Skip to main content
Racconti Erotici Etero

Pensione completa

By 7 Ottobre 2005Dicembre 16th, 2019No Comments

Me l’aveva segnalata un bidello, mi aveva detto, va in Via Gaeta, al tale numero, cerca della sora Lena, la conoscono tutti, ha delle belle camere, solo due, ognuna con due letti, e tratta anche bene. Nessuno si &egrave mai lamentato, e non chiede neanche molto.
Via Gaeta &egrave vicino alla stazione, da dove partono infiniti mezzi pubblici e la Metro. A due passi da Piazza della Repubblica, quella che conosciamo come Piazza Esedra. Insomma, il posto &egrave discreto.
Il portiere mi disse subito: ‘secondo piano, interno 4’.
Salii, bussai, mi aprì una donna, piccolina, bruna, capelli raccolti dietro, legati con un fiocco rosso, una vestaglia scura, tipo chemisier, abbastanza scollata. Occhi nerissimi, mobili, e un lieve sorriso sulle labbra. Faccino tondo. Età indefinibile.
Mi guardò, si volse verso il corridoio ‘da qualche vano si sentiva un battere di martello- e con voce decisa, ma garbata, disse di smetterla. Anzi, disse testualmente: ‘Giulio, la ti smetti?!’
Si rivolse a me.
‘Prego, entri, mi scusi, sa, &egrave Giulio, mio figlio, ha dieci anni e quando non c’&egrave nessuno in casa, ne profitta per battere sempre qualcosa. Ma, entri.’
Mi condusse nella prima stanza, a destra, un tinello, semplice ma pulito.
‘Segga, prego. Lei &egrave venuto”
‘Ecco, devo frequentare il primo anno di ingegneria’ ma vorrei poter cominciare a venire in città subito, per conoscerla, girare un po” Quando sarà iniziato l’anno scolastico non credo che ne avrò tempo. Ma forse lei va in vacanza”
S’era seduta anche lei. Dalla vestaglia spuntavano due gambe, un po’ nervosette, ma niente male. Sorrideva, quando parlava con voce bassa e lievemente roca.
‘Di solito andiamo in vacanza, al mio paese, in Trentino, nel mese di agosto, per qualche giorno, ma quest’anno mio marito, che &egrave autista di autobus cittadini, &egrave di turno estivo, e potrà godere le ferie solo dopo il quindici settembre. Troppo tardi’ forse lui e Giulio potranno andare qualche giorno dai miei’ ma io’!’
‘Quindi, mi dice che potrei venire da subito. E quali sono le condizioni?’
Mi rispose che potevo venire quando volevo, le camere erano tutte ancora libere, sarei stato il solo pensionante. La richiesta economica era accettabile e comprendeva vitto, alloggio, lavaggio e stiratura degli effetti personali. Unica condizione, ‘negativa’ disse lei sorridendo, &egrave che le ‘colleghe’ insomma le ragazze, potevano venire a studiare fino, al massimo, alle nove di sera!
Le dissi che mi andava bene, che sarei andato a prendere le valige al deposito bagagli e sarei tornato poco dopo.
Volle farmi vedere le camere: una lato strada, l’altra sul retro, dava nel cortile. Potevo scegliere. Dei suoi pensionanti, uno s’era laureato, era andato via, e gli altri non ancora avevano confermato il ritorno.
Scelsi il lato cortile, era più silenzioso.
E dopo mezz’ora ero di nuovo dalla sora Lena, con le valige.
^^^
Essere l’unico pensionante era un vantaggio, Lena, al mattino, mi chiedeva anche se avessi qualche desiderio per il pranzo o la cena. Io mi affidavo a lei che, tra l’altro, era anche una brava cuoca,
Mi disse dove potevo trovare latte, caff&egrave, zucchero, biscotti, ogni volta ne avessi desiderio, nel caso che lei non ci fosse. Ma lei era sempre in casa, a sfaccendare, ogni tanto canticchiava.
Io, come tutti quelli della mia età, ero sempre facile alle eccitazioni sessuali. O meglio, ero sempre eccitato, ed ero attratto da tutte le donne che non fossero manifestamente repellenti. La sora Lena non aveva nulla della donna fatale, era, come ho detto, un essere minutino, con vestaglie sempre ampie. Cominciavo a chiedermi chissà come fosse al di sotto della stoffa, ‘sottopanni’ per dirla con mia nonna.
Quella mattina, Cesare, il marito, era uscito per il primo turno, che cominciava alle 5,30, Giulio dormiva ancora, ed io m’ero svegliato, senza una ragione. No, la ragione c’era. Ero arrapatissimo, e l’erezione mi dava fastidio!
