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Premonizioni

By 6 Dicembre 2011Dicembre 16th, 2019No Comments

L’ora di matematica era iniziata da qualche minuto. Marco è Luca erano schiacciati sul tavolo, come tartarughe, mi scrutavano beffardi di sottocchio, cercando di cogliere le mie reazioni.
Mi avevano incollato le pagine del libro, quindi non riuscivo ad aprire quella che ci aveva indicato la professoressa Martini. Infatti, dopo alcuni secondi.

‘Bianchi perché non apri il libro?

Tutti i compagni di scuola scattarono automaticamente in una risata corale.

‘Ho sbagliato libro, ho portato il secondo volume!

Non volli dare alcuna soddisfazione a quegli stronzi che stavano aspettando divertiti che mi lamentassi dello scherzo subito.

‘Bianchi! Bianchi! La mattina bisogna svegliarsi con la testa sul collo! Tieni il mio!

Mi porse il libro. Appena si allontanò, feci una panoramica della classe quando incrociai un foglio di carta, tenuto in bella vista da Luca, affinché tutti potessero vederlo, su cui c’era scritto:

‘Sei uno sfigato!

Quella frase suscitò l’ilarità generale. La professoressa Martini si voltò nell’istante in cui avevo alzato il dito medio in direzione di Luca, che sfortunatamente si trovava sulla stessa linea.

‘Bianchi come ti permetti? Proprio tu? Mi deludi! Non ti ho neanche rimproverato per aver dimenticato il libro! Ma adesso hai esagerato! Non accetto simili atteggiamenti di maleducazione! Non amo mandare la gente dal preside, lo sai come la penso! Adesso vieni alla lavagna e vediamo se hai ancora il coraggio di fare lo spaccone!

La professoressa Martini era una giovane donna, molto carina, anticonformista, dai modi pratici, disprezzava il preside, un vecchio porco che ci provava con lei e persino con le allieve, per questo non amava segnalargli le persone, preferendo risolvere i problemi personalmente, con un’interrogazione degna dei trattamenti dei peggiori carcerieri verso i loro prigionieri. Si accaniva con formule e problemi complessi fino a quando non ti sfiancava mandandoti al banco con un secco tre.

Si sedette sdegnata. Era talmente incazzata che non fece caso a come aveva incrociato le gambe. Portava una gonna e nella foga di sedersi aveva accavallato come i maschi, con la caviglia posata sul ginocchio sinistro, mostrando la coscia e lo scoscio da cui s’intravedevano chiaramente le mutandine bianche incollate alla figa, che si perdevano tra gli abbondanti glutei.

Un atteggiamento forte e aggressivo che mi fece vacillare l’equilibrio dei sensi.
Ero molto affascinato dalla sua bellezza e dalla sensualità di donna adulta che emanava ogni centimetro del suo meraviglioso corpo.
Credo che in più occasioni abbia percepito questo mio interesse per lei, soprattutto la passione che traspariva dal mio sguardo.

La voce le tremava dalla rabbia. Cominciò a dettarmi i numeri e impostare i problemi cercando di complicarmi
le operazioni, il tutto sotto lo sguardo divertito dei miei compagni di classe, sopratutto di Marco e Luca che non smettevano di schernirmi facendo dei segnacci con le mani. Adesso fatti una sega mi comunicò Luca chiudendo la mano a pugno e muovendola su e giù sopra la sua patta.

In verità quel suggerimento non mi sembrò poi così assurdo. Vedermi la professoressa Martini completamente scosciata sotto gli occhi mi aveva provocato un attacco inaudito di libidine, un desiderio morboso estremo che poi avrei senz’altro sfogato nei cessi della scuola con una piacevole pugnetta, dedicata a lei e alla sua sensualità aggressiva, visto che mi stava suscitando una possente erezione del cazzo.

L’interrogazione si svolse in un clima infernale. I sensi erano completamente sconvolti dalle cosce della professoressa Martini. A volte mi chiedevo se quel modo di fare fosse un’azione voluta per provocare. Quasi un atto diabolico attuato allo scopo di mettere in difficoltà gli studenti, forse per constatare le loro capacità ad operare in situazioni di disagio ormonale.
Per questo motivo la professoressa mi appariva affascinante, in lei coglievo una mente demoniaca sottile e sensuale, che la rendeva ai miei occhi una donna interessante e molto intrigante.
Quel giorno comunque, tra mille difficoltà ed esitazioni dovuti ai momenti di contemplazione delle sue grazie, riuscì a portare a termine i problemi di matematica che mi aveva assegnato. Ottenni la sufficienza. Un giudizio che lasciò a bocca aperta gli autori di quella bravata.
Il suono della campanella annunciò la fine di quel supplizio, sancendo anche la fine della tortura psicologica a cui mi aveva sottoposto la visione delle sue cosce oscenamente esposte al mio sguardo:

‘Bene! Bianchi te la sei cavata discretamente il sei è dovuto!

Stavo in piedi, a fianco alla lavagna, annuendo senza sorridere, non era il caso di aggiungere altre provocazioni.

‘In ogni caso non finisce qui! Il comportamento irriguardoso deve essere punito in qualche modo! Ne parleremo domani la notte porta consiglio!

Pensai: ‘Si, la notte porta consiglio! Questa notte mi sarebbe piaciuto aiutarti a pensare! Nel tuo letto! Abbracciato a te.

Così gli avrei suggerito la pena adeguata al mio screzio. Immerso nelle sue grazie, a dargli quel piacere che sembrava in qualche modo cercasse. Così mi pareva, una donna trasgressiva, in cerca del piacere estremo. Di fronte a quella immagina di donna volitiva e spregiudicata pensai che la decisione più adeguata alla sua personalità sarebbe stato condannarmi a stimolargli le parti intime, torturate finemente per rimescolare il dolore con il piacere in una sublime sintesi!

‘Bianchi mi lasci passare!

Un tocco leggero mi colpi sulla spalla.

Ad un tratto ebbi un flash, la vidi nel campo visivo della mia mente, in modo chiaro, vestita con un completo trasparente a rete. Tacchi a spillo, maschera in latex nera, ammanettata al letto con le cosce spalancate ed io intento a stimolarle il clitoride con il ghiaccio, alternando il freddo intenso al caldo della lingua, la sentivo urlare e ansimare.
Brandivo una candela accesa, mentre colate di cera liquida coprirono i capezzoli turgidi. Gridava dal dolore e dal piacere, mentre ero intento a leccare e stimolare con foga le fenditure della figa infiammate dai supplizi inflitte, e quindi dalla sensibilità accentuata delle parti intime.
Infine vidi la mia mano completamente conficcata nella sua figa mentre la spingevo in profondità fin oltre il polso. Ad un tratto il clitoride eruttò come un vulcano. Schizzando una sostanza bianca, che mi colpì il viso ed il petto. Sembrava lo zampillo di una fontana. Nello stesso istante sentì le sue urla elevarsi piacevolmente nella stanza, che scemavano come fumo sparso nell’aria e arrivandomi come un eco lontano.

