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Racconti Erotici Etero

Mercedes, la dea del peccato.

By 6 Novembre 2016Dicembre 16th, 2019No Comments

Elena e la sua fede incrollabile. Nonostante le avessi chiesto di sposarmi, lei insisteva nel dire che voleva rimanere vergine fino al matrimonio. E io in principio ci potevo anche stare. Immaginavo la prima notte di nozze, e già pregustava la scopata che mi sarei fatto. Immaginavo quali posizioni poter fare con Elena, e più passavano i mesi e più a causa dell’astinenza me la immaginavo nelle posizioni più porche e immorali. Ma più passavano i mesi e più cominciavo a diventare matto. Avevo proprio bisogno di fottere. Non mi bastavano più le seghe che mi faceva Elena per tenermi buono. Avevo bisogno di altro.
In quel periodo lavoravo ancora come cuoco, ma la ditta mi aveva spostato in un’altra cucina. Adesso lavoravo in un ospedale. L’astinenza però mi stava facendo diventare matto. Ero, se devo dirla tutta, malato di sesso. A causa del fervore religioso di Elena e della mia impazienza di aspettare mi ero imbattuto in avventure erotiche davvero ai limiti della decenza. Ero sempre arrapato, e bastava un niente per farmi imbattere in un’esperienza porca. Una di queste fu con una trans africana, il suo nome era Mercedes, o perlomeno era il suo nome d’arte. Per vivere faceva la Escort, vendeva il proprio corpo a uomini allupati come me. Aveva preso centinaia di cazzi, e su richiesta poteva anche darti il suo, che era una sventola enorme. Dipende da cosa cercavi.
Ho conosciuto Mercedes mentre ritornavo a casa dal lavoro. Era di pomeriggio e lei stava passeggiando insieme al suo cagnolino. Adorava il suo chiwawa, lo portava sempre con se. Anche mentre faceva l’amore coi clienti, il cagnolino era lì che guardava. Sempre presente, come un guardone. Anche mentre me la sono inculata io. La cosa che mi ha subito colpito di lei &egrave stato il suo corpo, che avrebbe fatto invidia ad ogni donna, con delle cosce lunghe e lisce, un paio di tette belle grosse e delle labbra carnose che promettevano pompini sensazionali. Dovevo farmela, ne avevo troppa voglia. Mercedes indossava una minigonna nera di pelle e sopra portava un copri spalle a fiori e nient’altro. Sì, proprio così, passeggiava per strada con le sue belle tette al vento, quasi a mostrare la merce che aveva da offrire. La gente la guardava con molto disprezzo e indignazione, ma lei se ne fregava, perché sapeva bene che chi disprezza vuol comprare. E poi sapeva di essere bella, di essere al pari di una donna, se non ancora più appetibile per le voglie porche di qualsiasi uomo.
Ebbene io nel vederla ho perso completamente la ragione. Avevo voglia di attaccarmi con la bocca alle sue tette e succhiargliele, leccarle con passione, e poi alzarle la gonna di pelle per vedere cosa nascondeva sotto, e magari leccarle anche quello. Iniziai a seguirla e lei si era già accorta di me, e ogni tanto si girava e mi sorrideva. Aveva capito che la volevo, e l’idea di concedersi a me sembrava piacergli.
In parte la mia attrazione verso di lei la riconducevo alla mia infanzia. I lettori più affezionati di questo blog di certo ricorderanno che sono stato cresciuto da una balia trans, Tiffany, che era una cara amica dei miei genitori e per me era stata come una seconda mamma. Ho dei ricordi molto belli di Tiffany. Ormai non la vedevo da anni, ma conoscere Mercedes e poi farci l’amore mi aveva dato una strana sensazione, quasi come essere ritornato indietro nel tempo; Mercedes aveva lo stesso odore di Tiffany, e un’altra cosa che avevano in comune era la pelle. Toccando il corpo di Mercedes, per esempio le gambe, avevo avuto la stessa sensazione che avevo provato in passato con Tiffany; non era liscia come seta, come la pelle delle donne, ma porosa come quella degli uomini.
In ogni modo quando vidi Mercedes scattò subito un gioco di seduzione; io le andavo dietro e lei lo sapeva, e il fatto che la seguissi le doveva piacere molto, perché ogni tanto si girava a guardare se c’ero ancora, e mi sorrideva. Un sorriso di complicità, come a dire: ‘lo so che mi vuoi. Cosa aspetti? Prendimi, sono tua’. Quel gioco me lo aveva fatto diventare durissimo. Lei ad un certo punto si &egrave fermata per lasciare che il suo cagnolino facesse i suoi bisogni, e così ebbi modo di raggiungerla e mi fermai accanto a lei. Dio, quanto era bella! Con quelle tette alla merc&egrave di tutti, e io che avrei voluto succhiarle, prenderle con le mani, stringerle, sbatterci il cazzo in mezzo.