Sentii un leggero scrosciare d’acqua, come se un rubinetto fosse rimasto aperto. Mi alzai, così com’ero, indossando i soli pantaloncini del pigiama, aprii piano la porta della mia camera. Il rumore veniva dal bagno, e la porta era socchiusa. Mi avviai per chiudere l’eventuale rubinetto e’
Come giunsi allo spiraglio, sentii anche canterellare sottovoce. Era la voce della sora Lena, ed era lei, sotto la doccia, che stava insaponandosi. Rimasi veramente sorpreso da quello spettacolo. La piccola Lena era piccola, sì, ma veramente ben messa. Un corpicino adorabile, perfetto, proporzionato. Lunghe gambe snelle, bellissime curve dei fianchi, un culetto splendido e due tettine che guardavano il cielo quando lei alzava le braccia. Scorgevo anche i piccoli capezzoli. Oddio, adesso era voltata verso me’ poteva vedermi’ mi ritirai appena, ma la visione diveniva affascinante: ventre piatto, e un foltissimo cespuglio nero tra le gambe’ Inutile dire come il mio sesso reagisse a quell’incanto. Già era teso per conto suo’ Ci mancava anche questo! Lena prese la spugna, allargò le gambe, poggiò un piede sul bordo della vasca e’ la sua vulva era là, spalancata, di fronte a me, e lei la carezzava lentamente, delicatamente, per lavarla. Mi sorpresi con la lingua fuori della bocca e che mimava una voluttuosa leccata, come fa un bambino goloso col cono gelato che vede mangiare ad un altro!
La mano aveva cominciato a non lasciare trascurato il mio sesso, ed io temevo che da un momento all’altro’
Lena chiuse l’acqua, uscì dalla vasca, si avvolse a un lenzuolino.
Io scappai silenziosamente in camera. Non ne potevo più!
Da quel momento Lena divenne una mania per me. E me la sognai, perfino. Non conoscevo ragazze, e non avevo fatto amicizie.
Il tutto si svolgeva ‘tra me e me’!
^^^
Qualche giorno dopo, stessa situazione: marito via, figlio dormiva. La doccia. Medesimo spettacolo, ma maggiore attrazione, estrema eccitazione.
Tornai a letto ma alzai abbastanza presto, prima del solito, quando fui pronto andai in cucina, dove preferivo fare colazione. Lena era lì, bella e fresca, nel suo vestaglino. Mi chiedevo cosa indossasse oltre quello. Non sapevo come attaccare. Lei aveva cominciato col chiamarmi ‘signorino’, le dissi che il mio nome era Piero, mi rispose che il suo era Lena. Quel diminutivo glielo avevano messo a Roma, perché si chiamava Maddalena. Giulio dormiva. Mi sembrò farle un complimento, tanto per cominciare.
‘Lei si &egrave sposata molto giovane, per avere un figlio come Giulio. Lui ha dieci anni, vero?’
Mi guardò sorridendo. Bellissima. Mi chiedevo se lo fosse veramente o era il mio particolare stato di eccitazione. No! Lo era. E come!
‘Sì, Giulio ha dieci anni. Ne avevo ventidue quando &egrave nato. Facevo la barista, non lontano da qui, al bar-gelateria di Via Volturno. E’ così che ho conosciuto Cesare. Veniva tutti i giorni a prendere il cappuccino col cornetto. Poi, abbiamo cominciato con l’uscire insieme, ci siamo sposati. E’ tutto qui!’
‘Mi sembra di notare un certo tono di scontentezza nella sua voce. Delusa dal matrimonio?’
‘No’. No’ &egrave solo che le ragazze, almeno quelle come me, credono che loro saranno tutto per il loro uomo’ La realtà &egrave un po’ diversa’ Gli uomini hanno il lavoro ‘e meno male- gli amici, il bar, la partita’. E poi’ poi’ c’&egrave la moglie.’
Tirò un lungo, profondo sospiro, e si mise a sciacquare la tazza che aveva tolto dal tavolo.
Così, curva com’era, il suo bel culetto sporgeva, affascinante e stuzzicante. Lo immaginavo come lo avevo visto sotto la doccia.
‘Vede, Lena, se le fa piacere, qualche volta possiamo andare fuori, con Giulio, quando Cesare &egrave di turno; o anche al cine, quando lavora il pomeriggio.’
Si voltò e mi guardò con infinita tenerezza.