‘Bianchi!

La voce della professoressa Martini mi svegliò da quel sogno incredibilmente reale. Divenni rosso come un papavero temendo che mi avesse letto il pensiero.

‘Allora Bianchi? Qui facciamo notte se non ti sposti!
‘Mi scusi!

Il suo sguardo, quando mi passò accanto, mi penetrò l’anima. Ebbi un moto inaudito, mi sentì il corpo bruciare come una torcia. Un caldo soffocante mi avvolse, come i vapori di una sauna. Mi spaventai perché stavo percependo la sua essenza perversa. Ebbi la sensazione che mi stesse leggendo il pensiero. Prima di allontanarsi mi fissò intensamente sussurrando:

‘Bianchi! Non potrai sfuggire alla tua pena!

Quella frase buttata lì poteva sembrare priva di senso per chiunque l’avesse sentita, ma non per me che avevo avuto quella visione inaudita.
Quelle immagini continuarono a turbinare frenetiche nella mente per alcuni minuti.
Eppure erano stati così reali, mi spaventai di quel mistero e la pelle reagì increspandosi come se fosse stata esposta al freddo polare.

Luca e Marco non soddisfatti perseverarono nelle provocazioni, fino a quando, finalmente, entrò il professore di filosofia che bloccò la loro azione, era uno dei pochi prof che temevano.

Io intanto, con la mente ancora sconvolta dalla visione appena avuta mi sedetti in attesa che il professore di filosofia iniziasse la lezione.

‘Buon giorno ragazzi oggi parleremo della tolleranza! Sapete cosa è?

Risposero tutti insieme, in una confusione incomprensibile.

‘Fermi ragazzi! Una alla volta altrimenti si crea solo confusione! Rossi ti ho sentito! Le case chiuse, dette anche di tolleranza, non c’entrano nulla, anche se in qualche modo il concetto di tolleranza potrebbe avvicinarsi a quello di legalità, qualora intendessero riaprirle! Bianchi inizia tu?

Era una giornata sfigata! Non c’era dubbio. Tra le risate dei compagni di scuola mi alzai ed iniziai a parlare della morale di Kant.

‘Bene! Bravo! Ora vi spiegherò alcuni concetti trattati dai maggiori filosofi illuministi in materia di tolleranza! Inizieremo dagli empiristi inglesi.

Il professore prese a parlare. Feci un’altra panoramica della classe e mi scontrai con lo sguardo divertito di Luca. Lo fissai incazzato, mentre stringevo la carta che mi aveva lanciato, proprio in quel momento ebbi un’altra visione.

Vidi Luca alzarsi e correre verso il bagno, stimolato da un bisogno fisiologico impellente che spingeva nel basso ventre, desideroso di essere soddisfatto immediatamente. Lo vidi mentre s’inerpicava veloce sulle scale, facendo più gradini alla volta. A metà percorso perde l’equilibrio e cade indietro rotolando fino al pianerottolo. Alcune costole s’inclinarono e il femore della gamba destra si spezzò. Il bidello lo trova dolorante in un lago di piscio, che si era fatto addosso per la paura e lo sfogo naturale inconscio del bisogno fisiologico.

‘Prof. mi scusi! Ma ho bisogno urgente di andare al bagno!

Luca Rossi aveva interrotto la lezione. Il prof lo guardò divertito e gli fece segno con il capo che poteva andare.

‘Rossi non correre! Mi raccomando! Il corpo si domina con un atteggiamento stoico!
‘Si prof.

Luca abbandonò l’aula con passo veloce, si capiva che dopo avrebbe corso come un folle.
Sorrisi pensando alla visione. Era solo una visione, certo era un rischio che poteva correre seriamente. Ma Luca era un atleta, anche in situazioni di normalità aveva sempre corso per le scale, saltando anche quattro gradini alla volta.
Dopo alcuni secondi esatti il bidello irrompe nell’aula.

‘Professore venga presto! Un ragazzo di questa classe è caduto nelle scale!
‘Nooooooo Rossi! Ragazzi non vi muovete!

Non potevamo lasciare l’aula ma dai rumori e dalle voci concitate che provenivano dal corridoio si capiva che l’evento doveva essere grave.
Il prof ritornò in aula, sconvolto, con tono di voce grave c’informò di quello che era successo.
Luca era caduto nelle scale e si era rotto una gamba.

Rimasi scosso per quello che era successo a Luca. Mi guardavo attorno temendo che qualcuno mi additasse come il responsabile di quella sciagura. La visione, premonitrice era stata chiara in ogni particolare. Restava da considerare se fosse una vera premonizione oppure una coincidenza, un desiderio intimo di punizione per i torti subiti.

Quei pensieri mi turbinavano per la testa anche quando chiuso nel casco, a bordo del mio motorino, stavo rientrando a casa.
Ero ancora agitato per i fatti che erano successi a scuola. Due visioni, una si era realizzata. Coincidenza?
Non avevo mai preso sul serio i racconti misteriosi e le fantasie che alcune trasmissioni televisive affrontavano, presentandoli come verità. Persone che dicevano di avere dei poteri paranormali, dei sensitivi extrasensoriali, che utilizzavano il sesto senso per vedere il futuro o scene di un crimine. Li consideravo fenomeni da baracconi. Truffatori che sapevano recitare bene la loro parte. Mi sembrava incredibile pensare che io potessi essere come loro. Alla fine dissi a me stesso che si era trattato di una semplice coincidenza.

Il viale di casa era stato ostruito da un furgone di una ditta d’installazione elettrica e termoelettrica. Dovetti passare sul prato. Mentre spingevo il motorino, scocciato per la situazione di disagio, persi l’equilibrio e con una mano mi appoggiai sulla carrozzeria del furgone. Ebbi un flash improvviso, una visione inaudita che mi sconvolse.

Mia madre inginocchiata ai piedi di un omone in tuta blu, aperta davanti, dalla quale spuntava il suo grosso ventre, come il profilo di una collina, nelle sue mani un cazzo nero e lungo che palpitava come un gingillo. La vidi mentre lo menava e lo succhiava ingorda. Lui le teneva la testa accompagnando i movimenti concitati davanti al suo cazzo scuro fagocitato interamente dalla bocca della mamma fino alla base dei coglioni. Le scene si susseguivano veloci. Frenetiche. La mamma era pecorina. Con la faccia sul tavolo della cucina, a gambe allargate, mentre l’omone da dietro se la stava inculando selvaggiamente. Alla fine la mamma in ginocchio sotto il grosso cazzo che sborrando le riempiva la bocca e lei che lo succhiava ingorda ingoiando il liquido seminale fino all’ultima goccia.