‘Ciao’ fece lei.
‘Ciao’ risposi, e non sapevo cos’altro aggiungere. L’eccitazione mi aveva stretto la gola impedendomi di parlare.
“Cosa cerchi?” mi domandò, e in principio non capii la domanda. In verità non cercavo niente, ma quella domanda che mi aveva posto aveva un significato specifico. O almeno lo aveva per chi faceva il suo lavoro. Insomma, voleva sapere semplicemente quale parte del corpo di lei volevo, se solo la bocca oppure tutto il resto. E in base a quello che avrei risposto mi avrebbe detto il prezzo.
“Io in verità non so…” risposi goffamente. Era così bella che non riuscivo neppure a parlare, e allora lei scoppiò a ridere.
“Povero tesoro. &egrave la prima volta, vero?”.
“La prima volta di cosa?”.
“Che vai con una puttana” rispose lei senza troppi giri di parole.
“Io… non sapevo che eri una…”.
“Puttana? E secondo te me ne andavo in giro con le poppe di fuori se non ero una puttana, tesoro?” e scoppiò di nuovo a ridere. “Mi sei molto simpatico. Ti faccio un prezzo di favore. Settanta e puoi avermi tutta. Anche questo” e allora si tirò su la gonna di pelle mostrandomi il suo enorme palo, che non era in erezione e comunque era enorme, quindi figuratevi quando era in tiro. E aveva anche un bel paio di coglioni grossi come quelli di un toro. Mi venne da pensare a quanta potenza sessuale potesse sprigionare un affare del genere. Ma subito lo ricoprì per non dare troppo spettacolo. Già bastavano le sue tette al vento, se poi metteva anche a nudo la sua attrezzatura di sotto andava a finire che qualcuno avrebbe chiamato la polizia. “E allora? Cosa ne dici? Ti va di venire a divertirti da me?”.
“Va bene” risposi con un filo di voce. Ero così arrapato che non vedevo l’ora di rimanere da solo con lei. Avevo proprio tanta voglia di fare una gran porcata, e Mercedes sembrava proprio la persona adatta ad aiutarmi a farla.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2016/11/mercedes-la-dea-del-peccato.html Mercedes abitava in un palazzo sgangherato pieno di immigrati di tutte le etnie. Lei stava al secondo piano e nel salire mi precedeva e io le andavo dietro, e le sbirciavo sotto la gonna, e vedevo il suo bel culo burroso e soprattutto i suoi grossi coglioni taurini. Pensai al fatto che stavo facendo una follia; stavo andando con una prostituta. Non avevo mai fatto una cosa del genere, eppure l’eccitazione era così tanta che non riuscivo a tirarmi indietro. Ma avevo molta paura per quello che sarebbe successo una volta entrati nel suo appartamento. Pensai solo per qualche attimo alla mia Elena; non era giusto nei suoi confronti quello che mi apprestavo a fare. Cosa avrebbe pensato di me se avesse saputo che stavo per andare a letto con una trans africana? Avrebbe pensato che ero un pervertito della peggior specie e probabilmente non mi avrebbe più voluto sposare. Ma mi tranquillizzavo pensando al fatto che non avrebbe mai saputo niente di quell’avventura. D’altronde come avrebbe potuto? Chi poteva raccontarglielo?
In ogni modo entrammo nell’appartamento e notai subito un certo disordine e un forte odore di minestrina. La luce della cucina, in cui subito ti trovavi non appena varcata la soglia, era molto fioca e illuminava ben poco. La casa era molto piccola. C’era appunto la cucina e poi una stanza attigua, dove Mercedes praticava la sua professione, e quindi dove portava i suoi clienti.
La prima cosa che fece fu quella di liberare il suo cagnolino, e quindi si abbassò a novanta gradi per slegarlo e la gonna le salì sui fianchi scoprendole il suo bel culone burroso che vidi aprirsi; le natiche si allargarono di netto facendo apparire la rosellina che aveva in mezzo. La visione del suo orifizio anale me lo fece diventare subito duro e allora glielo sfiorai con un dito e lei non si ritrasse minimamente, anzi, temporeggiò nel liberare il suo cagnolino in modo che io potessi godere con le dita del suo buchetto di dietro.
‘Finalmente ho capito cosa vuoi’ mi disse. ‘Mi vuoi fare il culo, porcellino!’.