‘Grazie, Piero, ma Cesare’ Cesare &egrave un po’ strano. Lui &egrave gelosissimo. E’ di quei tipi che si vantano di poter avere a disposizione roba bella e piacevole, e guai a chi gliela tocca, anche se lui, poi’ non &egrave che ne profitti troppo!!!’
‘Ah!’
‘Non mi fraintenda’ io gli voglio bene’ ma’ vorrei che anche lui me ne volesse’ e lo dimostrasse.’
‘Quindi niente da fare, per quanto alla mia proposta’ neppure col fatto che ci sarebbe Giulio?’
Alzò le spalle, senza rispondere. Aveva finito di sciacquare la tazza. Era appoggiata con la schiena al lavandino.
Mi avvicinai a lei, le sorrisi, azzardai una lievissima e fugace carezza sul volto. Era liscio, splendido.
Poggiò la sua mano sulla mia. Mi sorrise.
‘Lei &egrave un carissimo ragazzo, Piero. Grazie!’
^^^
La sera eravamo tutti a tavola.
Loro si misero a parlare di Giulio, che era sacrificato quasi sempre in casa, al caldo. La mamma di Lena, che seppi chiamarsi nonna Giustina, aveva detto che avrebbe gradito ospitare il nipote. Glielo portassero al paese. Aria buona, cibo buono, e tanti ragazzi per giocare.
Lena diceva che l’invito era allettante, che Giulio ne avrebbe ricavato certamente beneficio.
Giulio si dichiarò felicissimo di poter andare dalla nonna.
Il punto era ‘chi’ poteva accompagnarlo per poi, logicamente, tornare a Roma.
Cesare, rimase pensoso un momento, e poi disse che lui, dal martedì prossimo, era temporaneamente addetto alla linea Roma-Tivoli, che aveva libero il sabato e che poteva chiedere un giorno di ferie per lunedì. Aggiunse che, forse, era meglio partire di sera, col fresco. Sarebbero arrivati il mattino seguente. Lui sarebbe ripartito il lunedì mattina per essere a casa nel pomeriggio.
Giulio batt&egrave le mani.
Lena guardava il marito, sorpresa.
Io, a testa bassa, come se non seguissi la conversazione, ebbi come un tuffo al cuore, e feci mille castelli in aria, con la fantasia.
Cesare si alzò e andò a telefonare a un’agenzia di viaggi che conosceva.
Lena cominciò a sparecchiare, Giulio andò nella sua camera a giocare, io mi misi a sedere sul divano, facendo finta di leggere il giornale.
Cesare tornò poco dopo.
‘Allora, &egrave tutto a posto. Partiamo venerdì sera alle dieci, arriveremo a Trento poco dopo le sei, alle sette c’&egrave l’autobus per Madonna di Campiglio e alle nove siamo da nonna Giustina. Al ritorno, lunedì, prendo un autobus che giunga a Trento per le cinque del pomeriggio, e prima di mezzanotte sono a casa. OK?’
La voce di Lena era dolce, sembrava sottomessa.
‘Se va bene per te. Io preparo tutto per Giulio e anche un cambio per te.’
Cesare andò ad informare Giulio. Si sentì il grido di gioia del ragazzo.
Lena disse che voleva accompagnarlo alla stazione.
Cesare obiettò che alle dieci di sera, sola, in quella zona’
Mi offrii di esserci anche io.
Cesare annuì.
‘Se c’&egrave Piero, va tutto bene.’
^^^
Partenza del treno in perfetto orario.
Lena ed io restiamo sul marciapiede a vedere la coda del treno che si allontana, con la luce rossa, intermittente, che scompare dopo la curva.
Oggi indossa jeans aderenti e un top nero. Quasi del tutto inesistente il trucco sulle guance e sulle labbra. Capelli raccolti dietro, lunghi, nerissimi, fin sui fianchi. La guardo compiaciuto, sembra più una ragazzina che madre di figlio. Mi giunge alla spalla, non sarà più alta di 160 centimetri, comprese le scarpe che almeno un paio di centimetri saranno. Mi sorride con un’espressione che non so definire. Sono da poco passate le dieci di sera.
‘Che ne dice, Lena, c’&egrave l’ultimo spettacolo, al cine, le piace andarci?’
Si ferma un momento, mi fissa. Sorride.
‘Veramente pensavo di invitarla a prendere un bel gelato, sotto i portici dell’Esedra.’
‘OK, vada per il gelato.’
Ci avviamo verso la galleria della stazione che brulica di gente, e molti, troppi, con aria poco rassicurante, certo in cerca di chi ‘fregare’ per sfangare la serata.
Usciamo.
Lena si mette sottobraccio. La stringo a me.