Quella visione mi aveva sconvolto i nervi. Feci veloce le scale. Appena la mamma aprì la porta corsi in cucina. Non c’era nessuno, solo le pentole sul fuoco.

‘Claudio sei affamato?
‘Si! Oggi ho avuto una giornataccia! Interrogazione di matematica e filosofia!
‘Come è andata?
‘Penso bene!

Mi guardai attorno. Non c’erano segni che facesse pensare che la mia visione si fosse realizzata. Il vestito che la mamma indossava in quel momento non era lo stesso che avevo visto nel sogno.

‘C’era un furgone parcheggiato all’inizio del viale, ostruiva l’ingresso dell’entrata!
‘Si! è della ditta che sta facendo la manutenzione alla centrale termica! Credo che siano già alla fine! è da stamattina che li vedo andare avanti e indietro!
‘Entrano negli appartamenti?
‘Credo di no?
‘Bene!
‘Cosa?
‘Dicevo così per dire! Meglio così non disturbano! Ahahah

Mi chiesi perplesso quale potesse essere la natura di quella visione. Eppure le scene era state così reali. Chissà perché ho immaginato la mamma come una mandragola mangiatrice degli idraulici. A volte mi stupivo delle fantasie che sviluppavo. Pensai che forse sarebbe stato meglio vedere meno film porno e passare all’azione con qualche compagna di scuola. Più pratica e meno pugnette.

Mi stavo preparando per andare in biblioteca. Andai in cucina per prendere una coca cola. Appena entrato rimasi fulminato. La mamma si era cambiato il vestito. Adesso indossava quello che avevo visto nella visione. Rimasi sconvolto. Mentre sorseggiavo la coca cola la fissavo rievocando i ricordi della visione. Passai in rassegna i particolari, le sue tette grosse che l’omone succhiava avido. La sua figa pelosa spalancata e tormentata dalla mano di quello sconosciuto. Stavo sudando freddo.

‘Claudio che hai? Ti senti bene?
‘Si! Sto bene! Ho avuto un leggero mal di testa! Adesso è passato!
‘Perché non rimani a casa? Ci andrai domani in biblioteca!
‘non posso, ho un appuntamento con Cristina! Dobbiamo fare una ricerca su Hegel! Adesso vado! A stasera!
‘Ciao tesoro!

Non feci in tempo ad aprire la porta che il campanello anticipò l’attimo in cui stavo girando la maniglia.
La mamma si precipitò ad aprire. Appena la porta si spalancò mi venne un colpo. Dovetti appoggiarmi al muro per non svenire.
Davanti a noi si materializzò l’omone in tuta blu. Alto, robusto con un grosso ventre. Non era frutto della mia fantasia, lo sconosciuto esisteva veramente ed ora era davanti ai miei occhi in carne ed ossa.

‘Buongiorno Signora! Sono un operaio della ditta Termoelettrica, stiamo facendo la manutenzione della caldaia. L’amministratore condominiale ci ha informato che il vostro appartamento ha avuto dei problemi con i radiatori. Così prima di andare via vorremmo controllarli!
‘Si è vero! Si accomodi pure! Visto che siete stati così gentili potrei offrirle un caffè!

Ripensai alla visione. Le due tazzine, in effetti, erano sul tavolo della cucina. A fianco del viso sconvolto della mamma, mentre era distesa a pancia in giù, e quello omone se la stava scopando a pecorina.

‘Grazie volentieri! Complimenti all’arredatore! Avete una bella casa!
‘Grazie! Modestamente sono stata io ad arredarla, mio marito non ha pazienza per queste cose!
‘Allora dovrebbe arredare la mia! Sembra un emporio! Hahahahhaha Una bella casa degna di una bella signora!
‘che galante! Grazie del complimento! Da dove vuole cominciare?
‘dalla camera da letto?
‘hahahahahh certo!

Un omone simpatico e cascamorto. Uscendo le loro risate mi arrivavano assordanti come tuoni, perché anticipavano il temporale di sesso, che si sarebbe abbattuto come un nubifragio estivo tra mia madre e quell’operaio, ed io conoscevo già i particolari. Lo sperma che avrebbe inondato la bocca della mamma come un torrente in piena, ed il grosso cazzo che avrebbe spaccato il suo culo e riempito la figa fino alle cervici dell’utero.
Provai rabbia, ma la cosa che mi stava sconvolgendo fu l’enorme erezione che caratterizzava quell’ira, mi stava tormentando il cazzo. Rivedevo la visione, come se fossi al cinema, tutte le sequenze di sesso che sarebbero avvenute tra mia madre e quell’omone. La sua bocca che scivolava ingorda fino alla base, lambendo i coglioni. I conati di saliva e vomito che le provocava quel tubero quando si infilava in profondità, nella gola, spingendo fino a quando non veniva rigettato impregnato di liquido limaccioso; mia madre che ingollava aria per non soffocare. La sua figa oscenamente slabbrata, sbattuta con veemenza da quell’enorme palo nero, che come un grosso serpentone si infilava in quel buco peloso e scuro. E mia madre distesa con la schiena sul tavolo della cucina, con le cosce spalancate e le tette al vento che oscillavano come un morbido budino al ritmo frenetico delle spinte di quell’energumeno.

Ero sdegnato ma fortemente eccitato. Arrivai in biblioteca trafilato, con il fiatone. Trovai Cristina ad aspettarmi all’ingresso. La guardai attentamente. Portava i jeans che modellavano in ogni particolare il suo culo rotondo e lo scoscio, da cui si intravedevano perfettamente le labbra della figa divise dal cavallo dei pantaloni.
Era una ragazza snobbata da tutti i ragazzi perché intelligente e secchiona. La fissai con più interesse e pensai: dopotutto non era da buttare via. Nonostante portasse occhiali con i vetri spessi come fondi di bottiglia i suoi occhi azzurri non erano malaccio. Peccato che avesse l’abitudine di vestire in modo pudico e non dava alcuna importanza al suo aspetto fisico.

Scesi dal motorino, agganciai il casco al volante poi la raggiunsi. Mi venne naturale prenderla tra le braccia e salutarla calorosamente. Il cazzo impattò contro il suo scoscio provocandomi una sensazione di libidine incontrollata. Percepivo il calore che spargeva il suo grembo e la morbidezza delle sue tette, schiacciate contro il mio petto. Mentre l’abbracciai le mani scesero d’istinto sui glutei chiudendosi e carezzandoli con foga.

‘Claudio che stai facendo! Sei impazzito!

Ero ipnotizzato dall’eccitazione, mi trovai isolato in una cappa emozionale incontrollata. Poggiai le labbra sul suo collo e cominciai a baciarla assaporando la fragranza del suo profumo di donna che mi aveva inebriato le narici e stordito la mente. Mentre le mani si muovevano frenetiche sul culo e lungo la schiena. Sembravo posseduto dal diavolo.