‘Beh, in effetti hai un gran bel culo’ le dissi e avevo voglia di dargli una bella sculacciata, ma non lo feci. Mi sembrava un po’ prematuro. Insomma, non la conoscevo abbastanza, magari non le avrebbe fatto piacere ricevere uno schiaffone sulle natiche.
‘Puoi averlo’ rispose e poi si rimise dritta e allungò una mano verso di me aprendola con la palma verso l’alto. ‘Ma prima devi pagarmi. Sono settanta, come ti dicevo prima. Ma solo perché mi sei simpatico, altrimenti te ne avrei chiesti cento’.
E allora non persi tempo, presi il portafogli e tirai fuori i soldi. Mi tremavano le mani e lei se ne accorse, e quando glieli porsi lei li prese e poi mi mise una mano tra i capelli.
‘Calmati amore, vedrai. Sarà bellissimo’ Mercedes mi guardò intensamente negli occhi e mi sorrise affettuosamente, come se io fossi l’amore della sua vita. O stava fingendo molto bene oppure davvero provava molta simpatia per me. ‘Cerca di rilassarti e lasciati andare’.
A quel punto avvicinò la bocca alla mia e mi baciò, e sentii la sua lingua contro la mia, la sua saliva pastosa, il suo sapore di uomo. Chissà quanti cazzi aveva accolto in quella bocca in cui in quel momento si trovava la mia lingua. Chissà quante sborrate, quanti uomini avevano trovato l’appagamento sessuale grazie a quella bocca.
‘Aspettami di là in camera’ mi disse. ‘Intanto puoi spogliarti se vuoi. Io vado a prepararmi e vengo’.
Entrai quindi nella sua camera da letto. C’era una finestra che dava sulla strada, proprio la strada dove l’avevo vista passeggiare. Sul letto c’era una coperta leopardata; per terra c’era di tutto, preservativi usati e non, giocattoli per adulti tra cui vibratori e frustini sadomaso, cartacce e anche una pallina con un sonaglino con cui giocava il cagnolino. Il chiwawa intanto si era sistemato nella sua cuccetta, proprio accanto al letto su cui avrei fatto l’amore con Mercedes. E mi guardava con i suoi occhietti dolci. Mi spogliai, tolsi le mutande mettendo a nudo la mia incontrollabile erezione. Ero così sensibile che a Mercedes sarebbe bastato sfiorarmelo con un dito per farmi sborrare. Infatti cercai di calmarmi e allora cominciai a respirare a pieni polmoni; ma ero troppo nervoso e eccitato. Mi misi sul letto ad aspettare lei, con le gambe spalancate e la mia erezione in bella mostra, poi finalmente lei arrivò; era completamente nuda, con il suo bel cazzone che ballonzolava a destra e a sinistra. Venne diretta verso di me e salii sul letto mettendosi sopra di me; il suo cazzo si scontrò col mio, quasi come in una sfida a chi ce l’aveva più grosso. Iniziò a baciarmi sul collo e dietro l’orecchio. Sentivo la sua bestia diventare di marmo e in qualche secondo diventò enorme, proprio lì accanto al mio.
‘Come sei bello’ mi sussurrò. ‘Ti adoro’ ma forse fingeva, forse le sue lusinghe facevano parte del servizio. Forse lo diceva a tutti. E intanto mi baciava, e dal collo scese giù verso il cazzo e non appena appoggiò la bocca sul glande iniziai a fiottare di brutto. Gli schizzi le finirono direttamente in faccia, ma lei non si ritrasse, piuttosto aspettò che finissi di sborrare.
‘Amore, sei già venuto?’.
‘Mi dispiace’ ero mortificato e intanto il mio cazzo iniziava a perdere consistenza. ‘Non so cosa mi &egrave preso’.
‘Forse eri troppo eccitato’ rispose con il viso inondato dal mio seme. ‘Ma non ti preoccupare, adesso ci penso io a tirarlo di nuovo su’.
A quel punto si girò mettendosi dall’altra parte del letto e piazzandomi le sue grosse palle sulla faccia. Iniziai a leccargliele timidamente e lei prese il mio cazzo in bocca. Mercedes era tutta depilata, nel leccargli i coglioni provai una sensazione di ruvidità e di durezza. Con le mani afferrai saldamente le sue belle chiappone e gliele aprii direzionando la mia bocca verso il suo orifizio anale e iniziai a leccarglielo. L’odore che sprigionava quel buco mi inebriò così tanto che mi diventò di nuovo duro, complice anche la bravura di Mercedes nell’usare la bocca, coccolandomi il glande con la lingua, e poi risucchiando e facendo schioppetare le labbra. Era davvero una professionista dei pompini. Credo di non aver mai visto sbocchinare così bene. Probabilmente proprio perché Mercedes era stata un uomo, e quindi sapeva cosa cercavano i maschi da una donna. Sapeva come far perdere la testa ad un uomo, essendo stato un uomo anche lui. Mercedes era una macchina per far godere gli uomini. Non credo che esistesse una donna capace di arrivare alle prestazioni sessuali che poteva garantire lei.
