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A lavoro arrivavo sempre prima di lei. Siamo impegnati nel settore sanitario e condividevamo lo spogliatoio. Ogni volta che eravamo di turno insieme, la vedevo arrivare in borghese coi suoi lunghi capelli castano chiari che, sciolti e mossi, le cadevano lungo la schiena e, mentre apriva con le chiavi lo spogliatoio, io le fissavo il culo. Ipnotizzato, volevo penetrarlo ogni volta che mi fermavo a scrutarlo. Un culo fantastico ma Maria Luisa lo era tutta, a cominciare dai grandi occhi azzurri che ti mandano in visibilio quando restano a guardarti. Il suo seno era piccolo ma proporzionato alla statura. Era una dea e quando eravamo in pausa pranzo a chiacchierare mi sentivo quasi in colpa ad avere fantasie erotiche nell’esatto momento in cui mi parlava.

“Se non ci provo non saprei mai se ci sta o meno” mi ripetevo e così, col tempo, ho sfruttato il tempo a disposizione insieme per acquisire maggiore confidenza finché, non scorderò mai quel giorno, non ci ritrovammo faccia a faccia all’ingresso del locale che separa lo spogliatoio maschile da quello femminile.

Restammo qualche secondo a guardarci negli occhi finchè non le accarezzai il viso e, mettendo la mano nei suoi capelli, la avvicinai a me. Sembrava ci annusassimo, come persone che stanno diventando bestie. Fissavamo ognuno la bocca dell’altra, ardimentosi di assaporarci. I freni inibitori poi caddero definitivamente e le nostre labbra si unirono, aprendo la danza delle lingue. Ricordo le mie mani che si perdevano nella sua chioma e il sapore di menta che dalla sua bocca si faceva largo nella mia.

I miei istinti primordiali presero subito il sopravvento e fecero cadere le mani lungo il suo corpo fino a fermarsi sul culo di Maria Luisa che, dopo tanto guardare, potevo finalmente saggiare. Era magnifico, morbido e non mi sembrava vero di poterlo tastare dopo innumerevoli sogni. La mia collega fece lo stesso con me ma si trattenne sul fondoschiena il tempo di una breve sosta per poi approdare sul pacco che, ovviamente, era già duro. Mi sfilai il camice che appesi al poggia abiti e, in un attimo di lucidità, ci dirigemmo all’interno del bagno. Sapevamo che non saremmo stati disturbati da nessuno perché era un momento di scarso afflusso di personale.

Chiudemmo però la porta a chiave e riprendemmo il nostro bacio. Il pene voleva uscire disperatamente fuori, trastullato fino a poco prima dalla dolce mano di Maria Luisa. Mi tolsi quindi la maglietta per poi sfilare la cintura dei pantaloni. Maria Luisa fece il resto, sbottonando la patta e dando inizio ad un dolce massaggio al cazzo, separato dalla sua mano soltanto dal boxer. Giunse però il momento di scoprire tutto di lei, così interruppi la palpata al suo culo e le feci togliere la maglietta. Restai un attimo a guardarla in viso prima di concentrarmi sul piccolo seno sorretto da un reggipetto pianco pallido. Poggiai delicatamente le mani su di esso per saggiarlo, poi le sfilai le bretelle e la ragazza, sganciato del tutto l’accessorio, lo lasciò cadere a terra. Accarezzai le sue piccole mammelle che preso poi a baciare con dolcezza, risalendo quindi lungo il collo per poi tornare alla sua bocca.

Era tutto magnifico e Maria Luisa finalmente mi liberò il cazzo all’aria. Dopo aver fatto scivolare a terra pantaloni e boxer, la mia partner si inginocchio, fissandomi negli occhi. Un cenno d’intesa reciproco e il pene spari nella sua bocca. Maria Luisa si aggrappò al mio culo e muoveva la testa avanti e indietro, lasciando che il cazzo scomparisse per poi riapparire fiero e arrossato dalla sua morsa. Ogni tanto mi accarezzava le palle mentre baciava la cappella, poi afferrava l’asta in mano e tornava a pompare. Ero in estasi e lei lo sapeva bene. Mi guardava soddisfatta e l’angelo soave che avevo sempre immaginato si era trasformato ormai in una macchina da guerra.

