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Racconti Erotici Etero

L’Ostrica e l’Obelisco

By 9 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

(Dedicato alle autrici di questo sito e a tutte le mie lettrici)

Prologo

Una cittadina del nord Italia, 07 dicembre 1985

Il luccichìo dell’albero di Natale si riflette muto all’interno dello studio riccamente arredato. La dottoressa siede alla sua scrivania e, immersa nella penombra che avvolge la stanza, osserva in silenzio gli strani disegni che le luci multicolore proiettano sopra la grande parete sullo sfondo.

I suoi occhi cercano di mettere a fuoco un punto preciso al centro della parete, ma sono altrove. Come pure i suoi pensieri, persi in un pomeriggio ormai lontano quasi trent’anni. Poi la dottoressa impugna una stilografica e comincia a scrivere la lettera che si porta dentro da sempre, una lettera di gratitudine’

L’Ostrica e l’Obelisco

Caterina aveva atteso quel momento per quasi tredici anni. Lo aveva atteso in pratica da quando, ancora bambina, aveva giurato a se stessa che sarebbe diventata un grande medico.

Seduta nella prima fila dell’anfiteatro, in attesa della lezione, ricordava perfettamente il volto amorevole della Madre Superiora, le sue parole piene di infinita dolcezza, quel gesto che la donna aveva fatto per soffocare la sua curiosità infantile e che invece, ironia della sorte, aveva segnato la sua strada.

Ricordava ancora il suo stupore di bambina quando, riaperto il grande atlante di anatomia alla solita pagina, non aveva più trovato quelle illustrazioni così strane. E aveva subito capito. Tutto. Eppure, ancora adesso, rimaneva dubbiosa sul perché di quel gesto.

S’interrogava ancora se quelle illustrazioni contenessero un germe oscuro del peccato, una tentazione sconosciuta dalla quale, per il suo bene, la superiora aveva voluto allontanarla. E tuttavia, qualcosa dentro di lei continuava a suggerirle che proprio in quelle illustrazioni fosse racchiuso il sale della vita.

La verità, comunque, ormai era vicina. A quelle domande avrebbe in parte risposto proprio quella mattina, assistendo alla prima lezione di anatomia sull’apparato genitale.

Pietro non era mai stato così motivato di andare a lezione come invece lo era quel giorno. Era rimasto sveglio tutta la notte e non vedeva l’ora che il professore cominciasse a spiegare quel capitolo che, non appena acquistato il libro di anatomia, lui aveva subito spulciato in ogni minimo particolare. Finalmente avrebbe ascoltato le dissertazioni di quel grande uomo di scienza sull’anatomia femminile! Non avrebbe perduto neppure una sua parola! Proprio per questo giunse a lezione con l’idea di occupare un posto il più vicino possibile alla cattedra, da dove meglio avrebbe potuto seguire.

Entrò in aula un attimo prima del professore e lo sguardo gli cadde all’estremo angolo sulla destra della prima fila, dove rimaneva ancora spazio per una sola persona: aveva trovato un posto da cui seguire con la massima attenzione.

Fu in quell’istante che Caterina, totalmente immersa nei suoi ricordi, ebbe la sensazione di essere stretta tra due fuochi. Da una parte, infatti, riconobbe di fronte a sé l’autorevole professore ‘ il volto illuminato da un sorriso diabolicamente malizioso ‘ mentre, alla sua sinistra, vide occupare da un ragazzo sconosciuto il poco spazio che le rimaneva accanto. Lei, seduta così vicina ad un ragazzo! La cosa, se da una parte la inquietava, dall’altra accresceva pure la sua curiosità, ora che sentiva di essere molto vicina alla verità. Decise di non spostarsi di posto, anche perché non poteva, e cominciò a recitare mentalmente un Padre Nostro per chiedere al buon Dio di guidarla nel suo cammino di conoscenza.

