percorrere il suo corpo con mani tremanti per imprimere nel mio cuore le sue forme. Cadrei in ginocchio innanzi a lei e la bacerei laddove la vita comincia il suo sempiterno ciclo , assaporerei il suo piacere come nettare divino spillato direttamente dalla coppa degli aesi e perderei l’anima a ogni suo brivido.
Per un breve istante vedo nella mente il momento in cui la farei mia: lei sdraiata sul morbido tappeto erboso e io che entro in lei delicatamente per unirci in una sola essenza. Mi pare quasi di sentire il suo sesso schiudersi mentre il mio membro si fa strada in lei, il calore delle sue carni avvolgermi mentre insieme ci lasciamo trasportare dal nostro amplesso e quasi perdo ogni controllo immaginando il momento in cui il mio seme andrebbe a mescolarsi ai suoi umori sugellando il raggiungimento reciproco dell’orgasmo.
Ma è un sogno e io son qua seduto a rimirare il mio paradiso negato.
Oggi però ho deciso, lascio che si rivesta mentre il mio sguardo si è fatto serio, quasi duro. Ripercorro il sentiero insieme a lei senza che mi veda fino al limitare degli alberi. Un profondo respiro ed esco dal bosco innanzi a lei. Vedo il terrore nei suoi occhi, ne resto ferito, ma non desisto, non mi fermano nemmeno le grida di allarme degli uomini alle mie spalle e le dico quelle due parole maledette che mi han portato fin qua, che mi han fatto rinunciare a ogni precauzione, ogni raziocinio, che han condannato il mio cuore alla perdizione eterna.
Il mondo sembra fermarsi per assistere alla scena, il lento fluire della vita è sospeso nell’attesa di ciò che sta per succedere. All’improvviso la mia voce che le dice “Ti amo” rompe il silenzio circostante subito prima del vibrato basso delle corde degli archi alle mie spalle e il buio mi accoglie clemente tra le sue braccia
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Bhe...è difficile che si ricevi un commento, Questo sito non è tantissimo frequentato da gente attiva :)
Una serie di racconti sempre più eccitanti, alla fine Gianni ha raggiunto il suo scopo
Mi sa che alla prossima Gianni raggiunge l'obbiettivo
Un vero cuck, lei senza problemi gli racconta, d'altronde lui glielo aveva permesso al telefono