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Quando il mio Padrone mi aveva detto che sarebbe stata una giornata che non avrei dimenticato

By 8 Gennaio 2015Dicembre 16th, 2019No Comments

Quando il mio Padrone mi aveva detto che sarebbe stata una giornata che non avrei dimenticato, avevo pensato che sarebbe successo qualche cosa che non era mai accaduto prima. Saremmo usciti? Mi avrebbe portato in qualche posto dove non eravamo mai stati prima? Era stato abbastanza vago su questo punto e io non avevo osato fare domande: amo quando il mio Padrone non mi fornisce dettagli, quando desidera che io sia in grado di affrontare qualunque imprevisto. La sola cosa che mi aveva ordinato di preparare erano le polsiere e le cavigliere di cuoio. Le avevo distese sul letto, per bene, come so che piacciono a lui. Mi aveva chiesto di non indossarle, perché &egrave un segnale convenuto: quando desidera che io sia totalmente Sua, &egrave Lui (e solo lui) che le allaccia ai miei polsi e alle mie caviglie. E’ un segnale di completo abbandono e appartenenza, che mi fa sentire in suo potere e che mi eccita moltissimo.

Ecco il segnale convenuto: il citofono suona ed io mi faccio trovare con la mia lunga vestaglia in stile giapponese: lui entrerà, non dirà una parola, si dirigerà verso il mio armadio e metterà sul letto gli abiti che desidera io indossi. Adesso &egrave lui che sceglie per me che cosa vuole vedere sul mio corpo e io non posso oppormi. In base a quello, mi truccherò con cura, indosserò il cappotto e usciremo di casa. Sono pronta e il mio corpo me lo comunica con un fremito che ben conosco: il fremito del desiderio e del piacere che solo Lui potrà concedermi.
– ‘Buonasera, Cagna’. A quelle parole le mie gambe cedono: non mi saluta mai, quindi percepisco che ci sia qualche cosa di diverso dal solito. Si muove nel mio ingresso, allunga un dito verso la scollatura della mia vestaglia per vedere che tipo di intimo indossi sotto: nessuno, come so che piace a lui. Il suo indice freddo (fuori &egrave inverno ma lui non ama indossare guanti) corre lungo il profilo del mio seno ed in un attimo i miei capezzoli diventano turgidi: mi basta il suo tocco, mi basta sentire il suo profumo.

– ‘Fuori fa molto freddo. E’ per questo che ho deciso che non usciremo, questa volta, ma resteremo qui, in casa. Oggi ho voglia di fare molte cose con te, alcune ti piaceranno, alcune ti sorprenderanno, altre invece ti imbarazzeranno e ti faranno sentire una sporca sgualdrina. Ma se sarai capace di sopportare tutto ciò a cui desidero sottoporti, non ti sentirai più la donna di prima.
Non sapevo bene che cosa pensare, ma Lui sa sempre come convincermi. Gli ci volle un secondo per sciogliere la cintura della vestaglia e lasciarmi totalmente nuda all’ingresso di casa. Le sue mani gelate scrutarono il mio corpo in un secondo, desiderando possederlo con violenza: il mio Padrone ha voglia di me e io ho voglia di Lui. L’attesa che ci siamo imposti adesso &egrave un desiderio famelico di possederci e Lui di certo non me lo fa intuire’ Le mie braccia sono attorno al suo collo.
Le sue mani afferrano il mio culo e lo stringono con un desiderio violento: lo afferra e mi prende in braccio. Mi scaraventa sul letto in un secondo, ha voglia di me e non può più aspettare. Le sue mani sono sul mio corpo, lo afferrano, lo stringono: le sue labbra mi mordono e mi succhiano, la sua voce &egrave roca e il suo respiro affannoso. Non può più aspettare. Senza dire una parola, dopo essersi tolto la giacca, si slaccia la cintura dei pantaloni: la usa per legarmi al letto con una violenza e un trasporto che non conoscevo.
– ‘Ti dirò esattamente che cosa voglio fare di te. Prima ti scoperò senza troppi complimenti. Ho voglia di te, del tuo corpo, di possederti come un Padrone fa con la sua Cagna. Se ti sentirò fiatare, godere, ansimare, verrai punita. Sono io che devo godere, a te non &egrave concesso. Ancora. Spalanca le cosce. Ti concedo di non avere le caviglie legate ancora. Se opporrai resistenza, &egrave la prima cosa che farò.