Questa donnina così minuta, carina. Con i jeans che mettono in evidenza l’affascinante curva delle natiche che, certamente, non passa inosservata. Le tettine, fasciate dal top, fanno da inebriante contrappeso e i piccoli capezzoli spingono la stoffa, come la volessero perforare.
Il Caff&egrave non &egrave molto lontano.
C’&egrave gente. C’&egrave un giovane che suona alla tastiera, e canta, senza urlare. E’ bravo e gradevolissimo. Siamo fortunati. Si libera un tavolino, sediamo. La cameriera viene subito a prendere la comanda. Lena si affretta, come una bambina golosa, a ordinare un ‘mangiabevi’, una colossale coppa, anche con frutta fresca e cialdoni. Io preferisco una granita di caff&egrave, con doppia panna.
Lena sembra contenta. Gli occhi le brillano, ha il viso della persona lieta.
‘Si sta bene, qui, vero Piero?’
Allungo la mano, prendo la sua, se la porta in grembo. E’ tiepido. Peccato quella stoffa ruvida!
‘Benissimo, specie con lei!’
Mi stringe la mano, la spinge sul suo corpo tiepido.
Questo &egrave un supplizio. Io sto per scoppiare. Come devo fare?
Penso che sono uno scemo. Cosa credevo, che già fosse tutto fatto?
Arrivano i gelati.
Lena lo ammira, compiaciuto. Una montagna di roba. Prende un cialdone, lo infila nella panna, lo assaggia, torna a riempirlo e me lo porge.
‘Senti come &egrave buona, dolcissima’mmmmmm!’
Metto la bocca dove poco prima sono state le sue labbra. Ho notato che mi ha dato il ‘tu’!
‘Ottimo, meglio di quanto immaginassi’ forse perché ha soprattutto il sapore che vi ha lasciato lei!’
Mi sorride. Seguita a mangiare il gelato, golosamente, lentamente. Ora raccoglie una fragola, col cucchiaino, e me la porge.
‘Senti questa!’
La metto in bocca pensando ai suoi capezzolini. Sono quelli che vorrei succhiare! Mi sento sottosopra. Mi sorprendo a dire parole sconclusionate.
‘Sono meglio di quanto pensassi.’
Mi osserva, curiosa.
‘Perché ‘sono’?’
Tento una giustificazione.
‘Mi riferivo ai sapori, ai gusti.’
Lena guarda l’orologio. Sono passate le undici.
‘Che ne dici se ce ne andiamo a casa?’
E’ passata decisamente al tu.
‘D’accordo. Possiamo fare il giro per via Cernaia, poi Via Volturno.’
‘Come vuoi.’
Chiamo la cameriera, Lena vorrebbe pagare lei. Le dico che per questa volta’ Pago, ci alziamo, scendiamo le scale, ci avviamo verso la Chiesa di santa Maria degli Angeli, giriamo a destra. Strada solitaria, solo auto, le pongo una mano sulla spalla, lei mette la sua mano sulla mia. Mi chino ad aspirare il profumo dei suoi capelli.
Camminiamo lentamente.
Ecco, via Gaeta. Casa. Apre il portone, prendiamo l’ascensore, giungiamo al piano, apre la porta di casa, entriamo. L’idea che siamo soli mi elettrizza e nel contempo mi fa sognare. Mi viene spontaneo di alzare le spalle pensare; ‘eh, sì, aspetta proprio me questa bella ragazzina’. Perché seguito a vederla come una ragazzina.
Lena accende la luce nel tinello.
‘Siedi, vado a mettermi più comoda e poi ti offro una spremuta ghiacciata.’
Appare dopo un minuto, in una vestaglia, corta, che non le avevo mai visto.
‘Vado a preparare l’aranciata.’
‘Vengo anche io in cucina.’
Mi tese la mano, prese la mia, andammo in cucina.
Rimasi in piedi accanto al tavolino.
Preparò tutto rapidamente, si avvicinò a me, sorridendo.
‘Strano, dopo quel bel gelatone, ho sete. E tu?’
Annuii.
Era bellissima, attraente, affascinante. C’era qualcosa di nuovo nel suo sguardo, come se cercasse di leggere nei miei occhi. Mi scrutava. Tesi la mano, titubante, timoroso, timido. Le carezzai la guancia. Mise la sua mano sulla mia, carezzandola, e scuoteva leggermente la testa.
‘Cos’&egrave che non va, Lena?’
‘Non cosa &egrave, ma ‘chi’ &egrave! Sono io, una povera donna con la testa piena di sogni, più di un’adolescente.’
Gli occhi le si riempirono di pianto.