‘Hai visto amore?’ mi chiese. ‘Te l’ho fatto venire di nuovo duro. Che ne dici di sbattermelo dentro e farmi godere come una cagna?’.
A proposito di cagna; il chiwawa di Mercedes continuava a guardarci, come ogni volta che la sua padrona portava un cliente a casa, lui era sempre lì ad assistere fedelmente a tutto quello che succedeva. Intanto Mercedes aveva preso un preservativo e lo aveva aperto e aveva cominciato a srotolarmelo sul mio cazzo dritto, ricoprendolo tutto fino alle palle e sgonfiando la bollicina d’aria che si era formata in cima. Fece questa operazione lentamente, perché io potessi continuare a leccarle l’orifizio anale ancora un po’. Doveva essersi accorta che leccarglielo mi stava piacendo molto; adoravo il suo odore di sudore e ‘altro’ che sprigionava quel buchetto.
‘Sei proprio un maialino’ disse. ‘Anche alla tua donna fai così?’.
Leccare il buco del culo a Elena? Certo che no. Solo una volta l’avevo fatto, ma lei subito mi aveva fermato, dicendomi che era una cosa immorale e che non andava fatta. Quel suo negarmi il buchetto del culo, anche solo per leccarglielo, mi aveva fatto molto male. Avrei voluto consumarglielo con la lingua, ne avevo tanta voglia, eppure non potevo, e non perché a lei non piaceva, badate bene, ma semplicemente perché le avevano detto che era immorale. Elena si faceva leccare solo la figa, e neanche sempre, soltanto quando insistevo tanto. Ma mi diceva che se avevo pazienza, dopo il matrimonio, avrei potuto fare di lei quello che volevo. Ebbene, mi ero ripromesso che quando ci saremmo sposati, la prima notte di nozze, le avrei fatto il culo. E lei non poteva negarmelo, dal momento che mi aveva promesso che dopo il matrimonio avrei potuto fare di lei ciò che volevo.
Mercedes allontanò il suo orifizio dalla mia bocca e si mise a quattro zampe sul letto con le natiche oscenamente aperte, in attesa che la penetrassi. Allora mi alzai mettendomi in ginocchio dietro di lei, le misi una mano su un fianco e con l’altra direzionai il cazzo contro il suo buco del culo e’ plop! Lo feci entrare tutto fino alle palle e iniziai a montarla.

Continua…

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2016/11/a-casa-di-mercedes.html
Ero sopra di lei, con le gambe larghe e i piedi ben ancorati al letto e il mio cazzo piantato nel suo condotto anale, e la tenevo per i fianchi e me la stavo montando con una notevole energia, anche grazie al fatto che ero già venuto, quindi adesso potevo anche permettermi il lusso di chiavarmela come avrebbe fatto un vero maschio alpha. Mi sentivo padrone della situazione e in grado di andare avanti a oltranza, e lei si lasciava trapanare standosene buona buona e facendomi fare quello che volevo. Tant’&egrave che le diedi una bella sculacciata e mi accorsi che la cosa non le dispiaceva affatto, e allora gliene diedi anche altre.
‘Sai, credo che mi sto innamorando di te’ mi disse. ‘Mi piace come mi stai chiavando’.
Chiaramente stava fingendo. Chissà a quanti altri clienti aveva detto la stessa cosa. Avevo letto su Internet che quella era una tecnica, si chiamava Girlfriend Experience, e non tutte le escort lo facevano. Essenzialmente serviva a coinvolgere maggiormente il cliente, facendogli provare un’esperienza molto vicina ad una relazione amorosa reale. Devo dire che era una sensazione molto piacevole, ma non ero così stupido da non capire che stava fingendo.
