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Racconti Erotici Etero

Nella mente di un detenuto

By 5 Febbraio 2009Dicembre 16th, 2019One Comment

Il sole è appena tramontato. Leggo qualche pagina di uno dei libri trovati in biblioteca poi spengo la luce e provo a prendere sonno. Vedo la luce del faro entra a scacchi dalle sbarre della finestra.

Sento una leggera ansia che, senza un perché, inizia ad insinuarsi subdolamente all’altezza della bocca dello stomaco.
‘Ecco, ci siamo!’ – mi dico e con mesta rassegnazione mi preparo ad affrontare un’altra, l’ennesima, di quelle notti.

Sono le notti in cui i fantasmi del tuo passato vengono a trovarti per sbranarti con le loro bocche affamate.
I frammenti del tuo essere ti si scagliano contro, come schegge impazzite, le immagini della tua vita passata ti si succedono davanti agli occhi come in un grottesco caleidoscopio, l’ansia cresce, ti avvolge, si trasforma in angoscia, paura, terrore.
Rivivo poco a poco i miei errori, i drammi ed anche i momenti felici che, come stelle fuggenti, mi hanno illuminato la via per un istante e sono sparite, a rischiarare altre spiagge. Ma soprattutto, con più forza, si fanno avanti gli atti mancati, le parole mai dette, le carezze mai date, i rimpianti per le occasioni perse.

Improvviso ritorna quel ricordo, quegli attimi che mi hanno portato qui in carcere: il mio rientro anticipato da lavoro, i vestiti buttati a terra alla rinfusa, la luce della camera da letto accesa, gemiti e voci.
Rivivo quelle immagini una dopo l’altra con l’anima ferita: lei sopra il suo amante che cavalca come una furia, il suo sesso dentro di lei fino alla radice, il loro ansimare, il sudore che imperla i loro corpi.

Potrebbe sembrare un’eccitante scena di un film porno, ma non per me. Penso a quanto ho fatto per renderla felice, alla tranquillità economica che abbiamo ottenuto dopo anni di lotte uniti, al mio insistente chiedere se fosse felice, alle notti passate a fare l’amore, al desiderio di avere un bambino. E invece adesso la cruda realtà, una favola infranta davanti ai miei occhi: il sesso che vince l’amore, la carne che batte l’anima.

Avrei potuto attendere che finissero e limitarmi ad una scenata, avrei potuto lasciarli continuare e scappar via per sempre prendendo le mie cose e imboccando la porta in punta di piedi. Ma il mio corpo era gelato. La mia anima mi attendeva un qualche segno che potesse cancellare, controvertire quelle immagini così evidenti.

Poi, improvviso, un flash. Le sue parole che attraversano le mie orecchie e entrano nel mio cuore straziato frantumandolo definitivamente: parlano di me come di un impotente, di un cornuto. Il mio corpo come un automa va in cucina, prende il coltello più lungo e ripiomba in camera da letto.

Non hanno il tempo di accorgersi che sono li con loro. Sento il suono della lama tagliente incornicia il collo di lei, poi di lui.
Indietreggio spaventato. Li ho uccisi!

Mi siedo a vegliare quei corpi. Sono morti i loro corpi ma non il loro ricordo. Sento le sirene della polizia, davanti a me confusione. Poi il carcere, il tribunale, la condanna: ‘…visti gli articoli…la corte…in nome del popolo italiano…COLPEVOLE…condanna ad anni…’ Infine la cella, doppiamente prigioniero, la mia anima ingabbiata dal ricordo di quell’incubo, il mio corpo ingabbiato in questi quattro metri quadri.

Dalle grate scorgo le prime luci dell’alba. Un’altra notte di veglia è passata.

Questa per anni la mia esistenza dentro le solide mura di una prigione. Vivo come se fossi già morto. Nessun sentimento scuote le mie membra. Davanti a me solo sbarre di ferro e ombre.

Poi un giorno un raggio di sole accecante strappa via dai miei occhi quelle tenebre orribili. Un angelo venuto dal cielo prende le sembianze di una fanciulla in divisa. Trasferita da non si sa dove ha il compito di sorvegliare la biblioteca. La vedo per la prima volta e il mio cuore palpita un istante. Forse lo scopo della mia vita non è vivere l’inferno prima della morte, penso.