Misi il bicchiere sul tavolo, le tolsi di mano quello che teneva lei, l’abbracciai. Poggiò la testa sul mio petto. Presi il nodo del fiocco che le teneva i capelli, lo sciolsi, si sparsero sulle spalle. Le afferrai il volto tra le mani e posai le mie labbra sulle sue. Tremavano. Le baciai, le lambii con la punta della lingua’ resistettero’ lentamente si dischiusero, e le lingue si cercarono, avide, impazienti’ Una meraviglia!
Le mie mani la cercavano, avide, volevano conoscerla. Le carezzai la schiena, mi soffermai sulle sue sode e stimolanti rotondità, la strinsi, forte, la mia patta, gonfia, dura, era quasi sul suo stomaco, flettei un po’ le ginocchia per collocarla al punto dove le sue gambe si congiungevano. La sentii rabbrividire. La tenevo stretta, la sollevai da terra’ Stavo impazzendo!!!
Staccò le labbra dalle mie, mi guardò, lesse, certamente, nei miei occhi il desiderio irresistibile, scese lentamente, strusciando su di me, deliziosamente. Le nari erano dilatate, frementi.
Mi prese per mano, si avviò verso la mia camera, entrammo, chiuse la porta, mi spinse dolcemente e cominciò a sbottonare la mia camiciola, poi slacciò la cintura dei pantaloni, abbassò la zip’ La mia eccitazione era più che evidente. Alzò lo sguardo verso me e mi sorrise. Si chinò per togliermi le scarpe’ i pantaloni caddero per terra, li sfilò, lentamente.
Poco distante era la poltroncina, di quelle senza braccioli.
Sentivo quasi mancarmi le gambe, andai a sedermi là, prima che potessi farlo, mi abbassò il boxer, con decisa dolcezza, mi guardò ancora, giunse le mani.
‘Siediti, Piero, siedi.’
Sedetti, senza parlare, come un automa.
Era in piedi, lei, di fronte a me.
Aprì la vestaglia’ era nuda! Nuda! Nuda! Bella come non potevo neppure immaginare. Piccolina, sì, ma di un’armonia insuperabile nelle forme. Un paio di tettine, a coppa, con una ampia areola e due rosse ciliegie per capezzolo. Ventre piatto, senza alcun segno di smagliatura, un foltissimo boschetto di riccioli neri, lucidi come la seta, tra le sue meravigliose gambe.
‘Ti piaccio?’
Quasi non riuscivo a parlare, dovetti deglutire, e la voce non era la mia.
‘Sei una visione quasi irreale, Lena, favolosa, incantevole, affascinante. Devo confessartelo’ io ti ho vista, ti ho spiata”
Mi sorrise.
‘Lo so, bambino mio.. lo so’, ed &egrave per questo che ho telefonato a mia madre perché invitasse Giulio, perché sapevo che Cesare si sarebbe offerto di accompagnarlo’!’
Mi aveva chiamato ‘bambino’. Ma era lei, quasi una bambina, una splendida bambola, non sapevo cosa fare.
Si avvicinò a me, si mise a cavalcioni, con le braccia al collo. Il glande batteva sulla sua pancia.
Le baciai gli occhi, le labbra, il collo, il seno, afferrai tra le labbra un capezzolo e succhiai’ sentii che spingeva avanti il bacino, le sue piccole natiche si muovevano sulle mie gambe’ tolse una mano dal mio collo e la portò tra noi, prese il mio fallo e lo condusse, con tenerezza, nella valle rosa e rugiadosa che si apriva tra le sue cosce’ Spinsi anche io, mi venne incontro. Era calda, umida, lubrificatissima, ma’ il glande entrò appena e sentii che era stretta, molto stretta.
L’afferrai per i glutei e la avvicinai a me, aveva la schiena inarcata. Sentivo che anche lei spingeva’ ed ecco, il mio fallo si fece strada in lei, una strada stretta ed accogliete, che si dischiudeva piano, e si stringeva intorno al mio sesso che stava già quasi per esplodere. Spinsi ancora, ma di più non poteva entrare. Il glande si sentì accarezzato dal fondo del suo grembo, e fu lei a cominciare un movimento lento e voluttuoso, mentre rovesciava la testa indietro, socchiudeva gli occhi, e dalle labbra sortiva un gemito incalzate, al tempo col suo movimento che andava accelerandosi. Mi dovetti sforzare per non concludere tutto in fretta. Quanto sarebbe durata questa salita al paradiso?
Sentii che vibrava’ sempre più’.
‘Adesso, Piero, adesso’ ti prego’ ti desidero’ ne ho bisogno’. Adesso ‘ ades’ ad’ ooooooooooooooh!’
