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Racconti Erotici Etero

Non si può avere tutto dalla vita.

By 22 Aprile 2014Dicembre 16th, 2019No Comments

Erano alcuni anni che non ci sentivamo, ma ormai tra social network, instant messaging e quant’altro, le distanze anche umane non esistono quasi più.
A parte qualche notizia riportata da amicizie comuni o qualche occasionale incrocio, non ci vedevamo dalla sera del tuo ventesimo compleanno, quando venni a casa dei tuoi a farti gli auguri ma non ebbi poi il coraggio di baciarti sulla porta mentre mi salutavi. Potrebbe essere il riassunto della nostra amicizia, ci siamo frequentati per dodici anni sfiorandoci di continuo senza accorgercene, inseguendoci a vicenda quando uno dei due intuiva che forse avrebbe potuto esserci di più, ma poi inevitabilmente qualcosa deviava i nostri destini allontanandoci. Solo una volta ci eravamo andati molto vicini, ma l’inesperienza di entrambi e il timore di quello che sarebbe potuto succedere, hanno rovinato quel pomeriggio a casa tua sul divano (e non sai quante volte ci sono tornato, con la fantasia, su quel divano!)
Ripensando a queste cose, mi fa strano vederti qui davanti a me in questo bar, donna e non più ragazzina come ti ricordavo; sei bella, e sai di esserlo senza però ostentarlo, un carattere brillante e una vita soddisfacente, un ex ragazzo che ti ha mollata dopo due anni di convivenza perché non capiva il tuo desiderio di indipendenza (a volte noi uomini siamo dei perfetti imbecilli) e quegli occhioni castani che non posso dimenticare.
Mi hai contattato qualche giorno fa chiedendomi se mi ricordavo di te, e dopo qualche messaggio per aggiornarci sulle nostre rispettive vite, mi hai chiesto di vederci, se mi andava, per fare due chiacchiere; ed eccoci qui, imbarazzati all’inizio, ma che pian piano stiamo recuperando l’affinità di sempre come se fossimo ancora i ragazzini di un tempo. Hai fatto carriera nell’albergo dove lavoravi d’estate fino ad essere vice-direttore, mi racconti orgogliosa, e gli occhi ti si illuminano quando capisci che sono colpito e fiero di te, esattamente come da ragazzina cercavi di sorprendermi con qualche scherzo e io ci cascavo in pieno.
– Vice-direttore dell’albergo a soli trentun’anni..complimenti Sonia, hai già fatto una carriera splendida!
– Grazie Marco, ma non è stato solo merito mio, ho anche avuto fortuna.
– Forse sì, ma si vedeva già quand’eri ragazza che eri determinata e sapevi quello che volevi.
– Peccato che all’epoca quello che volevo non sapevo conquistarlo’e ci ho messo undici anni per riuscire a riprendere un caffè con te!
Diretta, come non mi ricordavo potessi essere. Ma come all’improvviso apprezzo tu sia.
– Beh, eravamo in due a non saper prendere ciò che volevamo all’epoca, poi le strade si sono divise, non potevamo prevederlo.
– Già, non potevamo prevederlo’ma avrei voluto che andasse diversamente su quel divano, avevo immaginato che succedesse qualcos’altro.
– Che cosa ti eri immaginata?
– Che mi baciassi, che mi dimostrassi il desiderio che provavi per me, perché so che lo provavi! Quante occhiate mi lanciavi sul sedere o nella scollatura credendo che non le notassi! Ma ho visto con piacere che non sei cambiato molto e che continui a farlo..
Beccato!!Mi accorgo di arrossire (non capita spesso, mi hai proprio sorpreso) prima di lanciare qualche scusa sul valutare il tempo che è passato. Ci fissiamo in silenzio per qualche istante, poi riparto in contropiede:
– Se hai notato le occhiate, avrai anche intuito il loro motivo. E se siamo qui, è perché eri curiosa di sapere se negli ultimi undici anni avessi mai ripensato a quel pomeriggio. Sì, ci ho pensato. Mille volte ho immaginato di far andare diversamente le cose, mille volte ho immaginato il tuo sapore sulle mie labbra e mille differenti giochi ho fatto con te nelle mie fantasie. Tornerei indietro? No. Preferisco dirti questo: siamo qui, adesso.