I giorni passano e la passione per la lettura e per te cominciano a crescere. Come una pianta spoglia che ha appena superato il freddo inverno comincio a germogliare mia primavera riscaldato dalla luce che i tuoi occhi mi danno durante quei pochi istanti che ti vedo. Da semplici battute cominciamo in breve tempo a condividere momenti sempre più lunghi. Le tue idee, il tuo sapere incontrano il mio, ci confrontiamo. Riscopro i sentimenti e l’attrazione per una donna, resto incantato per ore a fissare i tuoi occhi mentre tu mi parli di letteratura, filosofia, politica.

Scopro poco a poco quanto è umana la tua vita, la tua inutile laurea in letteratura, gli anni persi a studiare, la voglia di diventare indipendente, il concorso pubblico fatto alla disperata ricerca di un lavoro, la paura di essere aggredita dai detenuti, il coraggio di affrontare i rischi di questo tuo impiego. Arrivi a parlare di sentimenti, degli uomini della tua vita. Passano i giorni e scopro quanto sei donna, mi parli delle tue fragilità, dei momenti di gioia, di lacrime, degli amici, degli amori, del tuo passato. Apparentemente non ti manca nulla. Mi confessi che non è assolutamente vero. Nel confessarmi i segreti più profondi e intimi mi spieghi che hai vissuto l’amore, hai imparato a conoscere gli uomini, ma che la vita ti ha bastonata così tanto che ormai non hai più fiducia in nessuno. Ti faccio notare come anche io sono un uomo e come nel frattempo ti sei aperta a me in modo così pericolosamente completo. Hai un attimo d’esitazione ma riesci a ribattere che per te sono un confidente, un amico introvabile.

Quell’affermazione così poco convinta è il seme di qualcosa che porterà a una svolta inattesa tra di noi. Ho risvegliato improvvisamente in te la voglia sopita di vivere un amore, di avere un compagno con cui condividere attimi di passione. E’ bastato poco tempo per conquistare la tua fiducia, per passare da l’essere uno dei tanti detenuti, un criminale, a un confidente. Dopo l’ultima conversazione mi vedi come un uomo.
Anche per me il tempo che passo in cella diventa l’attesa dell’ennesimo incontro con te. Sento che mi sto innamorando, ma ho una tremenda paura di commettere uno sbaglio: l’ultima donna che ho amato follemente è morta per mano mia e da quel momento ho promesso solennemente a me stesso di non innamorarmi più.

Non immagini quanto ti desidero, non conosci la mia paura di sbagliare ancora una volta, la lotta tra il desiderio di averti e la paura di amarti e ferirmi ancora una volta. L’incontro successivo si conclude con un bacio: mi tendi una trappola guardandomi con i tuoi occhi ammalianti. Ti avvicini al mio viso con una scusa e posi le tue labbra in modo deciso sulle mie.

Non posso, non posso permettermi di sbagliare, di innamorami di te. Ti blocco con le mani, ti allontano da me, ti respingo. Provo ad aprire bocca alla disperata ricerca di una spiegazione. ‘Non ce la faccio’ sono le uniche parole che riesco a pronunciare in quel momento. La tua reazione è improvvisa e inaspettata: mi spingi indietro facendomi cadere dalla sedia. Il tuo viso diventa cupo, vedo nuovamente in te il secondino freddo e distaccato: chiami rinforzi e mi fai trascinare via, in cella senza che possa aggiungere altro.

Adesso sono qui sulla branda a cercare di ricomporre i pezzi di questa storia assurda. Al caos dei ricordi del delitto si è aggiunta la lotta tra istinto e ragione che cercano di stabilire se l’averti respinto è stato giusto.

Si avvicina il tramonto. Immagino che oggi stesso chiederai il trasferimento e sparirai per sempre senza permettermi una giustificazione. Forse ti inventerai qualche storia meschina e calunniosa per rendermi ancora più difficile la vita in carcere. La mia mente continua a essere straziata dal dubbio, dalla paura di aver commesso un grosso errore, dal rimpianto di essere riuscito a negare a me stesso la possibilità di tornare a essere vivo.

