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Racconti Erotici Etero

Non mi era mai successo prima…

By 15 Novembre 2006Dicembre 16th, 2019No Comments

Non mi era mai successo prima…. non mi era mai successo di trovarmi nel letto, al mattino, una perfetta sconosciuta, o quasi. Di lei sapevo solo il nome, Federica, e sapevo che il sesso con lei era stato magnifico. Altro non conoscevo.
Non mi era mai successo prima…. e ancora non riesco a spiegarmi perch&egrave sia successo. Sarà stato l’alcol in corpo, un po’ troppo, sarà stato il suo corpo sensuale, i suoi riccioli rossi che incorniciavano un viso di quelli che non scordi: occhi verdi come una gemma, grandi, luminosi, curiosi, intelligenti; una bocca carnosa, piena, invitante; un ovale del volto di quelli che tolgono il fiato per la perfezione. Il tutto sopra un corpo alto, slanciato, atletico, scultoreo. Non era una donna così formosa, Federica, ma la grazia che emanava dalla sua figura sapeva di antico, primigenio, selvaggio, animalesco. Poco seno, in fondo, ventre piatto, fianchi abbondanti senza essere grassi, e due gambe tornite che sembravano non finire mai. L’unico difetto che le avevo trovato, la sera in cui la conobbi, fu un naso grosso, non certo una proboscide, ma comunque grande abbastanza da essere notato. Aveva una leggera gobba e, se l’avesse vista uno scultore, o un pittore, avrebbe detto che quel particolare rovinava il quadro d’insieme. Per me non era così, anzi. Il leggero difetto che lei mostrava senza troppe preoccupazioni me la rendeva più desiderabile, meno perfetta e più umana… una donna che si poteva avvicinare.
Non mi era mai successo prima…. e forse non succederà nemmeno mai più che io mi ritrovi, alle due di notte, a girare per la città da solo, senza una meta, con la testa che scoppiava dal grande pensare, e col cuore devastato. Quattro anni di amore vero e sincero, genuino e profondo, spariti all’improvviso. Non so ancora di sicuro per quale motivo la storia con lei sia finita, e forse nemmeno lo saprò mai. Non c’erano motivi apparenti, solo una grande confusione da parte della mia ex fidanzata. Mi aveva tradito? Lei mi aveva detto di no, ed io le credevo, anche perch&egrave alla fine della fiera, cornuto o meno, il risultato era sempre lo stesso. Allora meglio non fare i detective, e cercare di mantenere rapporti civili. Ma quella notte era la notte del mio compleanno. Avevo compiuto ventisette anni, quel giorno d’autunno, ma me ne sentivo addosso duecentosettanta. Non avevo voglia di festeggiare con nessuno, ma non volevo nemmeno stare in casa a pensare. L’unica alternativa alla pazzia era prendere l’auto ed uscire per la città, ma il traffico mi dava fastidio, così parcheggiai l’auto e continuai a piedi, senza una direzione precisa, ricordando solo vagamente dove avevo posteggiato.
Non mi era mai successo prima….quel genere di locali non mi aveva mai attirato, prima. Sono un uomo tranquillo e posato, poco incline alla superficiale volgarità delle discoteche, amante più di una buona tavola imbandita con gli amici ed una birra che di una notte intera trascorsa a sudare insieme a duecento sconosciuti a ritmo di una musica ottusa e scontata. “Beh”, pensai quella notte, “C’&egrave sempre una prima volta, in fondo”. Avevo bevuto un paio di birre in perfetta solitudine, in un bar frequentato da facce da galera che, alla vista del mio abbigliamento che non sapeva di fogna, mi avevano guardato strano. Avranno pensato che fossi un poliziotto. In realtà me ne fottevo di quello che potevano pensare, così nemmeno li guardai, mi sedetti ad un tavolo e ordinai una birra alla cameriera, o a quella che passava per tale. Il ronzio della televisione catturò per un momento la mia attenzione, mentre trasmettevano una partita di champions. Solo allora ricordai che quella sera giocava proprio la mia squadra, per quello che poteva valere… il mio interesse oscillava come una nave col mare agitato, così seguii la partita solo con un occhio, mentre con l’altro ripensavo, e ripensavo. Fui ridestato dalle mie fantasticherie alla vista del telecronista che annunciava il risultato e la chiusura della trasmissione, così mi alzai e pagai. Uscendo, notai di sfuggita che avevo bevuto tre birre. Non molte, in fondo, ma la testa era già leggera.