Fu in quel istante che ebbi un’altra visione. Davanti a me vidi il culo rotondo di Cristina, a pecorina, appoggiata con le mani sul cesso dei bagni della biblioteca. I jeans calati fino alle caviglie. Il mio cazzo che penetrava veloce nel suo meraviglioso scoscio e scompariva nella fica. Le immagini erano come sempre chiare e precise nei dettagli.

‘Claudiooooooooooo smettilaaaaaaaa! Sei impazzitoo!

Un violento spintone mi portò alla realtà. Il suo sguardo sdegnato mi scrutava, come se fossi un pazzo. Una sensazione sgradevole di imbarazzo mi colse, cercai di giustificarmi. Sbiancai come se mi avessero svuotato il sangue dal corpo. Balbettando corsi via.

Scu..sa’mi Cristina! Non so coo..sa mi abbia preso! Vado un attimo al bagno! Ti raggiungo dopo!

Scappai nei bagni. In preda alla vergogna più estrema. L’eccitazione mi aveva giocato un brutto scherzo. Il guaio era che ero ancora in preda a quelle sensazioni forti che mi avevano sconvolto i sensi. L’immagine di mia madre che stava scopando con quell’omone mi stava ancora tormentando la mente.

Immersi il viso sotto il getto d’acqua che scrosciava dal rubinetto. Fu del tutto inutile. Il cazzo non smetteva di pulsare la sua furiosa voglia di scopare. Dovevo placare quelle sensazioni che mi stavano agitando i sensi. Mi infilai nei cessi, mi aprì la lampo dei pantaloni e me lo tirai fuori. Occhi chiusi, mente mi concentravo tra le cosce di mia madre, muovendo il polso che agitava la mano mentre menava violentemente il cazzo, al fine di lenirne le sofferenze.

‘Claudio ti senti bene?

Porca puttana, Cristina mi aveva seguito nei bagni. Nella fretta di isolarmi da quelle situazioni imbarazzanti non avevo chiuso la porta del cesso. Mi girai e lei era lì davanti a me, mentre avevo i pantaloni aperti ed il cazzo duro nella mano destra.
Lo sguardo di Cristina si pietrificò all’istante. Si era fermata a fissare scioccata il mio cazzo, tenendo una mano sulla bocca per evitare di gridare. Sembrava fosse in prede al terrore. Si era bloccata con le spalle appoggiate alla porta, che aveva chiuso dietro di se.
Non so cosa mi prese. Ma il fatto che mi stesse guardando in quel modo mi infuse un’energia inaudita. Quella situazione eccitante mi piaceva, provai una sensazione di libidine estrema a vedere il suo sguardo fisso sul mio cazzo, per cui continuai a muovere la mano con maggiore enfasi. Poi ad un tratto mi fermai. Afferrai la sua mano e la tirai verso di me.

‘Dai’ continua tu’ per piacere’..

Mi fissava scioccata, alla fine, avvenne il miracolo, esitante, come un automa non si tirò indietro. Acconsentì a quella richiesta assurda, così la sua mano toccò con delicatezza la grossezza del cazzo, cingendolo inizio a muovere il polso a scatti, facendo scivolare la pelle tesa sulla massa rigida.
Quel gesto mi procurò una sensazione così piacevole che il cazzo si indurì ancora di più, agevolando quello slancio di generosità.
Quel movimento irregolare mi fece percepire le sensazioni che stava provando Cristina. La vidi tremare come una foglia. Mi avvicinai di più a lei per darle coraggio, la fissai in modo intenso. Così oltre quei vetri spessi potei vedere i suoi occhi azzurri. Era eccitata. Non c’era alcun dubbio, anche lei si era fatto coinvolgere emotivamente da quella situazione inaudita.

Le infilai una mano sotto il pullover di lana, per raggiungere le sue tette. Mi feci strada sotto il reggiseno fino a toccare la pelle morbida del seno e i capezzoli inturgiditi dalle emozioni che stava provando.
Mentre la sua mano continuava a scivolare sul cazzo, la mia sulle sue tette, le tolsi gli occhiali e sciolsi il fiocco che teneva i capelli castani chiari legati come una coda di cavallo.

Caspita, che sorpresa, senza quei fondi di bottiglia era molto carina. I capelli sciolti come un amazzone la rendevano superlativamente eccitante.
La sua bocca carnosa mi attrasse, quindi la baciai con grande foga. Lei non respinse il gesto partecipando con pari slancio emotivo. Stavamo pomiciando come folli, desiderosi di darci tutto il piacere possibile. Così scoprì che sotto quell’aria da intellettuale covavano le braci di una vera passionaria.

In quel clima infuocato continuai nella mia azione d’esploratore, le sbottonai i jeans che sotto la spinta della forza di gravità caddero fino alle ginocchia. Le mutandine di cotone mi aggredirono in tutta la loro conturbante sensualità. Era giunto il momento di ricambiare il favore. Le infilai la mano nello scoscio e raggiunsi la natura che mi aveva sconvolto la mente.
Cristina era completamente rasata perciò le dita si trovarono a diretto contatto con la vulva vaginale umida. Le fessure delle piccole e grandi labbra erano completamente impregnate degli umori che aveva segreto in abbondanza, segno che era molto eccitata. In quella convulsione sei sensi afferrai il clitoride tra il pollice e l’indice, pizzicandolo e stimolandolo con delicatezza.

‘mmmmmmmm si mi piaceeeeeeee mmmmmmmmmm
‘mmmm cristinaaaaa ho voglia di scopartiiiiiii
‘anche io lo voglioo mmm

Non me lo feci ripetere una seconda volta. In quella situazione l’unica posizione consentita era quella della pecorina. In preda ad uno stato di frenesia incontrollato, la girai facendola appoggiare con le mani sul cesso. Da tergo, prima di ficcarglielo nella fica, mi tolsi lo sfizio di infilarci la lingua. Così m’inginocchiai dietro di lei e con le dita allargai la vulva vaginale. La carne viva, unta e brillante come un diamante, si parò davanti al mio sguardo sconvolto dalla bramosia. Con la bocca ficcata quell’inferno, strusciavo con frenesia la lingua ed il naso. M’impregnai il viso dei suoi umori forti, inebrianti, che m’infondeva una voglia incredibile di violare quel santuario del piacere. Il cazzo era diventato duro come un obelisco di marmo ed anelava di infilarsi in quel forno incandescente.

‘Siiiiiiiiii mmmmmm è meraviglioso claudiooooooo mmmm
‘Cristina che gran pezzo di ficaaaaaaaaaa che sei’ mmmm hai un culo da favolaaaaaaa
‘Daiiiiii claudiooooooo ho vogliaaaa prendimi oraaaaaaa

Brandendo il cazzo con la mano destra, mi avvicinai da tergo al suo scoscio e puntai la cappella grossa e rotonda contro la vulva vaginale; poi strusciandola con forza la spinsi fino a quando le piccole labbra cedettero avvolgendola con il loro calore infernale. Il resto del cazzo seguì la cappella, sprofondando dentro quella nicchia di piacere. Una sensazione di caldo lo avvolse come una coperta termica.