Mi distendo e provo ad addormentarmi. La gente dice che la notte porta consiglio. Per me, detenuto, porta solo mostri e ansie. La luce del faro passa sulle grate un paio di volte. Da lontano sento rumori di cancelli che si aprono e chiudono. Qualcuno si sta avvicinando al braccio ove sono rinchiuso. E’ strano e inaspettato. L’orario delle visite è già terminato da un pezzo, stasera non ci sono detenuti che urlano o che stanno male, i nuovi arrivati poi vengono portati in questo braccio solo nel primo pomeriggio. Ma allora che succede?

Non ho il tempo di mettere a fuoco l’ombra che è appena entrata nella mia cella: ‘Chiudi!’ – comanda a chi sta tenendo la porta della cella aperta – ‘Non aprire se prima non busso!’. In un attimo l’ombra mi è addosso, mi tira per la collottola e mi scaraventa sul cemento duro, mi si mette sopra, mi preme l’arma sul collo. ‘Sei un porco bastardo’ – mi sussurra adesso. Non capisco cosa vuole dire.

Una delle sue mani molla il colletto, mi tocca i pantaloni del pigiama. Dio, no! Mi violenteranno, mi sodomizzeranno. Con la mente faccio un disperato tentativo nel ricordare cosa a quale secondino o a quale detenuto ho fatto sgarbo in questi anni di detenzione. Sono sempre stato un tranquillo, ho meticolosamente evitato di mettermi nei guai. Ho vissuto come un fantasma tra le sbarre e le pareti di cemento.

La mano estranea mi è dentro le mutande, dovrebbe andare alla ricerca del buco del mio culo e invece con meraviglia comincia a tastarmi il cazzo. Sono basito e terrorizzato. Il ferro freddo continua a spingere sulla mia gola mentre il massaggio sotto mi sta causando l’erezione.
La mano dell’ombra me lo tira fuori. Sento l’ombra armeggiare sopra di me. Non vedo nulla, non capisco più nulla.

All’improvviso un usuale e inatteso tepore avvolge il mio cazzo massaggiandolo dolcemente. Stento a credere a quello che sta succedendo sopra di me. E’ una donna! L’ombra che mi minaccia con la pistola è una donna che contemporaneamente si sta facendo scopare dal mio cazzo! La mia mente precipita in un abisso di pensieri. Penso a quanto tempo è passato dall’ultima volta in cui il mio cazzo ha potuto godere di una passera calda ed accogliente. Mi chiedo chi è questa femmina che mi sta scopando. Perchè proprio me e non un altro detenuto? Provo una inusuale paura della morte. Mi ucciderà? Sta abusando di me? La sua voce mi ha sussurrato ‘porco bastardo’, mi sta puntando una pistola alla gola: apparentemente le sue intenzioni non sono delle migliori.

L’ombra si muove sopra di me in modo sempre più rapido. Il massaggio della sua passera è aumentato di intensità. La sento chiaramente mugolare di piacere nell’oscurità. Sono sconcertato, disorientato, confuso. Mi chiedo ancora una volta cosa possa aver spinto questa femmina misteriosa a prendermi e godere del mio corpo.

Poi un flash e l’improvviso ricordo di quello che è successo oggi in biblioteca. No…non puoi essere tu! Stento a credere che la rabbia per essere stata respinta ti abbia portato a fare una cosa simile, a cercare vendetta abusando del mio corpo. Forse si tratta solo del tuo prepotente desiderio di avermi a tutti i costi che ti ha spinta fino a qui. E se mi stessi sbagliando sulla tua identità? Con la voce strozzata pronuncio il tuo nome. L’ombra si blocca. Quell’ombra sei tu! Ti ho scoperta.

Mi sussurri ancora una volta ‘sei un porco bastardo!’. Sento rabbia e passione nella tua voce, ma adesso non ho più paura di quello che può succedere. Ti sto scopando, sto avendo un amplesso con l’unica donna che ho desiderato dopo la mia donna. Il resto non conta più nulla. Non mi importa se alla fine premerai il grilletto e mi ucciderai. Voglio solo godere del tuo corpo, della tua passione, della tua femminilità. Continui a muoverti su di me danzando come un angelo. Il mio cazzo scivola dentro di te a grande velocità. Sento il piacere scorrere nelle mie vene. Sento il tuo respiro sempre più corto, sento salire nel tuo corpo l’orgasmo.