Non osavo dire una sola parola: quella decisione nella sua voce, quel sentirmi presa senza troppi complimenti mi stava mandando fuori di testa, ma dovevo stare bene attenta a non lasciarmi andare troppo e troppo in fretta: non ero io a dover godere, Lui era stato molto chiaro in merito.
Aprii le cosce, mentre il mio seno era dritto, i capezzoli duri: lo desideravo, volevo essere sua in tutti i modi possibili.
In un attimo infilò due dita nella mia fighetta che era già un lago ‘Cagna, senti che lago che sei. Senti come scivolo dentro di te senza difficoltà. Quanto sei Troia, quanto sei Puttana.’
Le sue dita mi stavano esplorando, ma sapevamo tutti e due che ben presto dentro di me sarebbe entrato altro. Non osavo fare un fiato, ma era sempre più difficile non reagire ai suoi movimenti. Sapevo che non sarei stata capace di farlo ancora a lungo.
Si allontanò da me giusto il tempo di slacciarsi i pantaloni: pensavo li togliesse e invece no: mi voleva subito, come una vera Puttana. Slacciati i bottoni, liberò un’erezione potente. ‘Adesso ti scopo come si scopa una Puttana. Voglio aprirti in due e sfondarti’. Ed in un attimo infilò il suo cazzo dentro di me. In un colpo solo. Senza che io potessi dire nulla. Lo sentii tutto fino in fondo. Le mie cosce si tesero e feci uno sforzo incredibile per non dire una sola parola: ero eccitatissima e lo desideravo come mai prima di quel momento. Lui si muoveva dentro di me con movimenti forti, con colpi ben assestati ed io sentivo il desiderio crescere dalle gambe, dalle cosce: la mia fighetta era in fiamme, mitigata solo dagli umori grondanti che non potevo arginare.
‘Sei la mia Troia. La mia Puttana.’
Sentivo che non poteva resistere a lungo: aveva voglia di venire così ma io non potei resistere e, senza rendermene conto, dalla mia bocca uscì un suono gutturale, godimento misto a desiderio. Lo fece scattare e in un secondo, uscito da me, venne sul mio corpo nudo e pronto ad accoglierlo. Sentii quel fiume caldo inondarmi e mi resi conto che’ che non era solo nettare bianco! Il mio Padrone, per il desiderio, mi stava pisciando addosso. Non era riuscito a resistere, non mi aveva avvisato e ora ero inondata.
‘Tu sei una Cagna’, mi disse appena finito ‘ti avevo detto di non fiatare oppure saresti stata punita. Il tuo Padrone &egrave un uomo di parola e così sarà’.
Dopo avermi liberato le mani dalla cintura mi lasciò sul letto, coperta dei suoi umori e della sua pipì. Lo sentii entrare in bagno e aprire l’acqua della doccia.
Quando tornò, indossava solo i pantaloni.
‘Alzati. Cagna. Vai in bagno, troverai ciò che ho preparato per te’.
Quando entrai in bagno, non ebbi dubbi sul fatto che il suo desiderio fosse quello di umiliarmi. C’era tutto l’occorrente per un clistere, con il liquido già pronto nella sacca. Il mio Padrone era dietro di me, prese lo sgabello che avevo in bagno e si sedette di fronte a me, chiudendo la porta alle sue spalle.
‘Adesso ti sdraierai, infilerai la canula nel tuo bel culetto e io aprirò la valvola del clistere. Deciderò io il flusso. Deciderò io il tempo. Dovrai implorare e non sarà finito fino all’ultima goccia. Poi, deciderò io quando e come ti potrai svuotare. E’ tutto chiaro, Cagna?’
Quel suo modo di rivolgersi a me mi eccitava alla follia, eppure allo stesso tempo mi sentivo umiliata: ero sporca, puzzavo, i miei capelli erano intrisi di umori e di pipì e ben presto sarebbe stato ancora peggio. Mi sdraiai a terra e misi in mostra il mio culo: voleva essere lui a infilare la canula.