‘Siiiiiiiiiiii mmmmmmmmmmmmmmmm dai scopamiiiiiiiii
‘Cazzo’. Che fica calda che hai’. Mmmmmmmmm

Mi afferrai alle sue tette, e stringendole con forza iniziai a muovere il bacino in avanti fino a quanto potevo, in profondità. I suoi singulti iniziarono ad echeggiare tra le parete di quell’angusto spazio del cesso, a testimonianza del godimento che il mio cazzo le stava provocando nel basso ventre. Il cazzo cominciò a scivolare dentro di lei prima in modo convulso poi con un ritmo più regolare e senza soluzione di continuità, guidato dal mio istinto animale voglioso solo di soddisfare il desiderio di sesso che si era impossessato della mia volontà. Mentre la scopavo le immagini di mia madre a cosce spalancate intenta a prendersi quel cazzo scuro e duro, che lei aveva intostato con un lavoro di bocca, occupava la scena dei miei pensieri stimolando la mia azione.

Mentre stringevo i fianchi di Cristina e vedevo il suo culo davanti al mio cazzo mi resi conto che quella scena era parte di una visione che si stava concretizzando.
In quel cesso presi coscienza che non erano più coincidenze. Anche io avevo quei poteri di vedere il futuro che mi riguardava. Mentre ficcavo nella fica di Cristina pensai anche alla visione assurda per contenuto che ebbi nei confronti della professoressa Martini e mi chiesi quando si sarebbe potuto realizzare. La vita ci riservava tante sorprese così mi convinsi che le cose del mondo si succedevano una dietro l’altro, quindi causa ed effetto, come la caduta dei mattoncini di un domino, una catena che si muoveva senza soluzione, legati uno all’altro, come un’onda infinita. Dovevo solo affidarmi al destino e alla corrente di quel filo invisibile.

Oooooooooooo diooooooooooo mmmmmmm sto impazzendoooo

Il cazzo era diventato duro come l’acciaio. Penetrava nella fica di Cristina senza deformarsi, come un trapano. I coglioni si erano induriti nello scroto, furono i primi segnali di un’imminente sborrata. Cristina gemeva come una cagna in calore. Le pareti della fica si contorcevano a causa degli orgasmi che le stavano sconquassando il basso ventre e serravano il cazzo come una calda morsa. Appena sentì i primi conati di sborra aumentai il ritmo delle ficcate, poi, dopo alcuni colpi in sequenza, diedi l’ultima spinta fermandomi dentro di lei, poi appoggiai il viso sulla sua schiena e inondai il suo utero di sperma.

Guuuuuuuuuuuu mmmmmmmmmmmmmmm sto sborrandooooooo mmm
Mmmmmmmmmmmm mmmmmmmmmmmm

L’orgasmo ci colse all’unisono. Gridammo nello stesso istante. Poi le mancarono le forze nelle gambe e si lasciò andare giù sul pavimento inginocchiandosi. Io da tergo seguì la sua azione tenendo il mio cazzo duro dentro la sua fica, attenuando così le conseguenze della caduta.

In quel preciso istante stavano bussando alla porta.

‘Ei c’è qualcuno? Si sente bene?

Era la voce di un ragazzo.

‘Si sto bene grazie!

Aspettammo alcuni minuti prima di uscire. Poi ancora sconvolti da quella magnifica scopata ci avviammo in biblioteca. Ma la voglia di studiare ormai se ne era andata per i cazzi suoi.

Da quel giorno, la sera, quando me ne stavo rintanato nella mia cameretta a studiare, mi arrivavano i canti gioiosi della mamma che era diventata raggiante.
Quando rientravo dalla biblioteca la trovavo sempre in uno stato di grazie che non aveva mai avuto in passato.
Dalla cucina arrivavano gli odori di una cena in fase di approntamento che prometteva di essere sontuosa, con sottofondo della sua voce allegra, che cantava con grande slancio e dal tono festoso. Si capiva che quegli effetti non erano altro che le conseguenze benevole delle scopate che si faceva con quell’energumeno.
Mio padre come di consueto se ne stava nel salotto, seduto sul divano a guardarsi la TV in attesa che la cena fosse pronta in tavola. Come capitava da molto tempo mia sorella Sara rincasava sempre in tarda serata.
Lei aveva finito le scuole superiori da circa un anno. Non ha voluto continuare gli studi, così dopo il conseguimento del diploma si era dannato l’anima a cercarsi un posto di lavoro.
Ha sostenuto tanti colloqui tutti finiti mali. Le delusioni erano diventati ormai la regola e le prospettive di lavoro una chimera, per cui rischiava di soccombere nell’assoluta depressione.

Mio padre non faceva altro che darle dei consigli su come affrontare il colloquio. Soprattutto insisteva sul fatto che una bella ragazza come lei non doveva essere avara nel mostrarsi. L’aspetto fisico se è valorizzato nella giusta misura, con abiti adeguati, diventa un buon biglietto da visita importante per ottenere qualche vantaggio rispetto ad altre. Sara era insensibile a quei consigli, perseverando a presentarsi con tailleur, giacchetta e gonna mascolina che coprivano completamente le forme del suo corpo. Capelli legati e occhiali. Non si presentava molto bene. Aveva un’aria troppo seria e da bacchettona. Soprattutto quando aspirava a farsi assumere come segretaria in grandi uffici di professionisti che tenevano in debito conto l’aspetto esteriore preferendo la donna vanesia a quelle che apparivano bacchettone e pudiche.

Quindi rientrava quando io, la mamma e papà eravamo già seduti a tavola.

Una sera. Papà:

‘Allora come è andata?
‘Male, ormai mi sono abituata!
‘Sara! Sara! Te l’ho detto che cosa devi fare se vuoi avere una chance!
‘Io non mi presento vestita come una puttana! Ho una dignità!

Ritornò dal bagno con un viso imbronciato. Si sedette al mio fianco lasciandosi cadere sulla sedia come un oggetto inanimato. Lo spostamento d’aria mi trasmise tutta la rabbia e lo scoramento che la tormentava per quell’ennesima delusione.
Nell’istante in cui allungò la mano per afferrare la brocca dell’acqua mi toccò il gomito, la vista si annebbiò e un flash comparve nel campo visivo della mia mente.