Ti blocchi ancora una volta su di me. Hai il mio cazzo piantato fermamente nella tua carne e stai godendo in silenzio. Hai raggiunto l’apice del piacere. Chissà quanto tempo è passato dall’ultima volta che hai goduto così.

Il ferro freddo dell’arma non mi preme più la gola. Forse non è ancora arrivato il momento di morire veramente. La mano che tiene la pistola ha allentato la presa facendola scivolare al suolo. Devo agire prima che tu riprenda le forze. Devo cercare di impedirti di uccidermi.

Con un movimento improvviso ti disarciono, ti scaravento a terra, afferro la pistola e la faccio scivolare in un angolo remoto della cella.
‘Porco bastardo!’ – mi ripeti ancora ansimante per il piacere che scemando ha lasciato il tuo corpo senza forze.

Adesso ti sono sopra e il gioco lo conduco io! Niente armi, niente secondini. Inizio a muovermi dentro di te. Ben presto la voglia di godere comincia nuovamente a fare fremere il tuo corpo. Ti sto scopando con ritmo sempre più sostenuto. Cerchi di trattenere come puoi i gemiti a ogni mio affondo. Il tuo corpo di donna vibra di piacere sotto i miei incessanti colpi. Vedo nella penombra il tuo seno ballonzolare sotto i miei colpi. Sei di nuovo sull’orlo del baratro dell’orgasmo. Ti spingo giù con le mie stantuffate potenti. Ti sei abbandonata ancora una volta al piacere che ti fa perdere il controllo. Con le gambe e con le mani mi tiri a te. Anche io voglio la mi fetta di piacere. Spingo dentro di te più che posso. Sento lo sperma ribollire dopo anni di astinenza. Vengo. Vengo dentro di te. L’orgasmo squassante mi fa schizzare una quantità enorme di sborra dentro le tue viscere. Sembra quasi che stia buttando anche l’anima dentro il tuo utero. Vengo. Vengo come una fontana. Quell’istante di piacere sembra durare un’eternità. Tutti gli anni vissuti come una ombra amorfa in questo posto, la vendetta sulla mia compagna, il mio delitto, il dolore del tradimento, i fantasmi della mia donna e del suo amante spariscono improvvisamente. Quel torrente di sperma in piena che ha rotto gli argini ha trascinato via con se tutti i mostri della mia vita.

Mi accascio sul tuo corpo. Sono senza fiato. Un gesto tenero mi fa tornare lentamente in me: stai accarezzandomi dolcemente la testa. I miei capelli si muovono tra le tue dita.

Ti bacio. Un bacio lungo. Poi le lacrime cominciano a rigare il mio viso. Piango in silenzio. ‘Perdonami’ – ti sussurro – ‘Perdonami se ti ho respinta. Io ti amo alla follia…’ Ci ricomponiamo lentamente. Riesco a spiegarti il dolore dell’anima che ho provato in questi anni, le frustate che la vita mi ha dato. Adesso capisci il mio gesto, la mia paura di tornare a fare del male a te e a me.

Sono ritornato nel mondo dei vivi. Grazie a te. Grazie a quella notte d’amplessi e a tutte quelle che l’hanno seguita.
Ti ho posseduta in tutte le posizioni, ho esplorato ogni centimetro della tua pelle. Ho adorato il tuo corpo d’angelo fatto donna.

Da un momento all’altro passerà a prendermi il secondino. Poche centinaia di metri mi separano dalla libertà ritrovata. ‘Buona condotta’ – sono state le uniche parole che ho capito in quella strana lettera che ho ricevuto.

Mi stai attendendo all’uscita, in borghese. Alla mia vista sorridi. Sai di essere diventata il mio inseparabile secondino per tutta la vita che verrà. Avrai il compito di custodire l’amore che provo per te nella gabbia della passione e dell’erotismo.

Fine

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