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Racconti Erotici Etero

Pazza d’amore

By 8 Febbraio 2004Dicembre 16th, 2019No Comments

Vorrei avere gli occhi di un uomo per guardarmi più bella. Vorrei sentirmeli addosso appiccicosi ed impazienti che indugiano sfacciati lungo i bordi che fanno ombra ed enigma, come questa notte che cala lentamente sopra questa città che non conosco, sopra questo parco tranquillo che circonda l’edificio. Ma lo specchio appeso alla parete che m’incornicia dai tacchi ai capelli non può darmi le stesse attenzioni, mi riflette come mi guardo, mi giudica come mi giudico. Ed io invece avrei bisogno di sentirmi scheggia impazzita in un campo magnetico, preda di volpe in una foresta scozzese. Ed invece sono qui e m’agghindo e modifico l’immagine dentro il vetro per non assomigliarmi, per essere diversa da quella che sono, come se non fossi la stessa che miro e m’ammira. Sono pronta, ma non so dove andare, non so quale cameriere o tassista stasera, si giocherà dignità e rispetto per sollevarmi la gonna, per guardarmi dove madre e natura si sono attardate per scolpirmi più bella. E si sazieranno fino a ringraziare il destino benevolo che, senza nessuna fatica, gli ha offerto questa donna incontrata finora solo nei sogni, questa donna su un piatto d’argento contornata da sete e fiocchetti. In equilibrio precario sui tacchi impossibili scendo le scale e mi ritrovo nell’hall che non mi sembra un albergo. Le luci al neon mi appiattiscono il seno, m’attenuano i trucchi sfumati per ore nel bagno. Domando all’uomo vestito di bianco un ristorante all’altezza che a quest’ora può offrirmi ancora una cena decente. Mi guarda sconsolato fissandomi tacchi ed ombretto, come per dire che nessuna strada in questo momento potrebbe accogliermi senza che qualcuno m’importuni, senza che una donna da sola possa arrivare illesa dove ha deciso. Fa per pensare, scuotendo la testa, vorrebbe farmi desistere. “Signora, non credo che sia opportuno.” E’ preoccupato, non sapendo che invece è proprio quello che vado cercando, che qualcuno davvero m’infastidisca e mi tolga la gonna e si sfami fino a che nausea lieviti e non rimetta che vomito. In strada o seduta ad un tavolo, aspettando che qualcuno mi offra una rosa, che qualcuno mi guardi attraverso il fondo di un bicchiere di whisky, in attesa che i desideri notturni e gli sguardi ammiccanti si incrocino a caso. L’uomo vestito di bianco cerca di persuadermi, ma io non lo ascolto. Esco di fretta senza aspettare la fine dei suoi dubbi. S’è rifiutato di chiamare un taxi, ma io sono già sul marciapiede. Ne passa uno vuoto e il tassista apre in corsa lo sportello fissando senza nessuna remora la trama, lucente al lampione, delle mie calze che fasciano le mie gambe dritte e perfette. “Dove la porto Madame?” Si gira accendendo la luce. In risposta accavallo le gambe, in modo che le pieghe scomposte della mia gonna appena stirata salgano quel tanto che non fanno imbarazzo. E’ giovane, avrà sui trent’anni e gli traspare una voglia che luccica quanto la fede che porta all’anulare. Mi dice che è a fine turno e la giornata non è stata per niente tranquilla. Avrà una moglie e dei figli, ma sono sicura che nonostante la stanchezza basterebbe meno di un niente a fargli cambiare percorso, a fargli incontrare qualche semaforo rosso per voltarsi e guardarmi con calma dove ora in questo preciso momento slaccio un altro bottone della mia camicetta di seta. L’emozione mi sale, come il respiro che mi gonfia il seno in gran parte scoperto, come la sua voglia accecata, attraverso lo specchietto, dal bianco del mio reggiseno che si staglia nel buio. Soltanto pochi metri e già non mi resiste. “Madame, devo proseguire?” Mi dice riempiendo il