‘..Vidi Sara chiusa dentro un camerino di un negozio di abbigliamento.
La intravedevo perfettamente davanti ai miei occhi, come se fossi con lei in quel locale. La potevo osservare in ogni particolare, seguire i suoi gesti, quando si sbottonava la camicetta, attaccandola al gancio. Poi in sequenza vidi sfilare la gonna, il reggiseno e le mutandine.
Cribbio Sara era nuda davanti ai miei occhi. Il pelo pubico biondo e riccioluto mi aggredì come una ventata di calore. Il culo era rotondo e ben tornito, come il fondo di una pera, era una visione da infarto.
Si piegò a raccogliere gli indumenti intimi nuovi, che si era portato nel camerino, assumendo una posizione a pecorina superba, da togliere il fiato.
Da tergo potevo distinguere nei dettagli le labbra vaginali, divise da quelle interne, sporgenti e frastagliate come la cresta di un gallo. Erano così nitidi che potevo toccarli.
Fu la prima volta che potei ammirare le grazie di Sara. La sua giovane bellezza era aggressiva e conturbante. I lunghi capelli, lisci e biondi, le cadevano sfiorando i seni grandi come due coppe di champagne.
I capezzoli erano pronunciati e marroni. La pelle era bianca come la neve, molto sensuale. Nello stesso istante sentivo una strana sensazione. Mi accorsi che non ero il solo a spiare la cara sorellina. Difatti, la tenda non era perfettamente chiusa, dall’altra parte sorpresi mio padre bloccato, incantato a guardare Sara. I suoi occhi erano completamente aperti. Sembrava che volessero schizzare fuori dalle orbite.
Intanto Sara finì di vestirsi. Prima di uscire si infilò le scarpe a spillo nere e si aggiustò gli autoreggenti scuri. Era una visione che poteva uccidere un cardiopatico.
Si presentò davanti allo sguardo eccitato di mio padre con una maglietta attillata che metteva in risalto le grosse tette e fianchi stretti. La gonna di flanella leggera, cortissima, che esaltavano le sue meravigliose cosce.
Sfilò in quella mise ancheggiando con disinvoltura, curando il movimento dei fianchi in modo sinuoso. Con passo da pantera sfilò sotto gli occhi allupati di papà.
Papà, era emozionato, contemplava il corpo di Sara senza nascondere le sue intenzioni morbose.
Si capiva, palesemente, che era letteralmente incantato da lei.
Sara sembrava apprezzare quella reazione. Aveva lo sguardo lucido e si sentiva lusingata dal modo come la fissava papà.
Inoltre, approfittò di quella situazione in modo sfacciato, quindi andò in giro nel negozio a prelevare altri capi di vestiario.
Papà assentiva sorridendo come un ebete. Era totalmente nelle sue mani. Completamente soggiogato dalla sua bellezza. Sara rientrò nel camerino chiudendo la tenda fino in fondo. Poi oscillando il capo, si bloccò ad osservare gli anelli. Si morse un dito, allungò di nuovo la mano sulla tenda e l’aprì quel tanto da permettere a papà di continuare a sbirciare dentro.

‘Claudio mi passi il sale? Claudio ti sei incantato?
La voce di Sara mi sbloccò da quel sogno.

‘cosa? Si! Ecco!

Imbarazzato le porsi il sale, lei invece di ringraziarmi mi fulminò con uno sguardo truce.

Proprio in quell’istante, Papà posò il cucchiaio nel piatto, incrociò le dita della mano. Vi appoggiò il mento, come se stesse riflettendo. Poi rivolgendosi a Sara.

‘Sara. Ti devi adeguare alla moda!
‘Che dici papà!
‘Dico che dovresti cambiare il tuo look! Purtroppo in Italia conta più l’apparenza che il merito!
‘Papà io non mi vendo come una prostituta! Se la gente mi vuole deve accettarmi così come sono!
‘Guarda che non devi cambiare carattere o personalità! Devi solo cambiare il tuo guardaroba! Basta con sti jeans, pastrani e maglioni extralarge!
‘E’ come dovrei vestirmi! Come le veline?
‘Perché no? Non sei brutta! Anzi! Dovresti valorizzare di più le tue doti fisiche, guarda quante cozze ci sono in giro? Vestite come veline! E sono ridicole!

Intervenne la mamma.

‘Sara! Papà ha ragione! Dovresti curare di più il tuo aspetto femminile! Non sei più una ragazzina!
‘E cosa dovrei fare secondo voi?

Papà:
‘Io lo so cosa fare subito!
‘Che cosa?
‘Oggi pomeriggio vieni con me! Andiamo in centro e ti compri i vestiti giusti!

Appena papà pronunciò quella frase il boccone mi rimase in gola. Cominciai a tossire cercando di sputare l’ingombro che mi bloccava il respiro. La mamma intervenne, colpendomi con forza alla schiena fino a quando il grosso boccone non venne sputato nel piatto.

Sara.
‘Il solito baccalà! Possibile che sei così imbranato!
‘Stronza! Mi stavo strozzando!
‘Sai che perdita per l’umanità! Solo ai maligni capitano certe cose!
‘Proprio tu parli! Lo so cosa ti passa per la testa!
‘di cosa stai parlando?

Cazzo stavo pensando alla visione. Divenni rosso come un papavero perché non sapevo cosa rispondere.

‘Hai usato il mio rasoio nuovo! Per depilarti le gambe! Potevi chiedermelo!
‘ahahahahah… ma sei un idiota! Lo hai lasciato nel bagno a disposizione di tutti!
‘Si.. ma .. ma tu sapevi che era il mio!
‘Ho un fratello deficiente! Cerca di crescere di testa!

Intervenne papà.
‘Adesso voi due la finite! Co ste stronzate!

Sara si alzò.
‘Sto deficiente mi ha fatto passare la fame! Vado in camera!

Papà.
‘Ci vediamo dopo, verso le tre!
‘Va bene papà!

Mentre usciva dalla cucina sorpresi papà che fissava il culo di Sara. E lo sguardo non era quello di un genitore disinteressato, anzi le sue intenzioni si coglievano palesemente.

Quel pomeriggio avevo due ore di lezioni di ginnastica. Visto che finivo alle cinque e mezza dissi alla mamma che sarei rimasto fuori con Cristina. Fastfood e poi a casa sua fino a quando non rientravano i suoi genitori. Mi aspettava una serata di fuoco.

‘Va bene Claudio, coincidenza proprio stasera anche io ho un impegno, con mia sorella Michela. Sara provvederà a preparare la cena a papà!

Da qualche tempo la mamma inventava un casino di scuse per uscire la sera. Io sapevo quali erano i veri motivi. Si incontrava con quell’energumeno di idraulico, che ormai era diventato il suo amante. Ogni volta che toccavo la mamma mi apparivano le sequenze di sesso che avrebbe poi realizzato con il suo omone. La mamma accontentava i gusti trasgressivi del suo amante nei modi più perversi che si possa immaginare. Uniformi da infermiera, da crocerossina, da suora, con tanto di calze e reggicalze. Insomma davano libero sfogo alle loro fantasie senza alcun ritegno o limiti morali.