La inserì lentamente, voleva sentire la plastica scivolare sulle pareti interne del mio ano, voleva sentire quella piccola resistenza che lascia poi il posto ad una sensazione di assoluta libertà. Io mi sentii invadere, mi sentii completamente in sua balia. E poi, aprì la valvola. Dapprima sentivo quel liquido caldo invadermi lentamente, goccia a goccia. Non saprei dire quanto tempo durò, ma all’improvviso, fu come un fiotto caldo che si impossessò di me e cominciai a sentire la pancia tendersi. Adesso il liquido scendeva molto più velocemente e io sentivo che non avrei resistito a lungo. Potevo quasi immaginare il ghigno del mio Padrone. Voleva vedermi contorcermi a terra, implorare pietà e chiedergli di farla finita, ma proprio mentre queste parole stavano uscendo dalla mia bocca, sentii che quella cascata di acqua calda si era fermata.
Il mio Padrone aveva interrotto il flusso chiudendo al minimo la valvola.
Il sollievo durò solo qualche istante. Il mio Padrone sapeva esattamente che così facendo avrebbe semplicemente prolungato la mia agonia, che infatti non tardò a rifarsi avanti. Sentivo che non avrei resistito a lungo a questa specie di tortura: ero totalmente esposta, totalmente in suo potere, totalmente soggiogata alla sua mente e sentivo un brivido di folle piacere e desiderio invadermi. Più venivo umiliata, più mi rendevo conto che questo lo eccitava, più desideravo che il tutto durasse, ma allo stesso tempo, mi accorgevo che la mia resistenza non poteva durare a lungo.
‘Ti prego, Padrone. Non ce la faccio più. Ti prego’.
Lo sentii sorridere. E avvicinarsi. Aprii la valvola al massimo, ma quello che disse non mi rassicurò affatto. ‘Molto bene, Cagna.’.
Al termine del clistere, sentii che non potevo resistere a lungo prima di liberarmi, ma il mio Padrone aveva altri piani per me.
Mi fece sedere sullo sgabello, posizionandolo esattamente al centro del bagno e andò a prendere le cavigliere che erano in camera. Sempre senza dire una parola, spalancò le mie cosce e fermò le caviglie alle zampe dello sgabello, in maniera tale che il mio clitoride fosse totalmente esposto. Io non potevo resistere a lungo in quella posizione: cercavo di stringere il culo, ma sapevo che non avrei potuto rimanere in quelle condizioni per molto tempo. Il fatto che la mia fighetta fosse spalancata davanti a lui, rendeva il tutto ancora più complicato.
Non disse una parola, ma si avvicinò alla mia intimità e iniziò a prendersene cura, con le dita e con la punta della lingua

Sentii un brivido lunghissimo corrermi dentro e capii che non avrei resistito. Sarei venuta ben presto, perché non desideravo altro, ma sapevo anche che non sarei riuscita a non liberarmi nel farlo. La sua lingua mi torturava, le sue dita sfioravano le mie labbra con una sapienza e con un’attenzione che non credevo possibili: sentivo la punta umida sfiorare il mio clitoride e farlo suo, mentre le dita mi penetravano senza pietà. Dentro e fuori, dentro e fuori.
Non so dire quanto a lungo durò. Il fatto di non poter chiudere le cosce, di essere completamente esposta e senza difese non faceva che aumentare il desiderio e il godimento. E alla fine venni. Venni urlando, venni senza potermi trattenere. Il mio corpo fu scosso da lunghissimi brividi di piacere e dalla mia gola uscì un grido incontenibile.
‘Padrone, non resisto più, devo liberarmi!!!’.
‘Fallo Cagna. Fallo ora e in questa posizione’.
E così mi lasciai andare. Venni in un orgasmo folle e allo stesso tempo mi liberai. Fu una liberazione completa e totale. Senza freni. Mi sentivo sporca, umiliata, posseduta, totalmente in balia. Sentivo i suoi occhi che mi guardavano, le sue mani che continuavano a stringere i miei capezzoli mentre un fiume usciva da me.
‘Eccola la mia Cagna. In tutto il suo splendore. In tutto il suo essere Puttana’. Quando aprii gli occhi mi resi conto che il mio Padrone non indossava più i pantaloni, ma era nudo anche lui.
