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Dalla sua posizione Mirko poteva osservare attentamente tutti i movimenti di Federica. Entrata nella stanza che condivideva col fidanzato al secondo piano di una vecchia casa di pietra nella campagna fiorentina, posò a terra la borsa con un gesto stanco. Oltre a loro, la casa era abitata da un’altra coppia di fidanzati, entrambi pugliesi, un ragazzo di Grosseto e una signora che per molti anni aveva abitato in Svizzera, tutti studenti. In quel momento non c’era nessuno. Federica si avvicinò allo specchio sopra il comodino e lentamente sciolse i lunghi capelli rossi. Poi si sedette sulla poltrona e con la stessa flemma slacciò le stringhe delle scarpe da ginnastica, restando per qualche secondo immobile a fissare la punta bucata di uno dei calzini. Tolse anche quelli e iniziò a spogliarsi, ripiegando accuratamente sulla sedia i jeans, il cardigan azzurro e la maglietta. Il reggiseno in particolare, che andava ad aggiungersi agli altri indumenti, attirò l’attenzione di Mirko. Poi fu la volta delle mutandine, che un tempo dovevano essere state bianche ma un errato lavaggio aveva ridotto a un rosa pallido. Federica, rimasta nuda, sembrava aver recuperato le proprie energie. Mirko conosceva bene quel corpo e tutte le sue imperfezioni: la linea decisa dei fianchi, il neo vicino all’ombelico, le spalle strette, la cicatrice sulla spalla sinistra. Si diresse a passi decisi verso l’armadio di legno scuro e prese un lenzuolo bianco, che provvide immediatamente a stendere sul letto, sostituendolo a quello che già c’era. Lo rincalzò accuratamente e vi dispose colla massima precisione di cui era capace tutti i cuscini presenti nella stanza. Quando fu soddisfatta del risultato, da una scatola polverosa sotto la scrivania estrasse alcune candele profumate che accese e sistemò in giro per la stanza. Finalmente, presi un libro e gli occhiali, si stese sul letto. Mirko la trovava bellissima. Il leggero dondolio delle gambe incrociate, i riccioli che le ricadevano lungo la schiena, il suo odore di pesca e pomodori.

 

“Era proprio così, e mentre madama Baek, nella lenta ascesa su per le scale, trascinava di gradino in gradino i piedi stanchi e il suo messaggio, le sorelle intrattenevano allegramente…”

 

Come spesso accadeva, la lettura la annoiava. Iniziò a grattarsi la testa, occupazione che le dava un piacere immenso, arruffando i capelli con ampi gesti della mano. Dai capelli passò al seno sinistro, dove per qualche minuto si accanì su un brufoletto che le teneva compagnia da qualche giorno. Il pensiero dell’imminente arrivo di Piero, la frescura data dal lenzuolo sotto la sua pancia contribuirono ad eccitarla. Scansò il libro e senza neppure togliersi gli occhiali appoggiò la guancia sul letto, nel quale si era sdraiata per traverso. Dalla finestrella spirava una brezza leggera che scostava la tendina coi girasoli e arrivava dritta dritta al culetto di Federica, facendole venire la pelledoca. Si passò una mano sotto la pancia e iniziò ad accarezzarsi i peli rossicci del pube. Non appena avvertì un certo umidore, la fece scivolare più in basso, muovendo le dita da una parte all’altra delle grandi labbra, sfiorando a malapena il clitoride. Quando sentì di non farcela più, avvicinò un dito all’ingresso della vagina, senza farlo penetrare. Iniziò a contrarre il corpo, inarcando la schiena e stringendo le gambe. Tolse la mano da sotto la pancia e facendola passare al di sopra della schiena, oltre i glutei, si ficcò due dita nella fica impaziente e ormai spalancata. Le muoveva su e giù, muovendosi su e giù anche lei. Non era lontana dal venire ma voleva prolungare il piacere di quel momento il più a lungo possibile. Ad un tratto, sentì la porta aprirsi alle sue spalle. Doveva essere Piero, e lei decise di non fermarsi, anzì aumentò il ritmo emettendo dei gridolini di piacere altrimenti non necessari, sperando di contribuire all’eccitazione del suo ragazzo. Mirko vide Simone entrare nella stanza e restare letteralmente impietrito di fronte allo spettacolo che gli si parava davanti.

 

“Oh, sì, s-sì, sììì!”, gemeva Federica ormai prossima all’orgasmo.

 

Quando questo si esaurì, restò riversa per qualche secondo, pregustando la faccia di Piero non appena si fosse voltata. Ma quando lo fece, non avrebbe saputo dire se era lei ad essere più in imbarazzo o Simone, il ragazzo pugliese che era rimasto impalato al centro della stanza incapace di muovere un passo. Nessuno dei due ebbe il coraggio di proferire parola e passò qualche istante prima che si decidessero a farlo.

 

“S-scusami. I-io… avrei dovuto bussare.”

 

“Pensavo fosse Piero… m-mi sarei fermata.”