Le nove di sera. Rientrai in casa. La mamma non c’era. Sara era nel bagno. Sentivo lo stereo a tutto volume e la sua voce si accordava con gli acuti di Rihanna. Papà mi aveva lasciato un biglietto.
‘Stasera per motivi di lavoro sarò costretto a restare fuori, nel mio studio trovi il mio portatile, non riesco a riavviarlo. Per cortesia guarda se può sistemarlo. Grazie Claudio’

Come al solito papà aveva bloccato il portatile. Non dovevo fare altro che avviarlo con il disco di ripristino del sistema e correggere gli errori.

Andai nel suo studio. Trovai il portatile sulla scrivania. La poltrona era stata spostata verso il centro della stanza. Decisi di metterla al suo posto, a fianco della scrivania.

Appena afferrai il poggia schiena della poltrona la vista si annebbiò e mi trovai nel bel mezzo di una visione. Ero in casa mia. Non c’era nessuno. Dopo alcuni minuti sentì la serratura della porta che si apriva.
Si spalancò davanti a me. Era papà, seguita da Sara. Erano tutte e due pieni di pacchi e buste. Si capiva che erano appena rientrati dallo shopping.

Sara rideva. Era allegra. Papà non smetteva di rispondere al suo sorriso.

‘O papà! Grazie! Avevi ragione tu! Quando indossavo quei vestiti mi sentivo un’altra persona! Mi guardavo allo specchio e stentavo di riconoscermi!
‘Te lo avevo detto tesoro! La vita è una giungla! E come tutte le giungle sopravvivono solo coloro che si adattano!

Sara lasciò cadere i pacchi sul pavimento, e in piena euforia, abbracciò papà. Lui ricambiò quel gesto spontaneo. Durante l’effusione notai che le mani di papà si spostavano sulla schiena di Sara. Le carezze non sembravano leggere. Si capiva che dietro quel gesto si nascondeva un’intenzione diversa dall’amore paterno. Papà aveva il suo viso immerso nei capelli di Sara e sembrava che la stesse annusando, come si fa con una rosa.

Fu proprio lui il primo a staccarsi.
‘Bene io vado nello studio! Prima di andare via avrei alcune cose da sbrigare. A proposito la mamma deve aver lasciato qualcosa in frigo, ci pensi tu a metterlo nel forno micro onde? Ci vediamo dopo in cucina!
‘Ok papà! Io intanto vado a sistemarmi la roba nell’armadio!

Sara prima di scappare diede un altro bacio a papà. Lui rimase bloccato nel corridoio a fissare il fondo schiena di Sara mentre allegra stava raggiungendo la sua stanza.

Papà entrò nello studio. Si sedette alla scrivania ed accese il computer. Il portatile non si avviava e innervosito cominciò a bestemmiare. Ero di fronte a lui. Ad un certo punto alzò lo sguardo e fissò l’ingresso. I suoi occhi si illuminarono come due fari. L’espressione del viso fu di sconcerto.
Mi girai per vedere che cosa aveva attirato la sua attenzione e provocato quello sguardo stralunato. Non appena lo vidi rimasi basito. Non potevo credere ai miei occhi.

Era Sara. Indossava una canotta attillata nera, con una minigonna vertiginosa gialla. Vestiva un completo alla parigina; si potevano intravedere nei dettagli gli autoreggenti neri che lasciavano scoperto un lembo di pelle nuda delle cosce che si perdevano sotto la gonna. I lunghi capelli biondi le cadevano sulle spalle.
Era una visione incantevole, un’immagine così eccitante che solo poche persone avrebbero potuto resistere a quella tentazione infernale. Papà la fissava con un’intensità tale che sembrava volesse mangiarla con gli occhi. Si percepiva chiaramente la sua bramosia.
Sara sorridendo inizio a fare alcuni passi verso l’interno dello studio. Oscillando i fianchi con movimenti impressionanti che incidevano nella mente di papà come lava incandescente.

‘Papà, guarda, non trovi che questa roba mi sta bene! L’ho indossati, non appena mi sono vista riflessa allo specchio non ho potuto resistere alla tentazione di mostrateli. Avevi ragione tu! L’abito fa il monaco o la monaca hahahah.
‘Sara! io… io.. credo che sei incantevole….
‘O papà grazie! Non so come ripagarti!

Sara corse verso papà e fece una cosa incredibile che cambiò la storia della nostra famiglia.
Si sedette sulle sue ginocchia.

Il viso di papà iniziò a turbarsi in modo sconvolgente. Si capiva chiaramente la sofferenza che stava sopportando. Sara, incurante delle reazioni di papà, continuò a tenere un atteggiamento provocante, promiscuo, abbracciandosi a lui strofinandole con molto slancio le tette contro il volto. Non so per quanto ancora papà avrebbe resistito a quell’aggressione di adrenalina.

Infatti. Non dovetti aspettare molto.

‘Sara. io… io…
‘Si papà…
‘Ecco io… non so.. se…

Successe. Ad un tratto vidi la mano di papà infilarsi nelle sue cosce iniziando a ravanare sulla pelle nuda. Lo faceva tenendo gli occhi chiusi. Forse per timore di trovarsi a guardare il suo sguardo.

Lei non reagì subito, ma dopo alcuni secondi.

‘MMMMMMMmmm siiiiiiiii mi piace papàà

Sara stava ansimando mentre la mano di papà si stava facendo strada nell’interno cosce. Lei le aveva agevolato il compito allargando le gambe, permettendomi di vederla, chiusa a coppa nello scoscio, mentre torturava la sua figa, separata da una tenue stoffa completamente impregnata di umori.
Una spallina della canotta si abbassò di lato lasciando che un grosso seno spuntasse davanti alla bocca di papà. Lui, appena la vide, non ci pensò un secondo ad abboccare come un pesce. IL capezzolo turgido come una ciliegia divenne cibo prelibato per la bocca di papa, che iniziò a tormentarlo mordendolo con le labbra.
Sara subiva l’assalto convulso di papà ansimando come una cagna in calore. Mentre la sua figa veniva tormentata dalle dita di papa, il seno dalla bocca ed i glutei dall’altra mano, lei si era distesa con la schiena su papà, concedendo il suo corpo alla sua azione libidinosa e godendosi i piaceri che le stava provocando.

Ad un certo punto papà fa sedere Sara sulla scrivania, lei si distende supina con le cosce oscenamente spalancate. Papà in mezzo inizia ad accarezzare la pelle bianca delle cosce, poi in preda alla follia dei sensi si butta ed affonda la bocca tra le fenditure della fica, esposta al suo sguardo dopo che le aveva spostato di lato le mutandine di cotone perizzomato, bloccandola dai glutei.
Papà iniziò a leccare avido nella carne fresca di Sara. Lei percependo quell’aggressione profonda della lingua reagiva contorcendosi sulla scrivania e scompigliando i capelli grigi di papà.