Mi alzo, vado a pagare il conto alla cassa e mi volto verso te. Mi stai fissando confusa, ti ho letteralmente spiazzata, è chiaro che non avevi previsto sarebbe andata così; all’improvviso decidi, raccogli la tua giacca e ti alzi seguendomi fuori dal bar. Non aspetto molto, voglio chiarire subito le cose prima che i dubbi ci assalgano, ti afferro delicatamente ma con decisione per un braccio e ti bacio.
Undici anni.
Undici anni di passione sepolta e rimpianti mai sopiti, ci metto, in quel bacio.
Dopo la prima iniziale sorpresa ricambi con trasporto, la tua lingua che cerca la mia mentre stringo a me il tuo corpo caldo e tonico. Il trambusto di Torino all’ora di punta ci circonda, ma non sentiamo nulla e per alcuni minuti ci estraniamo dal mondo, torniamo ragazzini alle prime armi baciandoci con passione come se fosse l’ultima occasione. Quando ci stacchiamo hai il fiato corto (io cortissimo) le guance lievemente rosse e gli occhioni lucidi e sorridenti.
– Finalmente. ‘ ti dico.
Mi prendi per mano e inizi a passeggiare verso il parcheggio, ma dopo tre passi ci stiamo di nuovo accarezzando e baciando. Già lo so, se continuiamo così va a finire che diamo scandalo.
– Che dici, troviamo un posto migliore per affrontare il discorso?
– Direi di sì, anche perché il tuo ‘entusiasmo’ inizia a notarsi.- ridacchi indicandomi il bozzo
nei pantaloni provocato dalla mia erezione.
Provo a ragionare velocemente (difficile quando buona parte del tuo sangue è concentrato nel basso ventre) e ricordo di aver spedito la segretaria a eseguire commissioni fuori città. Tre ore con lo studio libero e un divano già abbondantemente collaudato.
– Vieni, ti mostro il mio ufficio.
Saliamo in macchina e ci immettiamo nel traffico, il silenzio è carico d’attesa, ti accarezzo distrattamente una gamba da sopra i jeans e ti sento rabbrividire, allora continuo salendo sempre di più con la mano, con carezze sempre meno leggere, fino ad arrivare vicino al cavallo dei tuo pantaloni. Mugoli leggermente, dischiudendo le gambe quel tanto che basta per permettermi di infilarci la mano, poi le stringi strusciandoti contro di essa e sospirando forte; ti muovi sinuosa, con un movimento quasi rotatorio, stimolandoti con la mia mano ad occhi chiusi mormorando piano il mio nome, quasi come se l’eroticità del momento sia dovuta alla mia presenza più che al contatto in sè. Il cambio automatico mi permette di lasciarti continuare il gioco, mentre entriamo nel palazzo dove lavoro; il portiere vede che non sono da solo e non mi ferma a fare due chiacchiere sulla squadra del cuore, forse intuisce dalla tua smorfia che non è il caso, parcheggiamo e quando spengo il motore riapri gli occhi tornando in te. Mi lasci la mano, che sento calda e leggermente umida e mi segui in ascensore.
Appena le porte si chiudono ti appoggio ad una parete e mi fiondo a baciarti il collo, salendo a leccare fino dietro l’orecchio mentre le tue mani mi accarezzano il torace; l’ascensore sale fortunatamente lento e ne approfitto per metterti una mano sul tuo seno costretto da un reggiseno che evidenzia la tua seconda abbondante. Gemi, mentre stringendoti a me accarezzi con un palmo il mio sesso ancora costretto dai pantaloni ma duro come il marmo, la tua mano sale e scende facendomi eccitare ancora di più. Arrivati al piano, entriamo nel mio studio (vuoto, come previsto!) e ti guido nel mio ufficio che mi premuro di chiudere; nel frattempo, dirigendoti verso il divano ti spogli, rimanendo con un semplice intimo nero a perizoma che risalta sulla tua carnagione chiara e sottolinea la curva morbida e tonda del tuo sedere.
– Eccoci di nuovo su un divano- mi sorridi mentre mi avvicino a te.
Ti siedi sul divano facendomi restare in piedi, apri la cerniera dei pantaloni e mi tiri fuori il cazzo, accarezzandolo dolcemente prima di scappellarlo con maggiore forza e accoglierlo tra le tue labbra.