Le presi il viso e la feci però alzare. Un bacio appassionato che per osmosi trasferisse i fluidi che aveva appena assaporato a me, poi ancora baci lungo il suo collo e le mie mani che tornarono sul suo culo, meta finale delle mie fantasia. La feci voltare e appoggiare alla parete, quindi le sfilai pian piano i pantaloni. Mutandine bianche con delle ciliegine a tracciarne la trama mi si pararono dinnanzi. Via del tutto i pantaloni, presi a baciare quel ben di dio mentre con le mani continuavo ad accarezzarlo. Mi ci soffermai poco, quindi tolsi a Maria Luisa anche le mutandine. Eravamo entrambi nudi, come mamma c’aveva fatto. Rimasi dietro la bellezza per infilare un dito nella vulva, rigorosamente bagnata. Mi infilai tra le sue natiche, liberando la mia lingua che leccava lo spacco del sedere da cima a fondo e, infine, mi soffermai sulla vulva che iniziai a trattare in modalità cunnilinguus. Maria Luisa apprezzava, ansimava e mi teneva stretto per i capelli. Ogni tanto allontanavo la faccia da quel paradiso e, mentre continuavo a massagiarla con le dita, la vedevo godere con gli occhi chiusi.

E giungemmo all’ultimo capitolo dell’avventura. Infatti, mi alzai e piantai il cazzo all’ingresso di Maria Luisa. Anche qui un breve cenno d’intesa e in un attimo fui dentro di lei. La pecorina che tanto avevo agognato potè finalmente cominciare. Cominciai a spingere dolcemente, non c’era fretta. Le tolsi i capelli da una spalla per poterla baciare e rimasi dentro di lei senza spingere. Era compiaciuta dalle mie attenzioni. “Quante volte ho sognato tutto questo…” le confidai all’orecchio. Maria Luisa sorrise e, passando la mano in mezzo alle sue gambe, mi accarezzò i coglioni. “Adesso è tua…” mi disse. Sorrisi e ricominciai a pompare. Mi appoggiai alle sue chiappe e diedi il via a colpi decisi e profondi. La mia partner inarcò la schiena, quasi per accogliermi ancora meglio dentro di se. Lascia una mano sul suo fianco mentre con l’altra le afferrai i capelli per tirarla verso di me e baciarla. Il silenzio della stanza era rotto dal nostro piacere. Maria Luisa cominciò a masturbarsi, mentre i miei colpi la sferzavano. Di tanto in tanto riapriva gli occhi per permettermi di perdere lo sguardo nell’azzurro dei suoi iridi.

Sentii il piacere farsi strada dentro di me. “Sto venendo” le dissi. “Anch’io” mi rispose. L’orgasmo finalmente si liberò, invadendo l’utero di Maria Luisa che, intanto, aveva cominciato a contrarsi. E così, il mio cazzo si svuotò mentre l’orgasmo di Maria Luisa gli dava ancora più calore di quanto non avesse ricevuto prima. Attimi bellissimi e interminabili. Stare appoggiati al muro ci permise forse di non perdere i sensi dopo cotanta sublimazione. Restai per un po’ dentro di lei, mentre con le dita le accarezzavo dolcemente spalle e braccia. Prima di uscire, volli accarezzare ancora una volta quel fondoschiena che con tanta passione mi aveva accolto.

La ragazza poi si voltò e rimanemmo in silenzio a guardarci, quasi increduli che quelli nudi nel bagno di uno spogliatoio fossimo proprio noi… Chissà cosa sarebbe successo dopo esserci rivestiti… Non aveva però importanza, non più almeno.

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