E nel medesimo istante che si strinse a me, quasi con furia, seguitando a tremare, mentre la sua vagina pulsava, impazzita, intorno al mio sesso, si ruppero le dighe e un getto caldo e violento l’invase’.
Si attaccò al collo, mi baciò con passione, col grembo che seguitava a palpitare!
Aveva il respiro affannato. Spinse ancor più il bacino verso me ed eresse il busto. Le sue labbra erano vicine al mio orecchio. La voce roca, voluttuosa, e nel contempo vezzosa e carezzevole.
‘Sono piena di te, amore mio, colma, se mi muovo la tua inebriante linfa e i miei umori ardenti’ si spanderanno sulla poltroncina’ non ci ho pensato’ dovevo premunirmi’ non so’ qualcosa’ Forse dovrei andare nel bagno”
Le sue piccole dure e appuntite tette pungevano il mio petto.
Il mio sesso ero ancora abbastanza vigoroso, e quel contatto non ne favoriva, certo, la’ distensione. E poi, alla mia età, con la fame arretrata che avevo, e quella insperata occasione. E quella ‘prestazione’ così eccezionale!
‘Aspetta, piccola, non muoverti, ci penso io.’
Le misi le mani sotto quel fantastico culetto, la serrai a me, e provai ad alzarmi. Lentamente.
Come la mia schiena si staccò dalla poltroncina, abilmente intrecciò le sue gambe sul mio dorso. Aderiva a me come una ventosa. Era bellissimo sentirla così, attaccata alla mia nuca. Mi sorrise.
Mi baciò il collo.
‘Sei bravissimo, bambino mio, vorrei che tu restassi per sempre in me’ così”
A passetti, mi avviai verso il bagno, di fronte alla mia camera.
Entrammo.
Lena mi guardò.
‘Peccato’ staccarsi”
La deposi delicatamente in terra, dopo che le sue gambe s’erano sciolte da me, e flettendomi sulle ginocchia perché il mio fallo, altrimenti, non sarebbe sgusciato da lei.
Un rivolo viscido cominciò a fuoriuscire dalla sua vagina.
Pensai che era opportuno che anche io mi dessi una bella pulita!
‘Aspetta, Piero, aspetta’. Ci penso io’ voglio pensarci io”
Incurante del piccolo rigagnolo che scendeva lungo le sue cosce, ‘lo’ prese delicatamente tra le sue sottili e delicate dita, e mi condusse verso la vasca da bagno. Aprì l’acqua, manovrò la levetta, il liquidò uscì dalla cipolla della doccia, in fondo al flessibile, portò il getto sul mio sesso, lo sciacquò, prese il bagno-schiuma, mi insaponò, sciacquò ancora, con tenerezza, ogni tanto mi guardava negli occhi. Era bellissima. Poi, prese un asciugamano e cominciò ad asciugarmi, con la delicatezza che si ha con beb&egrave dopo il bagnetto, si chinò a posare un bacio sul glande. Solo un bacio, ma ‘quello’ si imbaldanzì di più.
Lena ‘lo’ teneva nella mano, sollevò lo sguardo verso me.
‘Ancora così?’
‘Ti dispiace?’
‘Tuttaltro’ ma aspetta’ ora devo pensare a me”
‘Ci penso io’ entra nella vasca”
Vi entrò, mi inginocchiai. Il suo impiastricciato boschetto era all’altezza della mia testa.
‘Apri un po’ le gambe, per favore.’
Una visione incantevole. Grandi labbra turgide e precise, le piccole, rosa, disegnate perfettamente, lisce, e il piccolo clitoride che ogni tanto si muoveva.
Feci come lei. Getto d’acqua tiepida, sapone, ma la mia mano era curiosa, indiscreta, invadente. Le mie dita la esploravano, golose, e lei aveva socchiuso gli occhi. Il clitoride, titillato, trasmetteva il suo piacere alle pareti interne, che si contraevano. Il solco tra le natiche, quel buchetto fremente ad ogni passaggio della mano’ e il ‘mio’ che sembrava a digiuno da anni, mentre era da poco che aveva rovesciato in lei un fiume di balsamo voluttuoso.
Asciugai.
La presi sulle braccia, tornai nella camera, la deposi sul letto, di traverso, con le gambe appena fuori della sponda.
Mi fermai a guardarla.
