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Emma era uscita da poco, Carolina si era addormentata sul divano con il pollice in bocca guardando per l’ennesima volta Lilo & Stitch. Da quando aveva scoperto che la babysitter di sua sorella era lesbica, Fabrizio non riusciva a togliersi dalla testa l’immagine di lei che gemeva e si contorceva sotto le carezze della fidanzata. Era immerso in una delle sue solite fantasie quando Nicoletta, l’altra sua sorella, lo riportò alla realtà.

 

“Scemo puoi venire un secondo?”, gridò dalla sua stanza.

 

Nicoletta, 18 anni appena compiuti, era la sorella maggiore di Fabrizio. Mentre lui ancora indugiava su Youporn e simili, lei aveva già avuto diversi ragazzi, con i quali a quanto ne sapeva non si era limitata a scambiare timide effusioni. Era una delle ragazze più carine dello stesso liceo scientifico che anche Fabrizio frequentava, non certo con i medesimi risultati in termini di popolarità anche se con una media scolastica decisamente migliore: lei era all’ultimo anno, lui al primo. Ad eccezione del colore degli occhi, un castano molto scuro, i due fratelli non avevano praticamente nient’altro in comune: Nicoletta era bionda, alta, abbronzata, sicura di sé e perennemente animata dall’incrollabile certezza che avrebbe ottenuto qualunque cosa avesse desiderato per il solo fatto di desiderarla. Aveva orde di ammiratori foruncolosi e una nutrita schiera di amiche che facevano il possibile per cercare di copiare il suo taglio di capelli scalato, il suo trucco sfumato, il suo stile nel vestire, persino alcuni suoi modi di dire. Il tempo che dedicava allo studio però era decisamente inferiore rispetto a quello che riservava alla scelta di una nuova nuance di smalto per unghie: non che fosse poco intelligente, semplicemente riteneva che la scuola avesse un ruolo molto marginale nell’assicurarle un promettente futuro. Fabrizio invece aveva ottimi voti ed era unanimamente considerato il genio di casa. I suoi successi scolastici tuttavia compensavano solo in minima parte la quasi totale mancanza di altre soddisfazioni: ragazze non ne aveva mai avute, amici pochi, e quei pochi lo prendevano spesso in giro per il suo aspetto. Ad un fisico non propriamente statuario infatti si abbinavano una carnagione cerea e una certa goffaggine di fondo. Nonostante fosse indenne dalla piaga adolescenziale dell’acne, i suoi capelli neri apparivano costantemente unti e per quanto li pettinasse davano sempre l’aria di essere in disordine. Era insomma quel che si dice un imbranato cronico.

 

“Scemo dico a te!”

 

Fabrizio attese qualche secondo affinché l’erezione causategli dai pensieri peccaminosi sulla babysitter si placasse e poi si trascinò meditabondo verso la camera della sorella, bofonchiando

 

“Cos’è che vuoi adesso?”.

 

Capitava spesso, nonostante fosse lei la maggiore, che Nicoletta avesse bisogno dell’aiuto del fratello nei compiti.

 

“Questo cazzo di Dante!”, la sentì lamentarsi mentre si avvicinava.

 

L’italiano, in particolare, era il suo tallone d’Achille.

 

“Non mi riesce la traduzione di questi tre pezzi!”

 

“Innanzitutto non sono pezzi, ma terzine”, la corresse Fabrizio con aria saccente ma molto pazientemente.

 

“Sì, insomma, quel che cazzo sono, come si traducono?”

 

“E poi non si traducono, ma si parafrasano.”

 

Nicoletta lanciò al fratello un’occhiataccia. In quel momento Fabrizio la osservò: se ne stava appollaiata sulla sedia della sua scrivania con le gambe incrociate, ai piedi un paio di fantasmini fuxia. Indossava un top aderentissimo, senza il reggiseno e un paio di vecchie mutande di cotone che evidentemente le andavano un po’ piccole, dal momento che ai lati si potevano scorgere i peli pubici. I capelli erano tirati su con un gommino dello stesso colore dei calzini. Fabrizio si sentì malissimo per il pensiero che il quel momento gli attraversò la mente: era eccitato dalla vista di sua sorella. Arrossì violentemente e fece finta di doversi grattare per sistemare il membro che aveva iniziato a premergli sull’elastico dei pantaloni del pigiama.

 

“Questo per esempio come viene?”, chiese Nicoletta e iniziò a declamare:

 

“E come quei che con leva affannata

 

uscito fuor del pelago alla riva

 

si volge a l’acqua perigliosa e guata,

 

così l’animo mio, ch’ancor fuggiva,

 

si volse a retro a rimirar lo passo

 

che non lasciò già mai persona viva.”

 

“Innanzitutto devi individuare il verbo della frase principale”, disse Fabrizio cercando di avere la meglio sulle sue sensazioni fisiche.

 

Nicoletta aveva iniziato a mordicchiare sovrappensiero il cappuccio della penna biro, causando al fratello un altro improvviso, incontrollato afflusso di sangue ai genitali. Poi si voltò verso di lui con un sorrisetto malizioso.