vuoto dell’abitacolo con una voce tremula e sottile. “Conosco un albergo a pochi passi da qui, se vuole potremo ‘..” Visto che non era stanco? Meno di un centimetro della mia pelle più chiara lo ha fatto osare, ed ora mi chiede il permesso per andare dove io lo sto portando. “Ma cosa ha capito? Non voglio essere rinchiusa dentro quattro mura. Non è del suo sesso che ho bisogno. Accosti la prego.” Faccio per aprire lo sportello. La strada è buia e deserta. “Ma signora, mi scusi, non se ne vada!” Scendo. “Ma io non sto andando via. Voglio fare l’amore con i suoi occhi, solo la sua attenzione mi potrà far godere, mi può penetrare come nessuna carne di maschio farebbe altrimenti, come nessun sesso finto andrebbe oltre l’impossibile di essere saziata.” Mi guarda sconvolto e fissa il tassametro. “Non c’è problema le pago il dovuto, faccia conto che sta aspettando un cliente in ritardo.” Vado verso una panchina e mi metto seduta. L’aria fredda mi scalda la voglia dove nessun maschio vivente potrebbe resistermi. Accavallo le gambe, in lontananza una sirena di polizia mi dà i brividi. Ma io non sono ricercata, non sono scappata! Respiro sapore di illecito e trasgressione. La gonna s’alza fino alla mia voglia coperta solo da un filo di stoffa, dondolo il tacco come una professionista. “Faccia qualcosa non stia lì impalato, mi chieda se sono in vendita, quanto costa questa merce che offro, compresa di questo rossetto che ora trasbordo per accoglierla nel migliore dei modi. Si sveni fino all’ultimo spicciolo perché, da ora in poi, sarà difficile che donna così bella le chieda un passaggio o le chieda di fermarsi per essere ammirata” Ma il tassista non si sente nel ruolo e rimane tassista e prudente. Mi alzo e cerco d’invogliarlo sotto la luce del lampione che m’illumina a giorno. “Mi dica almeno, puttana! Mi faccia sentire battona di strada, o, se meglio crede, pazza da ricoverare.” Ma lui non segue quel filo sottile dove mi tengo in precario equilibrio sballottata dalle mille ragioni che mi vorrebbero la donna che ero e che ora non ricordo. Ingrana la marcia e scappa via senza nemmeno farsi pagare la tariffa. Ora sono sola, sola davvero. Mi domando se è proprio quello che stavo cercando. Essere costretta e rimanere da sola in balia di questa città deserta dove anche i cestini incutono paura. In lontananza, luci d’insegne che con questi tacchi non potrei mai raggiungere e vicino soltanto questa strada costeggiata dal parco che m’è familiare. M’appoggio al lampione dove è più fitta la nebbia, dove s’annidano a gruppi passioni e pensieri che mi fanno più bella e sprecata, al cospetto di tutti coloro che stasera si trovano altrove. Cammino battendo i tacchi sull’asfalto cercando di colmare il vuoto che il tassista ha creato, qualche macchina sfreccia veloce, ignara di quale occasione s’è persa stanotte. Ma io non voglio un uomo, io voglio due occhi che mi mozzino la testa per separare sesso e ragione, voglio che qualcuno mi guardi da dietro cercando di indovinare la mia parte migliore separata dall’altra da questo invisibile filo che per modo di dire chiamo mutande. Cammino ancora e finalmente qualcuno si ferma e mi domanda se mezzo stipendio potrebbe bastare! Ho paura, ma gli vado incontro. “Signore, non mi fraintenda, non sono una di quelle, non cerco né soldi né sesso, voglio soltanto che due occhi mi guardino mentre cammino, se lei fosse cortese ‘..” Mi guarda esterrefatto. “Ma non c’è niente di male, mi segua con la macchina o come meglio lei crede.” Ora lo vedo, avrà sessant’anni o poco di meno. “Mi guardi nel buco del culo o se preferisce dove natura m’ha creato per procreare, m’illumini con la luce dei suoi occhi fino a vedere quanto amore e piacere potrei ancora accogliere, cosa che non sarebbe possibile col suo sesso o qualcos’altro di duro.” Al limite dell’incredulità si ritira nel guscio della sua auto. “Signora cara, i miei occhi s’adagerebbero volentieri, ma è tardi! E l’unica cosa che posso offrirle è un passaggio dove meglio possiamo appartarci.” Sorride agitando il suo sesso. “Lasci stare. Preferisco aspettare chi ha tempo per guardarmi nel profondo della mia intimità, chi ha tutta una notte da passare per nutrirsi della mia sola bellezza gonfiandosi di sangue e passione senza che una mano intervenga come lei sta ora facendo. Scappa gettandomi in faccia incredulità e fumo nero, mentre un cane s’avvicina e m’annusa le scarpe. La padrona è a pochi passi da lì e qualcosa ha sentito. M’invento che sono rimasta con la macchina in panne e che sto cercando un passaggio. Ho il telefonino scarico e in