Il bagno versava in condizioni disastrose, con tutti quei liquidi a terra. Eravamo totalmente circondati. Lui era entrato nella vasca, giusto in tempo a non sporcarsi.
‘Ora, Cagna, pulirai tutto con molta attenzione. Solo dopo che il bagno sarà tornato al suo splendore, ti concederò di farti la doccia insieme a me.’

Mi inginocchiai, dando a Lui la visione del mio culetto aperto e iniziai a pulire con molta attenzione tutto il pavimento. Allargai lievemente le cosce, per dargli una visione completa. E lo sentii ansimare. Non potevo vederlo, perché ero bene attenta a dargli le spalle, ma avrei giurato che si stesse masturbando. E per completare la mia opera, quando il pavimento iniziava ad essere più pulito, mi infilai un dito dentro e iniziai a masturbarmi lentamente, senza fretta. Volevo che vedesse che effetto mi faceva. Volevo che si rendesse conto di quanto ancora lo desiderassi.
‘Vieni qui, Cagna.’
E così mi avvicinai. Furono queste le parole che aspettavo. ‘Adesso il tuo culo sarà mio. Perché questo &egrave solo l’inizio’.
E SI. QUELLO FU SOLO L’INIZIO DI UNA GIORNATA ANCORA LUNGA.
E quello fu davvero solo l’inizio.
Mi prese senza troppi complimenti, appoggiando le sue mani sicure e forti sui miei fianchi, che come per un ordine misterioso aderirono perfettamente al suo bacino: volevo che sentisse quanta voglia e avessi di lui, quanto volessi essere completamente sua. Pensavo avrei sentito tutta la sua possenza impadronirsi di me, ed ecco perché rimasi sorpresa quando sentii la punta della sua lingua giocare con il mio buchino. Una punta umida, calda, golosa, che si era avventata fra le mie natiche e che, senza sosta, leccava’ leccava’ leccava’ Quel trattamento mi mandava in estasi, sarebbe potuto durare molto a lungo senza che io potessi in alcun modo opporre resistenza.
All’improvviso sentii un dito penetrare il mio culetto, che era stato adeguatamente preparato dal suo lavoro di labbra e di lingua: lo sentii affondare con decisione, fino alle viscere, e scavare in profondità, senza sosta, quasi a volere cercare un tesoro nascosto, chissà dove. Intanto con il pollice della stessa mano, iniziò a frugare nella mia fighetta, come fosse una tortura impietosa.
Mi aveva ordinato di non fiatare, di non emettere nemmeno un suono, altrimenti l’avrei pagata cara. Lo sentivo impossessarsi di me, mentre con una mano teneva piegata la mia schiena: voleva che gli offrissi uno spettacolo completo del mio corpo, totalmente soggiogato al suo volere di Signore e Padrone. Sentivo le sue mani ed il suo fiato nel mio orecchio, sentivo dentro di me montare un desiderio fortissimo di appagarlo e di renderlo orgoglioso di questa sua Cagna che si stava prendendo senza pietà.
All’improvviso, sentii le sue mani uscire da me e fu un attimo: mi penetrò senza troppi complimenti, con un solo, deciso, violentissimo colpo. Lo sentii gemere e questo mi mandò fuori di testa: stavo facendo godere il mio Padrone e per me non c’era niente altro che contasse veramente. Mentre mi penetrava, le sue mani iniziarono a tormentare i miei seni, stringendo forte i capezzoli fra il pollice e l’indice. Quella pressione mandava in tilt il mio cervello e non potei fare a meno di gemere con forza. Sapevo che sarei stata punita per avere ardito tanto, per avere trasgredito un preciso ordine del mio Padrone, ma non potei farne a meno. Mi sentivo completamente riempita dal mio Padrone, che gemeva con forza. Decise di venire nel mio culo, ma non furono solo i suoi umori a riempirmi. Sentii un getto caldo inondarmi le viscere e capii che si stava svuotando nuovamente dentro di me. Mise una mano davanti alla mia bocca per impedirmi di urlare e soffocando così un gemito che non potei contenere.
