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Racconti Erotici Etero

*NILO**

By 23 Ottobre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments


Sono da qualche parte nell’Alto Egitto, in un bianco villaggio nei pressi di Tell El Amarna,
ci sono arrivata in fuoristrada, lungo una pista tracciata nel deserto che chiamare strada sarebbe veramente eccessivo.
Si realizza finalmente il mio sogno di visitare un Egitto fuori dalle mete turistiche (che conosco bene) alla ricerca di antichi villaggi, dove sia ancora possibile trovare oggetti veramente belli di artigianato, gioielli lavorati in modo grezzo ma di grande effetto, e scattare fotografie in terre al di fuori del tempo sospese tra la lussureggiante vegetazione che accompagna le sponde del Nilo e il deserto.
Ho con me una guida, si chiama Ahmed, studente di Scienze politiche all’università del Cairo; nel tempo libero accompagna gli stranieri che vogliono esplorare un Egitto diverso, parla correntemente quattro lingue.
E’bello, molto giovane, occhi neri enormi e liquidi, una pelle leggermente olivastra, tanto setosa da parere quella di una ragazza; alto per essere un arabo ed elegante, in camicia di lino bianco e candidi jeans di tela leggera.

Quando me lo sono trovato di fronte, all’aereoporto, ho immediatamente realizzato che l’avventura mi stava aspettando, quella con la A maiuscola, intendo.
Ho notato il suo sguardo sorpreso perlustrarmi il corpo, mentre in perfetto italiano
diceva:
– Mi aspettavo una signora anziana, madame, questa é una piacevole sorpresa-
-Anche lei lo &egrave per me- ho ribattuto – anzi, sarà meglio darci del tu, madame lascialo per Agatha Christie, io mi chiamo Fede, il tuo nome già lo so. Hai procurato la macchina?-
-Si, &egrave qui fuori, una vecchia Range Rover, adatta alla nostra escursione, Fede. Fede, Speranza, Carità, non hanno a che fare con la tua religione?-
Io mi sono persa a guardare le sue mani strette attorno alle valigie, e mi pareva di averle già conosciute, tanto tempo prima, ma quando?

Ci dirigiamo subito alla macchina, il caldo egiziano che sa di deserto mi lascia per un attimo senza respiro; sono partita da Roma sotto una fredda pioggia, con un clima pre-invernale.
Non voglio fermarmi al Cairo: proseguiremo verso Tell El Amarna, l’antica capitale di un Faraone folle che volle imporre al suo popolo il culto di un solo grande dio, il Sole.
Qui fu ritrovato il busto della splendida Nefertiti, la sua prima consorte.

I villaggi che cerco sono sparsi nelle oasi, al confine con il deserto arabico.
Dal momento che dovremo fare all’incirca 300 km, Ahmed ha trovato da sistemarci per la notte in una specie di pensioncina gestita da un suo conoscente nel primo dei villaggi che mi interessa visitare.
In questo modo potrò prendere subito contatto con la gente del posto, cercare notizie sui manufatti che mi interessano, iniziare a scattare foto.
Inoltre pare che suo nonno abiti proprio in quel villaggio e allora mi chiede perché non vado con lui a trovarlo, così avrò modo di vedere una vera casa di campagna egiziana, affollata di tutti i suoi parenti.
Nella macchina fa un caldo terribile: teniamo i finestrini chiusi per non restare soffocati dalla polvere, ed io mi accorgo che la t-shirt bagnata mi si sta incollando addosso.
Anche i pantaloni di tela, per quanto leggeri, sono diventati una seconda pelle: cerco di asciugarmi con dei fazzolettini di carta.
Ora mi piomba addosso la stanchezza del volo, il cambio di temperatura, la sete, e mi appoggio indietro sullo schienale, spossata, gli occhi chiusi.

La mia guida continua a parlare, con una voce dolce, cantilenante, mi racconta dei suoi studi, dei viaggi che vorrebbe fare, mi chiede dell’Italia.
-Quanti anni hai?- gli domando ‘Ventidue- risponde- e tu?-
– Ventisette, tanti più di te. Ce l’hai la ragazza?-
-Si, ha diciotto anni, ci conosciamo da bambini-
-Sei fedele, tu, uomo arabo?- gli chiedo, e lo guardo, meravigliandomi del fatto che non sudi, pare fresco come una rosa.
-Si, sono fedele- risponde- ma come dice il profeta, spesso anche l’uomo più forte si fa debole di fronte ad un avversario troppo agguerrito’ e tu sei molto bella, signora scura, bella in modo assai pericoloso-
-Più che altro mi sa che odoro non proprio di buono, visto quanto sudo, mi ci vorrebbe una doccia-
-Te la farai quando arriviamo dal nonno, ma la tua pelle profuma, te lo assicuro-
Io non rispondo a questi approcci diretti , forse dovrei, ma sento addosso una strana languorosa eccitazione, che mi fa desiderare carezze lente, estenuanti, sapienti.
Involontariamente apro le cosce, tocco l’interno dei pantaloni: &egrave fradicio di sudore.
Sento addosso lo sguardo di Ahmed, che &egrave più di una carezza, e stringo le gambe.