questa città che mi ospita non conosco nessuno. “Signora, io so quello che lei sta cercando, non si vergogni, non credo che sia la sola!” La guardo fissa negli occhi, avrà la stessa mia età. “Mille donne in questo momento vorrebbero osare quello che lei sta facendo, accomunate da un male che gli uomini non riescono a curare! Ma come vede io non posso accontentarla, non posso gratificarla nell’intimo dei suoi bisogni. Avrei anch’io due occhi, ma non sono quelli che lei sta cercando, questi non penetrano, non sono taglienti e non s’infilano come quelli di maschio dentro sessi di donna allargati come voragini. Questi non colmano abissi, non riempiono vuoti di considerazione. Ma se vuole ..” E mentre tira bastoni al suo cane si mette seduta e mi prega di fare altrettanto sull’altra panchina di fronte. Mi mancano le parole e i pensieri, obbedisco senza che la ragione possa darmi consiglio. Questa sera tutto avrei pensato tranne di trovarmi qui in questo momento, al cospetto di una padrona di cane di passaggio che chissà per quale strana affinità vorrebbe accontentarmi. Mi metto seduta, vestita di tristezza e rassegnazione, i suoi occhi iniziano a guardarmi. Divarico appena le gambe cercando poesia. “Sei molto bella.” Mi dice rompendo l’imbarazzo. “Perché non ti togli il vestito? Siamo da sole, ma a momenti potrebbero arrivare cento occhi e non credo che tu voglia deluderli. Anzi guarda quel ragazzo si è fermato.” Mi volto di scatto, ma non vedo nessuno. “Sicuramente ti chiederà di farlo godere senza toccarlo, senza che le tue mani, la tua bocca possano essere per nulla sfiorate.” Sotto i colpi di quella voce melodiosa lentamente mi sfilo la gonna e poi la camicetta. Ora sono quasi nuda. Mi fa alzare, prendendo i miei vestiti e gettandoli oltre il muro nel parco. “Ora, cammina! Sei stupenda, nessuno ora si sognerebbe minimamente di non darti considerazione. Di rifiutarti. Nessun sesso di uomo potrebbe rimanere molle e distratto. Vai in mezzo alla strada.” Indugio. “Dai, sei meravigliosa, ogni tuo movimento strappa consenso, ogni passo urla e reclama apprezzamento.” Cammino, ho paura, ma non posso non obbedire. Penso ai miei vestiti al di là del muro. Ma sono grata a questa donna. Mi viene vicino e mi rimprovera perché sbadatamente nel rialzarmi ho slacciato una stringa. “Oddio, sei meravigliosa, i tuoi occhi sono più ficcanti di quelli di un uomo. Vorrei in questo momento che tu mi baciassi e mi rimproverassi ancora.” Si allontana improvvisamente. “I patti non erano questi, ricordi?.” “Che stupida, scusami.” Ma non c’è modo di riprenderla. “Volevi degli occhi, e io te li ho offerti, per il resto non posso aiutarti.” E mentre mi parla ferma una macchina al volo. “Signore, la prego, si fermi, c’è un urgenza! La vede la mia amica? Ha bisogno di considerazione, lei sarebbe disponibile?” L’uomo mi guarda. “E’ in grado di gratificarla dove crede più opportuno? Le offre i suoi diametri al prezzo di uno sguardo.” L’uomo esce dalla macchina e sorride incerto. “Ha solo bisogno di rifornimento, sa, almeno per passare la notte. Domani si organizzerebbe in maniera diversa.” L’uomo mi viene incontro. “Visto che accetta, io allora vado.” L’uomo non parla, mi guarda. Fissa il mio sesso nudo, le mie tette rosse di freddo. “Lei potrebbe scaldarmi?” Mi accarezza i capelli, ma evita di fissarmi, di riempirsi di bellezza e d’incanto. “Ma allora lei non è l’uomo con lo sguardo profondo, i suoi occhi non mi stanno guardando!” Mi prende sottobraccio. Lo annuso. “Riconosco questo odore! Lo riconoscerei tra i tanti in un bordello affollato!” Profumo di donna maledetta che inebria gli uomini e li porta lontano. Profumo di puttana che m’ha portato via il mio uomo in un giorno normale. Per anni ho cercato miseramente di assomigliarle senza averla mai vista, senza che cuore e mutande fossero riempite di nuova attenzione! “Ma lei chi è?” Lo guardo ma i suoi occhi, i suoi modi non mi sono famigliari. “Eva basta, è tutta la notte che ti cerco, mi hai fatto fare più di cento chilometri per venire fin qui. L’infermiere mi ha subito telefonato dicendo che eri uscita in taxi.” “Andiamo, se fai la brava, domani ti porto in un’altra clinica, con un parco più grande e vedrai che starai meglio.” Lo guardo di nuovo e finalmente mi fissa spogliandomi più nuda ed oscena. “Sa cosa le dico? Io non so chi sia lei, non conosco ancora il suo nome, ma sento che sono proprio questi gli occhi che vado cercando, sono proprio questi gli occhi che prima o poi mi faranno diventare pazza, pazza d’amore.”

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