‘Bambina meravigliosa, piccola, stupenda Lena”
Mi chinai a baciarla là, tra le gambe, insinuai la lingua in lei, la girai e rigirai, sentivo che cominciava a piacerle, anzi’ seguitava’ Insistei, sempre di più’
‘Oddio, Piero’ non l’ho mai provato’ &egrave bellissimo’ mi piace da morire’ mi stai facendo’. Siiiiiiiiiiii’ siiiiiiiiiiiiiiiii’ vengo’. Vengoooooooo!’
E sentii il sapore asprigno delle gocce che andavo raccogliendo con la mia lingua golosa e avida!
Quando mi sembrò che il suo ventre cominciasse ad acquietarsi, portai il glande in quel calore incantevole e cominciai a penetrarla. Sapevo, ormai, della lieve resistenza iniziale della sua vagina, ma poi, alla fine, entrai in lei. Fino in fondo. Una pompata eccezionale, con lei che scuoteva il capo a destra e manca, sembrava rantolare, e subito fu travolta da un orgasmo sconvolgente. Non mi fermai, anzi, seguitai con maggior ardore, e mentre lei veniva assalita dal piacere ancora una volta, io mi svuotai di nuovo, in lei, come se le mie riserve fossero inesauribili.
Rimasi a lungo, così, su di lei, sorreggendomi appena sulle braccia.
Poi, lentamente, scivolai fuori dal suo sesso, e mi misi supino.
Si sdraiò su di me. A pelle d’orso. Respirando profondamente. Dopo un po’ sentii che si era assopita, e cominciai a carezzarle la schiena, le natiche.
Era bellissima, leggerissima, la sua pelle era vellutata, percepivo le punte dei suoi capezzoli, la cresposità del suo pube’
^^^
Il piacere ci aveva spossati, ma una spossatezza inebriante, tanto che quel tepore, quel lieve respiro, come le fusa di una gattina, ben presto mi portarono a ripensare all’accaduto e a sperare che accadesse ancora.
Il mio insaziabile ‘coso’ era meno placido di quanto per i recenti exploit sarebbe dovuto essere. Era tra i nostri corpi, e non era facile restare fermo per non destarla. Inavvertitamente, mi addormentai anche io.
Il sonno, dice Shakespeare, &egrave la seconda portata alla mensa della natura. E’ vero, ti rifocilla, e nel sogno vivi i desideri. Ma io non avevo bisogno di sognare. Lena era qui, su me, era viva, palpitante. Quella era la sua carne, la sua schiena, il suo meraviglioso culetto sodo e tondo’
Il sonno vinse!
Non seppi quanto durò, ma ad un certo momento la sentii muovere. Appena. Il suo grembo percepiva chiaramente il prepotente desiderio del mio sesso. Ondeggiò il corpo, come per accertarne dimensione e’ disponibilità. Seguitai a restare fermo, ad occhi chiusi. Lena alzò il capo, con le ciglia appena aperte, solo un piccolo spiraglio, vidi che mi guardava. Allargò le gambe, posò le ginocchia sul letto, sollevò il grembo, portò la sua manina, tra me e lei, e prese dolcemente, con le sue piccole dita, il fallo che, libero da quel dolcissimo peso, s’ergeva maestoso e solenne. Ora, sempre sorreggendosi sulle ginocchia, aveva eretto il busto, offrendomi, nel chiaroscuro della camera, la eccitante visione del suo magnifico corpicino, delle sue tette, del volto splendido, incorniciato dai capelli che le giungevano ai fianchi. Con due dita, aveva preso il fallo sotto il glande, lo portò tra le sue gambe. Sentii i suoi riccioli di seta che lo sfioravano, poi il caldo umidore dell’ingresso della sua stretta e paradisiaca vagina. Ecco, lo aveva posizionato in modo che, abbassandosi lentamente, dopo la solita prima resistenza iniziale, potesse impalarvisi voluttuosamente. Le sue natiche erano sulle mie cosce. Si fermò un momento, seguitando a fissarmi e facendo finta di credere che io dormissi ancora. Era caldo il suo grembo, e accogliente. Il mio ‘coso’ pulsava, non riuscivo a rimanere immobile. Mi decisi, allungai le mani e le afferrai le natiche, stringendola a me.
Cominciò una lenta cavalcata, che andò aumentando progressivamente, fino a trasformarsi in una galoppata travolgente, con il seno sobbalzante, la testa rovesciata, i capelli che carezzavano le mie gambe. Ad un tratto si abbassò su me, mi porse le sue belle tettine, afferrai un capezzolo tra le labbra e succhiai avidamente, le contrazioni della vagina mi stavano mungendo con impeto, e nello stesso tempo che un orgasmo grandioso e maestoso la stava sconvolgendo, con mia sorpresa, mi accorsi che avevo ancora del caldo seme da donarle, da spandere in lei.