Da parte sua, una volta preso posto, Pietro realizzò subito che quello doveva essere il suo giorno fortunato. Non solo, infatti, era riuscito a rimediare un posto in prima fila, ma proprio accanto a lui era seduta quella che definì subito tra sé una ‘gran topa di paese’, una di quelle tope pelosissime che non hanno mai stoccato un cazzo ma che non appena ne fanno la ‘conoscenza’ diventano degli esempi di pura ingordigia! E che tette che aveva quella topa di paese! Pietro già le immaginava sodissime e sormontate da due capezzoli enormi color cioccolata’ Come sarebbe stato bello prenderle in bocca e succhiarle avidamente!

Il professore sistemò un lucido sull’apposito ripiano della lavagna luminosa e la lezione ebbe inizio: il disegno di un’enorme vulva in primo piano riempì completamente il grande schermo bianco sullo sfondo. Caterina non aveva ancora terminato la recita mentale del Padre Nostro, che i suoi occhi rimasero folgorati da quell’anomala visione.

” L’Ostrica’, pensò tra sé’

Di fronte a quella visione inattesa, il ragazzo era invece rimasto estasiato. Con estrema meraviglia, e senza neppure accorgersene, aveva sussurrato languidamente: ‘La topa’.’, e contemporaneamente aveva stretto con la mano la punta del suo cazzo, divenuta subito dura.

Sebbene qualche volta, clandestinamente, gli fosse capitato di sfogliare qualche rivista porno, Pietro, in verità, non aveva mai avuto la fortuna di osservare una fica così in primo piano, riprodotta in tutti i suoi particolari più minuti e rappresentata, per ovvie esigenze didattiche, senza la naturale peluria. La stava di fatto mangiando con gli occhi.

Proprio in quel momento, con aria di grande sapiente, il professore diede inizio alla dissertazione.

‘Come potete osservare, la parte più esterna dell’apparato genitale femminile si presenta come un rilievo cuneiforme formato da due grosse pieghe cutanee che combaciano delineando la cosiddetta rima vulvare”

‘Le grandi labbra’, pensò tra sé Pietro, che pendeva dalle labbra del professore. Finalmente poteva studiarle a fondo, nella gigantografia che aveva davanti e verificare se erano esattamente così come aveva sentito raccontare da alcuni amici più grandi andati tante volte ‘a donne’. Cosa non avrebbe dato per mettere le mani sulla meraviglia riprodotta in quella figura! Poi tornò a concentrarsi sulle parole del professore.

‘Le strutture che costituiscono i genitali femminili sono ben rappresentate nella figura che state osservando’ ‘ e così dicendo, con un puntatore laser aveva cominciato ad indicare le varie parti dell’intimità femminile.

‘Vedete nella parte superiore il cosiddetto monte di venere, un rilievo di adipe più o meno spesso al quale molte volte si sono ispirati i poeti. Quindi, simmetricamente, dall’alto verso il basso, le grandi labbra di cui dicevo all’inizio e, più internamente, le cosiddette piccole labbra, che ricoprono il vestibolo della vagina. Poco più in alto, ecco l’orifizio esterno dell’uretra, il canale naturale da cui fuoriesce l’urina. Infine, ancora più in alto, è possibile riconoscere la parte più enigmatica dell’intero apparato”.

A questo punto, con una studiata pausa ad effetto, il professore si fermò un attimo. Poi, guardando in direzione di Caterina, aggiunse con voce profonda e sguardo malizioso: ”la clitoride’.

La ragazza aveva seguito a bocca aperta la dissertazione, stentando a credere che anche lei, in quanto donna, fosse fatta a quel modo tra le gambe. Che avesse dei disturbi visivi, per non essersi mai accorta di tutta quella roba? E che nomi strani che avevano quelle parti anatomiche’

A questo punto, fu angosciata da un terribile dubbio. Forse che in quei nomi – nomi davvero strani – si celasse una fonte del peccato alla quale la superiora aveva cercato di sottrarla? L’ultimo, in particolare, l’aveva colpita più di tutti, il nome che il professore aveva pronunciato con enfasi guardando proprio verso di lei: ‘la clitoride’. Quel nome, forse per una strana assonanza, le aveva subito riportato alla mente l’immagine virginale dell’amorevole suor Clotilde, l’addetta al refettorio dell’orfanotrofio in cui era stata ospitata e cresciuta fin dalla nascita’

Il professore pigiò un piccolo tasto ed improvvisamente l’immagine proiettata svanì nel nulla.