 

Mirko osservava con interesse quello che stava succedendo nella stanza, incuriosito dagli sviluppi che si sarebbero potuti venire a creare. Prima del suo arrivo nella grande casa di pietra, Federica l’aveva frequentata in qualità di ospite. Al tempo non era ancora fidanzata con Piero e non poche volte Simone le aveva fatto compagnia nelle fantasie che precedevano il sonno. Insomma, aveva avuto una cotta per lui, che a quanto pareva era anche ricambiata, nonostante il giovane non avesse mai tradito la propria ragazza, con la quale conviveva ormai da cinque anni.

 

“Ero venuto a dirti che Piero si è fermato in biblioteca e non tornerà fino a dopo l’ora di cena.”, disse Simone recuperando parte del suo contegno.

 

“Ah.”

 

Federica non sapeva che dire, le continue assenze, i ritardi di Piero, la irritavano sempre di più. In più, si sentiva una stupida e avrebbe voluto fuggire a gambe levate da quella stanza, da quella casa, da quella situazione. Simone le rivolse un impercettibile segno di saluto con la mano e fece dietrofront ma arrivato alla porta i sommessi singhiozzi di Federica lo richiamarono indietro. Le si avvicinò e si sedette sul bordo del letto. La ragazza non si era neanche preoccupata di coprirsi, si era portata le mani – quelle mani che sapevano ancora di lei – al viso, e piangeva piano, quasi intenzionalmente. Simone fece per abbracciarla ma l’odore del suo orgasmo recente sulle mani e il sudore del suo corpo scosso dai tremiti lo fecero avvampare: gli era venuto duro, durissimo, e l’erezione improvvisa gli premeva sul cavallo dei pantaloni, ansiosa di liberarsi. Federica se ne accorse e quasi con un gesto meccanico glieli sganciò. Il suo membro saltò fuori, rosso e fremente. Lei si chinò e scostandosi i capelli appiccicati alla faccia per via delle lacrime, glielo prese dolcemente in bocca. Fece per un po’ su e giù, leccando soprattutto la cappella e muovendo contemporaneamente la mano bagnata su tutta la lunghezza del pene. Gli sfilò poi i sandali, i pantaloni, le mutande e la camicia, disponendoli ordinatamente accanto ai suoi vestiti sulla sedia. Quell’attesa minimamente scalfì l’erezione di Simone, che non appena Federica si riavvicinò allungò le dita per toccare il suo sesso ancora caldo di piacere. Lei lo spinse indietro sul letto e gli si sdraiò sopra. I loro corpi insieme offrivano uno spettacolo cromatico interessante: quello di lei, lattiginoso e morbido, quello di lui indurito dal sole e ricoperto da una fitta peluria scura. Simone era basso, diversi centimetri in meno rispetto a Federica, ma nella posizione in cui si trovavano quella differenza non si notava più. Sollevatasi, lei gli prese l’asta fra le mani e iniziò a strusciarsela all’imboccatura della fica.

 

“Prendo la pillola.”, lo rassicurò notando uno sguardo vagamente spaventato di lui a quel gesto.

 

Poi, lentamente, mise il suo cazzo dentro di sé, contraendosi come per impedirgli di uscire. Non fece in tempo a muoversi che lui si sollevò di scatto e la fece girare mettendola a quattro zampe. Le accarezzò la peluria bionda del culo e dopo un attimo di esitazione vi fece scivolare dentro il suo pene. Il corpo morbido di Federica non oppose resistenza, e si limitò a stringere con le mani il lenzuolo bianco e a emettere un grido mozzato. Dopo qualche energica spinta, Simone le venne dentro e lasciò passare un po’ di tempo prima di uscire, durante il quale rimase immobile a riprendere fiato. Quando lo fece e si sdraiò accanto a lei, le chiese:

 

“Sei venuta?”

 

“No. Ma non ti preoccupare, oggi ho già avuto la mia parte.” disse lei sorridendo, stanca e soddisfatta, ma già pensierosa.

 

Gli si rannicchiò accanto e lui prese ad accarezzarle i capelli e a baciarle la testa timidamente. Dopo una mezz’ora disse:

 

“Credo sia meglio che io vada…”

 

Federica si era addormentata, lui si sciolse dal suo abbraccio, si rivestì rapidamente e scivolò al piano di sotto. Il rumore della porta che si chiudeva scosse Federica dal suo assopimento, e la ragazza si guardò intorno con aria interrogativa e vagamente ansiosa. Le candele si erano tutte spente e anche il sole ormai era tramontato. A quel punto Mirko, che non si era perso un solo momento di quel pomeriggio così particolare scese dalla sua postazione in cima alla libreria e stiracchiandosi si diresse verso il letto.

 

“Mirko, amore!”

 

Mirko, un grosso soriano bianco e nero, salì sul letto facendo le fusa e si accucciò accanto alla sua padrona.

 

“Mirko, amore…”

 

Lei iniziò ad accarezzargli il pelo ispido e lui la ringraziò intensificando le fusa: finalmente Federica era tutta sua.

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