Finalmente vedo un villaggio bianco, che brilla contro la distesa di sabbia. Siamo arrivati alla prima tappa, la casa del nonno, che si rivela essere un agglomerato di piccole costruzioni.
Superata una recinzione in muratura, pitturata all’interno di blu e di bianco, scorgo diverse case; una colorata moltitudine esce per salutarci e per osservarmi
con grande curiosità: zii, sorelle, nipoti, cugini, bambini, una confusione terribile.
Ed io mi trovo improvvisamente al di fuori del tempo, in uno spazio dove tutto si muove lentamente, sotto un sole ancora accecante, nonostante il pomeriggio inoltrato.
-Benvenuta nella nostra casa, Fede, sei la prima straniera che ci mette piede- dice Ahmed.
Alcuni dei giovani maschi sono in jeans e t-schirt le donne, invece, tutte vestite di nero. All’inizio sono leggermente intimidite, stanno a distanza, poi iniziano a sorridermi e mi portano datteri e altra frutta su grandi vassoi.
Cerco di parlare con loro in inglese e con mio grande piacere, una mi risponde; &egrave Fatima, la cugina di Amhed.
-Lui mi ha insegnato un poco di inglese- dice-ma voglio imparare meglio- e rivolge alla mia guida un sorriso caldo e affettuoso.
Ora tutte mi stanno intorno, una vuole che veda il suo corredo da sposa, ricamato con fiori e foglie intrecciate, un’altra mi mostra il grande frigorifero bianco che campeggia in mezzo alla sala come un trofeo.
Fuori il sole batte spietato, ma tra queste pareti d’argilla fa fresco; da qualche parte arriva una musica dolce e malinconica, insieme alle litanie musulmane di una moschea vicina.

Le donne non si stancano di ammirare i miei braccialetti e di accarezzarmi le braccia, ma quello che le lascia estasiate &egrave il tatuaggio sulla spalla destra, il nodo celtico con il serpente che si divora la coda; confesso sorridendo a Fatima che ne ho uno uguale dove loro non possono vederlo, allora lei si volta verso Ahmed che sta appoggiato indolente al muro poco
distante e mormora:
– Chissà dove sarà?- e mentre pronuncia queste parole una corrente di stretta complicità passa tra i due, insieme ad un sorriso che proprio pudico non é.

Cerco lo sguardo del ragazzo, i suoi occhi mi stanno frugando il corpo.
Chiedo alle donne di poter fare una doccia, Fatima mi accompagna fuori, in un giardino chiuso da alti muri, dove in un angolo c’&egrave una grande tinozza, già colma d’acqua.
Vi sparge una polvere profumata, sistema la mia sacca su un vicino sgabello, dove sta pronto un grande telo, e con un sorriso mi lascia.
Mi spoglio rapidamente ed entro nell’acqua: il piacere &egrave indescrivibile, anche perché il sole sta calando e con lui il caldo torrido.
Chiudo gli occhi e lascio che il liquido profumato (capisco che la polvere &egrave anche un misterioso sapone) mi penetri tutta.
Una sensazione di beatitudine mi invade: mi pare di volare, in un mondo colorato di arancio e di blu, mentre mille delicate mani mi accarezzano.
Mi sveglio infreddolita: il sole &egrave calato, esco dall’acqua, mi asciugo e mi rivesto ancora frastornata, non capisco quello che mi &egrave successo.
Rientro in casa, Ahmed mi viene incontro sorridendo:
-Ti sei riposata, madame?-
-Meglio che andiamo a cena e poi mi porti in albergo, non credi?- rispondo io, ma so già che non sarà così, lo dico solo per salvare la faccia.

Infatti :
-No, prima devi vedere le dune, ora-
E mi prende delicatamente per un braccio.
Fuori mi accorgo che la notte sta scendendo velocemente. Saliamo in macchina e Ahmed si dirige verso il deserto a fari spenti, per non sciupare l’incredibile spettacolo delle dune che a poco a poco si illuminano sotto la luna: vedo dolci colline e immense vallate che passano dal grigio al blu, al rosa, e poi al nero.
-E’ una magia, non &egrave possibile- dico- Sono già stata nel deserto di notte, ma non ho mai visto niente di simile-.
-Non eri con me, mia bellissima, non in questa vita almeno-
Mi volto verso di lui, il desiderio di baciarlo &egrave fortissimo, ma so che devo aspettare e anche lui lo sa.
-Andiamo a cena- mormora il ragazzo.
E mi accorgo che sta tornando verso casa, non dico nulla, tanto &egrave già tutto scritto, accadrà quello che deve accadere.