‘Per oggi io mi fermo qui’ ‘ disse. ‘Proseguirete la lezione con la mia assistente’, ed uscì rapidamente dall’aula.

Approfittando del momentaneo intervallo, Caterina si alzò di scatto, raccolse alla svelta le sue cose e scappò via sconvolta dall’anfiteatro.

Pietro era ancora immerso nel ricordo della gigantografia proiettata dalla lavagna luminosa, quando la sua bella ‘topa’ lo travolse letteralmente per raggiungere come un’indemoniata l’uscita.

‘Chissà che le è preso’, pensò tra sé il ragazzo, ed ancora una volta, osservando da dietro la sua collega allontanarsi, si convinse che sotto quella gonna lunghissima, assolutamente fuori moda, doveva pulsare una topa pelosissima e bollente.

Quella notte Caterina non riuscì a prendere sonno. Si rigirava nel letto con in mente un’unica domanda: ‘Ma è proprio a quel modo che sono fatta tra le gambe?’ C’era un unico modo per scoprirlo: fare un’indagine ‘approfondita’!

Fu così che, facendo attenzione a non svegliare le sue compagne di stanza, la ragazza si armò di coraggio e raggiunse il bagno.

Si tolse i pantaloni del pigiama e rimase con le sue enormi mutande bianche di spesso cotone. Dopo un attimo di esitazione, tolse via pure quelle e scoprì le sue vergogna.

Eccome se Pietro aveva ragione! Tra le gambe della ragazza, un’enorme topa pelosa spuntava simile ad un animale primitivo mezzo addormentato! La ragazza avvicinò alle sue gambe uno specchio e cercò quei ‘dettagli’ che il professore aveva minuziosamente descritto quella mattina a lezione. Tuttavia, l’impresa era tutt’altro che facile. Com’era pelosa quella parte del suo corpo! Caterina pareva accorgersene ora per la prima volta.

Ad ogni modo, la ragazza era decisa ad andare fino in fondo. Così, avvicinò la mano con cui non teneva lo specchio e cominciò a ‘cercare’. Per prime individuò quelle che dovevano essere le grandi labbra: due carnosi ripiegamenti di pelle che svettavano sopra il suo pube. Poi, più in fondo, individuò le piccole labbra, due minuti lembi di carne ancora incollati tra loro – segno che mai un cazzo era passato da quelle parti’ Infine, risalendo e rovistando tra la fittissima peluria, la mano della ragazza cadde sopra un piccolo bocciolo di carne di cui non si era mai accorta prima’la clitoride!

Più rovistava e più Caterina si sentiva ‘normale’. Era tutto a posto in mezzo alle sue gambe! Non c’era alcuna imperfezione nella sua intima anatomia. La sua bella ‘ostrica’ era, per così dire, ‘completa’.

La clitoride catturò più d’ogni altra parte la sua attenzione. Vi posò sopra le dita e cercò di verificarne la costituzione. Dopo qualche timido massaggio, però, la ragazza sentì attraversare la sua schiena da uno strano brivido. Cosa le stava succedendo? Possibile che quella strana sensazione scaturisse dal suo massaggiare? E se si fosse trattato di una specie di ‘porta’ che si apriva direttamente nella stanza del maligno? Ebbe paura e, riposto lo specchio lì dove lo aveva preso, tornò silenziosamente a letto. Questa volta riuscì ad addormentarsi.

Dopo qualche giorno, Caterina torno a seguire le lezioni di anatomia. Adesso il professore avrebbe spiegato l’apparato genitale maschile. Se l’ultima volta la ragazza era stata divorata dalla tensione e dalla paura, adesso invece era più che mai determinata a completare la sua ricerca della verità. D’altra parte, sapeva di essere solo a metà del suo percorso di conoscenza, e se voleva comprendere appieno l’antico gesto della Madre Superiora, doveva necessariamente spingersi fino in fondo.