Quando vidi la discoteca, dunque, entrai, subito assalito dal rumore ovattato che proveniva dalla sala principale, mentre io ero ancora a consegnare il mio giubbotto al guardaroba.
Borbottai qualcosa, credo, sulla qualità della musica, già pentendomi della scelta di entrare lì dentro. Dico credo perch&egrave non ne sono sicuro, e perch&egrave comunque sentii una voce femminile, che mi rispondeva: “Hai ragione. Stasera la musica &egrave proprio brutta”. Mi voltai, leggermente sorpreso, e notai Federica, con in mano ancora il mio giubbotto, che mi sorrideva mostrando una chiostra di denti bianchi e ben curati. “Un bel sorriso”, pensai, e l’espressione di lei mi invogliò a sorriderle di rimando. “Ciao, sono Federica”. Si presentò, ancora sorridendomi. Notai che in quegli occhi luminosi si potevano scorgere delle pagliuzze dorate, ma non ne ero sicuro. Mi presentai a mia volta, e feci per entrare, quando la sentii dirmi: “Senti, io non so quanto resterai, ma io tra un’ora finisco il turno. Noi dello staff entriamo gratis, quindi vengo dentro a ballare un po’. Ci vediamo dentro?”.
“Certamente!”, risposi io, nemmeno ben sicuro di quello che dicevo. Come ho precisato, per me era la prima volta in uno di quei monumenti alla superficialità.
Non mi era mai successo prima…. e fu un’esperienza piuttosto traumatica quella che provai al mio ingresso in quel mondo: musica sgradevole, gente vestita strana, odore di sudore, profumo da due soldi, canne fumate di nascosto ed alcol rimesso negli angoli. Di certo non era proprio la migliore discoteca d’Italia, ma sembrava comunque piuttosto popolata, forse anche a causa del prezzo contenuto del biglietto. Mi diressi verso il bar, cercando un drink, e ne scelsi uno dal nome bizzarro, dal sapore piuttosto gradevole, poi cominciai ad aggirarmi ai bordi della pista, cercando di familiarizzarmi con l’ambiente. Consciamente o meno, mi ritrovai ad ondeggiare goffamente nei pressi della porta dalla quale ero entrato, cercando di tenere il ritmo della musica, e lanciando involontarie occhiate all’entrata. Piano piano, mi resi conto che i miei pensieri tumultuosi avevano preso una piega diversa. Ora mi trovavo a pensare a Federica, ad aspettare che entrasse, che mi cercasse. Non pensavo più alla mia infelicità (un pensiero costante di sottofondo in quegli ultimi tre mesi), né pensavo alla solitudine in cui mi ero trovato, ai progetti di vita falliti. No, pensavo ad una massa di riccioli rossi, e a due occhi verde smeraldo, e a quel naso così fuori posto, in quel viso, e tuttavia così attraente….
Non mi era mai successo prima…. non mi era mai successo davvero di aspettare con tale ansia una persona, al punto di girarmi come un fulmine non appena, vagamente, avvertii che c’era qualcuno alle mie spalle. Era Federica che, come promesso, era venuta a cercarmi. In fondo, realizzai in quel momento, non ci avevo sperato quasi. Pensavo che dicesse la stessa cosa a tutti i clienti, per invogliarli a restare, o forse solo per il gusto di civettare un poco. Se fossi stato certo che mi avrebbe cercato, di sicuro non avrei stazionato un’ora davanti all’ingresso, aspettandola.