La casa &egrave buia, tutti i parenti scomparsi, arriviamo in una stanza illuminata solamente da candele, alcune quasi consumate; al centro &egrave preparata una tavola con due sedie, una vicina all’altra; in un angolo, sopra un tappeto, stanno sparsi grandi coloratissimi cuscini.
Nell’aria aleggia un sottile aroma di incenso, di cibo e di spezie, insieme ad un altro, morbido e pungente allo stesso tempo:’hascisc ?’ mi chiedo.
Ahmed mi fa accomodare e passa a descrivermi le vivande, mentre mi serve pesce del Nilo, formaggio di capra, olive nere, fichi maturi, uova, melanzane fritte, crema di ceci e yogurt.
Mi lavo le mani in una bacinella con acqua e limone e Amhed me le asciuga
con un telo, i suoi gesti lenti sono carezze.
Seduto vicinissimo a me, tanto da sfiorarmi il viso con il suo, mi guarda mangiare, parlando con quella sua voce morbida e strascicata
Io non rispondo, ma le ginocchia mi tremano, mentre tra le cosce il calore aumenta, e il ben noto crampo di eccitazione al basso ventre inizia a farsi sentire.
La cena &egrave squisita e il t&egrave, tiepido e molto zuccherato, con un retrogusto di gelsomino, rinfrescante.
Ahmed mette del formaggio e della crema di ceci su un tozzo di pane arabo, ne mangia una parte e poi lo posa tra le mie labbra, guardandomi masticare con voracità.
Mi sento spossata, i sensi esaltati.
A bassa voce, quasi recitando una cantilena, lui loda la mia pelle, i miei seni, le mie cosce,
e sempre nello stesso tono mormora al mio orecchio quello che succederà tra poco, perché questo era scritto per noi.
Ma prima devo ancora assaggiare una pietanza di melanzane, speciale, una combinazione esotica con noce moscata e cannella, ne distinguo l’aroma nell’aria.
Una candela si consuma completamente in una pozza di cera sciolta.
-La cena non &egrave ancora finita, mia signora, il dolce lo gustiamo sui cuscini-
e così dicendo mi accompagna nell’angolo della stanza, mi fa sdraiare ed inizia a spogliarmi, con lentezza.
Non vuole che io faccia nulla .
-Stenditi , voglio guardarti per ricordarti così, sei bellissima-
Chiudo gli occhi, mi gira leggermente la testa; sento il lieve rumore dei suoi indumenti che cadono a terra, seguito da un tramestio di piatti; poi sdraiandosi al mio fianco dice:
-Ecco i dolci, miele e morbida pasta di pistacchio, assaggia- e mi porge un pasticcino da mordere: &egrave davvero squisito, dolcissimo, si scioglie in bocca.
Mentre sto gustando il dolce ad occhi chiusi Amhed apre le labbra del mio sesso e delicatamente lo riempie del resto del pasticcino, la tenerezza della pasta &egrave inconfondibile.
Poi inizia a gustarlo direttamente da quel piatto speciale.
La sua lingua mi porta in paradiso: mi inarco, cerco di trattenermi, di trattenere l’orgasmo, per prolungare quegli istanti di beatitudine infinita, ma non mi riesce: vengo, e sento la mia voce implorante:
-Ti voglio, dammi il tuo piacere-

Ahmed allora mi copre con il suo corpo asciutto ed elastico e inizia a penetrarmi dolcemente, un braccio stretto intorno ai miei fianchi, l’altro a sollevarmi il viso verso di lui.
Le sue pupille sono immense, c’&egrave l’universo dentro, ed io ricomincio a gemere, piano.
Con un ultima spinta entra tutto dentro di me, e allora il ritmo cambia, diventa sempre più impetuoso, mentre davanti ai miei occhi scorrono visioni confuse frutto delle ultime letture sui Faraoni del Nuovo Regno.
Mi sento Nefertiri, quando:
-Accadde che, poco dopo la sua ascesa al trono, una notte Ramsete Usermare montò la sua giovane sposa e si spinse tanto a fondo dentro di lei, che la birra nelle brocche presso il loro letto cominciò a schiumare. Fu così che Nefertiri concepì il suo primo figlio-
Ahmed, con un ultima spinta, mi inonda con il suo seme ed io provo un insolito, intenso, dolcissimo piacere, un forte calore nel ventre, mentre per la stanza si spande uno strano odore, un misto di terra bagnata, di rose e di gelsomino.
Il Cielo ha fecondato la Terra, penso, già ma la terra, in questo caso, usa un’efficace contraccettivo.
Dalla finestra vedo la luna illuminare la notte egiziana.
Accarezzo i capelli del ragazzo abbandonato su di me, prendo un altro pasticcino e lo mordo golosamente.

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