Giunse a lezione puntuale come sempre e, mentre si apprestava ad occupare il solito posto, riconobbe lì accanto il ragazzo della volta precedente.

‘Riecco la topa pelosa’, pensò subito Pietro.

‘Chissà che carne calda e spessa deve avere in mezzo a quelle gambe’, e frattanto abbozzava un sorrisetto a metà tra il timido e l’allupato. Entrambi i ragazzi incrociarono gli sguardi senza dire una parola, poi l’arrivo del professore catturò la loro attenzione.

‘Eccoci qui! Oggi completeremo lo studio dell’apparato genitale soffermandoci su quello maschile. Osservate attentamente la figura che proietterò adesso’ ‘ e così dicendo aveva inserito un lucido nella lavagna luminosa.

Sopra lo schermo bianco disposto di fronte all’anfiteatro, questa volta apparve la gigantografia di un pene in posizione di riposo.

‘Ecco! Così appaiono i genitali maschili esterni. Questo goffo cilindro pendente è il pene in stato di riposo, ed al suo interno corre l’uretra cosiddetta peniena, un sottile canale che convoglia l’urina all’esterno. Più in basso vedete invece i testicoli, raccolti in una sacca ruvida detta scroto’.

Caterina ascoltava il professore con molta più curiosità dell’ultima volta. Tuttavia, non c’era nulla di particolarmente inquietante nell’apparato genitale maschile: tante volte, ai tempi in cui viveva all’orfanotrofio, le era capitato di accompagnare a far pipì i bambini ai quali faceva il doposcuola , ed aveva già visto ciò di cui il professore stava parlando. Fu solo quando, ad un certo punto, il professore inserì un nuovo lucido, che i suoi occhi si illuminarono di nuova luce. Allo stesso tempo, un flebile sussurro uscì dalla sua bocca’

”L’Obelisco ‘la stessa immagine di allora’.

In quel momento, il professore riprese la sua dissertazione.

‘Questa è adesso l’immagine di un pene in piena erezione. Potete osservare sulla cima il glande, non più come prima ricoperto dal prepuzio, ma proteso ora sensibilmente in avanti. Potete distinguere lungo l’asta eretta tre corpi distinti, due laterali ed uno centrale”

Caterina non ascoltava più. L’immagine dell”Obelisco’, che tanta curiosità aveva suscitato ai suoi occhi di bambina, confondeva ora completamente i suoi sensi’ Ma come poteva essere? Un ‘mostro’ di quella portata’

Il suo stupore, inoltre, si tramutò in panico quando il professore completò la dissertazione dicendo: ”in merito alle dimensioni, la fantasia popolare si è sempre sbizzarrita. Ma qui facciamo scienza ed io vi posso garantire che, alcune volte, un pene eretto può anche raggiungere i ‘ ‘ solita pausa ad effetto – 30 cm di lunghezza!’

‘Trenta centimetri di lunghezza’! Caterina diede uno sguardo veloce alla copertina del suo libro di anatomia e si disse subito che ‘quel coso’, l”Obelisco’ della sua infanzia, poteva essere davvero molto lungo, forse anche più lungo di quella copertina!

Adesso cominciava a capire. Forse mirava anche a questo il gesto inspiegabile della Madre Superiora: tenerla lontana da una realtà tremendamente inconcepibile e ‘dolorosa’. Eppure, ancora una volta dentro di lei riaffiorava il dubbio che proprio in quella realtà, trasposta tanto nella nemesi dell”Ostrica’ quanto in quella dell”Obelisco’, potesse celarsi invece la chiave di un piacere immenso e a lei non ancora noto.

Pietro aveva osservato attentamente ogni reazione della ragazza. Aveva colto lo stupore nei suoi occhi alle parole del professore e, subito, gli era montata dentro una voglia da matti. Come avrebbe voluto impalare sulla sua solida verga quella pelosa topa di paese! Avrebbe voluto dargliela lui qualche lezione di anatomia!