“Ciao”, mi disse. “Ti diverti?”. Non udii la sua domanda, sovrastata dal frastuono ottuso proveniente dagli amplificatori e dal rumore del mio sangue nelle orecchie. Oh, Dio mio, era bellissima! Indossava una minigonna nera, aderente, non troppo corta, ma della lunghezza giusta per far vedere le sue cosce invitanti, ed un top nero anch’esso, pieno di lustrini, con una scritta che non riuscivo a leggere bene, che le fasciava il seno, una seconda abbondante, all’apparenza soda, lasciandole scoperto l’ombelico, cosa che mi permise di ammirare il suo ventre piatto. Era alta poco più di me, che non sono un gigante ma viaggio intorno al metro e ottanta, ed il suo trucco era leggero e discreto, come se non ne avesse avuto bisogno, per far risaltare quel viso affascinante, quel corpo flessuoso, come se non avesse bisogno di niente altro che del suo portamento per emanare un richiamo inequivocabile. Mi guardò con un sorriso sbilenco, poi ripeté la domanda, urlando al di sopra del rumore. “Oh…”, balbettai io. “Beh, Fede, non so se mi sto divertendo”, risposi gridando anche io. “E’ la prima volta che vengo. Non mi piacciono le discoteche”. La vidi assumere un’espressione perplessa, poi mi sorrise di nuovo, come per incoraggiarmi. Mi prese la mano, e mi portò più addentro quella massa compatta di carne umana. Cominciammo a ballare… o meglio, lei ballava, io rimbalzavo sui piedi, cercando di dare una parvenza di senso logico ai miei movimenti impacciati, sfruttando tutta la coordinazione che mi veniva da anni di arti marziali. Federica mi guardava con quegli occhi sconvolgenti, incitandomi a gesti e parole a lasciarmi andare, e dopo un po’ riuscii quasi a sembrare un essere umano piuttosto che un pollo agitato.
Non mi era mai successo prima…. prendere confidenza col ballo, e confidenza con una sconosciuta al punto di avvicinare il mio corpo a contatto col suo, avvolgerle i fianchi, fare delle avances così dirette. Per natura sono una persona timida, introversa, poco incline ad approcci così diretti. Ma quella notte ero diverso. Era il mio compleanno, e mi trovavo a ballare con una bellissima donna che mi sorrideva, una donna sensuale, magnetica, desiderabile, la quale mi stava facendo capire che potevo spingermi oltre. Non mi sentivo più addosso duecentosettanta anni, ma avevo ritrovato il vigore dei miei ventisette, la mia giovinezza, il mio ardore. Mi strinsi a lei, muovendo le anche al ritmo con le sue, improvvisamente anche io aggraziato, sensuale. Avvertii l’odore pungente del sudore di lei, in quel caldo, ma non era un odore sgradevole. Era…animalesco, come tutto quello che emanava dal suo corpo. Mi accorsi di volerla in maniera impellente, quando il mio membro gonfiò i jeans, aderendo alle sue natiche, strappandole un sorriso malizioso quando si girò verso di me. Mi sporsi a baciarla, senza pensare.
Non mi era mai successo prima…. non mi era mai successo di staccare il cervello, in nessuna occasione. Quella notte non solo lo staccai, ma lo chiusi a chiave in un armadio. Le uniche cose che avvertivo erano l’urgenza nei miei pantaloni, il corpo di Federica ed il suo profumo di donna. La baciai con una passione mai provata prima, con una frenesia che non mi riconoscevo, e non mi passò nemmeno per la testa che lei potesse rifiutarmi. A dire la verità, rispose con la stessa passione, intrecciando la sua lingua alla mia, esplorando il palato, mordendomi le labbra, riprendendo il gioco di lingua. Eravamo fermi immobili in mezzo alla pista, circondati da gente che ballava e, probabilmente, ci guardava. Udii vagamente un coatto che gridava “Aò, te la stai a consumà!”, ma non ero sicuro che ce l’avesse con me.