 

“E se la facessi tu la parafrasi mentre io vado a farmi una doccia? Che ne dici fratellino?”

 

Il sangue in movimento nel suo corpo cambiò repentinamente direzione salendogli al cervello. Era stufo di essere trattato in quel modo, di essere deriso e sfruttato. Afferrò bruscamente i polsi di sua sorella, costringendola ad alzarsi in piedi.

 

“Fabrizio… ma che fai?”, chiese lei più sorpresa che dolorante.

 

Sua sorella avrebbe pagato per tutto quello che gli aveva fatto subire. Per prima cosa si diresse senza lasciarle le mani verso la porta, assicurandosi di averla chiusa a chiave. Erano soli in casa, eccezion fatta per Carolina, ma non sapeva quando i loro genitori sarebbero tornati. Poi le strappò le mutandine, lasciandola a bocca aperta.

 

“Che… che fai?”, domandò Nicoletta spaventata.

 

“Zitta, puttana.”, rispose Fabrizio glaciale.

 

A quel punto finì di spogliarla mentre lei singhiozzava debolmente. Finalmente dei due era lei a sembrare indifesa. La gettò sul letto e la fece mettere a quattro zampe. Dall’astuccio sulla scrivania estrasse un evidenziatore e iniziò a strusciarlo sulla fica di sua sorella, partendo dal clitoride e arrivando più giù, al’imboccatura della vagina, ma senza mai farlo scivolare dentro. Inevitabilmente, lei dopo un po’ sentì di essere bagnata. A quel punto lui la penetrò con l’evidenziatore ma senza muoverlo di un millimetro. Lo lasciò dentro di lei e ne prese un altro. Nicoletta era ormai competamente in suo potere e non osava reagire. Dopo averlo leccato, glielo inserì nel buchino del culo e restò qualche secondo fermo a guardarla. Poi prese a muoverli entrambi, come aveva visto fare in un video su Youporn la sera precedente. Era eccitatissimo ma non voleva ancora spogliarsi. Sua sorella iniziò a mugolare e quando credette che era vicina all’orgasmo sfilò entrambi gli evidenziatori dal suo corpo, lasciandola insoddisfatta e umiliata.

 

“Sei un porco…”, piagnucolò.

 

Quella dichiarazione lo fece eccitare ancora di più e finalmente si abbassò i pantaloni e la fece scendere dal letto per inginocchiarsi davanti a lui. La prese per i capelli e la spinse verso il suo cazzo duro e gonfio.

 

“Leccalo.”, le intimò.

 

Lei obbedì docilmente, e iniziò a far scorrere la lingua sulla cappella rosea del fratello, rivelando una certa familiarità con tale pratica.

 

“Sei proprio una troia…”, commentò sardonico.

 

Dopodiché, senza alcun preavviso, le spinse la testa verso il proprio bacino e a Nicoletta vennero le lacrime agli occhi mentre continuava a pomparlo. Cercò di aiutarsi con le mani ma Fabrizio gliele bloccò.

 

“Leccalo, ho detto.”, ripetè minaccioso.

 

Sentendo di essere vicino all’orgasmo la fece alzare e le ordinò di piegarsi in avanti sulla scrivania. Indugiò premendo il pene su entrambe le imboccature del corpo di lei, indeciso sul da farsi. Poi, con un colpo secco, la penetrò da dietro. Nicoletta strillò di dolore. Ma la lubrificazione ottenuta con il pompino appena ricevuto non fu sufficiente a far entrare il suo pene per tutta la lunghezza nel corpo della sorella. Allora, lentamente Fabrizio lo fece uscire e lo spinse con forza nella sua fica. Lei si sentì bruciare in tutto il corpo: era ancora stretta e non sufficientemente bagnata. Lui le afferrò i fianchi, stingendoli con violenza mentre affondava sempre di più l’uccello in quel corpo caldo e violato. Nicoletta piangeva ma ogni sua lacrima non contribuiva che ad accrescere la lussuria di suo fratello, il quale era ormai sul punto di venire. Sfilò l’uccello dalla vagina e aprendole leggermente le natiche con le mani fece entrare il cazzo preceduto dalla cappella durissima nel suo culetto a malapena dilatato e scosso da mille brividi. Schizzò abbondantemente, accompagnando l’uscita dei fiotti di sperma con dei grugniti quasi animaleschi.

 

 

“Ehi? Dico a te! Che ne diresti di fare i compiti al posto mio mentre io mi preparo per l’appuntamento con Gianni?”, chiese nuovamente Nicoletta serafica guardando nella direzione del fratello che nel frattempo si era imbambolato.

 

Fabrizio scosse la testa e si guardò intorno, come a cercare nella stanza le tracce di quello che era appena avvenuto – ahimé – soltanto nella sua testa.

 

“Va bene, vai a farti la doccia, qui faccio io.”, disse infine rassegnato.

 

“Oh, grazie, grazie!”, esordì sua sorella saltando felice in piedi e stampandogli un grosso bacio sulla guancia.

 

Si mise seduto e iniziò a scrivere:

 

“Come colui che giunto alla riva affaticato dopo essere uscito dall’acqua guarda indietro verso il pericolo scampato, così la mia anima…”.

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