Mi aveva completamente aperta, presa, consumata fin nella parte più profonda e intima di me ma sembrava non ne avessi abbastanza. Quando sentii il suo corpo rilassarsi, girai lo sguardo verso di lui. I suoi occhi fiammeggiavano, fra il desiderio consumato e una voglia non ancora sopita.
‘Cagna. Ti avevo ordinato di non fiatare. Ma tu non sei stata in grado di assolvere un semplice compito come quello che ti avevo impartito. Adesso sentirai che cosa significa la disobbedienza, capirai quanto non ti conviene non ascoltare le parole del tuo Signore’.
Quella voce così imperiosa mi riportò alla realtà. Che cosa avrebbe ancora voluto dal mio corpo? Dalla mia mente? In quale altro modo avrei potuto soddisfare le sue voglie e i suoi desideri, dopo tutto quello che in quella giornata stavamo vivendo?
Mi prese per i capelli e mi trascinò nuovamente nell’altra stanza. Mi sentivo sporca, inondata di liquidi, una Cagna vera e perversa che ancora non trovava appagamento. Una parte di me era profondamente spaventata da quello che sarebbe successo di lì a poco: il non sapere era un tormento, ma anche una inestimabile fonte di piacere. Mi fece sdraiare sul letto, intimandomi di allargare le braccia e le gambe, come una croce. In questo modo, la mia schiena e il mio culo erano completamente esposti alle sue bramosie. Cercai di girare la testa, per capire quali fossero le sue intenzioni, ma ben presto calò sui miei occhi una benda che mi impedisse di guardare. Sentii i suoi passi allontanarsi e poi tornare. Fra le sue mani doveva avere qualche cosa, perché sentii uno strano fruscio e capii presto che si trattava di corde. Mi legò le caviglie e i polsi, uno per uno, alla testiera del letto, come in una croce meravigliosa. Non potevo muovermi, non potevo vedere, potevo solo ‘sentire’. E le sentii tutte le sue frustate, che arrivarono a intervalli più o meno regolari, a coprire la schiena, il culo, le cosce, i polpacci, perfino i piedi. Le sentii in tutta la loro potenza, cariche di quella eccitazione che non si può spiegare ma solo vivere. Vivere fino in fondo. Cercai di stare bene attenta a non perdere il conto e a urlarle ad alta voce: so che &egrave una cosa che il mio Signore ama profondamente e alla quale non rinuncia.
Furono 80. Non una di più, non una di meno. Senza pietà, senza sosta. Credo che urlai, che piansi, che provai a dimenarmi, ma quei nodi e quei legacci erano troppo stretti. Voleva che fossi immobile, voleva che sperimentassi sulla pelle che cosa significa la disobbedienza.
Sentivo la mia pelle ardere, immaginavo i segni che quel trattamento avrebbe lasciato su di me: come lo avrei spiegato? Sapevo che il mio Signore mi avrebbe imposto di andare in giro con calze velate e con gonne corte, perché fossero ben visibili. Avevo il fiatone, gli occhi umidi di lacrime per il dolore e per il piacere. Sentii la sua mano accarezzare i miei capelli, quasi con dolcezza. ‘Adesso ti scoperò. In questa posizione, perché non hai idea di quanto tu sia immensamente bella, sensuale, profondamente femmina ed erotica. Sei una meraviglia e io voglio che questa meraviglia mi appartenga profondamente. Non ti farò male. Questa volta, questo, sarà il mio premio per te’.
E mi penetrò ancora. Questa volta con maggiore dolcezza e attenzione, il che mi permise di SENTIRE profondamente la sua presenza dentro di me che lentamente si faceva strada nel mio culo, pronto ad accoglierlo, visto il trattamento precedentemente ricevuto. Lo sentivo affondare e assestare colpi lenti, ritmati. Lo sentivo ansimare: la vista di quei segni rossi e viola sulla mia pelle lo stava oltremodo eccitando ancora e quel pensiero mi bastò per riaccendere i miei sensi: assecondavo i suoi movimenti dentro di me, cercando, per quanto possibile di avvicinarmi a lui con il bacino. E venne.
Venne ancora. Venne copiosamente. Venne con un gemito che fu quasi un urlo soffocato nell’incavo fra la spalla ed il collo.
E finalmente crollò addosso a me, sfinito, soddisfatto, pieno.

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