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Racconti Erotici Etero

Non ti voglio più

By 21 Settembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

 

Quando la mattina si sveglia, si stira e poi si volta verso di me. Mi accarezza la guancia e mi dice “Buongiorno”. Poi si alza e va in bagno. Dal letto la sento pisciare. Quando finisce, a volte va in cucina a fare il caffè, a volte ritorna al letto, si sdraia e comincia a strusciarsi su di me. Oggi ritorna al letto, e mi accarezza il petto. Mugolìa, fa la gatta. Si stira ancora e poi allunga la gamba per stuzzicarmi il cazzo duro per l’erezione mattutina col piede. Sa che io non resisto a questo, e il solo contatto della sua pelle con la stoffa del mio pigiama mi fa crescere la voglia di sentire il mio uccello tra le sue mani. Mi volto e la bacio, le lecco le labbra e intanto le metto la mano sotto la maglietta. Le prendo un seno e mi riempio la mano della sua carne. Porta una quarta, le ha un po’ a pera. Li trovo particolarmente eccitanti. Mi aumenta la voglia e con l’altra mano le tocco la fica coperta dai pantaloncini del pigiama. La stringo con forza, sono eccitato ed entro dentro con la mano. Sento i suoi peli ruvidi che mi solleticano le dita, e quando lei agguata con decisione il mio cazzo nella sua mano, io le infilo due dita dentro, con forza. Lei era già bagnata, e continua a  mugolare. Sospira con forza. Quando fa così, so che sta per venire subito. Io sono così duro che mi lascio prendere dalla passione e le infilo altre due dita dentro, ma avrei voglia d’infilarle anche la mano, e il braccio, e le entrerei dentro tutto intero, per cercare cosa non so, ma vorrei vivere dentro di lei. Ho questa disperata voglia di diventare un suo organo, vitale e nascosto nel suo corpo.

Lei sussulta sotto le spinte del mio polso dentro di lei e intanto tenta per quanto può di continuare a segare il mio cazzo. La sua mano è morbida e le sue dita sono un po’ grassocce, ma ben curate. Mi soffermo a guardarle mentre fanno il loro lavoro. Le dico di stringermi le palle. Lei è persa nel suo piacere e non capisce, allora io le tiro i capelli per riportarla all’attenzione. Lei deve soddisfare innanzitutto il mio piacere, sono io che comando in questo gioco che non prevedere premi, ma solo punizioni. Gliel’ho sempre detto, se non accetti le mie regole puoi andar via da me. Lei ha accettato, nella sua febbre del momento, ma ora so che per lei si era trattato solo di un modo per passare il tempo, per non sentirsi sola. Sono stato solo un riempitivo, un modo per farle dimenticare la sua storia precedente. Pensavo di averla in pugno io, ma sono stato giocato. E me ne sono accorto tardi, solo quando il suo sguardo ha cominciato a perdersi, a sfuggire alle mie parole, alle mie carezze. Poi l’ho scoperta con lui, il suo ragazzo di sempre. Parlavano ancora, si cercavano, ridevano. Si volevano. Li ho visti sfiorarsi le mani, e allora ho avuto quel momento di lucidità che ti permette di capire che hai vissuto in un luogo diverso dalla realtà. Che quella storia era il frutto di un sogno alcolico. Una passione morta senza mai nascere.

 

La rigiro sul letto con violenza. Lei è sorpresa. Le abbasso i pantaloni e la mutanda e apro il suo culo con le mani. Si mostra la rosa del suo culo, quel buco in cui sono entrato più volte. E ora le infilo un dito dentro, senza bagnarlo. Lei urla, ma io spingo con più violenza. È tutto dentro. Il suo intestino è caldo, morbido, e il mio petto vuole esplodere per il piacere.

Prendo a masturbarle il culo e non capisco se le sue grida siano ancora di dolore o stia provando piacere. Io continuo lo stesso, nonostante ad un certo punto, quel piacere che sentivo nel petto non diventa un magone. Dal petto passa alla gola e ho paura che ora io mi metta a piangere. Sì, è così forte. Gli occhi cominciano a diventare lucidi e io non capisco più perché sono lì, con le dita nel culo di quella troia, con il mio cazzo così duro che fa male e con quella voglia atavica di insidiarmi dentro di lei, come un cancro, per non perderla, per morire insieme.

Il pianto diventa rabbia, e, tolte le dita, la penetro con l’uccello. Entra a fatica e sicuramente dopo le uscirà del sangue, ma io spingo e spingo, e una volta dentro comincio il su e giù. Prima veloce, poi sempre più violento, a scatti, a spinte rabbiose. Le tiro i capelli, sento che mi sto perdendo. Sento che se più divento aggressivo, più rischio di perdere. Cosa perdo non lo capisco, ma so che non ci sarà più nulla da fare.

Le spinte durano poco, sto per cedere all’orgasmo, mentre lei sussulta e sospira con violenza. Sono abituato a chiavarla con violenza, ma oggi sarà l’ultima, lo sento.

Ecco, ancora poche spinte.

Le vengo dentro, con una intensità che poche volte ho provato. Scarico tutto il mio sperma nel suo intestino, e mentre ho il cazzo ancora dentro, sento che fluisce fuori lo stesso, che mi bagna l’asta, che bagna il letto.

 

Entrambi siamo esausti, sudati, stanchi.

Per alcuni minuti non riusciamo a parlare. Io tengo gli occhi chiusi. Ho paura di aprirli e non trovarla più. Ieri lei me lo ha detto, “Io non ti voglio più”.

È crollato tutto. È crollato un pezzo di vita. È crollata la vita stessa.

La sento alzarsi, la sento andar via. Gli occhi non li apro, meglio non rischiare di vederla. Non voglio più nemmeno la sua ombra.

 

Per un tempo che pare infinito rimango immobile sul letto, al buio. Poi apro gli occhi. La luce della mattina illumina la stanza. Lei non c’è più. Mi ha lasciato solo le mie dita e il mio cazzo sporchi della sua merda.

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