Prima ancora che la lezione finisse, Caterina scappò via assai più agitata dell’ultima volta. Inutile dire che quella notte rimase sveglia. Si girava e rigirava nel letto con in mente l’immagine di quell’obelisco di carne che’ No, non poteva essere vero! Tuttavia, sapeva che questa volta non avrebbe potuto verificare direttamente’ a meno che’ Un pensiero ‘diabolico’ si stava facendo strada nella sua mente.

Cresciuta in un orfanotrofio fino all’età di diciott’anni, un vero cazzo in erezione Caterina non l’aveva mai visto! Quel poco che sapeva sul sesso lei lo aveva appreso, assai approssimativamente, parlando con altre sue amiche, comunque non molto più ferrate di lei in materia. Adesso, però, le lezioni di anatomia la stavano lentamente portando al livello di conoscenza e consapevolezza che lei, a partire da quel pomeriggio di tanti anni prima, aveva perseguito con estrema tenacia.

Quelle lezioni, prima le avevano fatto scoprire l’esistenza del piccolo bocciolo tra le sue gambe, il cui tocco le procurava sensazioni indescrivibili; poi, le avevano rivelato un’infame verità: il ‘pisellino’, che tante volte lei aveva visto tra le gambe dei piccoli dell’orfanotrofio, poteva mutarsi, in effetti, in qualcosa di mostruoso: l”Obelisco’, dal quale prudentemente l’aveva allontanata la Madre Superiora.

Stavano dunque veramente così le cose? La superiora, col suo gesto, aveva davvero voluto proteggerla dalle tentazioni dell”Ostrica e dell”Obelisco’? Questa, di sicuro, era la domanda più importante alla quale Caterina non aveva ancora trovato risposta.

La possibilità di trovare quella risposta le si presentò dopo appena qualche giorno.

Erano le tre del pomeriggio e Pietro, sdraiato sopra una delle tante panchine del giardino della facoltà di medicina, stava riposando all’ombra di un grande ippocastano, in quel giorno di fine autunno stranamente mite. All’improvviso si accorse di Caterina, diretta proprio nella sua direzione.

‘Cazzo’, pensò, ‘ma quella è proprio la topa pelosa!’, e subito sentì il suo pene ‘ribellarsi’ nelle mutande. ‘Vedremo se si fermerà a dire qualcosa’.

La ragazza, in effetti, andava diritta verso di lui con ben altre intenzione che non quelle di fermarsi a dire semplicemente qualcosa. Sapeva che quello era un uomo e avrebbe fatto di tutto per verificare dal ‘vivo’ quanto aveva detto il professore a lezione. Che spuntasse pure il diavolo, dopo! Lei ormai aveva preso la sua decisione.

‘Ciao, passavo di qui ed ho pensato di chiederti un favore’ ‘ disse, rivolgendosi al ragazzo.

Quello, da parte sua, non riusciva a credere che fosse vero. La topa pelosa che andava da lui per chiedergli un favore! Subito si mostrò disponibile.

‘Ma certo, dimmi. Qualsiasi cosa. Intanto’io sono Pietro’.

‘Grazie Pietro, io mi chiamo Caterina. Ecco, ti spiego qual è il problema. Poc’anzi stavo studiando l’ultima lezione di anatomia’ ‘ a quelle parole, il ragazzo sentì salirgli il sangue al cervello ‘ ‘ma ci sono dei punti che proprio non riesco a comprendere. Sai, pensavo che rivedendo magari gli argomenti con qualcuno, tutto potrebbe apparire più semplice’ Sempre che ti vada, sia chiaro”

Pietro era stordito. La topona chiedeva a lui se potevano studiare assieme forma e conformazione del ca’ No, non poteva essere vero, stava sognando. Poi si riprese e capì che non poteva lasciarsi sfuggire quell’occasione.

‘Oh, ma certo Caterina, pensavo proprio di cominciare adesso l’ultima lezione. Se vuoi, possiamo andare nell’ultima aula al piano terra, è sempre vuota’.