Staccate le nostre bocche, Federica mi prese di nuovo per mano, e mi guidò fuori dalla calca, senza dire una parola, fuori dalla discoteca, dal rumore, dal puzzo. Uscimmo all’aperto, avvertendo l’aria frizzante pungerci il viso, e la vidi salutare i buttafuori con in bacio sulle guance, ridendo ad una loro battuta. Ci allontanammo un altro po’, dopo di che si voltò verso di me, e mi baciò ancora, con la stessa furia di prima. “Qui va meglio, vero?”, mi chiese.
“Sì”, sussurrai io, baciandola ancora. “Sei bellissima, Fede. Non te l’ho detto in discoteca, ma eri uno spettacolo. Mi hai paralizzato la lingua”.
“non direi proprio, visto come la usavi nella mia bocca, prima”, ridacchiò lei. Ci guardammo, sorridendo, poi lei abbassò gli occhi sui miei pantaloni, e sghignazzò. “Cosa aspetti a portarmi a letto? Non lo vedi che il tuo amichetto &egrave pronto da un pezzo?”, mi chiese. Rimasi interdetto, credo che sorrisi come un ebete, poi riuscii a dire: “Beh…. Io… non vedo l’ora, ti giuro. Da me… o da te?”.
“Da te, se non ti dispiace”. Non mi dispiaceva, affatto. Col suo motorino mi riportò alla mia auto, poi mi seguì fino a casa, dove la feci accomodare sul divano. “Qualcosa da bere?”, le chiesi.
“Hai ancora voglia di bere?”, mi fece lei, di rimando. Effettivamente, avevo già bevuto parecchio, me ne ero accorto guidando. Scossi la testa, e mi sedetti accanto a lei sul divano. Aprii la bocca per parlare, ma lei mi prevenne. “Non ho voglia di bere, né di fare conversazione. Ti prego, scopami”.
Fu come il via allo sprint, ed io ero l’atleta sui blocchi di partenza. Mi avventai su di lei, tornando ad esplorare quella bocca già così familiare, assaggiando la sua lingua e le sue labbra, mentre con le mani andavo a toccare il suo seno, così poco florido, eppure così perfetto. Ebbi in ricompensa un mugolio soffocato dalla mia bocca, e subito dopo avvertii le sue mani scendere verso i miei jeans, per aprirli. Si scostò da me, inginocchiandosi davanti alle mie gambe, e sfilandomi i pantaloni. Col movimento successivo, mi liberò dei boxer, scoprendo il mio pene turgido, pulsante di vita. “Mh”, fece lei, “siamo messi bene, direi”. Sorrisi, a quel complimento, poi il sorriso si trasformò in un uggiolio quando avvertii le sue labbra sfiorare la punta, e scendere verso la radice. Oh, cielo, la sua bocca era così calda! Scese più in fondo che pot&egrave, poi tornò su, facendo una specie di risucchio, incavando le guance, mentre con la lingua si muoveva a velocità frenetica. Scese ancora, e ricominciò il gioco. Era un pompino meraviglioso, non avevo mai avuto niente di simile dalle altre, nonostante ne avessi avute alcune, tutte piuttosto esperte e vogliose. Ma Federica…Ah, Federica era la maestra! In poco tempo mi portò al limite dell’orgasmo, dal quale mi trattenei solo con uno sforza di volontà che mi fece male fisicamente. Ma la volevo tutta, e non potevo essere soddisfatto solo così. La feci alzare, e mi sfilai la maglia, rimanendo nudo davanti a lei, ancora de tutto vestita. Provai un impulso irresistibile, così le afferrai un seno, spremendolo con una certa forza, al punto che lei lanciò un gridolino di dolore. Le piaceva, tuttavia, così le afferrai anche l’altro seno, strizzandolo e impastandolo con le mani. La sentivo mugolare, ansimare, guardarmi con il fuoco in quegli occhi verdi, e l’impulso animale che mi trasmise mi fece strappare via il suo top, scoprendo due seni meravigliosi, nella loro piccola dimensione: sodi, ben formati, invitanti, con due capezzoli grossi, più che lunghi, come due piccole ciliege. Li ripresi in mano, quasi incantato, e li carezzai, tanto dolcemente quanto prima ero stato rude. I suoi capezzoli si indurirono ancora di più, e scesi a succhiarli avido, strappandole un gemito di piacere, accompagnato da parole che non colsi, preso nel lavoro sul suo petto. Titillai i due bottoncini con la lingua, li morsi, li leccai e li succhiai per un tempo che mi parve non finire mai, accompagnato dai suoi ansiti, finch&egrave non la sentii tremare, e poi gridare, liberata. Mi sollevai, sorpreso. Il mio sguardo interrogativo la divertì, e mi sorrise ancora, dicendo: “Sì…sono venuta. Oddio, che bello! Non mi era mai successo di godere solo se uno mi leccava le tette! Sei bravo, sai?”
