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Racconti Erotici Etero

Luoghi oscuri

By 9 Giugno 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Mi guardo intorno, l’ambiente &egrave buio, solo un grosso faro in lontananza illumina un enorme spazio vuoto. Ricorda un vecchio magazzino, uno di quei posti dove si costruiscono grossi aerei. Il pavimento sotto i miei piedi &egrave liscio e freddo. L’unica cosa che sento sono i bracciali di pelle che mi bloccano i polsi, appiccicosi, che fanno resistenza contro la pelle nuda.

Ho le dita delle mani intorpidite e ogni volta che le apro e le chiudo sento i bracciali sibilare e le catene tintinnare. Alzo la testa e vedo una grossa trave d’acciaio che corre lungo il soffitto; in mezzo penzola un gancio.

&egrave un po’ che sono qui, comincio a sentire freddo. Il mio signore mi ha lasciato qui dicendo: ‘Non parlare, non emettere un fiato. Torno appena posso’; mi ha dato una carezza pesante sulla guancia, quasi a volermi togliere uno strato di pelle, e ho visto la sua schiena allontanarsi.
Mi ha lasciata legata come l’uomo di Leonardo, braccia e gambe spalancate, completamente indifesa. In questa posizione, complice il buoi e il freddo che intorpidiscono, la mente vaga immaginando il momento in cui lui sarà qui.

All’improvviso il silenzio pneumatico che mi avvolge s’interrompe; una musica lontana mi fa capire che qualcuno &egrave arrivato. Da subito non riconosco la canzone. Mano a mano che la musica cresce il suono diventa più forte e chiaro; conosco questo pezzo, &egrave un brano dei Portishead, un gruppo che ho scoperto quando ero giovanissima. Da quando ho incontrato il mio signore e padrone ho ricominciato ad ascoltarli, le sonorità cupe e melanconiche dell’album ‘Dummy’ mi fanno pensare a lui; al mio signore che porta una maschera, che vive nella menzogna, che si rifiuta di vedere quello che per me &egrave lampante.

Sobbalzo. Una mano calda mi carezza la schiena. La sento scivolare lungo la colonna; &egrave la mano del mio padrone, la riconoscerei ovunque. La sento calda sulla pelle fredda e il calore s’irradia dalle scapole all’incavo della schiena, scivolando come olio verso il basso ventre.
Mentre comincio a perdermi in quella sensazione di sublime agonia, la sua mano sinistra mi si posa su una coscia. Mi sfiora solo con i polpastrelli, disegna dei cerchi e si arrampica verso l’alto. Quel semplice tocco delicato, lieve come una carezza mi penetra sotto la pelle, lo sento nella carne, fino alle ossa.

P: ‘Mi aspettavi?’
Lo aspettavo, non so quanto tempo fosse passato ma in un attimo non sento più il torpore alle mani, non percepisco il mio corpo; seguo solo la sua mano che vaga su di me.
Sfiorandomi lieve scivola su una natica, descrive il contorno dell’anca e arriva sul monte di Venere; pregusto l’attesa di quando mi toccherà. Sono già completamente bagnata.

All’improvviso si ferma e perdo il suo contatto. Intorno &egrave buio, cerco di ascoltare cosa succede ma la musica mi confonde. Sento le sue mani vicino al mio viso; mi posa una benda sugli occhi e stringe alla base della nuca: ‘Adesso giochiamo un po”.
Si stacca ancora, per un breve momento ma più lungo del precedente. Percepisco la sua presenza. Mi sfiora con un piccolo oggetto, qualcosa di lungo e sottile. Sento una piccola superficie morbida che mi sfiora la pancia, sale lungo l’addome, gira intorno al seno, va su per il collo fino a sfiorarmi le labbra. Quando &egrave a contatto con la bocca capisco di cosa si tratta, un frustino di quelli da cavallerizzo, sottile, con un piccolo pezzo di pelle in punta: ‘Apri la bocca’ mi ordina, io gli obbedisco. Lo inserisce lentamente e io lo succhio perché so che gli piace guardarmi mentre lo faccio. Immagino che sia il suo meraviglioso uccello.
Di scatto me lo strappa via di bocca e vibra un colpo sul basso ventre, fa male, brucia e sento la pelle accaldarsi. Sento l’aria muoversi e un altro colpo arriva alla base del collo; non capisco da dove arrivino. Un’altra vergata alla base della schiena, adesso urlo perché comincio ad aver paura di dove potrebbe colpirmi ancora. Un altro colpo alla base della coscia, sotto la natica, sento la pelle che si squarcia come se mi stesse colpendo con una lama. Gli occhi mi si riempiono di lacrime e una supplica fuoriesce dalle mie labbra: ‘Ti prego basta’.
P: ‘Non avevi detto che volevi giocare? Stasera sei la mia cavalla da monta e posso frustarti quanto voglio. Voglio sentirti implorare, vedere la tua carne che s’infiamma. Solo per il mio piacere’.
Le lacrime mi riempiono gli occhi ma lui non può vederlo, la benda impedisce che sgorghino lungo il viso.