La ragazza accettò subito l’invito ed entrambi si avviarono. Naturalmente, non si trattava di una scelta casuale. Quell’aula, non solo era sempre vuota, ma era situata in un punto assolutamente deserto e lontano da occhi indiscreti. Senza considerare, poi, che proprio quel giorno si svolgeva l’ennesima manifestazione studentesca, ed il grosso degli studenti si era radunato nelle vie del centro.

‘Vedrai se non ti strappo dalla topa quel bel pellicciotto’, pensava tra sé il ragazzo mentre osservava la collega sforzarsi di sculettare come una troia provetta.

In effetti, dopo quelle lezioni, la libido di Caterina aveva subìto una crescita spaventosa. Superata la paura della prima volta, molte altre volte, prima di addormentarsi, la ragazza aveva sperimentato quale immenso piacere le procurava massaggiarsi il piccolo bottoncino in cima al suo sesso. E, di recente, a quel piacere ne aveva associato anche un altro: immaginare di osservare dal vero la ‘colonna di carne’ che il professore aveva proiettato nell’anfiteatro!

Raggiunta l’aula, i ragazzi si guardarono negli occhi. Altro che lezione da studiare sopra un freddo libro! Avrebbero appreso sui loro corpi tutto quanto c’era da apprendere!

Allupato com’era, Pietro non le diede il tempo di accorgersi di nulla. La cinse da dietro e subito fece scivolare le sue mani all’interno delle sue gambe.

‘Vieni qui bella topa, lo sai che mi hai fatto impazzire per tutti questi giorni? Adesso ci prepareremo assieme per l’esame di anatomia. Io studierò sulla tua topa pelosa e tu sopra il mio grande cazzo’, e così dicendo aveva subito introdotto la sua mano destra dentro le spesse mutande della ragazza, scoprendo una peluria addirittura più folta di quanto avesse immaginato.

Caterina avanzò qualche timida protesta, ma in realtà era ciò che anche lei voleva. Le era necessario per trovare le giuste risposte. E poi, già si sentiva esplodere dentro, sentendo sopra il suo sesso peloso le mani ruvide di quel ragazzo.

‘Sìììììì, Pietro, toccami, tocca la mia ‘Ostrica’. Cerca il piccolo bocciolo di cui parlava il professore. Sììììì, così, non fermarti, affonda le tue mani nel mio pelo e schiudi le porte alla mia conoscenza’.

Il ragazzo le teneva stretto il sesso come si può tenere stretto uno strano animale imbizzarrito. Tuttavia, non capiva il senso delle sue parole. L”Ostrica’? Per lui quella era solo e soltanto la ‘topa’, e l’unica porta che in quel momento aveva intenzione di schiudere, anzi di ‘sfondare’, era proprio quella topa paesana sulla quale non era mai passato alcun cazzo!

‘Vieni, girati verso di me, voglio leccare le tue enormi tette farcite di cioccolata’, e già il ragazzo, frustrato da un’adolescenza che per anni si era nutrita di fantasie e astinenza, si era gettato con la bocca sopra l’enorme seno di Caterina e aveva cominciato a succhiare avidamente i suoi due capezzoli scurissimi.

‘Mmhhh, che sapore, sai davvero di cioccolata. Dai, bella topa, datti da fare. Vuoi studiare l’anatomia di un vero cazzo dal vivo? Sai, io ne ho uno veramente grande”

Caterina, fino a quel momento, aveva cercato di mantenere un certo autocontrollo. Ora, però, stimolata dalle continue attenzioni orali di quel ragazzo sanguigno, cominciava a sciogliersi. Ma non poteva lasciarsi andare completamente! Non fino a quando non avesse raggiunto il suo scopo, conoscere fino in fondo la verità.

‘Certo che voglio studiare l’anatomia del tuo cazzo, perché ci troviamo qui allora?’

‘Bene, se è così, prendilo! è tutto tuo bella topa! Anzi, adesso ci metteremo sdraiati l’uno sull’altra, così che ciascuno possa studiare l’anatomia dell’altro’.