“Grazie, ma non ho ancora finito…. aspetta a ringraziarmi”. Le strappai via anche la gonna, scoprendo il suo perizoma nero, che lasciava indovinare un sesso accuratamente depilato, e che metteva in mostra il suo sedere così tondo, invitante…. la baciai di nuovo sui seni, scendendo all’ombelico, girando intorno al perizoma con la bocca, quasi torturandola. Udivo Federica gemere sotto i colpi della mia lingua, ma non completamente soddisfatta. Questo aumentava il mio piacere, l’attesa di darle piacere, in modo più diretto, primordiale. Ero ancora fermo ai giochini sofisticati, che trovavo sempre un poco decadenti, alle piccole torture cinesi che servivano da antipasto alla soddisfazione reale. I gemiti della ma partner mi comunicavano l’attesa spasmodica di una lingua nella fica, di un pene da accogliere fino in fondo, di un seme che voleva essere assaporato con ogni nervo del suo corpo. Tornai su, a suggere i capezzoli grossi e scuri, strappandole ancora un mugolio, questa volta di piacere reale, poi lei mi prese i capelli, offrendomi ancora di più il suo petto da ragazzina, spingendomi la bocca sul suo seno. “Oh…sei un bastardo…”, mi diceva. “Altro che….Ahh….timidone! Sei un porco!”. Io sorrisi, appena potei staccare la bocca dal suo seno, e rivolgendole il mio sguardo più malizioso le risposi: “Non sono un timidone…solamente non mi piace la discoteca. Ma tu mi piaci, Fede, e voglio farti impazzire”. La baciai, sporgendomi quel tanto che bastava per colmare la sua superiore altezza, e quando la sua lingua si intrecciò alla mia, avvertii come sullo sfondo il sapore del mio sesso, mentre notai con la testa che girava per il grande lavoro delle sue labbra, che mi aveva preso in mano il pene.
“Oh, ti prego, fottimi, ti prego! Non ce la faccio più! Mi pulsa, mi pulsa!”. La sua supplica mi divertì un mondo. Decisi così di tornare un po’ a torturarla, baciandole le natiche, la pelle depilata intorno al bordo del perizoma, scostando l’indumento quel tanto che bastava per stuzzicarla, senza farla godere del tutto. Tornai ad occuparmi della sua pancia, così sexy, leccandole di nuovo l’ombelico. Sembrava piacerle, doveva essere una zona piuttosto erogena, per lei.Alzai lo sguardo, con un’espressione maliziosa e furfantesca, ma Federica mi sorprese. Mi guardò con uno sguardo di sfida, abbassando una mano, mentre con l’altra mi aveva preso la testa, obbligandomi a guardarla fissa negli occhi. Al di sotto del mio campo visivo, udii distintamente il lacerio della stoffa, poi la vidi impugnare quello che restava del suo perizoma. “Adesso fai il tuo dovere, bastardo….” Mi disse in un sussurro roco, eccitante. Mi spinse la testa tra le gambe, sbattendomi il naso contro la sua fica, incitandomi a leccarla. Era completamente depilata, morbidissima contro il mio viso, dall’odore pungente ma delicato. Chissà come era il suo sapore….