Ero dentro Mercedes, eppure non sapevo nulla di lei. Non sapevo da quale stato africano provenisse, e non sapevo neppure perché aveva deciso di fare quella vita, cio&egrave di vendere il suo corpo a chiunque avesse a disposizione cento euro da dargli. Avevo tanta voglia di conoscerle queste cose, di fare in modo che la nostra non fosse soltanto una semplice scopata. Sentimenti contrastanti iniziarono a giocarmi brutti scherzi. Forse quello che aveva detto, e cio&egrave che si stava innamorando di me, stava facendo effetto. Stavo cominciando a crederci davvero. Ma perché mi illudevo così? Appena sarei uscito da quella casa, un altro cliente avrebbe fatto con Mercedes quello che stavo facendo io in quel momento, cio&egrave fotterla senza pietà. Magari un cliente più avanti con gli anni di me, magari sulla cinquantina, sposato, con figli a carico, annoiato della vita e stressato dopo una giornata in ufficio. E anche a lui Mercedes avrebbe detto la stessa cosa, e cio&egrave: ‘credo che mi sto innamorando di te’. Forse lo diceva solo per fare in modo che i suoi clienti tornassero da lei. In ogni modo provai una certa tenerezza per Mercedes, tanto che mi abbassai su di lei a baciarle la schiena e l’abbracciai da dietro, senza però mai smettere di fotterla.
‘Tesoro mio’ dissi mosso da compassione, ‘chissà quanti uomini ti usano come ti sto usando io, come un buco da riempire e nient’altro’.
‘Molti, ma con te &egrave diverso’ rispose. ‘Con te lo faccio perché mi piaci’.
Fingeva? Me lo diceva solo per una questione di Girlfriend Experience? Non lo so, ma ogni volta che mi diceva una cosa del genere mi scioglievo sempre di più. E alla fine, prima di sborrare, le dissi che non volevo che il nostro rapporto finisse lì, nel momento in cui sarei uscito dal suo retto. Volevo rivederla al più presto. E allora lei mi rispose che sarebbe stata felicissima di rifare quello che avevamo appena fatto. Ma non era questo che intendevo; io non volevo semplicemente rivederla, darle i soldi e incularla come avevo appena fatto. Io volevo di più. Volevo averla completamente, come una fidanzata. Volevo che diventasse la mia fidanzata. L’avrei portata a casa a conoscere i miei, e sono sicuro che sarebbe stata accolta con gioia sia da mia madre che da mio padre, perché era la donna che amavo, anche se sotto aveva il cazzo anche lei e quindi non avrebbe mai potuto dare loro dei nipotini.
Prima di sborrare feci uscire il cazzo dal retto di Mercedes e mi sfilai il preservativo e iniziai a schizzarle sulla schiena. Lo sperma si mescolò al suo sudore; c’era molto caldo ed eravamo entrambi molto sudati. Ci accasciammo sul letto, io sopra di lei e presi a baciarla dappertutto. Si girò mettendosi a pancia all’aria e allora iniziai a leccarle le tette. Guardai giù e notai che era venuta anche lei, forse mentre la penetravo. Il suo grande attrezzo infatti aveva perso consistenza e fuoriusciva ancora qualche goccia di sborra.
‘Sei venuta anche tu?’ le chiesi.
‘Sì amore, sono venuta’ mi disse baciandomi le labbra. ‘In genere non vengo con tutti i clienti, ma solo con quelli bravi. E tu sei stato molto bravo. Mi hai fatta venire’.
‘Mercedes, vuoi essere la mia fidanzata?’ le chiesi ingenuamente.
‘Io sono già la tua fidanzata’ mi rispose, e a quel punto salii di nuovo sul suo corpo e la baciai e con la lingua cercai la sua.
Dopo un po’ ci rivestimmo e lei mi accompagnò alla porta. La salutai baciandole una guancia e cominciai a scendere le scale. Ero ubriaco d’amore, ma non abbastanza soddisfatto. Continuavo a volerla completamente. Avevo voglia di invitarla a cena, di portarla in un ristorante elegante, farla sentire una vera donna, e non uno sborratoio per maiali stanchi della propria vita coniugale.
Non appena uscii dall’edificio vidi un uomo con un mazzo di fiori in mano; era un signore di mezza età, stempiato e con un fisico decadente. Aveva proprio l’aspetto del classico uomo medio stanco del proprio matrimonio e della propria condizione di subalterno. Stava vicino al citofono in attesa che qualcuno gli rispondesse. Poi ad un certo punto risuonò la voce di Mercedes:
‘Chi &egrave?’.
‘Sono io amore, il tuo papi’.
‘Tesoro, finalmente! Sali che ho proprio tanta voglia di fare l’amore con te’.
L’uomo, visibilmente su di giri, entrò nell’edificio e si avviò verso l’appartamento di Mercedes, dove avrebbe fatto quello che avevo appena fatto io. E poi dopo di lui probabilmente ce ne sarebbe stato un altro. E poi un altro ancora. Io ero solo uno dei tanti.

Fine.

Link al racconto:
http://paradisodisteesabri.blogspot.it/2016/11/dentro-mercedes.html

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