Mi colpisce ancora, percepisco il suo respiro pesante mentre lo fa, sento il suo piacere che cresce e soffoco la voglia di gridare per farlo smettere. All’improvviso si ferma, il frustino poggiato in mezzo alle scapole, lo fa scivolare sopra la clavicola, lungo il collo, in mezzo al seno e scende giù fino all’apertura della fica. Struscia il piccolo pezzo di pelle avanti e indietro contro il mio clitoride, &egrave felice perché percepisce i miei umori che inumidiscono il frustino: ‘Brava la mia puledra, sapevo che ti sarebbe piaciuto’ e senza finire la frase sferra un colpo fortissimo proprio in mezzo alle gambe. La prima sensazione &egrave di bruciore intenso. Ne sferra un altro, sento la pelle che brucia, il sangue che affluisce. Al terzo colpo una violenta scossa di piacere; le vergate non fanno più male ma sono come delle piccole iniezioni di piacere direttamente sul clitoride. Le sento forti, comincio ad ansimare. Le scosse m’inebriano e così lui colpisce più forte, sempre più forte. Sento le gambe che mi stanno per cedere, sono sul punto di crollare ma il mio signore si ferma. Getta via la verga e infila la mano fra le gambe. Sento la mia fica che pulsa contro il suo palmo; se solo volesse potrebbe farmi venire in un attimo, solo spingendo un dito verso l’interno. Ma lui non vuole, al mio padrone piace giocare.

Si allontana e dopo pochi secondi &egrave ancora davanti a me, sento il suo odore, lo sento che mi respira vicino.
P: ‘Sei stata brava, molto brava. Meriti una ricompensa’ e mi spinge l’uccello leggermente dentro, solo una punta, il piacere arriva fino al cervello. Si stacca subito e m’infila ancora una mano fra le gambe. In mano ha del ghiaccio, freddo, liscio, delicato lo sento liquefarsi contro la mia carne rovente, sospiro per il sollievo: ‘Brava bimba, rilassati, ho solo cominciato’.
Dopo questo breve sollievo lo sento armeggiare con le catene che mi bloccano le mani, mi libera. Risento il sangue fluire normalmente lungo le braccia fino alle dita. Mi ordina di mettere le mani dietro la schiena e le lega strette con una corda, fa due giri intorno alla vita e poi giù davanti all’ombelico. Passa sotto, la grossa corda mi sega in due la figa, per ripassare in mezzo al nodo fra le mani. Continua per fare due giri intorno al collo e chiude con un nodo stretto.

Rumore di catene.

Lo sento agganciarne una sulla mia testa, la percepisco penzolare davanti alla mia faccia. Sento il clack di un grosso gancio, tipo un moschettone da arrampicata; lo fissa alla base della nuca.

Silenzio.

Mi sento sollevare dal collo, non tanto da perdere il contatto con il suolo, ma devo alzarmi sulle punte per poter respirare. La corda stringe e mi soffoca lievemente. Lo sento che mi libera anche dalla staffa che mi separa le gambe; adesso posso riavvicinarle ma devo comunque stare tesa sulle punte per evitare di soffocare. Si avvicina al mio orecchio e mi sussurra: ‘Riesci a respirare, vero? Non voglio che tu perda i sensi, devi stare qui con me’.
C: ‘Voglio stare qui con te’.

Si allontana ancora, quando torna percepisco uno strano sciacquettio, qualcosa tipo olio, qualcosa di viscido, di scivoloso. Non riesco a capire cosa sta facendo. Poi sento la sua mano unta, calda e morbida che si fa spazio fra le grandi labbra. Mi tocca, mi sente, dalla base spinge nell’incavo, una pressione leggera ma così penetrante. Il mio corpo risponde al suo e provo a spingere contro la sua mano ma la catena sulla mia testa si tende e m’impedisce di avvicinarmi, mi manca l’aria.
Con la punta delle dite struscia con forza contro il clitoride, mille vibrazioni s’irradiano lungo tutto il corpo; le gambe mi tremano. E poi finalmente lo sento; lo sento scivolare dentro con un dito, si fa strada dentro di me a toccare quel grosso rigonfiamento che c’&egrave dietro il monte di Venere. La sensazione &egrave sublime, travolgente, ne voglio di più e mi tendo in avanti per offrirgli tutto il mio sesso ma lui fa un passo indietro. Io lo seguo e mi tendo sempre di più; la catena non mi permette di andare oltre ma ci provo comunque. Mi sento confusa, non riesco a respirare, la testa diventa pesante, la corda &egrave sempre più stretta intorno al collo, non riesco a respirare. Il mio padrone non vuole che io perda i sensi, devo restare con lui così fa un passo in avanti infilando un altro dito, lo sento, adoro sentire le sue mani nella mia fica e lui lo percepisce. Infila un altro dito, poi un altro e un altro ancora.
La sua mano &egrave completamente dentro di me, sono in suo potere; percepisco ogni minimo movimento dei suoi tendini. Le scosse che partono dal basso ventre sono diventate delle calde ondate di piacere e io sono al limite. Lo sento dentro di me, lo sento accanto a me, intorno a me, lo sento ovunque. Per sentirlo completamente tiro su le gambe e mi abbandono completamente a lui, potrei smettere di respirare da un momento all’altro ma non m’interessa. Lui si avvicina a un millimetro dalle mie labbra e sussurra ‘Voglio sentire come vieni fra le mie mani’. Oddio, il solo suono della sua voce mi fa capitolare e’

Mi sveglio di soprassalto, incredula mi ritrovo nella mia stanza con l’amara consapevolezza che era solo un sogno.

Io non ho più un padrone, lui non mi vuole più.

Ho aperto la gabbia e l’ho guardato volare via. Troppo sicura di quale sarebbe stata la sua scelta, che tutto questo gli servisse, che non avrebbe rinunciato tanto presto.
Non tornerà ma &egrave ancora con me e io occupo i suoi pensieri. Quello che &egrave successo non &egrave impresso solo nella mia mente.

La fame adesso &egrave tanta ma non c’&egrave nulla che possa saziarla.

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