Non mi era mai successo prima… mai successo di leccare il sesso di una donna per una buona mezz’ora, avvertendo i suoi orgasmi in successione, essere spinto contro le sue labbra carnose ed il suo clitoride con una forza ed un’irruenza animalesca così fuori del comune. Il suo sapore era leggermente asprigno, ma gradevole, come una buona birra che ti lascia il retrogusto più dolce del mondo, nonostante il primo sorso ti sembri una tortura. Federica era una femmina, non una donna. Era femmina come &egrave femmina la leonessa, la tigre, la lupa. Sì, la mia lupa dai capelli rossi, con il corpo e la fica più dolci del mondo…ed un culetto che sembrava quello di una Venere greca. Il tempo che passai accoccolato tra le sue cosce a leccare, succhiare, saettare dentro di lei per saggiarne gli umori sembrava non avere termine. Fede gemeva, urlava, si dimenava, mi aveva fatto stendere e mi aveva preso in bocca il pene, nel più classico dei sessantanove. Non mi fece venire, la bastarda. Mi portava ogni volta al limite dell’orgasmo, poi smetteva, e si godeva la mia lingua, poi lo riprendeva in bocca non appena lo vedeva rilassarsi. Ora era lei che torturava me con quei giochini decadenti. I suoi orgasmi sembravano non avere fine, arrivavano uno dietro l’altro, in successione così rapida che ne persi il conto, inondandomi la bocca col suo succo femminile. Fui io a cedere, alla fine, togliendo la mia faccia dalle sue cosce, implorandola quasi di farmi entrare dentro di lei. Ora le parti sembravano invertite. Diamine, era lei che dominava, ora, come una leonessa, e la cosa mi piaceva da morire.
“Ora viene il bello, tesoro”, mi disse, con uno sguardo carico di ormoni, facendo lampeggiare quelle adorabili pagliuzze dorate dentro i suoi occhi verdi. Non si spostò molto, semplicemente lasciò il mio pene, abbandonando il suo lavoro con la bocca, e si spostò in avanti, penetrandosi mentre mi dava la schiena. “Oooooh, tesoro, sei DAVVERO ben messo!”, mi disse, mentre la mia asta scivolava dentro le sue viscere, calde ed accoglienti, strappandomi mugolii di godimento. Vedevo i suoi splendidi globi di carne, perfetti, tondi, lisci, ad incorniciare l’orifizio rosato che era la mia brama maggiore. Lo carezzai, quel culo, palpeggiandolo e stringendolo forte, sculacciandolo, di tanto in tanto. Lei rispondeva a queste mie attenzioni muovendosi su di me a ritmo maggiore, stringendo i muscoli vaginali, ed ottenendo in risposta le mie grida soffocate. Notai appena che il pavimento era freddo, contro la mia schiena, ma la mia attenzione venne catturata dal piacere che provavo, concentrato sulla punta del mio membro, osservando quella amazzone rossa che mi cavalcava, gridando. “Oh, sìììì…dai. sì così! Oh, Dio tesoro, mi fai impazzire! &egrave durissimo, come il marmo, sto godendo!”, urlò, prima di strozzare il suo grido in un suono inarticolato, mentre il suo ritmo si faceva frenetico. Avvertii il suo piacere colarmi lungo il pene, poi Federica si accasciò, sfilandosi il membro dalla fica. Non ero venuto, e questo era strano, visto il ritmo che aveva impresso al suo movimento, ma era davvero un fatto positivo. Senza dire niente mi alzai, prendendole la mano, poi la portai nella mia camera da letto, dove la feci sdraiare. Fede appariva stordita, come se l’orgasmo appena provato l’avesse prosciugata delle forze. Riuscì solo a guardami, languida, chiudendo gli occhi. Poi sembrò quasi appisolarsi. La osservai per qualche momento, ammirando la sua figura armoniosa, la massa dei suoi riccioli rossi così belli, quel naso particolare, affascinante nella sua discordanza col resto del viso. Mi chinai verso di lei, baciandole ancora i capezzoli, succhiandoli