Sbuffo e gemo, sei brava a succhiarlo, non usi le mani muovendoti solo con le labbra verso il basso e succhiando risalendo lungo l’asta; è un pompino da urlo e me lo godo per alcuni minuti tranquillo, poi la foga aumenta e ti stringo leggermente i capelli dandoti il ritmo.
– Oh Sonia, che pompinara che sei’mi fai morire così!!
Lo tiri fuori e mi sorridi, ne approfitto per baciarti e slacciarti il reggiseno (con qualche difficoltà, ma ci riesco) liberando le tue bellissime tette che scendo a leccare e baciare, strizzando delicatamente i capezzoli tra le labbra facendoti gemere; intanto le tue mani mi accarezzano la schiena, poi mi richiami verso la tua bocca baciandomi con foga e solo allora ti accorgi che sono ancora vestito.
Mi sfili la cravatta, poi inizi a sbottonarmi la camicia regalandomi un bacio ad ogni bottone slacciato, finchè non liberi il mio torace e mi abbracci per sentire la mia pelle contro la tua.
Mi sfilo i pantaloni, tu fai lo stesso con il tuo perizoma e il mio sesso va a contatto con la peluria ricciola e curata che copre il tuo monte di venere.
– Ti voglio Marco’ora!
Ti sdrai supina sul divano ed allarghi le gambe, io ti ammiro così spalancata (ti fa piacere che ti guardi, lo si vede dai tuoi occhioni) prima di affondare in te lentamente ma inesorabilmente, facendoti sfuggire un urletto dannatamente erotico. Sono tutto dentro di te, sento il tuo sesso che si abitua al mio ingombro e pian piano inizio a muovermi guardandoti negli occhi e assaporando ogni sensazione. Osservo il tuo viso cambiare espressione, cerco di decifrarne ogni indizio di piacere per darti ciò che desideri, il ritmo accelera accompagnato dal rumore dei nostri bacini che si scontrano,
con una mano ti accarezzo il clitoride facendoti ansimare pesantemente. Ti alzo le gambe, appoggiandomele sulle spalle e stringendoti le cosce per farti sentire il massimo delle sensazioni;
– Marco, siii dai continua’che bello, che bellooo
Continuo con un buon ritmo, ti sento molto su di giri infatti non passa molto che inarcando la schiena lasci andare in urlo liberatorio e godi rumorosamente.
Rallento per far rifiatare entrambi e ci sorridiamo languidamente.
– Comodo questo divano’lo usi spesso?
– Ogni tanto capita’ma non spesso come vorrei!
– Sai che farlo in un ufficio è sempre stata una mia fantasia?Però di solito lo si faceva sulla scrivania.
Guardiamo la mia scrivania in vetro, e all’improvviso la fantasia è anche mia.
– Beh è lì a disposizione, perché non usarla..
Ci alziamo dal divano e andiamo alla scrivania. Ne libero un lato dalle carte che la ingombrano e ti faccio appoggiare il viso e il seno su di essa, il tuo sedere in fuori verso di me è un muto invito difficile da ignorare, per cui mi aggrappo ai tuoi fianchi e ti penetro con un colpo secco.
– Ah, la scrivania è fredda!! ‘ ti lasci sfuggire, ma col bacino vieni incontro al colpo
successivo facendomi capire che la cosa non ti dispiace. Inizio a darci dentro, vedere la tua schiena bianca davanti a me e le tue natiche aderire ad ogni colpo al mio bacino mi eccitano da morire, ora voglio solo sbatterti e così faccio, aggrappandomi ai tuoi ricci castani e sfogando l’eccitazione con colpi sempre più forti e veloci.
– Dai Marco, così, sì, scopami, cosììì aaah..
– Soniaaaa.. non resisto sto per sborrare..
– Vienimi dentro tranquillo, dai godimi dentro..
– Vengo Sonia vengoooo ooooh siiiii.- urlo scaricando in te fitti schizzi di piacere.
Ci accasciamo ansimanti sulla scrivania, ti accarezzo dolcemente un fianco mentre cerco di riprendere le forze.
Appena ci riusciamo ci dirigiamo barcollanti al divano su cui ci lasciamo cadere l’una tra le braccia dell’altra, coccolandoci incuranti del sudore e dei nostri umori che chiazzano la fodera del divano.
Peccato doverla cambiare, mi piaceva.
Ma non si può aver tutto dalla vita.

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