Pietro e Caterina si allacciarono subito in un 69 di fuoco. Il ragazzo, in particolare, sdraiato sotto, cominciò letteralmente a ‘consumare’ la sua lingua sopra il pelo ispido e fitto della ragazza.

Caterina era un enorme gemito di piacere, eppure conservava ancora quel filo di lucidità che le sarebbe servito per raggiungere la conoscenza finale. Slacciò velocemente la cintura dei pantaloni di lui e, curiosa, si fece strada con le mani verso quella colonna di carne che già percepiva attraverso il tatto. Rimase senza fiato, quando la vide protendersi superba verso il suo volto. Più di venti centimetri, ne era sicura!

Fu felice di riconoscerne perfettamente tutte le parti descritte a lezione dal professore. Il glande, perfetta estremità modellata da un’intelligenza superiore. L’asta, costituita da tre corpi distinti con quello centrale comprendente l’uretra. Le palle, scolpite in un unico blocco e conservate in quel sacco ruvido e odoroso detto scroto.

L”Obelisco”! Quale capolavoro di ingegneria idraulica il buon Dio aveva donato all’uomo! E, allo stesso tempo, anche alla donna, perché insieme all’uomo ne facesse un buon uso’

Caterina stava per completare la conoscenza. Adesso doveva solo verificare che l”Ostrica’ e l”Obelisco’ non erano affatto le porte che conducevano al peccato, come aveva angosciosamente pensato in passato, ma che invece erano, come sospettava, il mezzo per raggiungere un piacere mai provato prima. Adesso, doveva andare fino in fondo.

Sotto i colpi selvaggi di quel collega inesperto ma terribilmente focoso, quel pomeriggio Caterina perse la sua verginità emettendo urla di piacere liberatorie, ed ottenne tutte le risposte che per tanto tempo aveva cercato. Aveva ragione lei: quei due simboli così misteriosi, erano proprio le porte che conducevano verso un piacere inconcepibile. Inutile precisare che preparò l’esame di anatomia insieme a Pietro ed entrambi ottennero il massimo dei voti e la lode.

Dopo la laurea, Caterina si specializzò nel campo delle disfunzioni sessuali e, nel giro di pochi anni, diventò una sessuologa di fama internazionale. Pietro non completò mai gli studi, ma da allora raccontò sempre con orgoglio con quale furia animalesca, quel pomeriggio, avesse ‘sfondato la più pelosa delle tope che gli fosse mai capitato di incontrare’.

Post scriptum

Qualche anno fa ‘ era esattamente il 1997 -, su consiglio di un amico mi recai ad un’asta organizzata nell’hotel più prestigioso della città in cui vivo.

Venivano battuti alcuni pezzi di arredamento appartenuti ad un ordine di suore, ormai sciolto da tempo, che aveva avuto sede in passato in un antico edificio del centro storico. I mobili e gli oggetti ‘ per lo più arredamenti sacri, alcuni per la verità molto belli ‘ risentivano ormai dell’usura del tempo, e solo un’accurata opera di restauro avrebbe potuto riconsegnarli al loro antico splendore’

Il più malandato di quegli oggetti era un piccolo sécretaire appartenuto, pareva, alla Madre Superiora dell’ordine, deceduta nel 1989 alla veneranda età di 87 anni. Me ne innamorai immediatamente e, sebbene mi trovassi a quell’asta più per curiosità che per tentare degli improbabili acquisti, finii con l’aggiudicarmelo per una cifra tutto sommato modesta.

Il caso volle che decidessi di restaurarlo con le mie stesse mani. Impiegai più di un mese, ma alla fine il sécretaire tornò al suo antico splendore.

Quel mobile oggi occupa un posto privilegiato all’interno del mio studio. è un pezzo a cui sono particolarmente legato, ma non per il valore in sé che possiede, bensì per quanto vi trovai nascosto, in un impensabile doppio fondo, durante le operazioni di restauro.

In un foglio ingiallito dal tempo e reso logoro dalle attenzioni di tante tarme operose, trovai scritta la seguente lettera:

Una cittadina del nord Italia, 07/12/1985

Eccellentissima Madre Superiora,

a distanza di molti anni da quando ho lasciato la città in cui sono nata, sento per la prima volta il dovere di scriverLe per ringraziarLa.