avidamente. Lei si risvegliò di colpo, guardandomi con aria di chi la sapeva lunga, poi mi disse: “Smettila di trastullarti con le mie tettine, dai. Voglio che mi scopi ancora”. Oh, era proprio quello che volevo fare, ovviamente. Senza tante cerimonie mi posi su di lei, sollevandole le gambe, portando i piedi sulle mie spalle. Il suo bacino così alzato era uno spettacolo così eccitante, con entrambi i suoi canali bene in vista! La penetrai nella vagina, lentamente, facendole di nuovo assaporare tutta la grossezza del pene. Ottenni dei gemiti in risposta, ed il movimento delle sue anche verso le mie. “Ah….lo sai?….il tuo…Aaahhh… Cazzo &egrave proprio….ooohhhh…. della misura giusta! Oddio, come godo!”. Spinsi con sempre maggior foga, e convinzione, ansimando come un cane in calore. Ma non era questo che eravamo, in quel momento? Due animali in calore, persi nell’istinto primordiale dell’accoppiamento, stimolati dagli ormoni dell’altro sesso. Quella femmina così eccitante era carica di una potenza erotica fortissima, istintiva, semplicemente animalesca. Spinsi, e spinsi ancora, ancora sempre più forte. L’unica cosa a cui riuscivo a pensare era soltanto il piacere che provavo nella sua carne, e la voglia di spruzzarle dentro tutto il mio sperma. Accelerai ancora il ritmo, avvertendo le onde del piacere montarmi dentro, e poi risalire il condotto del pene, ed esplodere dentro la sua fica grondante di umori. Non ricordo molto altro di quel momento, tranne che fu un orgasmo lunghissimo, con fiotti di seme che continuavano ad uscire e riempire il suo utero, il quale si contraeva in preda ad un nuovo orgasmo, strizzando il mio pene ancora di più, ed ottenendo in risposta un nuovo getto di seme. Non ricordo nemmeno cosa feci appena uscii da lei, forse ci addormentammo subito. Era piuttosto tardi, ed almeno io avevo bevuto un po’.
Non mi era mai successo prima…. svegliarmi quando l’alba non era ancora spuntata, perch&egrave la bocca di una sconosciuta dai capelli rossi mi stava lavorando sul pene. Fu un bel risveglio, e mi scoprii ancora eccitato. Federica era bravissima nei pompini, era da ammettere, ma in quel momento volevo ben altro. La presi, e la feci mettere a quattro zampe sul letto, mentre con la mano le stimolavo la fica, ottenendone una gran quantità di umori e mugolii soddisfatti, poi la penetrai, scopandola per parecchi minuti, ottenendo una nuova serie di orgasmi ed urla. Lì per lì pensai vagamente che i vicini avrebbero dovuto chiamare la polizia già da tempo, col casino che avevamo fatto, e mi sorpresi a ridacchiare sotto i baffi, all’idea che invece di arrabbiarsi, magari anche loro stavano scopando, o si stavano toccando mentre ascoltavano la nostra prestazione. Che razza di pensieri! Al suo ennesimo orgasmo, tirai fuori il pene, accompagnato da un gridolino di protesta, subito azzittito con un paio di dita ed uno sculaccione. Lei sembrò remissiva, il che mi fece pensare che ora voleva essere dominata. La leonessa era divenuta docile, così le infilai un dito nell’ano, un po’ incerto su come avrebbe reagito. Sembrò gradire, così cominciai ad andare su e giù, accompagnato dai suoi gemiti, poi infilai un secondo dito dentro. I suoi gemiti si fecero più forti, e capii che quello era il momento di farlo. Contorcendomi un poco, la ripenetrai nella fica, per inumidire il pene, mentre con le dita le spalmavo nell’ano i suoi stessi umori, dopo di che poggiai la punta del pene sul piccolo, elastico buchino del piacere, quell’orifizio che tanto mi attirava… finalmente avrei potuto averlo. Spinsi un poco,facendo entrare un pezzo del glande, e la scoprii irrigidita, quasi timorosa. Pensai di averle fatto male, e così glielo chiesi.