‘oooooooooooo papààà mmmm mi stai facendo impazzire dal piacereeeeeeeeeee

Sembrava posseduta dal diavolo per come agitava il corpo in modo serpentino. Ad un certo punto papà si alza ed inizia a sbottonarsi i pantaloni, con mani frenetiche, mentre fissa in modo libidinoso lo sguardo di Sara.
Dopo alcuni gesti fatti velocemente, la sua possente erezione viene ostentata sotto gli occhi eccitati di Sara. Che, seguendo un istinto naturale si piega verso di lui e comincia ad accarezzare quel pistone come se fosse un oggetto prezioso.
Lo tocca con entrambe le mani e lo impugna come un’elsa di una spada. I movimenti sono lenti e costanti. Intanto papà la stava baciando sul collo e sulle spalle. Sara alza il capo fissa papà ed affonda la sua bocca in quella di lui. Si baciano con grande passione. Le loro mani si muovono frenetiche lungo le loro schiene. Ad un certo punto papà, in piedi in mezzo alle cosce aperte di Sara, brandisce il suo cazzo e lo punta contro la figa. E’ una questione di secondi, poi da una possente spinta in avanti.

‘OOOOOOOOOOOOOOO Siiiiiiiiiiiiiiiiii papà mmmmmm è meravigliosooooo
‘Tesorooooooo mmmmm sei un forno bollenteeeeeeeeeee

Ero di fronte a loro, scioccato ma eccitato come un toro da monta. Vedere papà e Sara scopare in quel modo mi stava provocando un terremoto di adrenalina. Ero super eccitato, il mio cazzo cominciò a spingere nelle mutande come un ariete impazzito.

Papà stava ficcando in modo frenetico, ad un ritmo vertiginoso, come un montone ingrifato, accanendosi con furia tra le cosce aperte di Sara, con una forza incredibile. Le gambe oscenamente spalancate di Sara erano completamente allungate in aria, accogliendo il corpo massiccio di papà che si muoveva in mezzo verso il suo grembo, appigliato come una piovra ai suoi fianchi. Si capiva che stava sfogando un’energia che si era accumulata da molto tempo. Ora la stava scatenando come un monsone tropicale, con una forza distruttiva che piegava il volere di Sara costringendola a gridare con quanto fiato aveva in gola gli effetti di un piacere estremo.

‘Cribbiooooooooooo quanto sei bella tesorooooooo mmmm sto impazzendoooooooo

La girò a pecorina, sdraiandola con il ventre sul tavolo. L’afferrò dai fianchi ed in pochi istanti il suo cazzo scomparve nello scoscio di Sara. Come un segugio che conosceva per istinto la via del piacere.
La cara sorellina era di fronte a me. Potevo vedere il suo viso stravolto e deformato dal godimento che stava provando nel basso ventre. Le mani di papà si erano serrate attorno al suo seno stringendoli con foga in accordo con la sua mente completamente in estasi per quella meravigliosa scopata incestuosa.

Papà, dopo alcuni colpi assestati con una potenza inaudita, trascinò Sara al centro dello studio, spostò la poltrona si sedette. Poi invitò Sara ad impalarsi sul suo palo che si innalzava come una torre di marmo. Sara aprì le cosce, volgendo le spalle a papà, poi afferrò il suo cazzo e guidò la grossa cappella contro la vulva vaginale, si sedette e si lascio impalare fino alla base dei coglioni schiacciati sulla poltrona. Poi iniziò a muoversi sopra di lui cavalcando come un amazzone.

‘MMMMMMMMM papà mmmm sto godendooooooooo
‘Siiiiii tesoroooooo lo sentoooo mmmmm dai muovitiiiiiiiii

Dopo alcuni minuti di forsennato accanimento, papà iniziò ad urlare.

‘Tesoro.. non fermarti… sto venendooooooooo mmmmm tooooooooo mmmm tooooooooo

Infatti, l’aveva afferrata dai fianchi serrandola contro il suo grembo. La teneva ferma mentre il suo cazzo all’interno della vagina si stava scatenando in una poderosa sborrata.

Vidi Sara muoversi per alcuni secondo. Poi si fermò spossata dalla fatica, mentre papà, seduto sotto di lei, con lo sguardo stralunato, in estasi, ansimava come un animale in agonia, stava sborrando. Sara nello stesso istante urlò in preda ad un orgasmo estremo provocato da quella folle scopata.

Mentre fissavo la poltrona Sara e papà svanirono dalla mia vista come fumo e mi trovai nello studio da solo. Ero scioccato per quello che avevo visto. Questa volta però mi sorse un dubbio. Non capivo se fosse una premonizione o un fatto già accaduto.

Le forze mi abbandonarono e dovetti sedermi sulla poltrona. Stentavo ancora a credere a quello che avevo visto.
Proprio in quell’istante entrò Sara. Era in accappatoio con un asciugamano avvolto attorno ai capelli bagnati.

‘Che fai? Ti senti bene?
‘Si! Solo un leggero giramento di testa! Adesso sto bene!
‘Papà mi ha chiesto di dirti di dare un’occhiata al suo portatile!
‘Lo so ho letto il suo biglietto! Ma oggi non siete andati a fare shopping?
‘No ! abbiamo dovuto rimandare a domani! Papà è dovuto scappare per un impegno improvviso!
‘A!
‘Mi ha promesso comunque che domani mi dedicherà tutta la giornata!

Quindi era una premonizione. La cosa mi sconvolse. Il giorno seguente sarei andato con la scuola in gita. Sarei stato fuori tutto il giorno. La mamma come di consueto avrebbe inventato una scusa per incontrare il suo amante. Tutto combaciava alla perfezione.
Guardai Sara con un pizzico di invidia per mio padre, e la cosa mi eccitava moltissimo.

Continuai ad avere delle visioni che riguardavano la mia professoressa di matematica, erano sempre più spregiudicate.

Quando arrivai alla fine dell’anno, dovevo rimediare un debito in matematica. La professoressa Martini:

‘Bianchi! C’è solo un modo per rimediare il debito! Sarebbe ora che tu prendessi delle lezioni di ripetizione! Quest’anno all’esame avrai senz’altro la prova di matematica, quindi, da oggi, fino alla vigilia degli esami, sono disposta a darti personalmente le lezioni che ti servono. Quindi, ti aspetto oggi alle tre a casa mia.
‘Va bene professoressa!

Il resto della storia la conoscete già. Il primo giorno fu travolgente e mi sconvolse i sensi per come mi aveva accolto, perché la realtà superò di gran lungo le premonizioni.

Un giorno toccai occasionalmente l’accappatoio di Sara, ebbi una visione inaudita in cui me la scopavo selvaggiamente nella vasca da bagno. Aspettai fiducioso il futuro.

Così va la vita.

Guzzon59@katamail.com

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