Deglutì più volte.
Mi guardò con occhi umidi, splendenti.
‘Credo che mi farai morire, amore, ma &egrave bello morire così”
E tornò a gettarsi su me.
^^^
Non era ancora sabato mattina. Lui, Cesare, sarebbe tornato il lunedì sera.
Mi meravigliai per la lusinghiera energia del mio inesauribile e resistente fallo. E’ vero che sono giovane e bene in forze, ma non immaginavo che avrei potuto far fronte a un surmenage del genere.
Lena mi guardava incantata, ubriaca di sesso, come se volesse farsene una scorta. Ogni tanto, dovunque ci trovassimo, in casa, logicamente, era sempre ansiosa di nuovi e sempre diversi amplessi. Giravamo seminudi, proprio per questo.
Mi era venuto in mente di provare anche a sondare il suo atteggiamento verso una mia eventuale richiesta di sondare anche il’ secondo canale’ il roseo buchetto che era tra le sue natiche d’oro, e ve avevo carezzato, titillato, perfino baciato e lambito con la lingua, sentendone i fremiti, ma al timido tentativo di esplorarlo con un dito, la sentii irrigidirsi, contrarsi, e il suo volto esprimeva contrarietà. Non era il momento di rischiare di sciupare l’intesa che ci univa e travolgeva. La sua bella e stretta fichetta era quanto di meglio avessi conosciuto, almeno fino ad allora.
Mentre era china, nel bagno, per lavarsi, vicino al lavandino. Le andai dietro, dischiusi piano le natiche, toccai il buchetto col mio randello di carne palpitante, ma seguitai’ la vagina era già pronta e generosamente lubrificata. Una leggera spinta e’. una mano a impastarle il seno, l’altra a titillare il clitoride, e quasi stavamo cadendo per terra quando i suoi e i miei umori si fusero, come sempre, spandendosi in lei, scaldando il mio glande.
Mi ero accorto che, comunque, lo avevamo fatto dovunque, ripeto, ma non nel suo letto matrimoniale.
Fu proprio il lunedì, dopo pranzo, che la presi per mano e la condussi nella sua camera, cominciai a spogliarla, scopersi il letto, la deposi sul lenzuolo. Mi spogliai, la raggiunsi, mi posi tra le sue gambe, la penetrai, e usai tutto il mio calore, la mia foga, forse anche troppo, perché ad un certo momento mi accorsi che m’ero afferrato alle sbarre di ottone del letto, e davo colpi tremendi che addirittura la spostavano, ma il suo grembo non solo resisteva, ma rispondeva voluttuosamente, e fu forse il luogo, la sensazione che chissà se e quando saremmo tornati ad accoppiarci così, che riuscii ad attingere dalla inesauribile riserva delle mie generose seminali per riempirla di me, del mio balsamo.
Mi guardava inebriata, in estasi, e finii su lei, quasi schiacciandola.
La sua voce roca era più bassa del solito.
‘Sei un dio, Piero, un dio!’
Sgusciai da lei, e il prodotto della nostra voluttà gocciolò sul lenzuolo, a testimonianza del nostro insuperabile piacere.
Restammo a lungo. Poi ci levammo.
Lena, rapidamente, tolse le lenzuola e le mise nella lavatrice, così, nuda come era. Le andai dietro e l’abbracciai. Poi andai a sedere sulla sedia.
Non nascondo che fui pervaso da un senso di gelosia.
Le tesi la mano, la feci sedere sulle mie gambe, a cavalcioni.
‘Questa sera torna tuo marito’ e’ ti vorrà!’
Si voltò di scatto.
‘No, non posso’ questa sera no’ dirò che le mie regole mi sono tornate in anticipo”
‘Si, ma prima o poi’.’
Rimase in silenzio per qualche momento.
‘Purtroppo non potrò rifiutarmi a lungo’ lo so’ Ho deciso, però, che solo il tuo caldo torrente voluttuoso deve deliziare il mio grembo’ dirò a Cesare che il medico mi ha prescritto di ridurre sensibilmente i rapporti sessuali e di sospendere la ‘pillola’ e che, perciò, lui deve comprendermi e, quando proprio non ne può fare a meno’ deve usare il profilattico! Desidero solo il tuo caldo torrente, il tuo meraviglioso balsamo che m’inebria.’
E il suo dire fu tanto appassionato e fremente che il ‘coso’ s’inorgoglì, e ritenne di fornirle subito un’altra dose dell’inebriante balsamo’creapopoli! La sedia della cucina resistette!!!
^^^ ^^^ ^^^

Leave a Reply