Le scrivo oggi, vigilia della festa dell’Immacolata Concezione, sperando che gli auguri di buon Natale, che unisco alla presente, non arrivino troppo tardi.

So bene che nel tempo il Vostro orfanotrofio ha dato ospitalità a molte altre bambine, ma sono certa che Lei, nonostante l’età avanzata, non ha dimenticato ancor oggi Caterina C., quella bimba animata da un’irrefrenabile curiosità che ospitaste fino all’età di diciott’anni.

Come di sicuro ricorderà, proprio allora lasciai l’orfanotrofio per usufruire di una borsa di studio che mi consentì l’accesso alla facoltà di medicina della città in cui attualmente vivo e lavoro. Sono diventata un’affermata sessuologa, e spesso mi trovo a viaggiare per partecipare a convegni internazionali’

Ma adesso Le spiego perché ho deciso di scriverLe’

Un pomeriggio di tantissimi anni fa ‘ l’ultimo dell’anno 1955, ricorda? – lei mi sorprese in biblioteca con in mano un atlante di anatomia umana: non sapevo ancora leggere, ma la curiosità mi portava a sfogliare tutti i libri, con particolare attenzione per quell’atlante così riccamente illustrato.

Quel giorno, mentre nell’orfanotrofio ci si preparava a festeggiare l’arrivo del nuovo anno, in biblioteca il mio sguardo era caduto su un capitolo dell’atlante che s’intitolava ‘ fui capace di leggerlo solo qualche tempo dopo -: ‘L’apparato genitale nell’uomo e nella donna’, in cui venivano rappresentati con dovizia di particolari il sesso dell’uomo e della donna. Allora non potevo capire cosa rappresentassero, e ricordo che mi rivolsi a Lei per ottenere spiegazione.

‘Sono l’Ostrica e l’Obelisco’, Lei mi rispose in quell’occasione con infinta dolcezza. ‘Un giorno sarai in grado di conoscerli a fondo, se solo deciderai di diventare un bravo medico”

Qualche giorno dopo, però, tornando a sfogliare quel libro, mi accorsi che le due figure erano sparite, ma non ebbi il coraggio di chiederLe altre spiegazioni. Da quel giorno, la bambina curiosa giurò a se stessa che sarebbe diventata un bravo medico, e che avrebbe indagato fino in fondo i segreti dell”Ostrica’ e dell”Obelisco”

Oggi sento il dovere di ringraziarLa perché, se lei allora non avesse fatto sparire da quel libro le due immagini per certi versi ‘scandalose’, la mia curiosità mi avrebbe portata altrove ed io non sarei mai diventata ciò che sono oggi.

Ma c’è ancora un segreto che sento il dovere di confidarLe’

La notte prima di lasciare l’orfanotrofio per andare a studiare al nord, riuscii a forzare il piccolo sécretaire della sua stanza. Ero sicura di trovarvi quanto stavo cercando, ed in effetti, all’interno di un ingegnoso doppio fondo, scoprii ben riposte le due figure ‘proibite’. Le presi, e le portai con me a mo’ di porta fortuna’

C’è una parete nel mio studio ricca di tanti attestati che ho conseguito in tutti questi anni per il mondo. Al centro, si trova una cornice che sembra fuori luogo tra tanti riconoscimenti accademici. Il tempo ha tolto alle immagini che essa conserva il loro antico splendore, ma ai miei occhi, che oggi hanno visto e studiato fino in fondo i misteri della sessualità umana, quelle immagini suscitano immutato lo stesso fascino di un tempo.

In calce alla cornice, a Suo perenne ricordo, ho scritto quell’unica frase che credo sintetizzi meglio di qualunque altra i due simboli opposti ‘ oggi misteri rivelati, eppure eternamente enigmatici – entro i quali oscilla costantemente la mia vita professionale: ‘L’Ostrica e l’Obelisco”

Coi sensi della più devota Osservanza, di Lei devotissima

Caterina C.

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