“No, non mi hai fatto male”, rispose lei. “Ora spingi, ti prego”. Incoraggiato, spinsi di più, facendo passare tutta la punta, poi mi fermai, per lasciarla abituare. Scoprii che era piuttosto stretta, in quel canale, segno che la rossa non era un’abitue&egrave del sesso anale. Ma, al di là di quanto lo praticasse, mi accorsi che la cosa le piaceva, perch&egrave aveva preso a stimolarsi il clitoride, mugolando, ed avvertii un certo rilassamento nello sfintere, così mi decisi ad entrare più a fondo. Spinsi con una certa irruenza, strappandole un gridolino di piacere misto a dolore, gridolino che si trasformò in un grido di godimento, quando la mia asta la penetrò tutta, arrivando a far toccare il mio ventre ei suoi glutei.
“Oh, Sìììì…Sei fantastico, tesoro! Sìììì, sento le palle che mi sbattono sulla fica! Oddio, vengo, tesoro, vengo….sbattimi, sbattimi, sono la tua troiaaa!!!”.
“Oh, sì, sei proprio la mia troiona rossa, lo sai?”, le risposi, cominciando a spingere dentro di lei con tutta la forza che avevo in corpo. La afferravo per i fianchi, trattenendola, poi la lasciavo all’improvviso, allontanando il mio pene, facendole assaporare tutta la lunghezza dell’asta. Le sue grida erano ora assordanti, inframmezzate agli ormai familiari, per me, rumori strozzati che produceva quando veniva. Le cadenze veloci del movimento mi avevano stimolato tantissimo, per cui non passò molto tempo, dal suo ultimo orgasmo, che anche io sentii crescere il piacere dentro di me, e spinsi ancora più veloce, gridando: “Ecco, Fede, ecco! Vengo, ti riempio gli intestiniiii!!!”.
Esplosi in un orgasmo accecante, intenso come una bomba, che mi lasciò stordito per alcuni minuti. Quando riuscii di nuovo a connettermi col mondo esterno, Federica era sdraiata a pancia in giù, sul letto, con me sopra, ed il mio arnese ancora nelle budella. Uscii da lei, poi le offrii un fazzoletto umidificato, col quale si pulì davanti e dietro. Dopo le pulizie, ci infilammo sotto le coperte, che quasi albeggiava. Lei si rannicchiò contro di me, sussurrando: “Tesoro, &egrave stato fantastico, non ho mai goduto tanto”.
“Anche per me lo &egrave stato, Fede. Sei eccezionale”.
“Sai, era la prima volta che lo prendevo dietro. Non ho voluto dirtelo, perch&egrave avevo paura che tu poi non volessi più mettermelo lì. E io volevo tanto che il primo a prendermi dietro fossi tu…non so perch&egrave. Forse perch&egrave sei così dolce, così diverso dagli uomini che conosco. Sono contenta che tu sia venuto alla discoteca, stanotte”.
Io sorrisi, e non risposi, ma la strinsi ancora più a me. Ero grato per quel regalo che mi aveva fatto a mia insaputa, ma non avrei nemmeno saputo come dirglielo senza sembrare un idiota. Mi accontentai di stringerla forte, e baciarla sulle labbra, coccolandola finch&egrave non si addormentò. Dopo poco mi addormentai anche io, svegliandomi insieme a lei a mattina inoltrata.
Non mi era mai successo prima….svegliarmi al mattino con una perfetta sconosciuta nel letto, dopo aver fatto l’amore tutta la notte.
Di lei non sapevo niente, se non che si chiamava Federica, che aveva i capelli rossi, e che il sesso con lei era stato fantastico. Non molto, davvero. Ma non c’era bisogno di sapere altro.

eccomi di nuovo, dopo un po’ di tempo.
come al solito, critiche, commenti e suggerimenti a bluebard@hotmail.it

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